CATALANI BRAVA GENTE .

Fulcherio,
00martedì 21 giugno 2011 14:16
Le Avventurose Gesta di Ruggero di Flor

XIII - XIV secolo : LA COMPAGNIA DI VENTURA DI RUGGERO DI FLOR



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Nel mediterraneo orientale la Compagnia catalana del condottiero Ruggero di Floor
lasciò dietro di sè una scia di distruzioni e di violenze.
Questo sanguinario corpo di avventurieri fu prima al soldo della corona d'Aragona,
poi dell'imperatore di Bisanzio e, in ultimo, riuscì perfino a costruire un proprio ducato
con capitale a Tebe, in Grecia.
Andrea Frediani ricostruisce le imprese di questi temibili guerrieri.

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La vita di Ruggero di Flor sembra scaturita da uno di quei romanzi di avventure in cui l'autore si industria a infilare il protagonista nel bel mezzo di tutti i principali avvenimenti della sua epoca.
La vicenda della Compagnia catalana, di cui egli fu il creatore e il primo condottiero ripropone, in pieno medioevo, le peregrinazioni delle tribù barbariche tardoantiche in cerca di ingaggio come mercenari e di un territorio entro l'impero dove costituire un regno autonomo. Allo stesso tempo, prelude alle gesta dei grandi capitani di ventura del tardo Medioevo e della prima età moderna.


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Gli Inizi- frate-converso e capitano dell'Ordine, nato da poco e digià in grosse Rogne.



Figlio di un falconiere di Federico di Svevia e di una nobildonna di Brindisi, Ruggero di Flor si trovò già a un anno orfano del padre,caduto a Tagliagozzo nell'esercito di Corradino di Svevia nel 1268.
Privata dei beni dagli Angioini, la sua famiglia condusse un'esistenza grama a Brindisi, dove svernavano le navi che facevano la spola tra la Sicilia e il Levante; tra di esse vi erano quelle dei Templari, per i quali l'attività commerciale era divenuta ormai primaria rispetto all'attività militare.
A soli otto anni Ruggero si imbarcò su una nave dell'Ordine. A poco più di venti, subito dopo essere stato nominato frate-converso, gli venne affidato il comando di una grossa imbarcazione, Il Falco.
Nel frattempo, il commercio con il Levante si era ridotto all'approvigionamento delle poche città del regno crociato di Gerusalemme ancora in mano ai cristiani sulla costa libanese.
L'ultimo atto si consumava ad Acri nel 1291, quando i mamelucchi del sultano al-Ashraf conquistavano, dopo un mese di assedio, la capitale crociata. L'entrata dei turchi in città provocò una caotica fuga degli abitanti che, assiepati sul molo, erano disposti a pagare qualsiasi cifra pur di salire su una delle navi ormeggiate, tra le quali si trovava anche il Falco.
Ruggero di Flor non si fece scrupolo di approfittare della situazione, e riuscì così ad accumulare una fortuna che suscitò l'interesse del Gran maestro del Tempio, quel Gacomo di Molay che, anni dopo, finirà sul rogo a seguito del processo promosso dal re di Francia Filippo IV il Bello.
Non è dato sapere se il contrasto con i vertici dell'Ordine fosse scaturito dalla volontà di Ruggero di tenere tutto il guadagno per sè o da quella del Gran maestro di stigmatizzare la condotta del suo sottoposto ad Acri
(l'unica fonte che riferisca sugli anni giovanili di Ruggero, la cronaca di Ramòn Muntaner, suo compagno d'avventure, è poco degna di fede);
in ogni caso, il comandante si vide confiscare parte delle sue ricchezze e fu costretto a fuggire a Marsiglia, dove abbandonò la sua nave.






