STORIA E SIGNIFICATO DEI COLORI NELLA CULTURA OCCIDENTALE

margravio Lotario
00mercoledì 16 luglio 2008 15:03
La simbologia dei colori nell'anno mille
ROSSO CORAGGIO, NERO UMILTA'

----------------------------------------------------------------------
colore qualità positive qualità negative
----------------------------------------------------------------------
BLU : lealtà,giustizia,saggezza =stupidità,
scienza,fermezza, bassa estrazione


VERDE : bellezza,giovinezza, =disordine,follia
vigore fisico avarizia,infedeltà
in amore

ROSSO : forza,coraggio,carità =orgoglio,crudeltà,
liberalità , facile alla collera


GIALLO : ricchezza,nobiltà,fede=falsità,fellonia,invidia
tradimento,pigrizia

PORPORA : prudenza,temperanza =tristezza,ambiguità
dignità golosità

BIANCO : purezza,castità,speranza =morte,ambiguità
giustizia, eternità disperazione

NERO : umiltà,pazienza,temperanza =dolore,morte,
penitenza disperazione


i valori simbolici attribuiti ai colori sono stati tratti da testi della fine del medioevo, da notare che tutti i colori sono ambivalenti, ma anche che lo stesso colore può simbolizzare sia la virtù sia il suo contrario


Storia e significato dei colori nella cultura occidentale - QUANDO I NOBILI VESTIVANO DI BLU -





Perchè gli europei preferiscono il blu agli altri colori ?, un noto studioso della materia (Michel Pastoureau) sostiene che la scelta viene da lontano. Quando nel medioevo accadde che..........
Qaul è il vostro colore preferito ? il blu, naturalmente. O perlomeno il blu è il colore preferito dalla metà degli europei. Tutte le inchieste condotte su questo argomento dalla seconda guerra mondiale in poi hanno dimostrato, con notevole regolarità, che in tutti i paesi dell 'Europa occidentale (Spagna esclusa) più del 50 per cento delle persone interrogate citavano il blu in risposta alla domanda di apertura.
Seguono il verde (20 per cento circa), il bianco e il rosso (10 e 9 per cento c.). La priorità è data ai colori "freddi". Le cifre sono molto simili in Canada, negli States e in Australia, in Giappone ,invece, il colore più votato è il bianco. La civiltà occidentale è dunque una civiltà del blu.

Non è sempre stato così, perchè e come è nato l'attuale primato del blu ?, considerato il ruolo discreto avuto nei secoli precedenti il XIII,l'interrogativo è obbligato !.
L' occidente antico e buona parte dell' occidente medievale, non avevano mai valorizzato il blu. Il colore preferito era allora il rosso, il solo "vero" colore secondo numerosi autori, dato che riuniva in sè il prestigio simbolico della porpora alla realtà quotidiana della tintura delle stoffe.
Quando, come e perchè si è verificato il passaggio dal rosso al blu ? E, in modo più generale, come si sono strutturati non soltanto la nostra sensibilità ai colori, i nostri sistemi simbolici e i nostri codici sociali fondati sul colore, ma anche il nostro modo di concepire la natura e la visione dei colori, definiti oggi come sensazioni fisiologiche( e strettamente culturali) e non più come una sostanza o frazione di luce ?
Per tentare di rispondere a tali questioni, difficili, a volte inafferrabili ma che fanno, ormai da diversi decenni, parte integrante della ricerca storica, bisogna sforzarsi di considerare i problemi nel lungo periodo e concentrarsi, al contempo, su un più breve periodo che va dall' XI al XV secolo. Infatti, nonostante la rivoluzione newtoniana della fine del XVII secolo - esperimento del prisma e scomposizione della luce bianca nel suo spettro- e la scoperta dell'ottica, della fisica e della chimica cromatiche del XIX e XX secolo, la maggior parte di quello che percepiamo , sentiamo, crediamo o viviamo in fatto di colori lo dobbiamo al medioevo

