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Sono molte le vie che i Consoli del Comune possono scegliere per iniziare l'espansione di Genova, e da buoni genovesi scelgono la più economica: la conquista dei litigiosi e divisi Comuni del Nord può essere di sicuro la via più facile per il consolidamento di un potere territoriale che Genova mai ha avuto.
Per cui dalla Sardegna viene richiamato sul continente il giovanissimo Simone D'Oria, al comando di alcune truppe di palvesarii e un'unità di balestrieri mercenari, soldati che andranno ad unirsi ad un contingente genovese di soldati comunali, i quali saranno affiancati dai guerrieri più prestigiosi della Superba, i balistari genovesi.
Intanto, né la diplomazia né i commerci vengono lasciati da parte: mentre l'ex console Rubaldo Bisaccia si impegna nell'ottenere trattati commerciali con le nazioni circostanti, compresa Pisa, il mercante Ottobono Alberici inaugura proficui commerci di imbarcazioni, beni estremamente richiesti dalla Liguria.
Per quanto i cittadini di Genova siano anche giustamente preoccupati di Ugo Fieschi, signore indipendente del Levante ligure, non è ancora il momento di occuparsi di lui...e non è nemmeno detto che debba essere necessariamente distrutto: se potesse passare dalla parte genovese, il Comune non potrebbe che avere giovamento da un nuovo generale.
Durante i due anni successivi, alcune truppe pisane fanno capolino nei possedimenti genovesi sia in Liguria che in Sardegna, ma per adesso non sono movimenti preoccupanti.

Siccome il tempo è denaro, esso non viene minimamente sprecato dalla Superba: nell'inverno dello stesso 1155, mentre i generali Nicola Embriaco, discendente del Testa di Maglio, e Oberto Spinola si impossessano dei centri minori del Piemonte, Simone D'Oria mette sotto assedio la grande città di Asti.

Nel 1156, l'arcivescovo Siro rientra in Liguria per affrontare una possibile minaccia di eresia: un tale Arnaldo da Brescia ha iniziato a predicare nel nord, e sarebbe bene non sottovalutarlo.
Mente i figli di Ansaldo D'Oria e Grimaldo Canella diventano uomini, Simone D'Oria, raggiunto dall'Embriaco e da Oberto Spinola con la loro guardia, lancia l'assalto ad Asti, che ha appena rifiutato una onorevole offerta di resa.


Schierato davanti alla città, l'esercito genovese è un tripudio di colori. Gli uomini sono nervosi, ma battaglieri e pronti allo scontro.
Lo schieramento è semplice: mentre i soldati con ariete e scale si occuperanno dell'ingresso principale, dal quale faranno ingrsso tutti i cavalieri pesanti, le grandi torri d'assedio si occuperanno di un singolo tratto di mura; i tiratori sono disposti tra i vuoti della prima linea, pronti a bersagliare il nemico sulle mura.



Così, mentre i fanti danno l'assalto alle mura, balestrieri e arcieri si occupano delle truppe dietro di esse, coraggiosamente sotto il fuoco nemico.



Il piano di disporre le torri d'assedio da un solo lato ha completamente successo: infatti il tratto di mura in questione non è presidiato da arcieri, e le macchine non rischiano di prendere fuoco.
Prima ancora di raggiungere le porte con l'ariete, inaspettatamente la fanteria nemica compie una sortita: la mischia intorno allo strumento da assedio si accende furiosa.



I soldati del Comune però sono addestrati e indomiti, e non cedono un palmo di terreno.
Inesorabilmente, i palvesarii di Genova formano un grande muro di scudi ed iniziano a respingere i nemici all'interno della cinta muraria, macellandoli senza pietà, mentre le mura vengono conquistate con relativa facilità.





La battaglia prosegue, cruenta e sanguinosa, e quando una staffetta avvisa i generali che ormai la via è aperta, lanciano al galoppo i loro cavalli da guerra verso le porte cittadine.



Una volta superate le porte ed evitando le lance dei nemici, i tre generali si consultano rapidamente per studiare un veloce piano d'azione: la piazza centrale, dove si terrà l'ultima resistenza, è ormai presidiata solo da alcuni lanceri e dai cavalieri pesanti che accompagnano il generale, per cui per prima cosa vengono mandati i tiratori rimasti con munizioni sufficienti a tirare su di loro.
Niente più che una manovra diversiva, in effetti: Simone D'Oria decide infatti di compiere un giro più largo con i suoi compagni, per poter attaccare di fianco i difensori.
Purtroppo la tattica non è perfetta: infatti davanti alle porte si scatena un'ultima ma energica resistenza degli assediati, che costringono i balestrieri ad un violento corpo a corpo; bisognoso di una tattica diversa immediatamente, Simone comanda ad un gruppo di palvesarii di attaccare il generale nemico dalla parte opposta rispetto alla sua.
Iniziata la manovra, tutto però cambia: dalla piazza principale, i lanceri si lanciano verso le porte della città, mentre il generale nemico attacca Simone e i suoi compagni!



Ma com'è ovvio aspettarsi, accerchiati e in grandissima disparità numerica, non possono che soccombere tutti dal primo all'ultimo.



A quel punto, la battaglia è ormai finita; eliminate le ultime sacche di resistenza, la bandiera genovese svetta sulle torri della città, ma a ad un altissimo prezzo: per quanto vittorioso, il giovane Simone D'Oria deve fare i conti con la perdita di più di metà dell'esercito che gli era stato affidato.
Senza però perdersi d'animo, il giovane generale prende possesso della città ed inizia a riorganizzare l'esercito, rimandando a Genova i balestrieri genovesi e alcuni fanti.

Il primo passo verso l'espansione, seppure pagato caro, è stato fatto. La via per la Pianura Padana è aperta, adesso ricche e potenti città possono diventare preda della conquista genovese.
La più vicina di esse è Milano, ma è anche una delle più forti militarmente. Ci sarà tempo per la conquista di Milano...ma non adesso.
Il tempo non va sprecato, certo, ma nemmeno gettato al vento.