00 28/11/2012 14:24
Federico I di Hohenstaufen, detto il Barbarossa.
Anno del Signore 1155. Il Sacro Romano Impero non ha ancora un suo imperatore, dalla morte di Corrado III, ma la Germania, ha il suo Re in Federico I detto il Barbarossa. L’ascesa del Barbarossa è un compromesso tra le varie casate in lotta per il potere, tra le quali quella di Welfen e gli Staufen di Svevia e da tre anni, nella Germania regnava la pace. Il regno/impero si estendeva dal Mare del Nord alle Alpi austriache, dove cittadini, castelli e villaggi, punteggiavano una delle terre più grandi e floride del continente: le vie d’acqua sono abbondanti, con il Reno, il Meno, parte del Danubio e l’Elba che costituiscono le principali tratte fluviali; le foreste sono rigogliose, i campi fertili e lo spazio, tanto, vasto, disabitato quasi: le zone di maggior concentrazione sono nei pressi della Lotaringia, vicino al Reno, la zona delle Fiandre e le coste del Mare del Nord, al confine con il regno di Valdemaro di Danimarca, dove Brema ospita la sede dell’Hansa, l’associazione mercantile che controlla i traffici del Nord. Il re Federico, da quando è sul trono, coltiva un sogno: andare a Roma. La, sul soglio di san Pietro, vuol farsi incoronare Imperatore.
Gli ambasciatori del Pontefice hanno promesso: “Non toccare le nostre cose e noi ti renderemo la Corona imperiale.” E lui mantenne la promessa: ma le grane, la gestione di un regno molto esteso e le montagne, tardarono la sua discesa. Non si dimenticò della promessa fattagli anni addietro, quando fu incoronato Re di Germania e quando convocò la Dieta di Costanza. Ora, dopo quattro anni, poté volgere lo sguardo a Sud, all’Italia e a Roma. L’inverno austriaco è duro, tosto. Ma Federico Barbarossa non si scoraggiò e varcato il passo del Brennero, con una scorta, scese in Trentino: passò a Bolzano, Trento, Rovereto, le città del Veneto e aggirò il temibile potentato di Verona. Continuò a scendere, varcando l’Adige, il Po e l’Arno, passando vicino a Bologna, Firenze, Spoleto e giungendo, infine, a Roma: qua fu accolto dal pontefice che, con somma gioia lo accolse nella città Eterna: era l’inverno del 1156, quando papa Adriano pose sul capoccione del Barbarossa la corona di Imperatore.
imageshack.us/photo/my-images/90/kingdoms201211201004306.jpg/
In quell’anno, non erano successe chissà quali cose: i suoi dignitari e vassalli, avevano svolto i loro compiti senza particolare affanno; importanti furono gli accordi che i Mercanti dell’Hansa strinsero con i rappresentanti Danesi. Il commercio sul Baltico era un aspetto fondamentale da tenere in considerazione nella politica della Germania: poteva aprire nuovi sbocchi nella Pomerania, dando impulso alla colonizzazione che, Alberto di Ascania soprannominato l’Orso (e potete immaginare il perché), contribuiva a incentivare nel suo territorio, il Brandeburgo, del quale era Mangravio. Le azioni dei mercanti dell’Hansa continuarono: gli accordi interessarono il Regno di Polonia e la Norvegia; quest’ultima rivestiva un incognita, ma era fondamentale per le sue penetrazioni nell’entro terra svedese, dato che i Danesi di Valdemaro I si limitavano alla costa meridionale di quella ricca penisola.
