« ...tra i Suebi non esiste assolutamente proprietà privata e la terra tra loro divisa, né è permesso ad alcuno di rimanere più di un anno ad esercitare l'agricoltura. Si cibano poco di frumento, ma soprattutto di latte e carne. Esercitano la caccia che serve loro sia per l'alimentazione sia per l'addestramento quotidiano, sia per la libertà di vita, poiché fin da ragazzi sono abituati a non rispettare alcuna disciplina, ...sia aumenta le loro forze sia fa crescere le loro corporature in modo smisurato... Concedono ai mercanti di entrare nei loro territori per avere qualcuno a cui vendere i loro bottini di guerra, più che per importare beni. Essi non importano nemmeno i cavalli... Nei loro combattimenti tra cavallerie, spesso scendono da cavallo e combattono a piedi. Hanno infatti addestrato i cavalli a rimanere sul posto, e quando ne hanno bisogno ritornano rapidamente a cavalcarli... e non adoperano la sella... Non permettono che sia importato nel loro paese il vino, perché credono che renda gli uomini effemminati e troppo deboli per resistere alla fatica. »
I germani, a differenza dei celti, combattevano sempre a piedi, almeno finché dal II secolo d.C., come viene lodato da Tacito, dalle tribù nomadi delle steppe (sciti e sarmati) appresero poi l'uso del cavallo, la padronanza dei metalli e l'oreficeria.
Nel IV-V secolo anche la loro tecnica militare si era evoluta notevolmente, soprattutto grazie alle tecniche apprese durante gli anni trascorsi nelle file delle truppe ausiliarie dell'esercito romano. L'arma principale rimaneva l'asta da urto (framea) di varia lunghezza. L'uso della spada era invece meno diffuso presso alcune tribù. Adoperavano anche giavellotti da lancio, come i Franchi, simili al pilum romano. L'arco rimase un'arma secondaria per la maggior parte di questi popoli. Altre armi usate in combattimento erano l'ascia, in particolare dai Franchi, e la mazza.
L'armamento difensivo si era notevolmente evoluto, accompagnando al tradizionale uno scudo di legno al cui centro era posto un umbone in metallo, un elmo e spesso una corazza di maglie di ferro. E comunque indossavano tutti delle brache, una tunica, a volte dei mantelli (come nel caso degli Alamanni) oltre a calzari simili a sandali che si legavano fino a sotto le ginocchia, ed erano indossati sopra una sorta di primitive calze, soprattutto durante l'inverno.
Restano famose alcune tribù per le caratteristiche della loro cavalleria: i cavalieri combattevano mischiati ai fanti leggeri, e spesso abbandonavano il loro cavallo, abituato ad attenderli, per combattere loro stessi a piedi. Il nucleo dell'esercito rimaneva, però, la fanteria. Suoni di corno ed il famoso barritus (grido di guerra), stimolavano l'ardore dei combattenti.
I Germani appresero l'arte di costruire valli difensivi per i loro campi dai Romani, come pure il concetto di comando della battaglia. I capi, una volta erano abituati a dare l'esempio, lanciandosi all'attacco. Durante questo periodo cambiarono tattica, dirigere i propri soldati come facevano i Romani, lontani dalle prime linee.
Le prime fonti che parlano di guerrieri germanici sono a riguardo del''invasione dei Cimbri e dei Teutoni (113 a.C.), e in quel frangente dalle decrizioni dei classici pare evidente che l'armamento dei Germani rispecchiasse quello dei Celti; infatti per Isidoro di Siviglia essi "Erano armati secondo l'uso Gallico" (Isidoro di Siviglia, XVIII,72), mentre la descrizione di Plutarco ricorda da vicino altre analoghe ai guerrieri celtici.
I Germani di Ariovisto affrontati da Cesare, da quel poco che se ne può dedurre, sembrano comportarsi esattamente come gli eserciti gallici, e comunque il grande debito dell'equipaggiamento militare germanico nei confronti di quello celtico tra il III e il I secolo a.C. risalta chiaramente dalle evidenze archeologiche (cfr. Hjortspring).
I primi scudi germanici ritratti nell'iconografia romana sono infatti oblunghi e muniti di spinatura centrale, esattamente come quelli celtici.
Curioso notare che le raffigurazioni imperiali dei primi scudi germanici presentano sempre scudi "simil-celtici" con spina ma PRIVI DI UMBONE, esattamente come gli scudi La Téne del 500 a.C. (pre-invasione dell'Italia).
