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+ Nel nome della Santa ed Indivisibile Trinità, Alfonso per grazia divina Re d'Aragona, Re di Valencia e Signore di Provenza,


Poiché, se è vero che l'ordine, la pace e la fratellanza sono massimamente graditi a Dio e che la guerra è strumento diabolico che precipita il Mondo nelle tenebre del peccato, tuttavia la Divina Provvidenza ha scelto un unico veicolo perché la parola del Salvatore si diffondesse in ogni terra ed in ogni uomo, un Impero unico e sterminato che legittimamente governasse l'Orbe affinché ordine e prosperità fossero garantiti fino al Secondo Avvento di Cristo e la Seconda Gerusalemme, Impero di cui, per volere della Divina Provvidenza, l'unico legittimo titolare è Federico primo del suo nome Re di Germania ed Imperatore dei Romani,

pertanto Noi, Alfonso, quarto del nostro nome, per grazia divina piissimo Re d'Aragona, Re di Valencia e Signore di Provenza, osserviamo con sgomento le notizie riportateci dall'Italia, dove non solo una città ha osato incrociare le sue armi contro l'Imperatore, ma ha anche osato invaderne le terre arrogandosi di essere la salvatrice di genti a sua detta oppresse, ma legittimamente governate dal loro Sovrano. Di conseguenza, Noi che pur auspichiamo la pace riconosciamo che essa non potrà avvenire fino a quando il Duca di Venezia non avrà abbandonato le terre su cui non può vantare diritto legittimo alcuno, ovverosia le terre padane della marca veronese. Una volta che ciò sarà fatto intercederemo con il nostro Fratello amatissimo, l'Imperatore cristiano Federico affinché conceda la grazia al Duca venetico e la situazione sia riportata legittimamente a ciò che era prima che Satana offuscasse le menti degli uomini.

Segnato da Alfonso piissimo Re d'Aragona, Re di Valencia e Signore di Provenza.

Io, Iacobus da Vinegia, cancelleriere del Regno sottoscrivo e confermo.

Anno di Grazia MCLIX, indizione II, regnante Alfonso quarto del suo nome, piissimo Re d'Aragona, anno di regno V



Ad accrescere le mie sventure, il giorno dell'Assunzione della santa madre di Dio e vergine Maria, giunsero, con male augurio per me, gli ambasciatori di Giovanni XIII signore apostolico e Papa universale con lettere con cui pregavano Niceforo Imperatore dei Greci di far parentela e salda amicizia con suo diletto figlio spirituale Ottone, Imperatore augusto dei Romani.

"Ma il Papa, sciocco ed insulso, ignora forse che Costantino il grande trasferì qui lo scettro imperiale, tutto il Senato, tutto l'esercito romano e che a Roma lasciò soltanto vili schiavi, cioè pescatori, mercanti di ghiottonerie, uccellatori, bastardi, plebei e servi?"

"Ma il Papa, dissi, famoso per la sua lealtà, pensò di scrivere questo a lode e non ad offesa dell'Imperatore. Sappiamo certamente che Costantino Imperatore romano venne qui con l'esercito romano e fondò questa città col suo nome; ma poiché Voi avete mutato lingua, costumi e vesti, il Santo Padre ha pensato che vi dispiacesse il nome di romani, come pure non vi piace la loro veste"