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Il Precariato al Tempo della Cavalleria

A Genova comprò una galea, L'Olivetta, con la quale andò a offrire i suoi servigi al duca Roberto di Calabria, figlio di Carlo II d'Angiò, il quale declinò l'offerta.
Per nulla sfiduciato, Ruggero trovò un ingaggio presso il più acerrimo nemico dei francesi, il re d'Aragona, che all'epoca dei Vespri Siciliani(1282) aveva sottratto agli Angioini parte del regno.
Già dopo una settimana compiva il primo atto di pirateria, catturando lungo le coste pugliesi una nave carica di vettovaglie mandata al figlio da Corrado II d'Angiò. Con questa e le imprese seguenti Ruggero riuscì ad allestire una flottiglia per la guerra da corsa e a comprare 50 cavalli che affidò a hidalgos catalani e aragonesi, costituendo così il primo nucleo della sua Compagnia di mercenari. Come avverrà secoli più tardi per altri avventurieri e corsari spagnoli nel Nuovo Mondo, Federico III d'Aragona lo nominò vicegovernatore della Sicilia e membro del suo Consiglio, facendogli dono di alcuni castelli e di rendite a Malta.
La pace di Caltabellotta del 1302 chiuse la guerra tra Angioini e Aragonesi e lasciò Ruggero senza compiti ai quali assolvere. Temendo di essere sacrificato agli Angioini, che ne reclamavano la testa, il corsaro decise di togliere dall'imbarazzo Federico offrendosi all'imperatore bizantino Andronico II, che versava in gravi difficoltà per la minacciata invasione dei turchi, sospinti verso Costantinopoli dal maremoto mongolo in corso allora in Asia minore. Una minaccia confermata dallo stanziamento in Bitinia dei turchi guidati da quell'Othman, fondatore della dinastia degli Ottomani, che nel luglio 1301 aveva già inflitto una pesante sconfitta all'esercito dell'erede al trono di Bisanzio, Michele IX.
La scelta del nuovo datore di lavoro era confortata anche dalle mai sopite mire angioine su quei territori faticosamente riconquistati da Bisanzio dopo la parentesi del regno latino (1204-1261), a seguito della quale l'impero si era smembrato in una serie di deboli potentati di matrice latina e greca.





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alla prossima [SM=x1140440] con "Scherzi da Fanti" Le gesta dei catalani a Costantinopoli"

Dave_Bass
00martedì 21 giugno 2011 15:16
Fulchè,ma ste cose dove l'hai lette?c'è qualche libro?perchè mi interessa molto questo tizio,sono un fan degli antichi sanguinari
Fulcherio,
00martedì 21 giugno 2011 20:45
SCHERZI DA FANTI

Per un inquadramento generale dell'argomento : F. Giunta, Aragonesi e catalani nel Mediterraneo.La presenza catalana nel Levante dalle origini a Giacomo II", Palermo 1959 e G. Ostrogorsky, "Storia dell'impero bizantino", Torino, Einaudi,1993.
non escludo possibili ristampe.




SCHERZI DA FANTI

Le gesta dei catalani a Costantinopoli

La misura di quanto l'imperatore di Bisanzio avesse bisogno del piccolo ma ben organizzato corpo di uomini in armi al soldo di Ruggero si intuisce dalle condizioni che il condottiero si permise di imporgli :
Quattro mesi di paga anticipata per i suoi uomini, e per sè la mano della nipote di Andronico II e il titolo ereditario di megas dux, quarta carica dell'impero, che conferiva autorità sulle isole e sulle fortezze marittime.


La flotta che partì da Messina alla fine dell'estate del 1303, in parte allestita da Federico III d'Aragona, trasportava 1500 cavalieri e 1000 fanti catalani e aragonesi, e 4000 almugavari (truppe leggere di mozarabi, abitanti delle foreste e dei monti, armati di spade
e giavellotti) con le rispettive famiglie. In realtà l'elemento etnico era molto più composito, perchè l'abile condottiero aveva fatto emettere un bando rivolto a chi avesse voluto prendere parte alla spedizione, offrendo dieci libbre di cacio a testa e un porco salato ogni quattro persone. La paga venne stabilita in quattro once d'oro per ciascun cavaliere pesante, tre per ogni cavaliere leggero, una per fante, quattro per capitano, una per nocchiere, ventitrè per balestriere e venticinque per timoniere.


