Lan.
00sabato 14 marzo 2009 23:44
Racconto fanta-storico
Spero che i Messeri della Corte e il nostro saggio Monarca apprezzino quest'umile opera ambientanta nelle lontante e misteriose terre del Qatai. [SM=g27964]

Kamikaze.

<< Stai buona dannata bestiaccia! >>
Il cavallo si arrestò nonostante la paura delle fiamme a poca distanza. Afferrai immediatamente l’arco e centrai uno di quei cani proprio mentre mi stava puntando con la sua piccola, infernale, balestra.
Guardai intorno e ripresi con forza le briglia per avanzare, controllando se qualcun altro di quei vermi si aggirava nei dintorni. Ricordo ancora ogni minimo dettaglio del mio primo giorno di battaglia contro gli invasori Mongoli, decine di onorabili uomini d’arme falciati dai dardi di quelle diaboliche armi che trapassavano le migliori armature Giapponesi come il coltellaccio del conciatore scivola via tra la carne e la pelle. Solo i demoni potevano avere inventato armi così terrificanti e solo delle bestie travestite da uomini potevano utilizzarle senza alcun rimorso.
Due anni erano passati da quel giorno e dopo alcune settimane vidi, nonostante avessi sacrificato un occhio in battaglia e più volte rischiai che le sciabole nemiche si prendessero quello rimasto, i Mongoli e i loro schiavi Cinesi e Coreani ricacciati miracolosamente in mare dalla forza della nostra disperazione.
Convocato a Kyoto da eroe insieme ai miei compagni e ai miei ausiliari, ammirai il nostro divino imperatore celebrare quel trionfo come l’aiuto dei Kami e del Venerabile Illuminato in difesa della Sacra Nazione. Tutti noi guerrieri presenti in quella pomposa e opulenta cerimonia però ci ricordavamo che neppure un mese prima lui e tutta la sua effeminata corte era già pronta a prostrarsi ai piedi del Khan sotto le minacce cammuffate da lusinghe dell’emissario mongolo arrivato a chiedere la sottomissione del Giappone all’Imperatore del mondo.
Il Khan evidentemente non gradiva che un pugno di isolette a Est della mappa mondiale che si era fatta disegnare nel suo palazzo a Pechino non fossero coperte dalle sue insegne così gli invasori erano tornati con un’armata ancora più imponente. Le navi punteggiavano tutto il mare sino all’orrizzonte e nel nero della notte i loro fuochi sembravano un esercito di anime perdute che aveva dato il cambio a quello del Khan.
Forse quella era una visione di cosa sarebbe inevitabilmente stato di noi.
Il cavallo s’imbizzarrì di nuovo, rifiutandosi di fare un altro passo. Tentai bruscamente di portarlo sotto il mio comando ma non voleva più sentire ragioni, iniziai allora a preoccuparmi sul serio, le bestie hanno sensi sconosciuti agli uomini e quel comportamento significava che c’era un pericolo a poca distanza che io in quel momento ignoravo.
Nervoso mi guardai intorno, la cavalcata di prima mi aveva isolato dal resto della mia compagnia e dai miei ausiliari, in quel momento mi trovavo in un luogo in apparenza sgombro, dove spettrale regnava la pace dei morti e dei bracieri ancora accesi che consumavano un po’ di erba.
Proprio dalla zona del campo visivo che mi era ignota per colpa dell’occhio mancante sbucò d’improvviso dalla boscaglia un cavaliere Mongolo armato del suo piccolo ma potente arco. Riuscì solo a sentire il rumore degli zoccoli, i latrati sconnessi di quella bestia e l’urlo del mio cavallo trafitto da una freccia.
