00 17/01/2010 19:09
CRONACA DEGLI ACCADIMENTI E DELLE GESTA DELLA BATTAGLIA DI ANCONA

Salute, nobili fratelli; oggi voglio narrarvi delle gesta cui assistetti un giorno di molti anni fa, quando le mie membra erano forti e la mia mente preferiva il violento lavoro d’arme al faticoso esercizio dell’intelletto. A distanza di tanto tempo, mi sento sicuro di poter narrare quel giorno di battaglia senza faziosità, riportando i fatti che, anche se corredati di sensazioni soggettive, sono pur sempre quelli accaduti realmente.
Da poco tempo era stata dichiarata la guerra fra il Regno di Sicilia, egemone indiscusso di tutta l’Italia meridionale, e la Serenissima Repubblica di Venezia, novella potenza affermatasi con rapidità in nord Italia. Le due fazioni erano entrate in guerra perché due potenze possono difficilmente convivere pacificamente in un’unica penisola, soprattutto se il loro astio è fomentato da interessi di nazioni straniere. Gli eserciti erano scesi subito in campo, guidati dai migliori generali a disposizione, uomini di grande valore, che ho avuto l’onore di conoscere anche al di fuori dei campi di battaglia. A capo dell’armata della Serenissima era il generale Augustus, uomo giusto e cavaliere fedele, che aveva disdegnato l’idea di scendere in guerra, ma non per questo aveva abbandonato i suoi uomini. Al comando dei Siciliani, invece, era il cosiddetto Cavaliere Verde, noto per il mantello verde che sempre portava, e per le gloriose gesta compiute nella Crociata in Terrasanta. I loro eserciti erano quanto di meglio potessero vedere le campagne italiane in quel periodo.
Il luogo dello scontro, finì con l’essere una vasta pianura nei pressi di Ancona, dove dopo lunghe manovre gli eserciti si trovarono finalmente uno di fronte all’altro. Ricordo che il sole era da poco sorto quando tutto ebbe inizio, e che una nebbia mattutina ancora nascondeva i paesaggi più distanti. I generali schierarono i loro uomini, cominciando a lavorare di logica per cercare di prevedere le mosse dell’altro. Le truppe Siciliane presentavano questo schieramento: in prima linea, in formazione allargata, c’erano due reparti di balestrieri pavesi della milizia, facenti parte di una compagnia di ventura ingaggiata dal Re; la seconda linea era formata da tutta la fanteria Siciliana, perlopiù fanti della milizia, ma anche fanteria grave e i nobili cavalieri normanni appiedati; una terza linea era stata allestita con altri due reparti di balestrieri, anche loro in formazione allargata; il Cavaliere Verde controllava la situazione dalle retrovie, e il resto della cavalleria in armatura era stata equamente distribuita sulle ali dello schieramento.
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Dall’altra parte del campo di battaglia, il generale Augustus aveva schierato i suoi come segue: una prima linea di balestrieri pavesi, quattro reparti per la precisione; dietro c’era una minacciosa linea di picchieri della milizia, schierati davanti a un’altra linea di fanteria, costituita da fanti “de terra” e spadaccini comunali. In fondo allo schieramento, il generale stava pronto a intervenire con tutta la sua cavalleria feudale.
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Lo scontro era pronto. Al segnale delle trombe, entrambi gli eserciti avanzarono: i Veneziani in formazione compatta, ardenti dal desiderio di dimostrare il loro valore; i Siciliani avanzarono cautamente a singhiozzo, con meno disciplina di quanta ne avrebbe desiderata il Cavaliere Verde.
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Constatando che i balestrieri avversari erano schierati tutti in prima linea, anche il generale Siciliano provvide a portare davanti i suoi restanti tiratori, e li schierò a una ventina di metri dal resto dello schieramento, dando inizio alle schermaglie.
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Mentre i balestrieri si scambiavano la loro pioggia di morte…
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…sulle ali ebbe inizio la inquieta danza dei cavalieri, che fra mosse e contromosse cercavano di proteggere il proprio schieramento e di minacciare quello avverso.
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Improvvisamente, però, sorprendendo i Siciliani, la cavalleria feudale Veneziana lanciò una carica verso i balestrieri nemici.
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L’effetto sembrò essere veramente devastante: colto di sorpresa, un reparto di balestrieri perse metà dei suoi uomini in pochissimi secondi.
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Celermente, però, la fanteria Siciliana caricò in massa gli audaci avversari, e i cavalieri furono costretti a ripiegare per non essere massacrati.
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I cavalieri feudali Veneziani si riposizionarono posteriormente ai loro commilitoni appiedati, senza che la cavalleria Siciliana potesse approfittare di quegli attimi di confusione per effettuare un colpo di mano. Invece, i Siciliani, si trovarono sbilanciati. L’impeto della contro carica ai cavalieri nemici, aveva portato la sinistra Siciliana troppo avanti rispetto al resto dello schieramento; in men che non si dica, avvenne lo scontro con il fianco destro dei Veneziani.
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I fanti Siciliani irruppero nella debole linea di balestrieri, sfondandola facilmente e trovandosi ingaggiando i picchieri della milizia Veneziani in una selvaggia mischia.
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Lo scontro portò la fanteria Veneziana disposta a destra ad avanzare leggermente, creando un buco fra sé e il resto dello schieramento. Immediatamente un reparto Sicilano provò ad approfittarne.
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Nel frattempo, ancora più a destra dei Veneziani, due reparti di cavalleria feudale, nell’inseguire un reparto di fanti nemici, si trovò improvvisamente in una posizione di vantaggio rispetto al corpo principale avversario, ora facilmente aggirabile; tuttavia, essi dovevano decidere se terminare il loro inseguimento, o attaccare i nemici alle spalle.
