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L'anno successivo, il 1154, giunse però improvvisa – tutto è come Dio dispone – la notizia della morte del primogenito figlio del Re, Eustachio, la quale recò grandissimo dolore a Stefano et andò ad aggiungersi, nel di lui animo, all'afflizione già provocata dalla scomparsa della devota moglie Matilde di Boulogne. E così, fiaccato nello spirito, sentendosi ormai vecchio e troppo stanco per continuare la guerra a giovamento dell'eredità di suo figlio minore Guglielmo, Re Stefano si risolse a cedere e si incontrò con il Duca Enrico. Essi stipularono tra loro un trattato, in base al quale Stefano riconobbe come suo legittimo successore al Trono d'Inghilterra Enrico, et in base al quale, inoltre, a Guglielmo, figlio del Re, restavano i propri diritti ereditari sui feudi di Blois e di Boulogne. L'anno di grazia 1154 fu dunque invero pieno di grazia, giacché, dopo tanto spargimento di sangue e tanta devastazione, finivano con sollievo di tutti, grandi nobili, piccoli signori, pii oratores, ricchi mercanti, villici contadini e plebei cittadini, i tempi funesti dell'Anarchia. Et il giubilio di quell'anno fu ancor più grande, dopo cotante tribolazioni, poiché un nuovo e grande Re saliva sul Trono d'Inghilterra, portando pace e sicurezza ad una terra esausta: Stefano infatti morì in Ottobre et il Duca Enrico gli succedette, quietamente e legittimamente, venendo incoronato a Westminster il giorno decimo nono di Dicembre.

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Enrico, figlio di Goffredo il Bello e di Matilde l'Imperatrice, Conte d'Angiò e del Maine, Duca di Normandia et Aquitania e Conte del Poitou, secondo del suo nome, era Re d'Inghilterra e la dinastia reale dei Plantageneti era fondata.

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Et il Regno era nuovamente in pace, il giusto ordine voluto da Dio ristabilito dopo diciannove anni d'Anarchia, et anzi, esso risultava persino ben più grande di quanto non fosse prima della guerra civile: il Re avea infatti riunito sotto la sua corona e le tradizionali terre d'Inghilterra e i feudi francesi dei Plantageneti, i quali si estendevano dalle tempestose coste settentrionali della Normandia alle propaggini meridionali dell'Aquitania. Il Regno d'Inghilterra governava ora su tutte le terre che si spandeano dal freddo confine con la Scozia sino alle lontane pendici dei Pirenei.

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Dopo che suo figlio, incoronato a Westminster, si era infine seduto sul Trono e si era insediato nella sua nuova corte a Londra, l'Imperatrice, finalmente soddisfatta nelle sue legittime pretese e compiaciuta nel suo fiero orgoglio, si ritirò per il resto della vita nell'Abbazia di Notre-Dame-du-Pré, a Rouen, ove avrebbe condotti i suoi sereni giorni di senectute. Colà spesso si potea veder il Re, il quale si recava periodicamente a fare visita alla veneranda sua madre, per riceverne l'astuto consiglio riguardo le faccende del Regno.

Non un attentato alla vita del nuovo Re all'interno della Cattedrale di Canterbury, né la momentanea ribellione del fratello minore Goffredo, che fu poi stroncata et anzi finì col vedere la riappacificazione dei due Plantageneti, valsero a funestare l'ascesa al trono di Enrico, il quale, sebbene non fosse certo carente di avversari et animi ostili, riscuotea la festosa fiducia delle genti inglesi e la giusta obbedienza et il vivo rispetto dei nobili.

E quivi, rammentandoci di quelle voci di cui abbiamo accennato supra, in ragion delle quali un oscuro et indefinito complotto di alcuni grandi Baroni avea causato il naufragio della Nave Bianca et avea indi portato con ciò al germinare dell'Anarchia, possiamo constatare, se quelle voci davvero corrispondono al vero, come Dio avesse voluto rispondere alla superbia di coloro che tentatavano di deformare il Suo ordine terreno e destabilizzare il Regno d'Inghilterra, con grande risolutezza, ponendo sul Trono il più forte Re che su di esso si fosse mai seduto dopo Guglielmo il Conquistatore.