Fu il ritorno in Germania, nella sua sede preferita, Salisburgo, che giunse una notizia inaspettata per certi versi: Valdemaro, il re di Danimarca, offriva la principessa Caterina Lavard in sposa al nuovo imperatore: l’incoronazione aveva già fatto il giro dell’Europa. Il Barbarossa accetta di buon grado: è celibe, ha bisogno di continuare la progenie. Il sovrano ha già un successore, Corrado, ma la certezza di continuare la gloriosa dinastia degli Staufen non è piena e il matrimonio è la cosiddetta “manna dal cielo”: e sicuramente, con questo, oltre a dare il via ad una stagione di monta, da la possibilità al nuovo imperatore di poter allungare la sua ombra sulla Danimarca. Lo stato di Valdemaro è in un ottima posizione e potrebbe fare comodo, in futuro, non solo per la difesa del confine nord, ma per una eventuale rivendicazione delle terre che gli appartengono: l’erede, se nascerà, sangue di Federico Barbarossa, potrà far valere la sua discendenza dai regnanti Danesi. Ma il suo esempio è seguito anche dall’erede, Corrado: grazie alla mediazione di un fedele amico, Giovanni di Dusseldorf, le trattative con la corona del regno franco portano in dote la bellissima e fiera principessa Alice Capeto, creando una salda alleanza tra il Regno di Francia e l’Impero Germanico.
imageshack.us/f/210/kingdoms201211201022345.jpg/
Gli anni che seguono, sono tutti all’insegna dell’accorto utilizzo della diplomazia: una rete di alleanze, promossa soprattutto per proteggere i confini, venne tessuta sapientemente dai funzionari dell’imperatore. Si alleò con il regno di Polonia: l’accordo fu fatto per potersi spartire, in futuro, i ruderi del regno di Boemia; i vicini occuparono la Moravia, lasciando libera appunto la Boemia che, presto o tardi sarebbe caduta nelle grinfie del sovrano tedesco. Le alleanze con Norvegia e la repubblica di Pisa furono un altro tassello al grande mosaico che stava prendendo forma nella mente del sovrano, che per il momento non aveva un progetto chiaro: a lui importava rafforzare il regno e non avere rogne. Cosa semplice da fare se disponi di grandi risorse. Ma il regno, o l’impero, aveva le casse vuote o quasi: aumentare le tasse sarebbe stato da matti, una rivolta non valeva un forziere più pesante: “Cosa farebbe un re ambizioso che vuole riportare lustro al suo regno, ma che non vuole inimicarsi il popolo?”, era una domanda che rivolgeva ai suoi ministri. Un rappresentante dei Fugger gli consigliò di investire: d’altronde, se si voleva crescere economicamente, culturalmente e tecnologicamente, bisogna investire, spendere. E più la ricchezza aumentava, più la vita, le conoscenze e la produttività migliorava: e con del denaro e delle ricchezze da parte, l’impero poteva rimettere mano all’esercito. Infondo, di soldi ce n’erano, ma non bisognava esagerare. Ed ecco che fu fissato un limite di spesa: si investiva, ma con raziocino.
imageshack.us/f/255/kingdoms201211212116397.jpg/
Si spendeva e reclutava, ma con morigeratezza: l’impero non era ancora tanto forte e ricco da potersi permettere una guerra. Ma intanto, poteva ristabilire la sua autorità su qualche territorio. La Boemia ad esempio. Federico I, all’altezza di un esercito, seguito dal giovane Simone II di Lorena, portò l’assedio a Praga. Intanto, come se fossero due corpi, ma un'unica testa, Corrado gestiva il governo del padre: l’azione in Boemia poteva avere conseguenze anche nefaste, con armate Polacche vicino all’isolata Vienna, Gemma del Danubio. Ed allora, ecco rinsaldare bene i legami di amicizia, offrendo e dando fiducia all’alleato, con l’accesso militare reciproco. E intanto, dopo un anno di assedio, Federico entra trionfante per le strade di Praga. La città è piegata, la popolazione riconosce nel Barbarossa il suo signore. Lascerà il giovane Simone II a governare il ducato: la sua istruzione, sotto Ottone I di Wittelsbach è stata esemplare. Ma soprattutto, fa visita, finalmente, dopo anni, alle terre del Nord, dove i vari Herzog gestiscono il potere in suo nome: visita il Brandeburgo di Alberto, la Sassonia di Corrado, che lo rende partecipe dei progressi di Brema e della sua felice posizione. Va in Olanda, Lotaringia, nelle terre natie di Svevia, in Svizzera e poi ritorna, finalmente, dopo 3 anni di assenza a Salisburgo: a Vienna, Enrico II di Badenberg sta svolgendo un lavoro eccellente: la sua attenzione alle vicende danubiane, lo ha portato a stringere un alleanza con il regno di Ungheria e anche l’impero Romeo di Manuele I Comneno; per i vicini ungheresi, un tempo nemici terribili, razziatori senza scrupoli, l’accordo economico promosso dallo stesso Enrico qualche anno prima, ha solo il sapore del primo passo verso una possibile pacifica convivenza e divisione delle due sfere d’influenza: l’alto Danubio, con Vienna, all’impero e il resto del grande fiume al giovane Regno, che vanta appena cent’anni di vita.