Il cavaliere forse mi credeva morto o incapace di nuocere dopo quella brusca caduta da cavallo, tuttavia il Mongolo ignorava che nell’addestramento di ogni guerriero rientra anche la capacità di sapere cascare a terra senza rompersi le ossa. Mentre il mio nemico si avvicinava trottando placidamente verso di me per vedere se la mia carcassa avesse qualcosa di valore da trafugare, sbucai dal cadavere del cavallo e con l’arco già puntato scoccai una freccia contro la mano con cui teneva il suo arco composito. Fui fortunato e la sua adorata arma gli cascò a terra, ma il cavaliere non demorse e sfrecciò verso di me pronto a falciarmi dall’alto con la sua scimitarra.
Non avevo il tempo di colpirlo nuovamente con l’arco che a malincuore gettai a terra per prendere immediatamente tra le mani la lancia con cui riuscì a trafiggere il cavallo del Mongolo, nonostante avesse tentato di scansare la lama con l’agilità che contraddistingue le loro piccole cavalcature.
Il sangue ribolliva e quasi mi faceva scoppiare le vene dalla pressione che esercitava, le sentivo chiaramente, come di solito si sente la propria gamba o la propria mano. Mi sentivo pronto a chiudere una volta per tutte i conti con il Mongolo che nel frattempo si era rialzato da terra incolume.
Abbandonai anche la lancia ormai incastrata tra la carne e le ossa del cavallo per brandire la Katana, il Mongolo invece oltre alla scimitarra mise mano a un grande pugnale ricurvo.
Reduce dalla prima invasione mi ricordavo i Mongoli come straordinari cavalieri e arcieri ma scadenti con la spada e quasi più impacciati nel muoversi coi loro stessi piedi che sopra le selle dei loro cavalli. Quel guerriero tuttavia rappresentava una pericolosa eccezione, e per la prima volta nella mia vita sentivo che un barbaro straniero avrebbe potuto uccidermi in uno scontro a terra con le spade. Il Mongolo coordinava con tale precisione i fendenti e gli affondi con la scimitarra e il pugnale che avevo l’impressione di dovermi difendere non da uno ma da due avversari.
Invocai l’aiuto dei Kami e dell’Illuminato e resistetti sulla mia posizione, in attesa. Mi accorsi che il braccio del Mongolo era proteso troppo in avanti dopo che aveva tentato l’ennesima stoccata col pugnale. Quasi non si accorse che dopo avergli afferrato il braccio ero già dietro di lui, con una mano sulla giuntura della spalla e l’altra sul polso. Tentò a malapena a dare qualche strattone per liberarsi ma ormai era solo un cadavere che ancora ignorava la sua condizione. Dopo aver rotto il suo braccio con una rapida leva il Mongolo tentò un ultimo disperato affondo con la scimitarra che parai senza problemi, le forze lo stavano lasciando e non tentò neppure di attaccare una seconda volta. Di nuovo di fronte a lui, senza infierire lo uccisi subito recidendogli recisi la gola, una morte consona a un guerriero barbaro ma valoroso quale si era dimostrato.
Le sere di quei giorni erano tinteggiate dal rosso del Sole che si ostinava a non volere lasciare il cielo e in quel momento il colore della sera sembrava imitare beffardo il sangue sulla terra. Dal campo Giapponese nell’entroterra miravo il vallo di pietra che avevamo costruito a ridosso della costa per bloccare lo sbarco dei Mongoli. Guardandolo non potevo non scordare che dall’altra parte, sulla baia, i cumuli dei cadaveri nostri e loro si erano fatti così alti che quasi lambivano l’altezza di quella muraglia. Sicuramente il nostro è stato un sacrificio altissimo, ma non potevo fare a meno di chiedermi se per i Mongoli la perdita fosse altrettanto grave, purtroppo ne dubitavo. I Mongoli sì erano stati respinti e si erano ritirati a Sud nell’Isola di Hirado come acclamavano ossessivamente molti dei miei compagni d’arme ma il Khan se vuole può vomitarci addosso l’intera popolazione dell’Asia. Quelle migliaia di uomini che abbiamo ucciso rappresentavano una forza minima anche solo per l’armata che già è presente a ridosso delle nostre coste. Il nostro esercito, seppur esultante, era come un guerriero che barcollava per il troppo sangue uscito da una ferita, mentre il loro era come colui che aveva sì e no qualche graffio sottile per colpa di una rasatura disattenta.