L'arrivo a Costantinopoli di un simile contingente mise inevitabilmente in allarme i genovesi, che in città avevano acquisito un ruolo di importanza pari a quello dei veneziani nelle regioni insulari dell'impero.
Scoppiò subito più di una rissa, che si trasformò presto in una battaglia e, di lì a poco, nell'assedio del quartiere genovese di Galata da parte dei catalani.
La contesa, che diede la misura della spietatezza e della determinazione degli uomini reclutati da Ruggero lasciò un saldo impressionante : morirono circa 3000 italiani.





Un amico scomodo

Trasferita a Cizico, in Asia Minore, in seguito agli scontri avuti con la comunità genovese di Costantinopoli, con l'anno nuovo la Compagnia dava inizio alla campagna. IN breve tempo i catalani ottenevano una serie di brillanti successi contro i turchi, liberando in maggio (1304) Filadelfia dall'assedio della tribù di Kermian e recuperando all'imperatore vaste regioni dell'Anatolia con le vittorie a Nimfa, Thyrraion e Magnesia. Ma il periodo di acquartieramento invernale risultò micidiale per la popolazione locale, oggetto di un vero e proprio saccheggio da parte dei mercenari, di frequente senza paga e prive del loro comandante, richiamato a corte a causa dell'atteggiamento minaccioso del nuovo zar bulgaro.
Le atrocità commesse dai mercenari a Magnesia indussero l'imperatore a conferire a Ruggero il titolo di "cesare", con la signoria dell'Anatolia e delle isole. In questo modo sarebbe stato lo stesso Ruggero, con le proprie rendite, a pagare la compagnia.
Il comando venne affidato al nuovo megas dux Berengario d'Enteca, luogotenente di Ruggero, e gli uomini trasferiti in Tracia, a Gallipoli, nell'inverno succesivo.
La decisione di Andronico II acuì la già profonda avversione di Michele IX nei confronti di Ruggero. Nell'aprile del 1305, mentre era ospite dell'erede al trono nel palazzo di Adrianopoli, Ruggero di Flor venne assassinato e il suo contingente sterminato da 9000 turcopoli e alani al soldo di Michele.


a presto con "Crudeli Ritorsioni"

Fulcherio,
00mercoledì 22 giugno 2011 19:41
CRUDELI RITORSIONI

Dalle gesta di Ruggero de flor-corsari nel Mediterraneo-
www.corsaridelmediterraneo.it/corsari/f/flor-de-ruggero.html


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Un capitano per la Compagnia,Berengario d'Enteca(o d'entenza?) o Bernardo di Rocafort?.

Anche a Costantinopoli la reazione anticatalana sfociava nell'eccidio della guarnigione. I superstiti della Compagnia, circa 3000 uomini, si asseragliarono nel quartier generale di Gallipoli, subito cinta d'assedio da parte di Michele. Berengario salpò alla ricerca di aiuto, ma finì nelle mani dei genovesi.
Alla determinazione del nuovo capitano Bernardo di Rocafort si dovette la riscossa dei mercenari, a prezzo, però, di una nomea degna del più feroce popolo barbarico. Da allora, infatti, i catalani badarono bene a non lasciare conti in sospeso : Liberata Gallipoli, nel luglio 1305 affrontarono e sconfissero in battaglia presso la fortezza di Apros l'esercito di Michele IX, il sovrano stesso rimase sfregiato e si salvò a stento. Quindi inseguirono fino in territorio bulgaro l'uccisore di Ruggero, il capo degli alani Gircone, e lo giustiziarono. Nella città di Rodosto, dove tre loro ambasciatori erano stati squartati dai bizantini. Riservarono lo stesso trattamento a tutta la popolazione, mentre a Perinto bruciarono gli uomini, violentarono e sgozzarono le donne e schiacciarono i bambini.
Al ritorno di Berengario, liberato grazie all'intercessione di Giacomo II d'Aragona, la Compagnia si divise : il re di Sicilia Federico, ansioso di porre sotto la propria autorità i mercenari inviò il nipote Ferdinando di Maiorca, in qualità di suo luogotenente e capitano dei catalani.
Berengario lo appoggiò incondizionatamente, mentre Bernardo di Rocafort preferì scindere l'autorità dell'infante da quella del sovrano di Sicilia, limitandosi a riconoscere solo il comando di Ferdinando. A prevalere fu il partito di Bernardo : Berengario venne ucciso e Ferdinando costretto a partire.