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La pace, come un salubre balsamo per membra da fin troppo tempo affaticate e sfiancate, si spanse per l'intero Regno e chetò le grandi tribolazioni delle genti et i torvi pensieri dei nobili. Le piccole faccende quotidiane, la cui semplice e benefica fatica suole rasserenare i precordi degli homini, che fossero esse l'aratura del campo per il contadino, l'immagazzinamento dei sacchi di lana per il mercante, l'amministrazione della terra e della giustizia per il Lord o la celebrazione del rito sacro per il monaco, presero possesso delle giornate di ciascuno.

E tale nuovo clima di serenità, che quasi si potea tastare nell'aere, ebbe gioco persino nell'evitar scontri di rilievo in occasione della riassegnazione di alcuni grandi feudi d'Inghilterra e Francia che il Re volle compiere poco tempo dopo, al fine di rafforzare la posizione della dinastia plantageneta e prevenire nuove lotte intestine. Duchi e Conti, anche loro ammorbiditi nell'animo e vinti dal clima pacifico, fiduciando nel prestigio del nuovo Re, si prestarono ad una siffatta riorganizzazione dei benefici, la quale, in tempi diversi, avrebbe altrimenti e certamente scatenato la loro ribellione. Solo pochissimi di loro, e tutti piccoli signori, contestarono l'atto regio di riassegnazione, che comunque, – era cosa innegabile – riordinava il Regno in modo iusto et equo, et a nessuno facea gran torto, nemmeno a coloro i quali sino a soli due anni prima erano stati i nemici del Re Enrico: i Blois-Boulogne. Ognuno dei piccoli e sparuti oppositori potè indi essere facilmente riportato all'ordine dal Re, o con maniere affabili, o con la di lui decapitazione. Et inoltre tutti quei castelli, numerosi invero, che i signori aveano edificati a partire dall'inizio dell'Anarchia, senza che per essi fosse stata rilasciata l'autorizzazione regia, furono demoliti per ordine di Enrico II.

Hamelin Plantageneto, fratellastro maggiore del Re per parte di padre, la cui fedeltà era indubbia, fu nominato Alto Secriffo del Nottinghamshire e del Derbyshire, e gli furono, una volta tolte ai Kevelioc, assegnate le due contee sorvegliate da Nottingham, uno dei più possenti castelli d'Inghilterra e punto nevralgico del Regno in Britannia. Ugo di Kevelioc, nipote, per parte di madre, del prode e defunto zio Roberto di Gloucester, come compenso per la perdita del Nottinghamshire fu nominato Conte della ricca Winchester, titolo cui da sempre aspirava. Il grande Ducato dello Yorkshire fu dato al più giovane dei fratelli del Re, Guglielmo Plantageneto, e per mantenere in mano della dinastia reale la più grande città dell'Inghilterra settentrionale, con il suo ampio feudo, e per ripagarlo in parte dei benefici per lui previsti in occasione della mancata sepdizione in Irlanda, che il Re non compì a cagion del parere negativo espresso dall'Imperatrice Matilde a riguardo. Il Ducato di Normandia fu invece legittimamente riconsegnato ai Gloucester-Normandia, et in particolare a Lord Guglielmo, il quale era il figlio secondogenito del Conte Roberto di Gloucester, fratellastro dell'Imperatrice. Al terzogenito omonimo del defunto Conte di Gloucester, Roberto di Gloucester-Normandia, restavano gli atavici possedimenti della Contea del Devon, mentre al primogenito Hamon veniva concessa, in onore alla lealtà et alla dedizione alla causa plantageneta dimostrate da sua padre durante gli anni dell'Anarchia, la Contea dell'Angiò, terra natia dei Plantageneti. Infine al fratello Goffredo, il Re cedette il proprio titolo di Duca d'Aquitania, al fine di legarlo definitivamente a sé. E si racconta che, commosso dalla benevolenza di suo fratello maggiore, cui due volte si era apertamente ribellato in passato, Goffredo fece pubblica penitenza, cosa che colpì l'ammirazione di molti, e giurò, per espiare le sue colpe passate, assoluta et eterna fedeltà ad Enrico. Il Re, dire non si puote se nell'impeto del sentito momento fraterno o se per una decisione presa precedentemente, lo fece alzare da terra, ove Goffredo s'era inginocchiato nel prestare il proprio giuramento, e lo riconobbe suo erede legittimo al Trono – fintantoché un primogenito del Re non fosse nato –, nominandolo Principe d'Inghilterra.