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La situazione però si complicò, giacché gli incauti cavalieri Veneziani si scagliarono alla carica contro un reparto di fanteria grave.
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L’azione li portò in svantaggio, e li costrinse a ripiegare, inseguiti da due reparti di fanteria e uno di cavalleria.
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Sul fronte, intanto, i Veneziani riuscirono rapidamente a richiudere la frattura del loro schieramento, e alcuni Siciliani decisero di scappare.
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Ma un evento propizio ai Siciliani fu che finalmente anche la parte destra del loro schieramento, ora costituita dai temibili cavalieri appiedati normanni, era giunta a fronteggiare i Veneziani.
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I picchieri si trovarono subito in difficoltà a combattere contro uomini esperti armati di spada come i normanni.
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Nel complesso, però, i Veneziani stavano tenendo la posizione molto bene.
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Il rischio maggiore proveniva dal fianco, dove i cavalieri feudali stavano portandosi i nemici nel tentativo di liberarsene. Per cercare di beffare i Siciliani, i cavalieri si divisero, e un reparto puntò lontano, mentre l’altro procedette verso il retro dello schieramento Veneziano. La speranza era quella di costringere i nemici a dividersi o a lasciarsi alle spalle un nemico pronto a caricarli.
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I Siciliani seguirono i cavalieri che si rifugiavano dietro lo schieramento Veneziano, proteggendosi le spalle con un reparto di fanteria. Intanto il Cavaliere Verde osservava soddisfatto i suoi uomini, che abilmente stavano combattendo.
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Inoltre, non notati, altri cavalieri in armatura Siciliani avevano aggirato la sinistra Veneziana, e si apprestavano ad attaccare i vulnerabili balestrieri nemici.
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E quella fu una carica devastante.
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E non era il peggio per i Veneziani. Infatti, anche a destra i Siciliani avevano raggiunto i folli cavalieri feudali, che resisi conto dell’errore commesso tirandosi dietro i nemici, tentarono una disperata carica riparatoria.
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Nel mentre di quello scontro, i picchieri a sinistra dei Veneziani cedettero all’impeto dei normanni, che poterono attaccare l’altra fanteria nemica.
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I Siciliani sconfinavano sempre di più, aggirando le posizioni Veneziane, sempre più esposte. I primi segnali di cedimento cominciarono a essere ravvisabili nella fuga di alcuni reparti.
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La situazione era caotica, e il reparto di cavalleria feudale che si era allontanato inutilmente, tornò indietro sperando di poter fare qualcosa; ma nel caos i cavalieri continuarono semplicemente a girare a vuoto, incalzati ovunque. La battaglia si frammentò in tanti piccoli e furiosi scontri, dai quali uscivano perlopiù vincitori i soldati Siciliani, che nella più totale confusione compresero come sfruttare il vantaggio di avere ancora parecchia cavalleria, bastonando duramente le terga dei Veneziani.
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L’ultimo reparto di cavalleria rimasto ai Veneziani, quello nel quale combatteva anche il generale Augustus, riuscì ad ottenere un piccolo successo mandando in rotta un’unità di fanteria nemica.
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Parve addirittura che i Veneziani ce la facessero a ricacciare i Siciliani, quando riuscirono a stabilire nuovamente una sorta di linea, respingendo i nemici.
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Ma sempre più palese era il vantaggio immenso che i Siciliani ricavavano dalla cavalleria, le cui cariche erano troppo impetuose per essere fermate da una sola linea di soldati, per quanto arditi.
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Un reparto di cavalieri feudali tornati indietro dalla loro vergognosa fuga fu distrutto dall’azione combinata del Cavaliere Verde in persona e di un reparto di fanteria Siciliana.
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La disorganizzazione era un altro elemento di vulnerabilità dei Veneziani, che, attaccati da tutte le parti dai cavalieri nemici, si trovavano a vagare per il campo poco compatti e facilmente attaccabili.
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Il colpo finale a quella che pareva una battaglia già in via di conclusione, arrivò con la caduta di Augustus, colpito vilmente da un quadrello dei balestrieri Siciliani.
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A quel punto a poco valse l’ultimo tentativo della fanteria Veneziana di raggrupparsi e fronteggiare il nemico: aggirati, i pochi coraggiosi furono massacrati.
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La battaglia finì di lì a poco. Nel perlustrare il campo dopo la vittoria, i Siciliani scoprirono che il generale Veneziano Augustus non era morto; la freccia lo aveva disarcionato facendogli perdere i sensi, ma il condottiero era vivo, anche se ferito. Si decise di prenderlo prigioniero, visto che poteva ben valere un forte riscatto. Pochi altri Veneziani furono i superstiti della giornata, e tutti furono catturati. Io combattevo in uno degli ultimi reparti della Serenissima; fui atterrato nel corso della carica finale, con molte ferite e un braccio conciato male. Sopravvissi a quella giornata, ma ne porto ancora le cicatrici, e dopo quel giorno non combattei più. Non si combatte senza un braccio. Ora mi dedico alla cura del mio intelletto, e al mettere per iscritto gli eventi storici che nella mia vita ho avuto la sorte di vedere. E quella battaglia, fu decisiva per le sorti dell’Italia.

Bertuccio Mastropiero
[Modificato da Ramon Berenguer IV 17/01/2010 19:16]
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"La parola di Dio è Pace". (Corano 36:58)
"Beati gli operatori di pace, perchè saranno chiamati figli di Dio".
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