Non mi sorprese che, poche ore più tardi quando scese la notte, anche la Luna avesse sfumatura rossastra.
<< Tu sei ubriaco Tanaka! >>
Mi avvicinai per ascoltare per quale motivo il vecchio Itou, che da anni combatte per la mia famiglia, ce l’avesse con quel marinaio, uno dei tanti che quel giorno avevano combattuto nelle nostre piccole navi che sfidarono la flotta Mongola mentre noi li combattavamo a terra.
<< Io ti dico solo quello che ho visto, quella flotta è inviata direttamente dal Male, se solo fossi stato con me oggi sulla loro nave avresti visto pure tu che abominio si trovava tra il loro equipaggio. Era un demone! >>
<< Tanaka quello che mi hai raccontato non si è mai visto neanche in un demone. Io ti dico che o sei già ubriaco marcio oppure stai cercando di farmi cagare addosso. Come se non avessi già abbastanza paura di questi stramaledetti Mongoli! >>
<< Scusate. >>
<< Oh, mio signore mi perdoni non mi ero accorto di voi! >> Tanaka fece un gesto di riverenza e con un braccio prese per la nuca il marinaio invintandolo con le buone maniere a fare altrettanto. << Hai davanti l’onorabile uomo d’arme Yamato, mostra rispetto trincone farabutto e ladro che non sei altro! >>
<< Tanaka, è il tuo nome mi pare. >>
<< S-sì… >> Rispose impacciato e tremante il giovane marinaio.
<< Raccontami cosa hai visto oggi di tanto sorprendente da mettere paura persino a questa vecchia carcassa di Itou. >>
<< Oh signore dovevate vederlo coi vostri occhi! Faceva parte dell’equipaggio di una delle navi che abbiamo abbordato. Era grande quanto un orco delle montagne! Io che sono uno dei più alti dell’equipaggio gli arrivavo al ventre. Sembrava un Ainu, o un Indiano, tutto peloso in faccia e nelle gambe e con quel gigantesco naso, ma non è tutto signore. I suoi capelli avevano il colore delle spighe di Riso e gli occhi sembravano due goccie d’acqua piovana. Avevamo così paura che non riuscivamo neppure ad avvicinarci per affrontarlo, solo dopo aver eliminato il resto dell’equipaggio finimmo anche lui con una miriade di frecce. >>
<< Ha sentito con le sue orecchie mio signore le fantasie di questo imbecille che cerca di divertirsi alle mie spalle mettendomi paura! >> Commentò Itou, tuttavia non riuscivo a non credere che un essere simile potesse esserci davvero tra quella sterminata flotta. Il Khan era arrivato all’estremo occidente, dove nessuno sapeva nulla su come erano fatti i suoi abitanti. Per quanto mi riguardava, anche se quel marinaio mi avesse raccontato di aver visto un uomo con tre braccia e una gamba sola l’avrei creduto.
<< Itou lascia stare in pace questo ragazzo. In quanto a te Tanaka cerca comunque di non diffondere in giro ciò che hai visto, scateneresti il panico tra gli uomini lo capisci vero? >>
<< Sì… >>
Mi avvicinai e posi una mano sulla spalla del ragazzo.
<< Inoltre tu e il tuo equipaggio non avete comunque conquistato la nave nonostante quel mostruoso essere? Noi Giapponesi siamo protetti dai Kami e non c’è abominio che ci possa sconfiggere. Non c’è ragione quindi di preoccuparsi no? >>
Il ragazzo riuscì a tranquilizzarsi e persino a tentare un sorriso sereno.
<< Ha ragione signore! >>.
<< Bravo, così si comporta un vero uomo! >>
Tornai verso il mio alloggio, Itou mi scortava a lato e si guardava intorno seccato.
< > In realtà dal tono di voce e dall’espressione si capiva benissimo che il vecchio veterano una sua idea in merito se l’era fatta eccome.