Tuttavia, in codesto riordino, il Re tenne per sé il ricco Ducato d'Essex, e pretese che, escluso il Principe, i nuovi signori dei feudi appartenutigli direttamente, ovvero la Contea d'Angiò et il Ducato di Normandia, accettassero con solenne giuramento, enunciato e scritto, di governare pro tempore, sebbene vita natural durante, quelle terre in nome e per conto della Corona, come suoi diretti emissari, senza che su di esse potessero in futuro reclamare diritti ereditari i loro discendenti.

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Il Re potè dunque, tacitate le ultime questioni interne, rivolgere il proprio sguardo e la propria attenzione ad alcune faccende estere che reclamavano la sua attenzione.

In primis, v'era la questione del Galles. Da tempo infatti i Gallesi erano nuovamente sfuggiti alla dominazione inglese, precedentemente imposta loro dai Baroni di Guglielmo il Conquistatore, et aveano espugnato i castelli da questi colà costruiti per difendere e controllare il territorio. Non solo: durante i tempi dell'Anarchia, mentre i massimi poteri d'Inghilterra erano intenti a darsi battaglia, l'uno contro l'altro armato, codeste genti riottose aveano profittato della situazione et aveano, superando il confine, subdolamente compiuto razzie e saccheggi nelle limitrofe terre di Gloucester e Chester. Esse erano guidate da capibanda e piccoli signori che si consideravano pari dei grandi nobili inglesi e che aveano eletto il proprio "Re" tra di loro. Salito al Trono il Plantageneto e sendo stati gli ultimi tentativi loro di scorreria fermati con la forza dalle pattuglie del Conte di Devon e dell'Alto Sceriffo di Nottingham, ora che essi, come gli altri Lord, poteano nuovamente adoprarsi alla custodia dei confini e delle terre, i Gallesi aveano cessato i loro sconfinamenti. E tuttavia rimaneano una minaccia, per quanto poco significativa, alle regioni centrali et occidentali dell'Inghilterra et un'offesa alla stessa persona del Re.

Fu così che Lord Hamelin, Alto Sceriffo di Nottingham, su ordine del Sire Enrico, radunate diverse truppe, per la maggior parte di leva contadina, giacché le nuove guarnigioni erano ancora in addestramento un po' in tutti i feudi inglesi, marciò con 1.200 uomini contro il Galles.


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Preso possesso dei centri principali e strategici, tra i quali erano il porto di Cardigan e la città di Montgomery, che i gallesi chiamavano nel loro barbaro idioma Aberteiti e Trefaldwyn, nell'anno 1156 strinse d'assedio il castello di Bangor, nel settentrione, ov'aveva trovato rifugio il cosiddetto Re gallese di Gwynedd. Dopo poche settimane Lord Hamelin ordinò l'assalto delle mura, non potendosi permettere di aspettare che fossero i nemici a cedere: l'inverno infatti era alle porte et il nuovo Cancelliere dello Scacchiere, l'Arcidiacono Rufo di Basingstoke, curatore delle casse del Regno, reclamava a gran voce azioni rapide e poco dispendiose. La battaglia che seguì fu breve ma aspra, ed ebbe gioco, nella sua risoluzione, più il numero delle truppe di Lord Hamelin che la loro qualità od il loro valore.