L' uomo del medioevo ama i colori, Questi sono per lui sinonimo di luce, di gioia e sicurezza, così come sono (specialmente a partire dal XII secolo) uno dei componenti della bellezza : è bello ciò che è chiaro, brillante, luminoso. Il colore non è altro, in fondo, che un modificarsi della luce quando entra in contatto con degli oggetti e che, percepita dall'occhio, assume le sue diverse sfumature. Su questo punto si trovano d'accordo tutti gli scienziati che, soprattutto durante il XIII secolo (come Robert Grossetète, Roger Bacon, John Pecham e altri), hanno tentato di definire la natura dei colori e il modo di percepirli, in quanto partecipi della metafisica della luce e, come tali, emanazioni divine.
Certi teologi, tuttavia, diffidano dei colori, in quanto essi rappresenterebbero il lato pericoloso, ambiguo, troppo seducente e inutile, della bellezza. Così san Bernardo associa i colori al concetto di "venustas" (bellezza femminile e fatale) ed è ostile alla loro presenza, non solo negli abiti dei monaci ma anche sui muri e le finestre dei conventi. Questa morale cistercense del colore non si riferisce tanto all'una o all'altra tinta, quanto piuttosto all'intensità tonale, un colore troppo ricco, troppo saturo, cattura facilmente l'attenzione e distrae il cristiano dalla divinità, diventando grave ostacolo alla devozione.
Se l'abate di Clairvaux non è il solo, nel XII secolo, a diffidare dei colori, la sua avversione costituisce però un caso quasi limite. Mettere al bando i colori è, in generale, contrario alla sensibilità dell' uomo medievale : per lui il colore è segno di luce e dunque di salvezza. La morale del colore si rafforzerà ulteriormente in epoca moderna, soprattutto a partire dalla Riforma che porrà come sistema di valori privilegiati, l'asse bianco-grigio-nero, specialmente nell'abbigliamento.
La "cromoclastia" dei luterani e dei calvinisti è meno conosciuta e studiata della loro iconoclastia, ma avrà anch'essa un suo impatto nella storia degli usi e costumi. La morale protestante del colore diventerà infatti quella del capitalismo e della società industriale e lascerà tracce fino al XX secolo : il nostro completo scuro, le nostre camice bianche, i nostri vestiti blu (un nero che non ha il coraggio di manifestarsi come tale) escono in linea quasi diretta dal trattato "De Vestitu" di Melantone, pubblicato nel 1527, e, più genericamente, dalle considerazioni di Lutero, Calvino e Zwingli sull'immoralità delle tinte dai toni caldi (rosso, giallo) o troppo chiare (escluso il bianco).
Gli studiosi sono pure convinti che i blue jeans discendono da questa morale storica del colore : potranno esibire anche un blu più slavato e sfumato possibile, ma apparterranno pur sempre al sistema di abbigliamento scuro e resteranno concettualmente un paio di pantaloni blu, cioè scuri (a parte il fatto, ovviamente importante, che si tratta di un colore poco "sporchevole").
Questo vale non soltanto per gli abiti, ma anche per il mondo degli oggetti, e il fatto che per molto tempo gli elettrodomestici, le automobili, le stilografiche, le macchine per scrivere, i telefoni,frigoriferi ecc.., siano rimasti neri, bianchi o grigi, non è solamente dovuto ai condizionamenti dei valori della chimica industriale : si trattava anche di una questione di morale sociale del colore, morale basata sulla "cromoclastia" storica : la rottura, cioè, del codice del colore fino allora dominante, operata dal protestantesimo.

L'universo medievale è sì un universo intensamente colorato, ma non tutti i colori godono di stesso prestigio, quest'ultimo va infatti modificandosi nel corso dei secoli e, a questo proposito, la maggior trasformazione nella sfera della sensibilità ai colori avviene durante il XII e XIII secolo, con l'emergere su tutti gli altri colori, sia in termini qualitativi che quantitativi, del blu. Tale colore, naturalmente, esiste anche prima di questa data, come del resto tutti i colori, ma conta ben poco, tanto dal punto di vista materiale (pochi oggetti decorazioni,abiti e stoffe dove entra il blu), quanto da quello concettuale (il blu, come il verde,veniva considerato soltanto come un tipo particolare di nero).
Quando si tratta di costruire dei sistemi simbolici o dei codici sociali riferiti all'universo dei colori, il primo medioevo occidentale si limita a tre colori "polari" : il bianco, il rosso e il nero, cioè i tre colori antropologici fondamentali. I soli che si ritrovano in tutte le civiltà e che, al di là della loro cromaticità, traducono delle nozioni universali : Non tinto e pulito (bianco), "non tinto e sporco" (nero) e "tinto" (rosso).






