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Capitolo 6- Rappresaglia

Estate, 1168, regione di Siva

L'afa era insopportabile. Le truppe a piedi erano accaldate e stanche, e quelle a cavallo lo erano poco meno.
Alessio V prese dal sacco appeso alla sella un'oncia d'acqua, e ne bevve un sorso, assaporando ogni secondo in cui il prezioso liquido stava nella sua bocca, e poi nella sua gola.
Rimise l'oncia nella sacca, la chiuse bene e riprese le redini.
Mentre era assorto dal ritmo degli zoccoli dei cavalli al passo e dal rumore metallico e sordo dei piedi dei soldati nella sabbia, pensò al suo ultimo colloquio col padre.
Ciò lo fece incupire. Il padre aveva mandato suo fratello a studiare alla capitale per diventare governatore. E lui? In guerra, al caldo, contro una miriade di Turchi indiavolati che volevano fargli la pelle.
Ricordava benissimo cosa gli disse il padre prima che lui partisse.
"Non possiamo lasciare che i Paleologo entrino nelle grazie del Basileus senza che noi facciamo qualcosa per evitarlo!"
Ovviamente nel dire ciò non aveva tenuto conto del fatto che lui, di andare in guerra, non ne voleva sapere. Avrebbe voluto ancora rimanere in seminario per ordinarsi sacerdote, ma il fato (o per meglio dire, "causa esterna") ha voluto, in modo evidente, diversamente.
-Da sacerdote, a guerriero...che sfacciataggine, la vita...-
mormorò tra sè e sè.
Ordinò di fare una pausa dal viaggio, e, tra i sospiri sollevati dei soldati, scese da cavallo e si sedette sulla sabbia...rovente.
-Cazzo, di male in peggio... si vede persino l'aria tremolare da quaggiù...-
Sempre più indisposto a continuare la marcia verso Melitene, ordinò che si costruisse l'accampamento e che ci si fermasse fino al giorno dopo, "Tanto, giorno più, giorno meno, non fa molta differenza".
Mandò qualche esploratore per controllare la zona circostante, e pigramente si addormentò nella sua tenda.