<< Itou sono più di quindici primavere che combattiamo insieme, dimmi direttamente cosa ti passa per la testa senza girarci intorno con le parole come se fossi un mercante di Osaka. >>
<< E’ che mi è sembrato che…” Itou si fermò e deglutì preoccupato. “…Mi è sembrato che volesse fare le “prove” come padre. >>
All’ultima parola i miei occhi volevano uscire dalle orbite e digrignai i denti così forte che sentivo la mandibola farmi male, strinsi le dita a pugna e alzai il braccio per colpire con un cazzotto Itou che infatti si era riparato con le braccia. Tuttavia a pochi centimetri mi fermai.
<< Signore, io non volevo… >>
<< Lascia perdere Itou, hai ragione, sono stato patetico prima, non ho solo illuso quel povero disgraziato ma anche me stesso, convinto di poter essere padre un giorno. >>
Erano passati vent’anni dal mio matrimonio, ero uno sbarbato che a malepena riusciva a non inciampare con l’impugnature dalla Katana mentre Saiyuri era ancora una bambina. Quando si fece donna però il suo grembo non ne voleva sapere di dare alla luce un figlio. Avevamo perso le speranze quando, durante il freddo dello scorso inverno, arrivò di corsa un’anziana del villaggio che per la mole sembrava sprofondare nella neve da un momento all’altro. Sarei diventato finalmente padre, non potevo credere alle mie orecchie e faticai parecchio a conservare la dignità che uno della mia condizione deve mantenere in ogni occasione.
Poi arrivò la guerra e quando vidi la distesa della flotta Mongola capìi che non avrei mai visto quel figlio tanto desiderato. Eravamo tutti condannati per ordine del Khan, si trattava solo di mandare contro di noi un numero maggiore di boia e il codice d’onore di noi veri guerrieri c’impedisce di fuggire, anche quando si sa di andare incontro a morte certa.
<< Vecchio cosa ti ho detto prima- >> Esclamai piccato quando sentì aprirsi la tenda.
<< … >>
<< Oh signore sono mortificato! Non pensavo fosse lei. >> Mi buttai dalla branda e impacciato dall’armatura cercai di fare un inchino decente.
<< Fa niente, cosa ti succede Yamato? Mi sembri turbato. >> Il Daymio non aggiunse nulla, ovviamente sapeva della mia situazione.
<< Mi stavo solo riposando signore, la battaglia è stata dura. >>
<< … Non mentire al tuo signore. >>
<< Chiedo umilmente perdono >>
<< Ascoltami, ho bisogno dei tuoi servigi per una missione particolare. >> Istintivamente alzai il capo, dentro di me scalpitavo per sapere cosa il Daymio intendesse dire.
<< Ordinate pure e io eseguirò. >>
<< Devi recarti all’isola principale, fino alla cima della sacra montagna. Lì, tra i ghiacci perenni, a ridosso della dimora dei Kami si trova un eremo retto dalla più venerabile sacerdotessa di tutto il Giappone. Solo lei, è in grado di aiutare la nostra sfortunata Nazione. >>
<< Se hanno deciso di mandarmi a chiedere l’aiuto dei Kami significa che siamo veramente senza speranze. >> Pensai tra mè sconfortato.
<< Ascoltami bene ragazzo mio. >> Continuò intanto il Daymio. << Il destino della patria dipende da questo tuo incontro con la sacerdotessa, tutta la Nazione confida in te. >>.
Il giorno successivo convocai Itou e i dieci soldati al mio servizio per metterci in viaggio alla volta della sacra montagna Fuji.
Marciammo a tappe forzate attraversando un paese in apparenza in pace e tranquillo. Tutti in realtà, soprattutto nell’isola di Kyushu, vivevano la pace del terrore, che annichiliva ogni minimo gesto, sembrava che il dominio dei Mongoli si fosse già imposto sul nostro paese prima ancora di essere invasi dal loro enorme esercito.