[SM=x1140429]
davie
00giovedì 17 luglio 2008 22:26
potresti dirmi quali sono le fonti che hai utilizzato
margravio Lotario
00giovedì 17 luglio 2008 23:20
La guida delle giovani marmotte [SM=x1140419] , scritte dal gran mogol in persona
margravio Lotario
00sabato 19 luglio 2008 03:09
EVOLUZIONE [SM=x1140535]



L' epoca di passaggio dall'uso del linguaggio sociale ed estetico dei colori primigenei antropologici all'era della supremazia del blu nell'occidente europeo, (in seguito compresi anche : Australia, stati Uniti, Canada e Nuova Zelanda).




Si potrà assistere nel periodo che va dalla metà dell' XI secolo alla metà del XIII , allo scardinamento del vecchio schema ternario bianco - nero - rosso. Poco a poco i sistemi simbolici e sociali dei colori cominciano a venir costruiti non più attorno ai tre colori polari, ma secondo una scala lineare e gerarchica che va dal bianco al nero, passando per il rosso, e dove ormai tutti gli altri colori trovano la loro collocazione, specialmente il blu, che soltanto tre secoli prima non significava niente o quasi per l'uomo carolingio, diventa nel corso di questi secoli un colore a pieno titolo, apprezzato e ricercato, un "valore".

Lo studio statistico dell'impiego dei colori nelle vetrate, smalti e soprattutto miniature, abbigliamento, e araldica,conferma l'aumento quantitativo del blu. Nel XIII secolo la maggior parte dell' Europa occidentale ne viene addirittura inondata.
Il XIII secolo insomma è il secolo del blu. Per la prima volta dalla protostoria, questo colore (divenuto quello della Vergine e della regalità) comincia a fare concorrenza al rosso, che era stato da sempre il primo tra i colori.
L' evoluzione di lunga durata ha visto il XII secolo come il periodo di massima accelerazione del cambiamento. Dopo la metà del secolo XIII sarà il blu ad averla definitivamente vinta, tanto da diventare il colore della civiltà occidentale attuale.

Dal momento che la chimica tintoria è in grado di produrre un blu squillante, non soltanto per mezzo del costoso ed esotico indaco, ma anche usando l' isatide comune, pianta tintoriale la cui coltivazione si stà rapidamente espandendo, il blu fa la sua apparizione negli abiti dei principi, e in quelli di cerimonia in genere, trovandosi ben presto valorizzato in ogni altro campo.
La coltivazione dell'isatide si estende così sempre più ai danni della robbia, la pianta che serve a tingere le stoffe di rosso.
Le mutazioni simboliche provocano anche conseguenze economiche : In Renania alcuni mercanti di robbia, rovinati dalla voga del blu, chiedono agli affrescatori di dipingere in blu i loro diavoli per gettare discredito sulla nuova moda, ma senza risultati.

Un abito caro è un vestito il cui colore tiene, un colore che morde in profondità nelle fibre del tessuto. Da qui il violento contrasto tra i panni dei contadini che, quando sono tinti (e non sempre lo sono), presentano dei colori, grigiasti, smorti, sbiaditi, e le vesti dei principi e alti prelati che invece brillano di colori intensi. Il contadino e il re di Francia possono ambedue vestirsi di blu, ma si tratta di due blu molto diversi tra loro : il primo slavato, sporco, spento, mentre il secondo è intenso, brillante, quasi viola da tanto è saturo.
Per l'occhio medievale non si tratta affatto dello stesso colore. E' un punto importante, questo, perchè introduce un'idea che sarà presto cara a tutta la pittura occidentale : non esistono più dei problemi di colore, quanto di contrasto.

Per l'uomo medievale, come per quello di altre molte società, il colore rappresenta innanzitutto ciò che serve a classificare, a mettere in ordine, a indicare, a distinguere, a associare, a opporre, a gerarchizzare. Il colore è un etichetta, la sua funzione è prima di tutto emblematica e "tassonomica", serve a indicare con chi o che cosa si ha a che fare.
Ritroviamo questo ruolo classificatorio in tutte le utilizzazioni sociali dei colori e, ovviamente, anche, nel codice vestimentario. In molti casi, a partire dal XIII secolo, i colori del vestito aiutano a situare immediatamente l'individuo in un dato gruppo sociale e questo gruppo all'interno della società. Basti pensare alle tenute araldiche, alle livree con i colori del principe, a quegli abiti che in futuro avrebbero dato origine alle uniformi. O all'abito monastico : i benedettini sono comunemente noti come i "monaci neri", i cistercensi come i "monaci bianchi" e i francescani come i "monaci grigi".