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L'assalto alla fortezza ebbe luogo in un freddo giorno d'autunno, per quanto assolato, e vide le torri lignee e le numerose scale muovere contro le mura di pietra et i lancieri miliziani sciamare sugli spalti da ogni lato.

Il loro numero – come detto – era ingente e permise ai soldati inglesi di dedicarsi sia alla pugna sui bastioni sia allo scardinamento dei cancelli, dai quali, una volta aperti, poterono entrare le compagnie di cavalleria leggera dei servienti, che diedero man forte all'assalto principale per le strade del castello.


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I Gallesi, con i propri razziatori et arcieri, tentarono di aver ragione della rilevante superiorità numerica del nemico, consci che la loro libertà dipendea dall'esito di quella battaglia, e pugnarono tenacemente. Ma il numero degli Inglesi era di gran lunga superiore e gli accessi ai bastioni procurati dalle scale e dalle torri troppi per potervisi opporre con efficacia. Alla fine della giornata tutti i 670 difensori del castello erano morti o prigionieri e la fortezza espugnata. Lord Hamelin, dopo aver dato lettura dell'editto reale che proclamava la soppressione della ribellione gallese e che annunciava come il Galles avrebbe d'allora in poi fatto parte dei feudi direttamente amministrati dalla Corona, fece decapitare nella piazza il loro Re di Gwynedd e ne fece inviare la testa, assieme alle lacere insegne gallesi, a Londra. La conquista di Bangor e la successiva spedizione, vittoriosa, per prendere la cittadina di Castletown sull'Isola di Man, segnarono la fine della guerra contro il Galles, i cui abitanti adusavano chiamare Cymru.

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Analogo corso seguirono, l'anno successivo, gli eventi della campagna in Bretagna, guidata da Guglielmo di Blois, figlio secondogenito del defunto Re Stefano.


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Il Re Enrico II d'Inghilterra era, illo tempore, costretto in una situazione scomoda e tesa con il vicino Regno di Francia. Sebbene infatti egli governasse su un territorio di alcune volte più vasto rispetto a quello del Re francese, era invero a questi legato da vincolo di obbedienza feudale. La Francia, inoltre, sebbene modesta come dimensioni, restava comunque un nemico temibile, forte dei suoi valorosi cavalieri, i più rinomati della cristianità, et era inquieta et intenta ad armarsi, giacché vedea di cattivo occhio il grande potere dei Plantageneti inglesi sul continente. Per risolvere la situazione, Enrico profittò dell'invito inviatogli dal Re di Francia Luigi VII Capeto, il quale lo convocava perché gli rinnovasse l'omaggio feudale, e si presentò in Francia alla guida di una grande ambasceria, di cui faceano parte il suo Lord Cancelliere, Tommaso Becket, e soprattutto l'astuta e diletta sua madre, l'Imperatrice Matilde, che avea pianificato col figlio una tale linea d'azione. Grande fu l'eco di cotali ambasciatori alla Corte di Francia, e dotte e difficili le discussioni che in quell'occasione si fecero. Difficili, certo; ma senza alcun dubbio fruttuose: l'accordo diplomatico che ne seguì, noto come il Trattato di Amiens, luogo ove infine erano convenuti i due sovrani, slegava il Re Enrico e tutti i feudi francesi che egli governava dal vincolo vassallatico nei confronti del Re di Francia, e, in cambio, cedeva il titolo et il controllo della Contea del Limosino ai Francesi, assieme a tutti i diritti che i Plantageneti poteano vantare sulle contee di Tolosa e dell'Alvernia e Rouergue. Veniva inoltre stipulata un'alleanza tra i due reami, cosicché l'Inghilterra poté avere, sul continente, l'intero confine sud-orientale coperto e sicuro, mentre la Francia potea concentrarsi in tutta tranquillità a contrastare le pressioni del Sacro Romano Impero germanico ad est e quelle del vivace Regno d'Aragona a sud.

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Il rafforzamento della Francia era infatti molto utile al Re, giacché gli avrebbe permesso di ottenere una relativa sicurezza dai potenti vicini, alcuni dei quali, come la Scozia, particolarmente infidi, e di volgere la propria attenzione e le proprie risorse verso altri obbiettivi.