Venne svegliato malamente da un soldato della Pronoia con la frase; "Turchi! Ci accerchiano!"
A quelle parole, Alessio si vestì in fretta e furia, quasi dimenticandosi uno schiniere.
Ed il soldato aveva ragione. I quattro punti cardinali erano brulicanti di stendardi blu.
-Merda! Raggruppate gli uomini e sellate i cavalli, presto!-
L'esercito in pochi minuti si trovò poco fuori dall'accampamento.
Alessio scrutò il campo.
Non vedeva nessuna guardia del sultano o di un qualche familiare turco, il che era un bene.
Il problema erano l'infinità di tiratori a cavallo e cavalleggeri. In più, tra le fila, si scorgevano saraceni, ghilman e arcieri armeni. Non sarebbe stato facile.
Alessio dispose gli arcieri su un'altura, a supporto di una balista, e gli uomini a piedi su tre file, immediatamente a fianco. In questo modo sarebbero stati protetti da eventuali cariche.
Lui invece si mise, con al seguito qualche cavaliere,in basso, in pianura.
Appena si furono disposti, l'assalto turco partì. Per sfortuna di Alessio, proprio dal suo lato si erano appostati dei cavalieri corazzati, che si misero subito ad inseguirlo.
-Avanti, non ci devono prendere!-
-Signore!- urlò Romano, l'attendente, al suo fianco.
-Cosa c'è?!-
-Seljuk davanti!-
-Bene, radiamoli al suolo!-
Spronò il cavallo al galoppo verso la prima armata nemica, composta solo da fanti, schiantandola all'impatto, fatta eccezione per dei Ghilman, che iniziarono a decimare una unità di Pronoiarii.
Dall'altro lato del campo il secondo esercito era arrivato, ed aveva preso di mira gli arcieri a cavallo sul retro dello schieramento, impegnandoli all'arma bianca.
Alessio spronò la sua guardia e dei mercenari tedeschi al galoppo verso dei cavalieri corazzati.
Questi ultimi videro la gli Oikeioi arrivare, e andarono loro contro.
La mischia fu furibonda, sanguinosa e rapida, ogni tanto condita da rumori metallici delle spade e delle armature, insieme ai suoni umidi e liquidi dell'acciaio che taglia la carne.
Alessio combattè col cuore in gola, costantemente pauroso della morte, ma allo stesso tempo impavido. Tagliò la gola ad un Ghilman di fianco a lui, che si mise subito la mano sulla ferita. Il romeo sadicamente gliela recise e lo trafisse all'addome, uccidendolo per lo shock. Decapitò poi un altro turco, che per riflesso incondizionato alzò le mani per cercare la testa, non trovandola al suo posto e stramazzando al suolo.
Il suo corpo di guardia era impegnato da quasi un quarto d'ora, i cavalieri tornarono dalla "pulizia" dell'armata principale, aiutandolo ad eliminare il resto dei cavalieri pesanti, uccidendo anche uno dei 4 capitani.
Sulla collina, i soldati avevano catturato il secondo.
Gli Akinji nemici caddero uno dopo l'altro sotto le lance dei kontophoroi, e le lame curve degli skoutatoi annientarono il terzo comandante e il suo piccolo esercito, ma ad un caro prezzo di un'unità. Le prime tre armate furono distrutte o andarono in rotta.
Il campo era disseminato di budella, sangue, e morte.
All'orizzonte, poi, apparve una vista funesta. L'ultima armata turca, fresca, determinata ed assetata di sangue romeo.
Gli uomini cominciarono a disperarsi, a votarsi ad ogni santo e a buttarsi a terra.
Alessio, preso coraggio e con rinnovata risolutezza, si stagliò di fronte al sole del tramonto e cominciò a confortarli.
-Fratelli, amici, questa potrebbe essere la nostra ultima battaglia. Ma, dico io, perchè morire oggi e darla vinta a quei luridi vermi di letamaio? Perchè invece, non ci battiamo come leoni, come tigri, e sopratutto, come aquile? Coraggio, uomini! Le anime di quei turchi andranno all'inferno oggi, con o senza le nostre! Così io GIURO!-
Così parlò, e, con fervore fanatico, guidò i suoi uomini verso il sangunario nemico.
Ciò che gli era rimasto erano degli arcieri con poche frecce, delle ancora sostanziose, ma sfiancate, unità di spadieri e lancieri, la sua guardia quasi intera e un manipolo di cavalieri, mercenari e non. Gli arcieri a cavallo erano decimati e senza frecce.
Con un urlo che aveva poco di umano e molto di mostruosamente iroso, Alessio caricò, spronando i fanti e gli arcieri a cavallo a fare lo stesso. Intanto, la balista tirava, mietendo vittime ad ogni giavellotto infuocato. Gli arcieri vennero fatti letteralmente a pezzi dalle cariche di cavalleria, mentre le fanterie cozzavano come se fosse la fine del mondo conosciuto.
Urla, sangue, sudore e violenza erano le uniche cose presenti.
Il comandante romeo era come posseduto da Marte, mieteva e mieteva, provava gusto a sporcarsi la faccia di sangue, e gustarselo con la lingua mentre scivolava dentro le fessure tra i denti.
In questo momento di furia, vedendo il capitano ormai separato come un codardo dal suo plotone, Alessio scese da cavallo, e, con sguardo demoniaco, ingaggiò il turco selgiuchide in uno scontro mortale. Il bizantino tempestò di colpi lo scudo del nemico, fino a spezzarlo in due, e lo calciò via dal braccio dell'avversario.
Poi, schermarono per due minuti interi, in cui il tempo per il figlio di Bisanzio si fermò. Alla fine, aprendo una breccia nella guardia del musulmano, lo disarmò, lo buttò a terra con un calcio, e infine, con una risata sadica e con viso sardonico e diabolico, cominciò ad affondare la spada nel costato del capitano nemico, ancora ed ancora, poi iniziò a mutilarlo, per terminare l'opera dunque, lo prese per i capelli quando ormai del nemico rimaneva un busto, e gli infilò la sua spada nel cervello entrando dal bulbo oculare. Poi gli tranciò la testa di netto, esponendola a tutti i soldati sul campo ed urlando di nuovo.
I nemici più vicini rabbrividirono e scapparono,innescando una fuga a catena e terminando la giornata con una vittoria.
I soldati della Basileia rimasero a metà tra il sollievo e il puro terrore mentre tornavano al campo.
Non avevano capito se avevano visto un miracolo od una manifestazione di Satana in persona.
[Modificato da Scorpionz467 10/10/2015 23:42]
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"Basileus Basileon, Basileuon Basileuonton"
"Re dei Re, Regnante dei Regnanti"
"Βασιλεύς Βασιλέων, Βασιλεύων Βασιλευόντων"

"Non c'è un cristiano, qui, disposto a prendersi la mia testa?"
-Costantino XI Paleologo, poco prima di spirare

"Un Costantino la fondò, un Costantino la perse ed un Costantino la riprenderà."
-Detto della Prima Guerra Mondiale su Instanbul