Ma è forse per gli emarginati e gli esclusi della società che questa funzione emblematica dei colori funziona nel modo più appariscente, proibendo o rendendo obbligatorio l'uso di certi colori nel vestiario. Prostitute, boia, lebbrosi, infermi, mendicanti, poveri di spirito,zingari, eretici, ebrei e musulmani devono sottostare all'obbligo, in certe regioni e in certe epoche, di portare vestiti e segni particolari.
Le ricerche non consentono ancora di ottenere un quadro generale che comprenda tutto l'occidente. Per qualche regione è tuttavia possibile ricostruire a grandi linee questo ruolo discriminatorio attribuito al colore. Si tratta di un fenomeno tipicamente urbano : sulle città della media valle del Reno, della Francia meridionale e dell' Italia del nord si dispone della documentazione più solida, soprattutto per il XIV secolo.
Le differenze sono numerose da una regione all'altra, anzi da una città all'altra : per esempio la fettuccia gialla portata dagli ebrei, a volte completamente gialla, a volte rossa e gialla, o rossa e bianca oppure anche verde e bianca. Ma quasi ovunque, nelle decisioni prese dalle autorità municipali per obbligare categorie di individui a indossare capi di vestiario o accessori di una particolare tinta, sono due i colori che emergono : il rosso e il giallo.
Si tratta di colori obbligatori, riguardanti una parte del vestito o un pezzo di stoffa che deve essere portato su una determinata parte del corpo. Spesso il rosso è il colore che devono ostentare i cristiani le cui attività siano disonorevoli (prostitute, boia) o colpiti da infermità : nella mentalità medievale è in generale assimilata a un segno esteriore del peccato, (per esempio la lebbra), mentre il giallo è piuttosto un colore discriminatorio dei non cristiani, soprattutto di ebrei e musulmani.

Il fenomeno del deprezzamento del giallo è interessante da seguire, perchè si svolge in un periodo di lunga durata. Tra la fine dell'antichità romana, dove costituisce uno dei valori più ricercati (ha funzioni di particolare rilievo nelle cerimonie religiose) e il nostro secolo, in cui viene a trovarsi agli ultimi posti nella scala delle preferenze, il giallo continuerà a deprezzarsi.
L'uomo antico ama il giallo, così come ama tutti i colori caldi, ma all'uomo contemporaneo è un colore che non piace. Solo l'arancione e il marrone sono caduti più in basso. Per il marrone si tratta addirittura di un plebiscito : quando si chiede agli europei o agli americani qual'è il colore più brutto è proprio il marrone a essere citato nell' 85 per cento dei casi, con l'eccezione, ancora una volta, della Spagna con il 40 per cento.
Già con il medioevo il giallo è un colore deprezzato. A partire dal XII secolo viene usato per rappresentare, nei testi e nelle immagini, il colore della falsità e del tradimento.
Alla fine del medioevo nei paesi lungo la Mosa e nelle Fiandre, le case di spergiuri, dei falsari e anche dei debitori insolventi, vengono dipinte di giallo per decisione delle autorità giudiziarie. Per estensione il giallo è anche il colore delle sinagoghe e degli ebrei.
L' iconografia ha un'impostazione ancora molto sistematica : nelle immagini gli ebrei vestono sempre di giallo o il giallo è presente in uno dei capi di vestiario che indossano (mantello, calotta, cintura, maniche, guanti, calzature...). Giuda infatti, viene sempre rappresentato vestito di giallo, totalmente o almeno in parte.
Giuda è pure rappresentato con capigliatura rossa, colore che simbolizza in qualche modo l'associazione della malvagità del giallo con la malvagità del rosso. Questo carattere peggiorativo dei capelli rossi risale lontano nel tempo. : è già attestato nella Bibbia e presso molti autori latini e pone infatti dei problemi di antropologia simbolica difficili da risolvere. Tuttavia, come sempre, i sistemi simbolici medievali predispongono delle valvole di sfogo che consentono loro di trasghedire le proprie scale di valori, finendo così con il rafforzarle : vi sono personaggi di pelo rosso che vengono valorizzati, come Davide, Sansone o Tristano, tre personaggi che a diverso titolo presentano una dimensione cristologica.
L' uso del giallo in senso peggiorativo è favorito, a partire dal XII secolo e soprattutto alla fine del medioevo , dall'irrompere improvviso e in grandi quantità dell'oro e della doratura in tutti i campi della produzione artistica. Il medioevo al suo volgere è una civiltà di oro e di azzurro, come i colori araldici dei re di Francia. In quanto colore, l'oro è al contempo luce e materia e esprime al più alto grado quella ricerca della luminosità e della densità dei toni di cui si è già detto.