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UNA CONDOTTA SPREGIUDICATA


Rinforzati da un contingente di 1800 turchi, i catalani fecero scempio delle campagne della Tracia fino al 1307, quando si trasferirono in Macedonia, a Cassandria, e nella penisola di Pallene, vessando nel corso della loro marcia perfino i monasteri del Monte Athos e assediando senza successo Tessalonica.
Limperatore fu costretto ad assistere impotente all'imperversare della Compagnia nei suoi domini-come quasi un millennio prima avevano fatto i suoi predecessori con i visigoti di Alarico-,anche perchè nel frattempo la Bulgaria, dopo tre secoli di paralisi interna, aveva iniziato una nuova fase espansiva che l'aveva portata ad estendersi a sud dei Balcani e sulle coste del Mar Nero.
La spregiudicata condotta di Bernardo di Rocafort aveva privato la Compagnia di qualsiasi appoggio politico, al punto che il condottiero si vide costretto ad avvicinarsi alla Francia, dove Carlo di Valois, fratello di re Filippo IV il Bello, con l'appoggio del papato, allora ad Avignone, tramava per imposessarsi della corona di Bisanzio.

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Nel 1308 i catalani acclamarono il plenipotenziario francese Tebaldo di Cepoy quale loro nuovo capitano e, a differenza di quanto accaduto con la corona siciliana, fecero atto di sottomissione nei confronti di Carlo. Ma dopo un paio di sconfitte a Salonicco e Varria da parte del generale bizantino Chandrenos, che portarono alla
caduta del Rocafort,e in seguito alle pressioni di Venezia, che vedeva minacciati i propri interessi in Calcidica, nella primavera del 1309 la Compagnia si allontanò dalla sfera degli interessi bizantini trasferendosi in Tessaglia.
Qui trascorse un anno depredando il principato di Giovanni II Angelo, uno dei tanti staterelli nati durante l'occupazione latina nel secolo precedente e ora sotto tutela del duca Franco d'Atene.
Fu allora che Tebaldo di Cepoy rinunciò al suo mandato, conscio di non poter imporre a quella turba di scalmanati sanguinari una linea politica coerente con i piani di Carlo di Valois. Di nuovo disoccupati, nella primavera del 1310 i catalani si mossero verso meridione trovando ingaggio da parte di Gualtieri V di Brienne, duca d'Atene, col quale vennero in urto quasi subito.
Lo scontro che ne derivò nel marzo del 1311 lasciò sul campo 20.000 fanti e 698 cavalieri su 700 dell'esercito franco, nonchè lo stesso duca. La Compagnia catalana, che al momento contava 7000 uomini, potè così insediarsi , senza ulteriori sforzi, nella capitale Tebe e ad Atene, rilevando l'intero ducato, nonostante la scomunica papale e lo spettro, paventato dal ponetefice, di un intervento armato degli Ospitalieri.




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Gente_Tranquilla
00mercoledì 22 giugno 2011 21:39
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Fulcherio,
00lunedì 27 giugno 2011 16:13
UNO STUOLO DI NEMICI





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La prepotente azione della Compagnia le aveva creato uno stuolo di nemici :dall'impero bizantino alla repubblica di Venezia, dagli
Angioini al papato, dai principati limitrofi del Peloponneso-quello greco di Mistrà e franco di Acaia-all'erede dei Brienne Gualtieri VI, che esercitava sovranità nelle regioni di Argo e Nauplia.
Consci del pericolo di una tale situazione e al fine di evitare l'isolamento internazionale i catalani scelsero la tutela del re di Sicilia(detto, dopo la pace di Caltabellotta, di Trinacria), Federico III d'Aragona.
Federico III inviò come duca il proprio secondogenito Manfredi, che era allora un bambino di soli 5 anni, e la reggenza venne assunta dal vicario generale Berenguer Estanol de Ampurias nel 1312. Quest'ultimo si impegnava a rispettare gli statuti della Compagnia, basati sulle Costituzioni di Catalogna e sulle Consuetudini di Barcellona;il sigillo del canceliere della Compagnia, raffigurante San Giorgio in sella al suo cavallo nell'atto di uccidere con la lancia il drago, recava la scritta in latino "Felix Francorum exercitus in Romaniae finibus comorans, ovvero il fortunato esercito dei franchi attestato nel territorio della Romània".