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Tutto il popolo, particolarmente quello dei feudi continentali, gioì alle nuove che giungevano dal fausto consesso di Amiens, e crebbe nei cuori degli homini l'ammirazione e la riconoscenza con cui guardavano ad Enrico II.

Lord Guglielmo di Blois rimanea però senza terra, poiché era egli il Conte di Lemotges a cui era stato sottratto il feudo, et il Re, nella sua riorganizzazione del Regno, volle indi porlo a capo della spedizione contro il Ducato di Bretagna, sul quale l'Inghilterra potea vantare diritti di sovranità, che il Duca di allora, Conan IV di Penthièvre, rifiutava di riconoscere. Il corpo di spedizione inviato, anch'esso comprendente soldataglie di bassa estrazione e di poco addestramento per 1.300 effettivi circa, in ragione degli stessi motivi occorsi per la guerra contro il Galles, percorse le terre d'Angiò e, seguito il corso occidentale della Loira, la attraversò all'altezza di Nantes, cittadina bretone posta a guardia del rispettivo ponte, la quale cadde dopo breve combattimento. Da lì, Guglielmo di Blois puntò dritto sulla città di Rennes, centro del feudo, che il nobile non perse tempo a stringere d'assedio, bensì attaccò quasi immantinenti – le vive obiezioni, mosse dal Cancelliere dello Scacchiere, sui costi di codeste campagne continuavano infatti a dettar legge.

Anche a Rennes il numero valse più del valore, e con la stessa brulicante modalità vista a Bangor le inesperte e mal equippaggiate truppe inglesi assaltarono le mura lignee della città.


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E, sebbene i difensori diedero molti pensieri agli assalitori che avanzavano, in special modo con un diffuso utilizzo di frecce incendiarie, le loro soldataglie cittadine non furono in grado di arginare la marea dei lancieri miliziani e dei servienti a cavallo.

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La pugna finì breve tempore per spostarsi per le strade urbane, ove i difensori poterono esser attaccati da più direzioni et ove furono uccisi per la gran parte. Le schiere inglesi conversero dunque verso la piazza centrale; colà era l'ultima e disperata linea di difesa, costituita da Conan di Penthièvre e dai suoi comites. Mentre Lord Guglielmo entrava in città per i cancelli divelti dall'ariete, il Duca di Bretagna veniva ucciso nella piazza, il di lui corpo e quello del di lui cavallo trafitti da molteplici lance.

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Alla sua caduta, diversi dei cavalieri suoi comites si arresero, ma altri lottarono con nobile coraggio sino alla morte, che giunse immantinente per mano della moltitudine dei lancieri. Di circa 600 difensori che combatterono sugli spalti e per le strade della città di Rennes, 400 furono uccisi e 200 furono fatti prigionieri. Ma per far ciò, dei 1.300 militi inglesi, più della metà, circa 730, erano morti nell'assalto all'insediamento bretone.

Prima di prendere legittimo possesso del palazzo ducale, Lord Guglielmo diede pubblica lettura, ai cittadini che erano stati adunati nella piazza, del decreto reale che condannava il defunto Duca ribelle e che nominava il nobile Blois nuovo signore di Bretagna. Egli ordinò indi che la testa di Penthièvre fosse staccata dal corpo et inviata in Inghilterra.

Con la caduta di Rennes, l'intera Bretagna centrale era presa. La conquista del feudo fu poi definitivamente completata con l'espugnazione della città portuale di Brest, sita all'estremità occidentale delle terre bretoni, in posizione strategica per il controllo delle rotte marittime che collegano il Canale della Manica con il Golfo di Biscaglia. La Bretagna andava così ad aggiungersi ai possedimenti soggetti all'autorità del Re Plantageneto et a compensare sia il Regno che Guglielmo di Blois della perdita della Contea del Limosino, ceduta ai Francesi.


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[Modificato da ~ Cerbero ~ 09/12/2012 13:42]