A partire dal XIII secolo l'oro è anche la versione "buona" del giallo, tutti gli altri gialli sono "cattivi", non solo il giallo aranciato dei capelli di Giuda, ma anche il suo contrario, quel giallo che tende verso il verde e che noi chiamiamo "giallo limone". Il giallo - verde, o l'associazione del giallo e del verde, costituisce per l'occhio medievale qualcosa di aggressivo, di sregolato e inquietante.





Sono i due colori, quando vengono associati, del disordine e della follia. Come tali trovano posto sull'abito dei giullari e dei buffoni di corte, o anche talvolta, nelle armi immaginarie attribuite a personaggi che hanno perso la ragione. Momentaneamente come Tristano, o definitivamente come il folle dei libro dei Salmi.
Le testimonianze scritte e figurate abbondano a partire dal secolo XIII e durano fino a pieno secolo XVIII, in piena epoca dei lumi. In tutti i paesi dell' Europa occidentale un buffone è un personaggio vestito o di giallo e verde o di abito policromo.




mandi mandi [SM=x1140429]
Pilbur
00sabato 19 luglio 2008 06:40
Bel topic! Grazie delle notizie [SM=x1140440]
Vestinus
00sabato 19 luglio 2008 16:22
Però il blu nell'arte medievale e rinascimentale è anche e sopratutto simbolo di ricchezza perchè era il colore più costoso, fatto di veri lapislazzuri frantumanti...
margravio Lotario
00sabato 19 luglio 2008 18:19
Re:
Vestinus, 19/07/2008 16.22:

Però il blu nell'arte medievale e rinascimentale è anche e sopratutto simbolo di ricchezza perchè era il colore più costoso, fatto di veri lapislazzuri frantumanti...




, mi pare che anche la domus aurea di nerone abbia una cosa del genere fatta con lapislazzuli, ma l'argometo è sfuggente e non si presta a schematizzazioni troppo rigide, vi erano, almeno credo, anche livree di diversissimi altri colori, magari abbinati, che non rientrano nella sfera delle tonalità blu, e poi a restringere ancora di più il campo c'è la localizzazione circoscritta all'europa occidentale, esclusa la spagna.


Vestinus
00domenica 20 luglio 2008 13:24
La villa di Nerone era nota per i marmi particolari e con colori screziati, marmi tipici dell'Anatolia.
margravio Lotario
00martedì 22 luglio 2008 16:13
la policromia e l'emergere del nero come colore "buono" nell'occidente

si la villa di nerone credo non evesse solo marmi policromi dell'anatolia, ma anche del peloponneso, travertino, decorazioni di conchiglie e corallo, e chissà quanti altri materiali.