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La Compagnia crea il proprio dominio con capitale a Tebe



Fra i compiti del vicario generale, vi era quello di amministrare le entrate ducali : le rendite feudali della corona, i profitti delle terre ecclesiastiche, i dazi, le imposte cittadine e rurali, il prelievo sulle rendite fondiarie.
Dal 1331 al vicario generale venne sottratta l'autorità militare, conferita dal duca a un maresciallo che doveva godere dell'approvazione dei catalani.
La capitale del ducato era Tebe che, come altre città importanti quali Atene, Livadia, Neopatria, era una corporazione cittadina, con funzionari militari, i castellani (a Tebe risiedeva il vicario generale), e civili-sindaci, dapprima eletti direttamente dalla Compagnia e in seguito dalle singole città, secondo il modello catalano-aragonese.
L'impero bizantino non rappresentò una minaccia per il ducato; dilaniato da guerre civili e lotte di successione fin dal regno di Andronico II e sempre più divorato dall'espansione ottomana, non recuperò mai più i possedimenti europei che peraltro, già nella prima metà del secolo, vedevano l'irresistibile ascesa della Grande Serbia di Stefano Dusan. Anche Venezia, preponderante in Eubea, si rassegnò alla presenza dell'inquieto vicino, stipulando un trattato nel 1319, più volte rinnovato, con cui i catalani si impegnavano a non far circolare navi armate nei golfi controllati dalla Serenissima.
Era un gran colpo per la diplomazia del ducato di Tebe, che sottraeva così un pericoloso alleato alla inevitabile coalizione anticatalana.








Per molto tempo l'Occidente non riuscì a organizzare niente più di qualche impresa inconcludente. Le dinastie greche in Tessaglia e in Epiro si estinsero presto, e queste regioni caddero nell'orbita serba.
La vigorosa azione del secondo vicario generale , Alfonso Fadrique d'Aragona(1317-1330), figlio naturale di Federico, garantì frontiere più sicure al ducato, con l'annessione del ducato di Neopatria a nord,
della contea di Salona (feudo ereditario dei Fadrique) a est e di una serie di importanti capisaldi lungo i confini.
Il suo successore Giovanni Lancia (1330-1335), che governava per conto del nuovo duca Guglielmo, succeduto al fratello maggiore morto prematuramente nel 1317, si trovò ad affrontare un tentativo di riscossa di Gualtieri VI di Brienne che, con il sostegno degli Angioini, portò un corpo di spedizione di 1300 uomini in Attica e Beozia.
Il contingente non era in condizioni di poter sferrare un attacco alle città e i catalani si guardarono bene dal dare battaglia in campo aperto, la fallimentare spedizione non potè far altro che prendere la via del ritorno dopo un anno di incocludenti razzie.








La lotta interna tra le fazioni mina la stabilità del ducato.

La decadenza del ducato catalano fu la conseguenza della lotta tra fazioni interne prima ancora che degli attacchi dall'esterno. Nel 1355 Federico III il Semplice era divenuto a un tempo re di Trinacria e vicario generale; carica, quest'ultima, che conferì l'anno seguente al secondogenito di Alfonso, Giacomo Fadrique, conte di Salona.
Il vicariato venne a sua volta rilevato, nel 1359, dal gran siniscalco del regno di Trinacria, Matteo di Moncada, che alla sua partenza nel 1361 lasciò l'incarico a tale Pietro de Pou, a questo punto nacquero immediatamente dei contrasti di faida tra i Fadrique e il de Pou che portarono a una rivolta, cappeggiata dal maresciallo Roger de Lluria, la sommossa si concluse con il massacro del vicario e dei suoi a Tebe nel 1362.
La corte aragonese di Sicilia non potè più esercitare alcuna autorità negli affari del ducato fino al 1369, anno in cui morì Roger di Lluria, solo allora Federico III fu in grado di inviare un nuovo vicario generale, nella persona di Matteo di Peralta. Ma la sua sostituzione, nel 1374, con l'ultimo conte di Salona Luigi Fadrique, lasciò chiaramente intendere come i catalani in Grecia mal sopportassero le ingerenze del regno di Sicilia. Non a caso, fin dal 1370, essi avviarono trattative per l'annessione dei ducati di Atene e Neopatria alla corona d'Aragona, cosa che avvenne puntualmente alla morte di Federico III, nel 1377.



