00 07/05/2012 01:21
La seconda metà del 1162 vede la fortuna non arridere ai Genovesi.
Infatti Oberto Grimaldi è appena entrato in Romagna quando viene a sapere che Venezia ha nuovamente messo sotto assedio Bologna, con un grande esercito; per cui, in attesa di futuri sviluppi, il giovane Grimaldi si ritira con le sue truppe a Lodi. Se Bologna dovesse cade in mano Veneziana, le mire genovesi non potrebbero che volgersi verso la Toscana.
Là infatti, il Libero Comune di Firenze ancora non è entrato nell'orbita pisana, e avere un insediamento genovese alle spalle degli odiati pisani non potrebbe che essere un vantaggio per la Superba.

In Africa, intanto, Ansaldo D'Oria viene colpito dalla polmonite, e teme che senza di lui tutte le operazioni belliche in quella terra possano ristagnare. Per cui, incoraggiato e sostenuto dall'Embriaco e da Caffaro, decide di non attendere più e attaccare Tunisi, per cederla agli alleati Siciliani e fare ritorno a casa, prima che la morte a causa della malattia lo colga.
Se non perirà sul campo di battaglia.


Ansaldo non ha voluto attendere, e già all'alba ha schierato i suoi davanti alla fortezza musulmana.
Questa volta i balestrieri genovesi saranno i primi ad assaltare le mura, dato che nell'armata del Console sono i soldati più esperti.
Se riescono ad agire in fretta, i genovesi possono sfruttare una situazione tatticamente favorevole: le mura infatti non sono quasi per nulla presidiate, solo da qualche gruppo di arcieri leggeri e un'unità di milizia!

Senza perdere tempo, i balestrieri genovesi e la fanteria danno l'assalto alle mura, mentre un gruppo di palvesarii si avvicina al cancello principale del castello.



Il combattimento sulle mura ha sorti alterne: dove un reparto di balistari macella senza difficoltà i tiratori nemici, l'altro si ritrova in forte disparità numerica e rischia di soccombere, mentre i palvesarii sono in una situazione di parità con i loro avversari, accorsi dalle vie del borgo per affrontarli.
Quando le porte vengono abbattute, invece, la sorte dello scontro è chiara da subito: la resistenza degli ancora assonnati e confusi lanceri musulmani è minima, e il corpo di guardia viene senza difficoltà conquistato.



Così, i fuggiaschi che tentanto di trovare salvezza nel cuore del castello vengono falcidiati dalle frecce degli arcieri, e ogni tentativo di riscossa da parte loro viene soffocato nel sangue.



Presto, con l'arrivo dei cavalieri pesanti di Ansaldo e dell'Embriaco, le ultime resistenze vengono messe a tacere, anche se durante lo scontro un intero reparto di balistari genovesi è stato circondato e annientato dai nemici, dopo aver valorosamente resistito per ore.
Ora non rimane che occuparsi della cavalleria e del Sultano Ziride: i cavalieri pesanti giungeranno da un lato, mentre fanti e tiratori tenteranno di completare l'accerchiamento nella piazzaforte principale del castello.
Ma il capo musulmano non ha intenzione di attendere oltre e tenta il tutto per tutto, lanciandosi con tutta la sua cavalleria contro i milites di Genova, che caricano a loro volta provocando uno scontro violentissimo.



I cavalieri di Nicola Embriaco subiscono pesanti perdite, ma non è un sacrifico vano: infatti i lanceri genovesi hanno il tempo di accorrere ed intervenire sul retro, circondando il sultano ziride e uccidendolo.



Avere ragione della cavalleria leggera rimasta, a questo punto, è un'operazione da nulla per la forze combinate di lanceri e cavalieri pesanti, che infatti fanno strage di nemici e conquistano il castello, con perdite ragionevoli per i genovesi.



Una grande vittoria, per Genova e per la cristianità.



Conquistato il castello, si passa alla diplomazia: con qualche mese di trattative per ottenere generosi permessi commerciali e libertà di commercio in terra siciliana, Tunisi viene ceduta ai Siciliani, che entusiasticamente ora considerano i Genovesi amici ed alleati.
Soddisfatti per i risultati ottenuti, Ansaldo D'Oria e Nicola Embriaco tornano in Sardegna, dove potranno occuparsi di preparare la guerra con Pisa.
Intanto, in cerca di possedimenti da conquistare per il Comune, l'ammiraglio Guglielmo Penne solca il Mediterraneo orientale, scoprendo che l'isola di Maiorca è insediata dai Pisani, mentre le coste catalane sono già in saldo possesso della Corona Aragonese, tranne Belise, che però è contesa da Almohadi e Aragaonesi. Per il momento è meglio lasciare perdere le imprese oltremare, e concentrarsi sulla penisola.
Purtroppo Genova dovrà fare affidamento sulle risorse che ha al momento: le recenti conquiste e battaglie hanno messo in seria crisi le finanze del Comune.