La policromia, che nella nostra sensibilità di moderni evoca l'idea della salute, del vigore, dell'energia, ha invece connotazioni molto negative nella sensibilità medievale, per la quale evoca, come per la combinazione giallo - verde, un' idea di perturbazione e disordine.
Il giallo - verde, colore che nei limiti dello spettro viene meglio distinto dall'occhio occidentale (ecco perchè è tanto frequentemente usato in campo elettronico e informatico ) è quello che sembra stimolare con maggior forza la nostra sensibilità e che, nel contesto cromatico che va dall'antichità arriva fino ai giorni nostri, sembra maggiormente discostarsi dagli altri colori. Difficile distinguere, in questo "status" del giallo, l'aspetto fisico (di impressione puramente visiva e cromatica-fisica) da quello culturale ( di impressione con connotati specifici culturali di associazione).
Alla fine del medioevo, e anche durante una parte dell'epoca moderna, l'uso del giallo (e, in via eccezionale del rosso) come colore "cattivo", permette al nero, colore del peccato e della morte, di deprezzarsi meno di quanto ci si potesse aspettare. E' vero che tutti i colori sono ambivalenti e, come per il rosso e il giallo, c'è un nero positivo e un altro negativo. Ma questo nero negativo, il nero spento e inquietante delle tenebre, viene usato poco più del rosso o del giallo come colore peggiorativo.
Nel vestito diventa perfino relativamente discreto. A partire dal XIV secolo è al contrario il nero "buono" , quello della modestia e della temperanza, a trionfare nel guardaroba dei principi e aristocratici.
La moda volge al nero e questa voga costituisce a partire dal 1340 - 1360 un vero e proprio fenomeno sociale che si estende a tutto l'occidente.
Le ragioni sono diverse. Sembra che tale moda abbia origine in Italia, come conseguenza delle leggi suntuarie (cioè atte a reprimere il lusso) che erano state promulgate da alcune città, come Genova, Firenze, Venezia, Ferrara. Queste leggi proibivano (come auspicato da san bernardo nel XII secolo) l'uso vestimentario di colori troppo vivaci oppure ottenuti utilizzando coloranti troppo costosi (come il chermes per i rossi e l'indaco per il blu ).

Le leggi suntuarie, la cui ragione di essere era al contempo di controllo sociale e fiscale di tutte le classi urbane, raccomandano una tenuta modesta e dignitosa insieme. Il nero veniva al primo posto in quanto colore della penitenza e perchè si poteva ottenere con coloranti a buon mercato (scorza di radici di noce o di ontano, fuliggine o carboni vegetali ). Il problema è che tali coloranti non si fissano bene, dando luogo a dei neri smorti e poco saturi. Ma i mercanti più ricchi e poi i principi e le loro corti ebbero l'idea di tingere di nero le pellicce, sulle quali le tinture vegetali mordevano meglio, ottenendo così dei neri più brillanti e attraenti.




salutoni
margravio Lotario
00giovedì 24 luglio 2008 15:27
il nero



A partire dalla metà del XIV secolo le pellicce cessarono dunque di far soltanto da fodera e vennero talvolta utilizzate per il rivestimento esterno dell'abito. Questo contribuì a diffondere la moda dei neri tessili che la chimica tintoriale era finalmente riuscita a rendere in modo luminoso sui tessuti di buona qualità. Il XV secolo fu il secolo del nero, specialmente negli ambienti di corte. La Spagna moderna, erede (per quanto riguarda l'etichetta) delle tradizioni della corte di Borgogna degli ultimi Valois, prolungò questa moda fino in pieno XVIII secolo e la diffuse in tutta Europa. La Riforma poi contribuì anch'essa a fare di questo nero di fine medioevo, un "valore" dell'epoca moderna e contemporanea.
Per quanti riguarda l'associazione del nero al lutto si tratta di un uso relativamente recente, non si ha ancora un quadro preciso, sembra che le pratiche variassero di molto nel tempo e nello spazio e il fatto stesso di portare il lutto con dei vestiti specifici diventerà costume soltanto con grande lentezza e, per molto tempo, riguarderà soltanto gli strati superiori della società.
Questa moda, attestata in Spagna dal XII secolo, tocca la Francia e l' Italia soltanto nel corso del XIII, mentre per la Germania e per i paesi nordici bisogna aspettare ancora più a lungo. Per gli uomini viene introdotto l'uso di evitare i colori vivaci, poi di indossare vestiti dai colori scuri, e di tingere le case con colori delle stesse tonalità : blu, grigio, viola, marrone e nero. Ma questi ultimi guadagnano terreno molto lentamente. Ancora all'inizio del XIV secolo, nella maggior parte dei romanzi cavallereschi, i personaggi che portano il lutto sono vestiti di blu scuro o di grigio-blu(colore policromo). Bisogna aspettare un secolo, dunque, per fare del nero il colore dominante, almeno nelle immagini, visto che i testi su questo argomento sono spesso contraddittori. Del resto quello che vale per gli uomini non vale per le donne. Molte regine, in Francia e Inghilterra, hanno portato il bianco come segno di lutto, in Italia fino al XV secolo, le donne dell' aristocrazia e del patriziato urbano manifestano il lutto indossando un vestito che non usano tutti i giorni - in contrasto con quello dei vestiti che normalmente portano. Si tratta per lo più di un abito rosso.
La pratica sociale del lutto finisce qui con il coincidere con quella del matrimonio : in Europa occidentale le spose hanno continuato a indossare per un periodo molto lungo l'abito rosso e non l'abito bianco, cioè il loro "vestito più bello", quello tinto con il colorante più caro e più denso.