Intanto però, iniziano a delinearsi i primi obbiettivi: l’impero sembra saldo. Le truppe, rinfrescate dell’antica forza germanica. E l’imperatore, desideroso di rimettere le cose al loro posto: la fine della dinastia Ottoniana aveva creato un enorme vuoto in Italia. I Salii, predecessori di Federico I, avevano fatto in modo che l’Italia del Nord, quella che un tempo componeva il Regno d’Italia, si frammentasse. Potentati autonomi erano sorti in lungo e in largo, senza che veniva riconosciuta l’autorità dell’imperatore. E nemmeno quella del papa, se dobbiamo essere puntigliosi. Ma in principio, l’impero non poteva permettersi di fare campagne militari di cosi ampia portata. Un male, perché ci pensò una Lega di Comuni Lombardi: questi costruirono, negli anni in cui Federico muoveva i primi passi incerti da imperatore, un dominio che inglobava quasi tutto il nord Italia: Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia, Tuscia e Caton Ticino erano sotto il controllo di questa lega, che aveva la sua guida nel potente comune di Milano.
imageshack.us/f/528/kingdoms201211231822202.jpg/
Più a sud, in Maremma, Pisa aveva esteso il controllo all’intera fascia costiera e aveva sconfitto la terribile rivale, Genova, la potente città della Lanterna che per anni aveva conteso le acque del Tirreno Mare ai Pisani. Ora il tutto inizia a prendere forma: tutte quelle alleanze e quegli accordi.
La penna colpisce più della spada, ricordatevelo!” diceva l’imperatore ai suoi Herzog ogni anno che si riunivano a Rasensburg, in Bassa Baviera. Ed era vero: Corrado di Wittelsbach, Herzog di Sassonia, lo aveva intuito e seguito l’esempio; ecco spiegata l’alleanza con la Norvegia: gli scandinavi erano molto più refrattari al rispetto dei patti, la loro “mancanza di tatto”, come li definiva il Sassone, era una delle carte da sfruttare al momento in cui, Danesi e Norvegesi, nelle lande innevate della Svezia, avrebbero incrociato le asce da guerra. Lo aveva capito Simone II, che proseguiva l’opera in comune con Enrico di Bandeberg: il primo, ammansiva i Polacchi. Il secondo, teneva d’occhio gli Ungheresi, che stretti tra tre fuochi (Impero, Regno di Polonia e la Romania di Manuele I Comneno), avrebbero commesso un passo falso. E Corrado, che sguinzagliò ancora una volta il suo fedele amico, Giovanni, che andò in Provenza per intavolare le trattative con la corona di Aragona: gli aragonesi erano refrattari a concedere le informazioni sui propri territori. Ma un alleanza con loro avrebbe rafforzato il fronte occidentale, con un unione delle forze militari dell’Impero tedesco, del Regno di Francia e della Corona d’Aragona. L’accordo commerciale, per un libero scambio era fattibile, l’alleanza anche... erano quelle informazioni che proprio non andavano giù. I due stati lavorarono per mesi, ma alla fine, il trattato si fece e Federico I accettò, di buon grado, di alleggerire la sua borsa di mille monete sonanti: aveva imparato da Badenberg. L’uomo che reggeva la Marca dell’est infatti, aveva imparato a trattare con i popolo orientali e i Romei non erano di certo nuovi ad essere difficili da convincere. Diffidenti e strani, doveva però riconoscere che come diplomatici erano davvero abili, tanto che riuscire ad ottenere un alleanza con loro era risultata un impresa. Aveva però imparato la lezione e aveva consigliato il trucchetto al novellino di Boemia. E al suo sovrano, che da uomo esperto, sfruttò al meglio il consiglio: un po’ di soldi scioglievano anche i dubbi più difficili. E sapeva, tramite la bella Alice, sua nuora, che gli Aragonesi non se la passavano bene: pochi soldi, truppe da pagare, una guerra nella penisola iberica che li stava logorando. Insomma, tutte questioni che portarono a far pendere la bilancia dalla parte imperiale, con buona pace della Lega Comunale: l’accerchiamento, era completato. Repubblica Pisana, Regno di Francia, Corona d’Aragona, Regno d’Ungheria e l’Impero. Un attacco coordinato di cinque nazioni avrebbe spazzato via ogni resistenza. Ma coordinare un attacco era l’impresa più ardua. E serviva il movente: attaccare, senza motivo, poteva portare l’imperatore dalla parte del torto.
