Troppo a lungo il sovrano ha tirato la corda la quale sembra essersi rotta. Il Pontefice ha scritto una missiva contenente una minaccia di scomunica: "Se per almeno tre anni e mezzo sua Maestà Imperiale Federico I non cessa l'ostilità contro i lombardi, verrà scomunicato".
Come può egli fare ciò? Minacciare la sacra figura Imperiale, la cui mano opera nella volontà di Dio, colpendo gli infidi e miscredenti che gli si oppongono? Una risposta assai ardua da trovare.
Incurante degli avvertimenti il Kaiser scrive al principe affinchè attacchi e catturi il castello. Quest'ultimo negli ultimi mesi nonostante inizialmente poco difeso sembra si sia magicamente riempito di truppe, probabilmente, secondo resoconti di Corrado, il Conte lombardo messo alle strette ha chiamato a raccolta tutti gli uomini in grado di combattere, affidandogli armi e armature.
Comunque, il 30 Novembre, si consumò la terribile Battaglia di Lugano nota in seguito anche come la Battaglia della Scomunica.
Qui di seguito riporto i fatti narrati dal mio amico, collega, Werner di Freising, presente in quel sanguinoso giorno al seguito del principe.
"Il maestoso Principe Imperiale, disposte le truppe, diede ordine di avanzare all'ariete, e ai soldati aventi le scale, di muoversi verso le mura del lato ovest, nord-ovest.
Non appena furono a portata, le frecce e i quadrelli nemici piombarono su di noi come saette, abbattendo da subito un buon numero di validi e coraggiosi uomini. Tuttavia, questi ultimi raggiunti gli spalti ingaggiarono un cruento combattimento con la spada, permettendo al resto della nostra fanteria di muoversi, senza timori, all'interno del castello per l'ingresso ormai sgombro, grazie all'ariete.
Nel cortile interno una selva di lance, impossibile da contare, ci attendeva come benvenuto infilzando cavalli e soldati in un caotico panorama di sangue e interiora.
Il numero compensava l'abilità infatti sugli spalti i nostri non riuscivano più a contenere il gran numero di arceri e balestrieri i quali liberandosi sempre più ripresero il tiro infernale, dimostrando in questo modo gran poco onore, e conto, dei propri compagni impegnati nella mischia. I corpi s'ammucchiavano di continuo costruendo in breve una pila tale da sembrare un secondo muro.
Grazie a Iddio, la tattica nemica di autobersagliarsi recò, anche se meno morti in numero, una grande perdita nel loro esercito con la caduta del generale il Conte Jacopo, aumentando così la loro angoscia, vedendo in ciò il futuro alla quale sarebbero incorsi.
Presi dal panico diversi soldati si misero in fuga andando ad incrementare la pila di cadaveri. Mentre il Pincipe Corrado si lanciò all'inseguimento dei fuggitivi, con un pungo di arceri e cavalieri, il resto delle truppe si lanciò sulle torri e sugli spalti per dare man forte ai nostri, ormai circondati.
Sembrava che il Signore si prendesse gioco di noi! Dopo averci aiutato eliminando il prode condottiero nemico, insinuò nei cuori dei nostri, già provati dalla stanchezza, la paura e il panico. Come un grosso incendio che si propaga, nel giro di pochi secondi tutti i soldati lasciarono le armi per scappare dai nemici, i quali ripresi psicologicamente iniziarono ad incalzarli. Accortosi del disastro il Principe diede ordine agli arceri di prepararsi mentre egli con la sua scorta tornò verso l'entrata tramite dei vicoli cittadini.
Massacrati diversi uomini dell'imperatore, le truppe nemiche, sicure di avere la vittoria in mano, risalirono la strada principale caricando gli arceri nel corpo a corpo i quali con grande ardore e infinito coraggio trattennero i nemici fino all'arrivo del generale.
Costui richiamata l'unica truppa rimasta di riserva, costituita da fanatici mercenari, unitisi all'esercito durante l'attraversata delle alpi, prese alle spalle il nemico sterminandolo.
Avanzando poi verso la piazzetta della rocca mise fine alla battaglia conquistando Lugano.
Tuttavia la vittoria fu assai amara per la perdita di così tanti uomini".
Alla sanguinosa conquista si aggiunse la scomunica pochi giorni dopo, adirando il sovrano come non mai, probabilmente teso più per la perdita dell'esercito del fratello che del comprtamento papale.
Radevico di Rothenburg Inverno A.D. 1173
Lieti festeggiamenti accompagnano la giornata del 12 Gennaio dell'anno 1174. Nasce il primogenito di Corrado, Eusebius di Svevia, nipote del Kaiser.
Nella metà della primavera giungono le notizie della presa di Urfa da parte di forze polacche, rendendo gioia al Pontefice e a tutti i cristiani.
Verso i primi giorni estivi notizie di spostamenti nemici aumentano l'ira dell'Imperatore: secondo resoconti di sentinelle e spie due grosse armate, una da Firenza l'altra da Milano si dirigono rispettivamente a Verona, difesa da una piccola guarnigione, e qui a Bologna. Seguirono giorni intensi e frenetici in cui diverse staffette portarono messaggi e ordini ovunque nell'Impero, di cui ignoravo il significato ma che compresi, almeno in parte, nei primi giorni d'autunno. Il 29 Settembre ci raggiunse una lettera firmata dal nobile Corrado, accompagnata da una di Werner in cui era descritta la fulminea battaglia di Milano:
"Ricevuto l'ordine dal sacro fratello, il Kaiser Federico I, il mio signore radunato un piccolo manipolo di uomini e cavalleggeri si diresse a marce forzate verso la grande città fortificata di Milano.
Con l'aiuto di spie e benedizioni divine, degli abitanti filoimperiali aprirono le porte cittadine, consentendo ai nostri uomini di entrare nelle strade e sconfiggere la piccola guarnigione, costituita dal solo Duca con la propria scorta. Senza speranze di vittoria il Duca combattè con animo e valore ma alla fine si arrese alla stanchezza venendo ucciso assieme ai suoi, consegnando Milano a Corrado."
Radevico di Rothenburg A.D. 1174