00 25/08/2015 21:52
La riunione
1164 Toledo
La pioggia flagellava le montagne ormai da due giorni. Alvaro da Luna attendeva l'ultimo ospite sulla strada che conduceva alla fortezza, ben visibile sullo sfondo. Dopo ore di attesa una vedetta annunciò l'arrivo di una piccola colonna di cavalieri, rei Alfonso Henriques era arrivato.
Sagramor attendeva alle spalle del suo signore, rei Alfonso I di Castiglia, che entrassero gli altri due rei catolicos per iniziare la riunione. Era un imponente guerriero nubiano, alto e muscoloso, vestito con una pesante cotta di maglia, rinforzata da piastre metalliche e portava al fianco un martello da guerra in grado di sfondare qualsiasi armatura. La sua cotta era coperta dalla lunga sopravveste delle guardie personali del rei castigliano. Pensava al primo giorno che si era presentato al suo nuovo signore, ormai un anno prima.
Era una delle guardie più strette di Abd Al-Mu'Min, il vecchio amir, presente sia alla nomina ufficiosa di Yussuf a reggente, sia nella tenda, dove Yussuf aveva sconvolto il mondo.
Sconvolto dalla lunga malattia e dalla morte dell'amir, aveva incolpato Yussuf di entrambe, si era presentato al rei castigliano nella sua residenza a Kurtuba, qualche giorno prima del funerale di Abd Al-Mu'Min. Il rei l'aveva ricevuto ma non si era fidato di lui, la sua voglia di vedere Yussuf morto aveva convinto Alfonso. Lo credeva una spia mandata da Yussuf per controllare le sue mosse o un assassino.  Neanche quando aveva riferito al rei tutti i piani di conquista del vecchio amir e quel poco che sapeva sulle intenzioni di Yussuf lo aveva persuaso.
Si era convinto solo quando Sagramor aveva portato i cadaveri di due spie almohadi e ne aveva fatte fuggire altre quattro, permettendo al rei di bonificare completamente l'edificio dove si era stabilito per il funerale e di incontrare in gran segreto glia altri due rei. Al termine della rapida riunione aveva chiesto a Sagramor giuramento solenne e lo aveva accolto nel suo seguito.
Ora lì a Toledo i tre rei erano nuovamente riuniti per perfezionare i dettagli della line a d'azione da tenere contro la minaccia almohade. E ancora una volta Sagramor era presente all'incontro, sempre spalleggiato da due compagni d'arme. I due non lo lasciavamo mai solo, per assicurarsi che non provasse a far filtrare all'esterno alcuna informazione, Alfonso non si fidava di nessuno, era molto prudente.
Il rei castigliano prese la parola:"Bene! Tutto sembra andare come dovuto, giusto? Yussuf ci crede separati, non sa che l'accordo con i catalani è stato deciso da noi. Crederà di avere il fianco orientale coperto, mentre in realtà i vostri soldati sono pronti, giusto?". Il grasso Don Ramon Berenguer esitò. "Non proprio. L'accordo prevede la cessione di Maiorca a me ma almeno dieci anni di tregua forzata. Dovrei sostenere grosse spese per una guerra e i forzieri sono vuoti. Maledetti pisani, volevo aggiungere il Rossellò ai miei domini ma mi hanno anticipato.". Alfonso aspettò che l'altro finisse di parlare per investirlo con un torrente di improperi. Calmatosi riprese la parola:"Dovevi proprio fare quell'accordo? Maiorca sarebbe stata comunque tua, assieme alla costa est fino a Gibilterra. L'avresti presa con le armi! Razza di un avido idiota!". Si inserì nella conversazione Alfonso I Henriques:" È assurdo! Mentre io devo perdere forzatamente il mio miglior assassino questo grasso maiale ci guadagna Maiorca senza neanche combattere!!!". Don Ramon si sentì offeso:"Zitto, vigliacco leccaculo, non sei neanche degno di essere chiamato rei!!! Hai un lingua di terra e vuoi dettare condizioni alla ricca Catalogna? Ho visto tutte le manfrine e i complementini che hai fatto a Yussuf. So benissimo che in caso di guerra ti terresti fuori da ogni scontro, fino a quando non sarà chiaro da che parte pende la bilancia!". Ora i due rei erano vicinissimi, quasi muso a muso, a distanza di uccisione. C'era voglia di uccidre negli occhi dei due.
Il rei castigliano fece un brusco gesto e Sagramor e le altre guardie scattarono in avanti a separarli. Alfonso esplose in un urlo belluino:"BASTA! Due idioti fuoriusciti dall'ano di una vacca marcia, ecco cosa siete! Volete litigare? Prendete le armi e combattete!" I due pietrificati non si mossero. Allora Alfonso prese il martello di Sagramor e la spada di un'altra guardia e li mise nelle mani dei due rei. "Avete già designato un erede, giusto? E allora scannatevi, il vecchio rimbecillito contro il grasso maiale, e allora vedremo se gli eredi saranno più degni dei padri". I due deposero le armi, si scusarono con l'ospite e tornarono a sedersi fissandosi in cagnesco.
Alfonso primo prese tre grandi pergamene vergate dai suoi scribi. Ne firmò due e impresse il sigillo reale e le consegnò a Don Ramon e ad Alfonso I. "Sono i contratti di alleanza tra Castiglia-Leon e il Portogallo e tra Castiglia-Leon e l'Aragona". I due rei firmarono le pergamene e apposero il proprio sigillo. "Questa invece è l'alleanza tra l'Aragona e il Portogallo, firmatela." I due rei si guardarono con odio, gli sguardi che promettevano morte. Presero ognuno un lembo della pergamena e tirarono con tutte le forze, strappandola. "L'Aragona ha già un accordo con gli almohadi, è amica dei castigliani ma non sarà mai alleata coi vili Portoghesi." Alfonso gettò il suo lembo nel fuoco del camino "il Portogallo non teme i musulmani, l'allenza con Castiglia è salda e i nostri eserciti sono sufficentemente forti, mai stringeremo patti con gli avidi aragonesi." Il rei castigliano sbiancò a sentire le frasi d'odio dei due regnanti: "Vi rendete conto che così state spezzando l'unità? La riunione di Cordoba non è servita a nulla, i nostri accordi non servono a nulla senza una alleanza triplice, dobbiamo legare la Spagna cattolica in un unico destino."
I due rei si congedarono col rei castigliano senza dare altre spiegazioni e si ritirarono nei propri alloggi.
[Modificato da RatMat 25/08/2015 22:49]



La morte verrà all'improvviso
avrà le tue labbra ed i tuoi occhi
ti coprirà di un velo bianco
addormentandosi al tuo fianco
nell'ozio nel sonno in battaglia
verrà senza darti avvisaglia
la morte va a colpo sicuro
non suona il corno nè il tamburo
[...]
Guerriero che in punta di lancia
dal suolo d'oriente alla francia
di stragi menasti gran vanto
e tra i nemici il lutto e il pianto
di fronte all'estrema nemica
non vale coraggio o fatica
non serve colpirla nel cuore
perché la morte mai non muore
non serve colpirla nel cuore
perché la morte mai non muore
"la morte" Faber


cavalieri che in battaglia ignorate la paura
stretta sia la vostra maglia
ben temprata l'armatura
al nemico che vi assalta
siate presti a dar risposta
perché dietro quelle mura vi si attende senza sosta
"fila la lana" Faber