Agostino, De Doctrina Christiana, IV, 24.53

ironman1989.
00venerdì 25 febbraio 2011 23:53
Sto leggendo il De Doctrina Christiana di Agostino per un esame all'università e mi sono imbattutto in un passo che fa riferimento a quella che sembra una tradizione molto antica del popolo numida.

Non si deve, ovviamente, ritenere che un oratore parli in stile solenne quando lo si acclama di frequente e con calore. Lo stesso risultato infatti ottengono e la finezza dello stile dimesso e gli ornamenti dello stile temperato. Il genere solenne al contrario il più delle volte col suo peso comprime le grida e fa sgorgare le lacrime. Una volta a Cesarea di Mauritania dovetti dissuadere il popolo da una guerra civile, o peggio che guerra civile, che essi chiamavano caterva. Era una battaglia feroce che in un determinato periodo dell'anno combattevano fra loro non solo i concittadini ma anche i parenti e i fratelli e persino i genitori e i figli. Si dividevano in due fazioni e si combattevano fra loro, a colpi di pietre, per alcuni giorni di seguito e, come a ciascuno riusciva, si uccidevano anche. Feci naturalmente ricorso allo stile solenne, come ne ero capace, per sradicare dai loro cuori e costumi un male così crudele e così inveterato, sperando di estinguerlo con la mia parola. Non ritenni tuttavia d'essere riuscito a concludere qualcosa finché non li vidi piangere, non già quando li avevo sentiti applaudire. In effetti, con le acclamazioni mi indicavano che avevano capito e ne godevano, con le lacrime invece che si erano convinti. Quando dunque li vidi piangere ritenni vinta, prima ancora che me lo mostrassero con i fatti, quella feroce consuetudine loro tramandata dai padri e dai nonni e dagli antenati per lunghi secoli, consuetudine che assediava o, meglio, possedeva da nemica i loro cuori. Non appena terminato il discorso, li esortai a volgere il cuore e la bocca a Dio per ringraziarlo; ed ecco sono già circa otto o più anni dacché, per benevola concessione di Cristo, nessuna azione di quella sorta è stata più tentata in quella città. Ci sono molti altri esempi da cui impariamo che gli uomini non mediante grida ma gemiti o, talvolta, con lacrime o, finalmente, col cambiamento dei costumi dànno a divedere ciò che ha operato in loro la sublimità di un discorso sapiente.

Il passo in questione è il 24.53 del libro IV. QUalcuno sa dirmi qualcosa di più preciso su questa "lotta rituale", sul suo significato o anche solo qualche informazione in più?
ironman1989.
00sabato 26 febbraio 2011 14:57
Qualcuno ne ha mai sentito parlare?
Pico total war
00sabato 26 febbraio 2011 17:45
proverò a controllare sul mio testo di filosofia ma cosi non saprei
Imperatore I
00sabato 26 febbraio 2011 19:42
Non so quanto possa essere rilevante, ma anche a Perugia c'era qualcosa di simile nel passato.
Nell'epoca comunale ( e forse anche prima ) c'era la tradizione di dividersi in due squadre e , come i mauritati, di tirarsi i sassi, ci scappava a volte pure il morto, ma era solo un divertimento abbastanza violento.
ironman1989.
00sabato 26 febbraio 2011 20:57
Re:
Pico total war, 26/02/2011 17.45:

proverò a controllare sul mio testo di filosofia ma cosi non saprei




Non credo ci troverai niente [SM=g27960] Un testo di filosofia, o meglio storia della filosofia per il liceo non riporta simili quisquilie...
ironman1989.
00sabato 26 febbraio 2011 20:57
Re:
Imperatore I, 26/02/2011 19.42:

Non so quanto possa essere rilevante, ma anche a Perugia c'era qualcosa di simile nel passato.
Nell'epoca comunale ( e forse anche prima ) c'era la tradizione di dividersi in due squadre e , come i mauritati, di tirarsi i sassi, ci scappava a volte pure il morto, ma era solo un divertimento abbastanza violento.




Molto interessante. Avresti qualche informazione in più?
Imperatore I
00sabato 26 febbraio 2011 21:17
Si chiamava "La battaglia dei sassi": si trattava di un gioco ferocissimo che si svolgeva in uno spiazzo molto ampio.
Tutti potevano partecipare, il numero di "combattenti" era pressochè illimitato.
Ci si divideva in due squadre ed ogni giocatore veniva armato con un sasso ed uno scudo di legno per parare i colpi.
Al via le prime linee si scambiavano un fitto lancio di sassi, poi toccava alle seconde linee che combattevano corpo a corpo ( senza armi ).
La vittoria veniva assegnata alla squadra che conquistava il centro del terreno ed era sancita da un araldo d'armi che divideva i combattenti calando tra di loro una sbarra.
Usato soprattutto per aumentare lo spirito guerriero, fui vietato dalla chiesa nel 1370 circa, ripristinato da Braccio Fortebracci e infine vietato definitivamente dalla chiesa
ironman1989.
00sabato 26 febbraio 2011 22:08
Grazie!
Mi premeva sapere però se a questo gioco era combinata una sorta di "passaggio" all'età adulta. Era un pò una sorta di rito, quindi con delle radici più profonde, o era un gioco medievale tipo la pallacorda?
Imperatore I
00domenica 27 febbraio 2011 09:19
Credo fosse una sorta di rito, ma non ne sono sicuro

ironman1989.
00domenica 27 febbraio 2011 12:14
Se hai o trovi altre informazioni ti sarei grato se le postassi...
Imperatore I
00domenica 27 febbraio 2011 19:21
Purtroppo le informazioni sono piuttosto rare. Oggi ho provato a cercare, ma non ho trovato niente.
Domani devo andare in biblioteca, se trovo qualcosa lo posto

ironman1989.
00domenica 27 febbraio 2011 20:33
Re:
Imperatore I, 27/02/2011 19.21:

Purtroppo le informazioni sono piuttosto rare. Oggi ho provato a cercare, ma non ho trovato niente.
Domani devo andare in biblioteca, se trovo qualcosa lo posto





Grazie mille, fammi sapere se trovi qualcosa di interessante [SM=g27960]
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