Alle pendici della montagna lasciai i mei uomini a riposarsi in una locanda a valle. Dopo un’ estenuante scalata, ormai allo stremo delle forze, finalmente giunsi al tempio. La sua vista mi lasciò perlplesso, non assomigliava affatto alle raffinate costruzioni dorate di Nara o Kyoto, l’ingresso era poco più dell’entrata di una grotta rozzemente lavorata con motivi simili a quelli usati dai barbari Ainu e il resto dell’edificio coincideva con l’argentea parete verticale del monte.
<< Sei arrivato… >> Ad accogliermi c’era una vecchia, quella poca flaccida carne che le era rimasta aveva quasi del tutto lasciato pazio alle ossa e la pelle era raggrinzita come il nocciolo di una pesca. Indossava una logora tunica bianca comune a tutte le sacerdotesse e sopra di essa una pelliccia, non era poi così diversa da una comunissima sacerdotessa presente in ogni villaggio del Giappone.
<< Venerabile sacerdotessa. >>
<< Lascia perdere le deferenze, io vengo da un tempo in cui in Giappone queste cerimonie inutili ancora non esistevano. So perché sei qui, la notizia dell’invasione Mongola è giunta anche a questa povera vecchia isolata dal resto degli uomini da così tanti anni, mi fa piacere vederti, quasi mi ero dimenticata il loro volto. >>
Feci qualche passo indietro, forse non metteva soggezione ma in quel momento incuteva di sicuro paura.
<< Sei un uomo d’arme su, sei tenuto a non avere paura nemmeno se ti ritrovi faccia a faccia con uno Shinigami…Non avrai mica paura di me? >>
<< Ascolti Venerabile sacerdotessa, se sa già perché sono qui, allora la prego interceda presso i Kami e salvi la Nazione! >>
<< Non posso. >>
<< Come non può dannata vecch?! >>
<< Non interromperti, dì pure ciò che in realtà sono eh eh eh. Comunque mi spiace deludere te, il tuo Daymio, l’onorato Shogun e il divino Imperatore ma purtroppo voi sbagliate nel vedermi come se fossi una di voi. >>
<< Che parole sono queste vecchia? >>
<< Quando i Daymio hanno deciso di mandarti da me, s’illudevano che io potessi disporre dei Kami come loro dispongono di uomini d’arme come te e come tu disponi dei tuoi sottoposti, ma l’unica cosa a cui sono giunta dopo anni e anni di servizio e meditazione è solo intuire la loro…“voce”. >>
<< Embè, allora? >>
<< Proprio non vuoi capire? Io non sono una strega che con uno schiocco delle dita può scatenare la potenza dei Kami a piacimento! Il loro volere trascende non solo dal mio, ma spesso va anche oltre la mia stessa limitata comprensione. >>
<< Ma i Kami devono proteggere la loro Nazione! >>
<< La “loro” nazione? >> La vecchia scoppiò a ridere piegandosi in avanti. << Davvero tu pensi che i Kami militino sotto una vessilo come tu fai per il tuo Daymio? >>
<< I Kami proteggono il Giappone vecchia! >>
<< Sbagliato, i Kami proteggono questo mondo, tra cui ci siamo anche noi uomini, ma non s’impicciano delle questioni esclusivamente umane. Ai Kami non interessa se in un’ammasso di pietrame che noi umani chiamiamo palazzo sventola lo stendardo dello Shogun, del Tenno o del Gran Khan. >>
<< Queste sono parole di traditore! >> Non ne potevo più della farneticazioni di quella vecchia pazza e sguainai la spada minaccioso, tuttavia la sacerdotessa non battè ciglio, né si mosse.
<< Che aspetti? Uccidimi! >> Esclamò canzonatoria dopo qualche attimo.
Avrei ucciso all’istante chiunque avesse pronunciato ciò che la vecchia pronunciava imperturbabile, fosse anche stato il mio stesso Daymio.