Al Nord, Oberto Grimaldi può finalmente fare la sua mossa: Bologna ha resistito nuovamente all'attacco veneziano, ma adesso le sue forze sono davvero esigue.
E' il momento giusto per colpire. Anche se è ancora inverno, nel 1163 Oberto Grimaldi non attende oltre e assedia Bologna, preparandosi ad attaccare al principio della primavera.



Il giovane Grimaldi decide di attaccare appena prima di mezzodì; è talmente sicuro della vittoria che non ha approntato macchine da assedio, se non un ariete e qualche scala, da usare per assicurarsi il posto di guardia.
Prima dell'avanzata della fanteria, Oberto ordina ai suoi balestrieri di tirare contro i nemici sulle mura, e di non fermarsi finché non vi sarà più segno di vita sugli spalti.
Con questa mossa, riesce a far spostare i pochi tiratori presenti sulla parte orientale delle mura: il posto di guardia è completamente sguarnito, e gli uomini con la scale possono conquistarlo con estrema facilità...ma gli avversari, disperati, tentano una sortita per cerca di distruggere l'ariete, segnando così il loro destino e quello di Bologna.



I balestrieri genovesi giunti sulle mura sono liberi di bersagliere i loro nemici dalla posizione sopraelevata.



L'esercito nemico si raduna al centro della città, dove viene attaccato dai fanti di Oberto, che intanto con la sua cavalleria proverà a compiere una mossa laterale per circondare i superstiti e annientarli. Intanto i balestrieri tirano nel mucchio, senza nemmeno dover prendere la mira, e fanno una strage di nemici.





La mischia finale è furiosa e caotica, e tutti i nemici vengono fatti a pezzi.



Però Oberto Grimaldi scopre come mai i Veneziani siano stati così tante volte respinti: i genovesi perdono infatti metà del loro esercito!
Oberto Grimaldi ne rimane impressionato e plaude al coraggio e allo spirito di sacrificio dei bolognesi.


La città di Bologna è ormai conquistata, facendo tirare un sospiro di sollievo ai Consoli, che hanno potuto realizzare i loro piani e che possono ora pensare a rimpinguare le casse di Genova.
Ma non è finita, la fase di espansione può avere ancora un ultimo strascico: poco lontano, le città di Ancona e Bologna sono ancora libere, ed entrambe sono un'appetibile preda, potendo fungere da basi per azioni di disturbo e di guerra ai danni di Pisa e Venezia.
Ancona, però, è forse meglio non considerarla, trovandosi nella sfera di influenza degli alleati Siculo-Normanni, che potrebbero non prendere molto bene una conquista genovese del porto adriatico.
Per cui i Consoli decidono che sia meglio concentrarsi su Firenze e, se sarà il caso, sulla fortezza alpina di Lugano, che però potrebbe essere fonte di interesse per l'imperatore germanico.

Nel 1164, Grimaldo Canella decide che sia ora di sbarazzarsi dello scomodo Ugo Fieschi, ancora signore del Levante ligure e inflessibile nelle sue idee di indipendenza, e per eliminarlo invia i suoi due più giovani figli con le loro scorte di cavalieri, Pietro e Raimondo Grimaldi; il Fieschi rimane asserragliato nella sua città per un anno e mezzo, ma l'assedio alla fine costringe il Fieschi senza più viveri e acqua, facendolo morire di stenti; non è stata una grande impresa, ma adesso almeno la via verso la Toscana è completamente sgombra.
Nell'anno della capitolazione di Ugo Fieschi, il 1166, con grande cordoglio muore l'arcivescovo Siro, che tanto aveva fatto per la fede e combattendo contro l'eresia.
Grimaldo Canella, sentendo ormai il peso dell'età schiacciarlo sempre di più, vuole che il suo consolato si chiuda almeno con un'ultima conquista prima della sua morte, e con soddisfazione pensando al fatto che gran parte del Nord e Centro Italia non solo è sotto il controllo di Genova, ma di membri della sua famiglia.
Decide per cui di mandare il suo figlio ventunenne e più devoto, Pietro, alla conquista di Firenze, mentre richiama a sé il più giovane Raimondo, in modo da avere almeno uno dei suoi figli vicino.
Con grandi energie ed entusiasmo, Grimaldo Canella fa convergere a Genova le truppe di stanza in Piemonte e in Lombardia, e invia ordini a Oberto, ancora a Bologna, di far valicare alle sue truppe gli Appennini in modo che possano congiungersi con l'esercito del fratello.