L'EPILOGO



La societas Cathalanorum era ormai all'epilogo della sua breve ma intensa stagione. In Grecia si era infatti venuta affermando con prepotenza la figura di Neri Acciaiuoli, la cui famiglia di banchieri fiorentini, sovvenzionando le imprese angioine nel Peloponneso, si era guadagnata la baronia di Corinto. Neri aveva già sottratto Megara al ducato ateniese quando, nel 1378, la compagnia navarrese entrò al suo servizio, questa nuova truppa mercenaria era stata ingaggiata da Luigi di Evreux, fratello del re Carlo II di Navarra e già erede di un regno di Albania ancora da sottomettere: gli albanesi, i quali si erano dati un loro re, non avevano alcuna intenzione di concedere ai franchi la corona e Luigi si vide così costretto malauguratamente a morire per "quattro sassi".
A seguito di questo evento 400 mercenari navarresi capitanati da Giovanni de Urtubia avevano accettato l'invito del signore di Corinto che li spedì subito, nel maggio del 1379, contro Tebe; la città fu espugnata dopo un breve assedio. Atene resistette agli Acciaiuoli fino al 1388, Neopatria fino al 1390, ma entro la fine del secolo gran parte del settore cadde in mano ai turchi.
Solo Atene, oggetto di una lunga contesa tra veneziani ed eredi di Neri, riuscì a conservare l'autonomia dall'impero musulmano fino alla caduta di Costantinopoli nel 1453.


it.wikipedia.org/wiki/Compagnia_Navarrese













Fulcherio,
00domenica 10 luglio 2011 01:30
la serie i grandi condottieri del medio evo proseguirà con

"Le armate di Cangrande I e Mastino II -ascesa e dominio degli Scaligeri-

spero incontrerà i Vostri favori [SM=x1140440]

a presto [SM=x1140410]
Zames
00domenica 10 luglio 2011 12:08
Ben scritta e molto interessante, attendo con ansia la prossima dunque!
Fulcherio,
00domenica 10 luglio 2011 20:23
Re:
Zames, 10/07/2011 12.08:

Ben scritta e molto interessante, attendo con ansia la prossima dunque!




si è un bel articolo apparso nel numero di Storia e dossier 99-anno X del novembre 1995, io l'ho solamente un pò modificato nelle pochissime parti che non mi piacevano

nel dossier del numero si parla anche di corporazioni medioevali- associazioni di mestiere nell'Italia del Medioevo-

ma sarebbe lunghetta [SM=x1140514] [SM=x1140420]
e poi, potendo scegliere mettiamo prima quello che si presume interessi di più : le battaglie [SM=x1140486]

The Housekeeper
00domenica 10 luglio 2011 21:10
Bellissimo topic Fulco, lo scopro solo adesso
Fulcherio,
00domenica 10 luglio 2011 21:27
Re:
The Housekeeper, 10/07/2011 21.10:

Bellissimo topic Fulco, lo scopro solo adesso




il minimo che possa fare per rendermi in qualchemodo utile è riesumare questa roba che tengo, mr. crow mi vedrebbe volentieri ai ceppi a sudare sui file e cartelle, ma io non glela dò vinta! [SM=g27962] [SM=g27963] , son cotto pure io da mò!!

se il topic può esserti utile per machiavello ne sarei lieto [SM=x1140440]


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