<< Ti risparmio solo perché senza di te il Giappone è perduto. >>
<< Grazie per la premura ma ti ho già detto che non posso fare niente. >>
<< Ascoltami vecchia tu non puoi abbandonarci! Hai idea di cosa accadrà se i Mongoli conquisteranno il paese? I villaggi rasi al suolo, le città distrutte, vecchi, donne e bambine uccisi o resi schiavi oppure… >>
<< Cambia qualcosa quando tutto questo lo fanno i nostri Daymio nelle loro guerre fraticide? Io intanto so che i Mongoli risparmiamano le città e i villaggi che si arrendono subito, senza torcere un capello a nessuno.Pare che nei territori del Gran Khan la pace e l’ordine sono tali che una vergine può percorrere nuda con una preziosa giara sopra la testa l’Impero da una parte all’altra senza che le venga fatto nulla. >>
Non potevo credere e non volevo credere che quella fosse la persona su cui i miei saggi Daymio e lo Shogun avessero fatto affidamento. Riposi la spada, non aveva senso colpire una persona inerme, aldilà di quanto fossero odiose le sue parole e la sua sfacciata simpatia per quei cani.
<< Tu sei pazza vecchia, addio. >>
Feci solo qualche passo e la vecchia con tono imperioso esclamò.
<< Dove vai? >>
<< Dai miei compagni uomini d’arme, a morire da sciocco quale tu ritieni che io sia. Se non puoi aiutarci, io sto perdendo solo tempo. >>
<< E’ vero, io non posso fare nulla, e nemmeno i Kami aiuteranno mai qualcosa che non comprendono quale è una nazione. >>
Mi rigirai di nuovo per andarmene una volta per tutta ma la voce grave della vecchia mi rinchiodò al suolo.
<< Tuttavia i Kami possono accordare una richiesta a chi dimostra loro una grande devozione. Non possono aiutare qualcosa che non vedono, ma possono soddisfare le richieste dello spirito di una persona, loro quello lo vedono chiaramente come io in questo momento sto vedendo la tua faccia da ebete. >>
<< Cosa possiamo fare sacerdotessa? >>
<< La nazione nulla, ma tu sì, con con un sacrificio. >>
Senza battere ciglio sfoderai la Katana e puntai la sua lama contro il mio ventre.
<< Sono pronto. >>
La vecchia scoppiò a ridere.
<< Troppo facile! Chiedere la vita a un uomo d’arme è come chiedere a un tenutario una delle sue baldracche. No…No, per dimostrare la forza della tua dedizione a ciò che chiedi dovrai sacrificare ciò che la tua anima desidera di più. Solo con questo estremo distacco dalla tua persona, i Kami accorderanno la tua richiesta. >>
<< Cosa significa? Cerca di essere più chiara. >>
<< Lo saprai a tempo debito non preoccuparti. Ora và, torna a combattere. >>
<< Ma cosa dirò al mio Daymio? >>
<< Ciò non interessa né me, né tantomeno i Kami. >>
Lasciai quel posto, fissando la vecchia compresi che era intenzionata a non proferire una sola parola in più, perdipiù, se fossi rimasto qualche minuto di più in sua compagna, la tentazione di cambiare la richiesta ai Kami e supplicarli di farla squartare dai demoni sarebbe stata troppo forte.
Il viaggio di ritorno mi sembrò una punizione infernale. Non dormivo la notte e come naturale conseguenza di giorno mi trascinavo sopra il cavallo sotto lo sguardo preoccupato di Itou e dei miei fedeli uomini.
Arrivato finalmente al campo e congedati i miei uomini, andai in direzione della tenda del Daymio, anche se non avevo la più pallida idea di cosa spiegargli.
<< Yamato! Dove vai? >>
A chiamarmi era Saitou, un uomo d’arme anch’egli al servizio del mio stesso Daymio.