Il diritto di riavere quelle terre è sacrosanto, ma devo passare per l’aggredito, non per l’aggressore”.
Insomma: provocare una guerra e far si che i tuoi alleati ti seguano. Facile a dirsi e a farsi per il primo. Il secondo invece... fu un miracolo riuscire a stringere accordi commerciali con il pontefice e i normanni del sud Italia, attestati ai confini della Marca Anconata, in mano ai soldati della serenissima. Coordinare gli attacchi non fu semplice e quando la guerra scoppiò, le uniche cose che si poterono registrare, furono gli accordi economici fatti con la repubblica della lontana Novgorod, i Cumani e i potenti Almohadi di Spagna. L’aggressione, sul passo del Brennero fu rallentata da un piccolo corpo di cavalleria, comandato dal capitano Ottone. Corrado di Monferrato, che reggeva le sorti dell’Alta Baviera , fermò un esercito della Lega sotto le mura di Salisburgo. Mattia di Lorena invece, ne bloccò un altro tra le montagne della Svizzera. Ma il colpo di pennello fu dato dall’imperatore: posto l’assedio a Lugano, dove c’era il signore di Milano, attese l’arrivo di una truppa di rinforzo, che però apparteneva alla Lega.
imageshack.us/f/443/kingdoms201211231942021.jpg/
Doppia battaglia, contro due armate separate: l’enorme numero di fanti da parte italica, permise all’imperatore un utilizzo della cavalleria per chiudere la fuga, con un attacco da tergo, comandato da lui stesso. Con in nemico in rotta, anche il Signore di Milano fu costretto a combattere e a essere sconfitto. I prigionieri, furono massacrati: niente prigionieri. Nessuna pietà.
imageshack.us/f/233/kingdoms201211232006209.jpg/
Ciò aveva messo in moto le alleanze: Regno di Francia, d’Aragona e Repubblica pisana ruppero gli accordi con la Lega. A Oriente i Polacchi blanditi sferrarono l’offensiva sui Magiari, impegnati a ribattere ai Romei colpo su colpo. E Corrado, dalla Svevia, marcia con un esercito pronto a fare di Milano la sua preda. Le sconfitte dei capitani in terra borgognona, sono mitigate dall’ingresso dei cari amici Francesi: Alice dalle belle gote ha deciso di far valere tutta la sua forza. Che diamine, alla fine è una futura imperatrice. Se non ha lei le palle. Cosi, mentre il suo sposo si batte con la spada, lei, tramite Giovanni di Dusserdolf, si batte con la penna. E i suoi compatrioti obbediscono: la dimostrazione di forza dimostrata dal Barbarossa, li fa ragionare. Ma il Papa, uomo di spirito e di pace, chiede pietà: i fratelli. I fratelli non si ammazzano tra di loro.