Nel 1167 Pietro pone l'assedio a Firenze, e durante l'inverno lancia l'assalto alla città toscana.



Pietro Grimaldi è un inesperto in qualsiasi faccenda militare, ma spera di poter mettere a frutto le sue poche letture di manuali militari dell'antichità, e in parte cerca di affidarsi al suo intuito.
L'avanzata genovese verso le mura non ha nemmeno tempo di iniziare: il generale nemico in persona effettua una sortita inaspettata! Avendo saputo che il giovane comandante nemico non è un grande guerriero, ritiene che un attacco a sorpresa potrebbe costringere i genovesi alla ritirata.



Approfittando di questo colpo di fortuna, i genovesi più vicini abbandonano l'equipaggiamento da assedio e si lanciano contro il generale nemico, e Pietro Grimaldi si fa coinvolgere nella mischia; molti genovesi rimangono però uccisi durante lo scontro.



Intanto, il resto dell'esercito avanza verso le mura, deciso a non perdere tempo.
Il comandante nemico, Ranieri di Adimaro, viene presto ucciso con la sua scorta, e i fanti prima impegnati nello scontro possono ora correre in ausilio dei compagni che già salgono verso gli spalti fiorentini; sfortunatamente, la torre da assedio che era stata approntata per la battaglia viene presa di mira dagli arcieri nemici e prende fuoco.



La situazione si fa preoccupante: l'ariete nemmeno ha sfiorato i cancelli di Firenze, e già un terzo dell'armata genovese giace sul campo. Pietro ha la tentazione di fuggire dal campo di battaglia, ma è bloccato da un certo qual senso di dignità e, soprattutto, dal desiderio di non deludere suo padre.
Sulle mura, i soldati del Comune combattono ferocemente per aprirsi un varco, ma sembra un'impresa impossibile.



La situazione precipita: addirittura alcune unità iniziano a fuggire dal campo di battaglia, tanto la situazione appare disperata! Pietro è nel panico, e nell'indecisione decide di galoppare attraverso le porte appena abbattute, facendosi seguire da tutte le unità di tiratori rimaste.
Questo sembra riportare un certo equilibrio nello scontro, siccome gran parte dei difensori delle porte inizia a ritirarsi verso il centro città, dal quale però provengono molte truppe fresche e riposate. Pietro allora cerca di elaborare in fretta un piano: decide di creare un tappo lungo la strada principale, costituito dai suoi fanti, e dietro di loro disporre i balestrieri per farli tirare nel mucchio, ma il tempo stringe, se non agirà in fretta, il piano fallirà.



Il piano viene attuato immediatamente, e funziona! Una prima carica di lanceri comunali viene fermata dal muro di scudi del palvesari genovesi, che decisi a vincere non cedono un palmo di terreno.



La nuova tattica non solo ha successo, ma in poco tempo riesce a riportare in parità le sorti dello scontro e permettendo che sia la fanteria della Superba ad avanzare sul nemico.



Pietro stesso, galvanizzato e sperando di aiutare nel far pendere il piatto della bilancia dalla sua parte, si piazza in mezzo ai suoi uomini per dare loro il suo sostegno e supporto.
Con molto spargimento di sangue, la piazza centrale viene raggiunta, e lì avviene l'ultimo, accanito e violentissimo scontro, che si conclude alla fine con la vittoria genovese.





Comunque non tutti i fiorentini sono stati uccisi, diversi hanno ancora il controllo delle mura a fine battaglia, ma decidono di arrendersi perché capiscono che ormai la città sia perduta.
Pietro Grimaldi, desideroso di vendicare i suoi e credendo in parte di riparare al disastro che ha rischiato di combinare, li passa tutti a fil di spada; il giovane ha il merito di aver trasformato un disastro in una vittoria, ma ha sacrificato metà del suo esercito!
Ad ogni modo, i soldati riconoscono al giovane Grimaldi di aver rovesciato completamente le sorti dello scontro, per cui in parte lo rispettano.

Con quest'ultima conquista, e nonostante diverse vittorie non nette, i Consoli possono dirsi soddisfatti: sebbene il loro consolato non sia ancora finito, possono dire con certezza che almeno sarà ricordato nei decenni a venire come uno dei Consolati più gloriosi del Comune di Genova.
Ma l'avventura genovese non è finita. Conclusa l'espansione e acquisito un discreto dominio territoriale, infatti, adesso è tempo di prepararsi a cose più grandi.
Tirano venti di guerra.

[Modificato da Zames 07/05/2012 01:24]