Storia Illustrata N 348 nov. 1986 articolo di Michel Pastoureau



[SM=x1140429]
Vestinus
00sabato 26 luglio 2008 16:45
Ma fai per caso qualche facoltà/liceo associata all'arte/storia/sociologia o affini?... sai perchè è un analisi molto interessante...
margravio Lotario
00sabato 26 luglio 2008 17:32

no,non tengo nessun titolo accademico [SM=x1140435] [SM=x1140436] , ho solo malspeso i miei anni di vita et studio in un continuo ondivagare [SM=g1598462] che mi ha profiquamente permesso di cazzeggiare assai [SM=x1140509] .



margravio Lotario
00lunedì 28 luglio 2008 20:36
Re:
Vestinus, 26/07/2008 16.45:

Ma fai per caso qualche facoltà/liceo associata all'arte/storia/sociologia o affini?... sai perchè è un analisi molto interessante...



Colgo l'occasione per affermare un concetto ormai abbastanza risaputo.
L'università è il tempio della cultura, lì si dovrebbero forgiare le forze intellettuali" di questo paese. Questa affermazione non trova più riscontro nella realtà culturale odierna per quanto riguarda la narrativa e la letteratura in genere e neanche, in misura minore e meno evidente, per le altre discipline umanistiche.

tu dirai vabbè ma chè c'entra ??

c'entra c'entra perchè la tua domanda nasconde una forma mentale tipica di molti (anche fra i miei amici) frequentatori di aule universitarie, e cioè che solo chi ha frequentato l'università può essere in grado di affrontare alcuni argomenti di approfondimento storiografico, letterario e culturale in genere.

questo mutamento di luoghi e sedi per quanto riguarda, ad esempio, la produzione letteraria e di narrativa è eclatante e sotto gli occhi di tutti, per le altre discipline umanistiche rimane ancora forte questo atteggiamento di "casta" che mi sono trovato a "sopportare" anche da parte di universitari abb. spocchiosi e ignari delle cose del mondo.


saluti



Thor86
00venerdì 1 agosto 2008 09:53
margravio Lotario, 28/07/2008 20.36:



Colgo l'occasione per affermare un concetto ormai abbastanza risaputo.
L'università è il tempio della cultura, lì si dovrebbero forgiare le forze intellettuali" di questo paese. Questa affermazione non trova più riscontro nella realtà culturale odierna per quanto riguarda la narrativa e la letteratura in genere e neanche, in misura minore e meno evidente, per le altre discipline umanistiche.

tu dirai vabbè ma chè c'entra ??

c'entra c'entra perchè la tua domanda nasconde una forma mentale tipica di molti (anche fra i miei amici) frequentatori di aule universitarie, e cioè che solo chi ha frequentato l'università può essere in grado di affrontare alcuni argomenti di approfondimento storiografico, letterario e culturale in genere.

questo mutamento di luoghi e sedi per quanto riguarda, ad esempio, la produzione letteraria e di narrativa è eclatante e sotto gli occhi di tutti, per le altre discipline umanistiche rimane ancora forte questo atteggiamento di "casta" che mi sono trovato a "sopportare" anche da parte di universitari abb. spocchiosi e ignari delle cose del mondo.


saluti






si chiamano pregiudizi e fanno parte delle cose più odiose e insopportabili, almeno per me imho!

complimenti tutti bellissimi articoli [SM=x1140522]
margravio Lotario
00venerdì 1 agosto 2008 12:05
Re:
Thor86, 01/08/2008 9.53:



si chiamano pregiudizi e fanno parte delle cose più odiose e insopportabili, almeno per me imho!

complimenti tutti bellissimi articoli [SM=x1140522]




grazie thor, magari uno di questi giorni ne faccio uno sulla cucina medievale,

come si dice i pregiudizi nascono dalla non conscenza, certo l'università è importante perchè dà continuita e un metodo di studio che altrimenti non si possono avere, ma se non si è sorretti da una buona dose di passione si fa molta più fatica ad imparare e ci si dimentica molto più facilmente le nozioni che si sono acquisite.


[SM=x1140429]
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 13:11.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com