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L'ultima carica
1165 Bejaia
Omar si guardò intorno, i duecento soldati della sua nuova guardia personale pronti al combattimento. Poco più indietro stavano i mustarib a cavallo, circa duecento cavalieri pesanti, e i Kutama, altri mille cavalieri.
Yussuf aveva raschiato il fondo della feccia: assassini, stupratori, ladri, tutti armati come mawali e convinti che se fossero sopravvissuti alla battaglia avrebbero avuto il condono della pena.
Omar aveva pochi dubbi che qualcuno sarebbe sopravvissuto, soprattutto guardando i cavalli che erano stati forniti loro: ronzini e bestie zoppe.
Avrebbe guidato più volentieri i mustarib contro la sua guardia che contro i ribelli. Solo il pensiero del figlio superstite lo spinse ad alzare scimitarra riccamente decorata e a ordinare l'avanzata.
I ribelli erano disposti su una minuscola collinetta poco più avanti: alla sua destra settecento adath, al centro trecentocinquanta junud e sull'ala destra altri trecentocinquanta halqa. Alle spalle il generale dei Beni Hassan con circa duecento giavellottisti a cavallo.
Giunto a trecento metri dalla linea dei junud Omar ordinò di disporsi in due file a partire al trotto. Solo negli ultimi cinquanta metri diede l'ordine di lanciare i cavalli al galoppo.
L'effetto della carica fu devastante. Le pesanti lance rinforzate travolsero e scagliarono in aria numerosi junud, quelli sopravvissuti alle lance furono calpestati a morte dai cavalli. L'intera compagnia si trovò oltre la prima linea nemica a guardare l'esterefatta compagine dei Beni Hassan. Omar ordinò di abbandonare le lance, ormai inutili, e caricò i cavalleggeri. Intanto alle sue spalle gli adath chiusero il varco creato dalla cavalleria mentre gli halqa si mossero in supporto al generale.
Omar si mantenne al centro del suo schieramento, deciso a non uccidere personalmente neanche un ribelle e a portare alla morte tutta la sua guardia. I cavalleggeri ressero pochi secondi l'impatto con la cavalleria corazzata e cominciarono la ritirata, ritirata che si trasformò in rotta quando un colpo di spada spezzò la vita del loro generale.
Omar fermò i suoi cavalieri, ormai ridotti a poco meno di trecento e li girò per affrontare gli halqa.
Qui i cavalieri si trovarono in difficoltà: le lunghe lance li tenevano a distanza e ferivano i cavalli, facendoli cadere a terra dove, impacciati dalla pesante armatura, venivano uccisi prima che si potessero rialzare. Tuttavia Omar diede l'ordine di caricare e i cavalieri penetrarono in profondità nello schieramento degli halqa, seppur al prezzo di alte perdite, e incominciarono a ucciderne a decine.
Rimanevano ormai poco più di venti trenta cavalieri Omar sentì un corno suonare in lontananza: i Kutama caricavano frontalmente gli adath mentre i mustarib colpivano alle spalle ciò che restava degli halqa e iniziavano a massacrare indistintamente ribelli e mawali. In quell'unico momento di distrazione una lancia colpì il cavallo alla gola, questi si impennò, diasrcionò il cavaliere e intrappolò Omar sotto il suo peso. Il lanciere si avvicinò ghignante al quaid per dare il colpo di grazia, quando una Omar vide un spada lampeggiare al sole seguita dalla testa del lanciere.
Yussuf pulì la spada sul cadavere del morto e, aiutato da due mustarib, spostò il cavallo. Si fece portare le redini di un ronzino e le porse a Omar. "Prendi, vai a Tunis da tuo figlio. Ma se io sento il tuo nome anche solo al tuo funerale finirò ciò che ho iniziato. Tu sei morto qui." Omar lo fissò per lungo attimo, chinò il capo e sussurrò "Grazie", prese il cavallo e si allontanò verso est.



La morte verrà all'improvviso
avrà le tue labbra ed i tuoi occhi
ti coprirà di un velo bianco
addormentandosi al tuo fianco
nell'ozio nel sonno in battaglia
verrà senza darti avvisaglia
la morte va a colpo sicuro
non suona il corno nè il tamburo
[...]
Guerriero che in punta di lancia
dal suolo d'oriente alla francia
di stragi menasti gran vanto
e tra i nemici il lutto e il pianto
di fronte all'estrema nemica
non vale coraggio o fatica
non serve colpirla nel cuore
perché la morte mai non muore
non serve colpirla nel cuore
perché la morte mai non muore
"la morte" Faber


cavalieri che in battaglia ignorate la paura
stretta sia la vostra maglia
ben temprata l'armatura
al nemico che vi assalta
siate presti a dar risposta
perché dietro quelle mura vi si attende senza sosta
"fila la lana" Faber