<< Saitou io stavo andando dal nostro signore per…Beh per una faccenda molto importante. >>
<< Non lo troverai lì. Stiamo preparando un attacco contro i Mongoli nell’Isola di Takashima, è una fortuna che ti ho incrociato, il Daymio sarà felicissimo di avere anche te al nostro fianco! >>
Seguìi il mio compagno per il campo, diretto alla baia cui si trovava ancora la flotta di assalto. Fu in vista degli alberi delle navi che vidi giungere il vecchio Itou.
<< Mio signore! Mio signore! >> Il viso era paonazzo tra un misto di fatica ed emozione e il suo continuo fremere irritò Saitou e sorprese me.
<< La sua famiglia, suo padre, sua madre e sua moglie sono qui! >> Continuò interrompendonsi parecchie volte per riprendere fiato.
<< Cosa?! Che ci fanno qui? Non è posto per loro. >>
<< Sì ma vede. Suo figlio, è nato! >>
Per alcuni istanti senza tempo mi sembrava di aver lasciato quel mondo di cui sentivo solo pochi deboli sussurri di Itou che rieccheggiavano lontani.
<< E’ forte, mi sembra di vedere lei quando tanto tempo fa! Finalmente mio signore, è diventato padre! >>
No, non poteva essere uno scherzo, pian piano sentivo il sangue scorrere nella testa e ricominciai a riavere coscienza di ciò che mi aveva intorno.
<< Saitou quando è previsto l’attacco? >>
Il mio compagno sorrise, tutti nei territori del Daymio sapevano della mia sfortunata storia.
<< Quando il sole toccherà il culmine del Sole. Direi che hai tempo a fare visita a lui e alla tua sposa. >>
Senza farlo ripetere due volte girai il cavallo pronto a farmi guidare dal vecchio Itou.
<< Un sacrificio Yamato, un sacrificio… >>
<< Cosa le succede mio signore? Perché si è voltato all’improvviso? >> Itou mi guardava preoccupato e anche Saitou si guardava intorno convinto che avevo notato un qualche pericolo.
Non c’era nulla in realtà, solo un pensiero che aveva preso la forma terribile della voce di quella vecchia. Aveva ragione. Avrei capito a tempo debito cosa i Kami avrebbero chiesto da me.
<< Saitou, andiamo dal Daymio. Itou, da questo momento l’obbedienza tua e dei miei uomini passa da me a mio figlio. >>
<< Ma signore cosa dice? Ha sofferto per anni e anni e ora finalmente il suo più grande desiderio si è avverato, non può non vedere suo figlio. Non dopo tutto quello che ha passato per arrivare fino a questo momento. >>
<< Taci! O ti ammazzo con le mie mani! >> Il Vecchio quasi cadde a terra per il terrore che vedeva nel mio sguardo, persino Saitou fece fare qualche passo indietro alla sua cavalcatura. << Non posso tirarmi indietro nella guerra, non per sciocche questioni personali. Ora fa ciò che ti ho ordinato prima che ti cavi un occhio per la tua disobbedienza! >>
Itou annichilito cominciò a correre via.
<< Andiamo Saitou, andiamo a prendere il nostro posto per la battaglia. >>

Più volte sua Madre lo ammoniva di non recarsi alla scogliera, le suscitava ricordi troppo dolorosi, il bambino però non capiva come potesse odiare quel luogo bendetto da chiunque, lì dove era avvenuto il miracolo, il Kamikaze, il vento dei Kami che aveva distrutto l’immensa flotta Mongola e salvato il Giappone.
Lui tuttavia non andava lì per spirito patriottico, ma perché ogni volta che vi si recava, sentiva la brezza marina farsi più intensa, la sensazione gli piaceva, gli dava affetto, lo confortava quando si sentiva triste e gl’infondeva coraggio, come solo un padre sapeva fare.

Lan.
00sabato 14 marzo 2009 23:53
Scusate il doppio post e soprattutto scusate se i dialoghi dopo le virgolette hanno sempre lo spazio, ma il forum per qualche codice mi cancellava tutte le battute, quindi ho dovuto mettere uno spazio tra le frasi e la punteggiatura. [SM=g27963]
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 01:57.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com