La cosa potrebbe essere spiegata con l'endemica povertà e carenza di ferro germanica (o meglio di tecniche estrattive) che Tacito stesso ricorderà nel "Germania".
Però...tra il I e il III secolo d.C. accanto alla tipologia oblunga, piatta, spinata e priva di umbone si presenta e infine si afferma una nuova tipologia di scudo germanico: sempre piatto e oblungo, ora PRIVO DI SPINA ma PROVVISTO DI UMBONE METALLICO.
Ora: se la carenza di umbone metallico e la presenza di spina potevano essere giustificate con una carenza economica, la mancanza di spina e la presenza di umbone in uno SCUDO PIATTO lascia abbastanza perplessi.
Dunque un progressivo irrobustire la parte centrale dello scudo.
Perché i Germani invece tra il I e il III d.C., a differenza dei Celti non aggiungono l'umbone alla spina ma semplicemente lo sostituiscono alla stessa?
La conclusione è lampante: se la volontà palese dei Celti era quella di irrobustire progressivamente la parte centrale dello scudo per tutelarla contro forti urti frontali, evidentemente i Germani, che in un primo tempo sembrano uniformarsi alle tecniche militari celtiche (cfr. Aquae Sextiae, Vercellae, guerra contro Cesare), finiscono per protendere in Età Imperiale vero un modello di battaglia più dinamico, forse per certi versi simile a quello celtico "arcaico" antecedente alla calata in Italia, dove una fanteria assai mobile non deve necessariamente sostenere grossi urti frontali e compressioni.
La cosa sarebbe avvalorata oltretutto dalle descrizioni di Tacito (55-117 d.C.) riguardo all'armamento germanico, che parla come arma principale della framea, lancia corta "generalista", buona sia per il corpo a corpo che per il lancio, assai distante alle lunghe lance galliche di III secolo a.C. ma che sappiamo impiegata massicciamente dai Celti tra il 500 e il 400 a.C.
Einherjar:
Etimologia
Il nome in norreno si potrebbe rendere con "soldato-in-armata". Il singolare della parola sarebbe einheri, la cui etimologia deriverebbe dal Germanico popolare aina-harj-arja. È spesso interpretato come "combattente notevole", ma potrebbe significare inoltre "coloro che combattono [ora] in una sola armata", poiché quando erano vivi sulla Terra erano divisi fra varie bande ed eserciti, ma ora che sono morti sono tutti riuniti per un'unica causa, il Ragnarök.
Mather, fai il tuo lavoro...
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Κωνσταντίνος ΙΑ’ Δραγάσης Παλαιολόγος,
Xρoνoκράτoρ και Koσμoκράτoρ
Ελέω Θεού Βασιλευς και Αυτοκράτορ των Ρωμαίων.
"Ci sono quattro grandi cause per cui vale la pena di morire: la Fede, la Patria, la Famiglia ed il Basileus. Ora voi dovete essere pronti a sacrificare la propria vita per queste cose, come d'altronde anch'io sono pronto al sacrifico della mia stessa vita.
So che l'ora è giunta, che il nemico della nostra fede ci minaccia con ogni mezzo...Affido a voi, al vostro valore, questa splendida e celebre città, patria nostra, regina d'ogni altra.
Miei signori, miei fratelli, miei figli, l'ultimo onore dei Cristiani è nelle nostre mani."
"Ed allora questo principe, degno dell'immortalità, si tolse le insegne imperiali e le gettò via e, come se fosse un semplice privato, con la spada in pugno si gettò nella mischia. Mentre combatteva valorosamente per non morire invendicato, fu infine ucciso e confuse il proprio corpo regale con le rovine della città e la caduta del suo regno.
Il mio signore e imperatore, di felice memoria, il signore Costantino, cadde ucciso, mentre io mi trovavo in quel momento non vicino a lui, ma in altra parte della città, per ordine suo, per compiervi un'ispezione: ahimè ahimè!."
"La sede dell'Impero Romano è Costantinopoli e colui che è e rimane Imperatore dei Romani è anche l'Imperatore di tutta la Terra."
"Re, io mi desterò dal mio sonno marmoreo,
E dal mio sepolcro mistico io ritornerò
Per spalancare la murata porta d'Oro;
E, vittorioso sopra i Califfi e gli Zar,
Dopo averli ricacciati oltre l'Albero della Mela Rossa,
Cercherò riposo sui miei antichi confini."
"Un Costantino la fondò, un Costantino la perse ed un Costantino la riprenderà”