Corrado non è come l’imperatore: lui è religioso, anche se si lascia andare a certi eccessi. Corrado è il principe, è un guerriero. Non bada alle sottigliezze. Per lui, i Leghisti devono solo prendere legnate. E tante anche. Ma desiste: l’imperatore lo comanda. Il papa vuole il ritiro? E lo avrà. Una scomunica sul testone non vale il rischio di un malcontento nelle zone periferiche del regno. E né una grande città del Nord Italia, simbolo e guida della Lega Comunale. Una grana nei territori tedeschi sarebbe impensabile. E Federico Barbarossa incassa. Si piega ai voleri del Pontefice. Ma se lui accetta, i signori di Milano sembrano fare i sordi e rincarano la dose: i capitani di Borgogna vengono spazzati via senza pietà, resistendo fino alla fine. Solo l’Altissimo Redentore sa quanti figli di Germania sono morti. Si parla di quasi 2000 soldati. E la scomunica arriva sul groppone della Lega Comunale.
imageshack.us/f/513/kingdoms201211232106209.jpg/
Ora Corrado ha via libera, e fa bene: l’esercito non è stato smobilitato e l’assedio di Milano si compie, per la seconda volta. E ancora una volta, a liberare il Signore che si oppone all’imperatore, intervengono non uno, ma ben due capitani. Corrado si ritira, ma non demorde e li affronta tutti e tre in campo aperto: una sfida alla pari, numericamente.
I temibili Condotta da una parte. La furia guerriera germanica dall’altra. Lo scontro vale la vita del principe: ci si batte per la vita, non per la città di Milano; la battaglia è furiosa. Reparti di saggitarii gettano gli archi e si buttano nella mischia. Sergenti armati incrociano le lance con i condotta. Principe e il Signore di Milano si battono con furia. Poi... il nemico muore. I cavalieri trucidati. La battaglia è vinta, ma i feriti piangono i morti, tanti morti presenti sul campo: ancora poco e l’esercito imperiale sarebbe stato spazzato via. Ma Milano cade. E la peste, bastarda, infame, accoglie tra le sue oscure braccia la mal ridotta armata imperiale. Sarebbe la fine, ma la principessa Alice fa valere la sua posizione: i Francesi fanno scendere le loro truppe dalle Alpi e invadono il Piemonte con forza: lo devastano, si battono con le armate comunali. E i repubblicani pisani invece si danno l’anima e prendono a saccheggiare il Piemonte meridionale.
A 57 anni, Federico Barbarossa sente che la morte si avvicina. Corrado sta resistendo alla peste. Ha resistito all’epidemia e comanda che venga ricostruita l’armata imperiale. Ha dato mano libera ai suoi soldati, che hanno dato il via ad una violenza gratuita, sterminando, saccheggiando e stuprando. L’imperatore non pensa alla morte. Pensa a porre le basi per l’erede, che guiderà, con molta probabilità, il regno di Germania. Si prepara a redigere un testamento e far valere la parola scritta dei suoi Herzog e duchi vari: giurare fedeltà a Corrado. Servirlo. E onorare l’impero che dopo Corrado il Salico aveva conosciuto tutto meno che la potenza. L’opera deve essere imperitura e non morire con il suo creatore, cosi come fece l’impero di Ottone I il Sassone. Ma la strada era lunga e solo lo scorrere del tempo, ci avrebbe detto come sarebbe andata.

imageshack.us/f/87/kingdoms201211201939284.jpg/
imageshack.us/f/4/kingdoms201211201940284.jpg/
imageshack.us/f/826/kingdoms201211201941284.jpg/
imageshack.us/f/853/kingdoms201211212115397.jpg/
imageshack.us/f/641/kingdoms201211212117397.jpg/
imageshack.us/f/402/kingdoms201211212117407.jpg/
imageshack.us/f/401/kingdoms201211232107209.jpg/

Ps - non ci sono tutte le immagini, anche perchè star li a modificare le immagini è lunga. E il testo, come vedete, è lungo. [SM=x1875396] Arriveranno, tra un pò, la nuova immagine del sovrano, cioè Corrado. Se avrete pazienza ben inteso hehehe
PPS - potreste cancellare la parte prima, che non ero riuscito ad aggiungere il testo per sfiga. E se volete, vi carico il documento .doc