{49BC_BODY}
- Scoppia la guerra civile. Dopo aspri dissensi con il senato, Cesare varcò in armi il fiume Rubicone, che segnava il confine politico dell'Italia; il senato, di contro, si strinse attorno a Pompeo e, nel tentativo di difendere le istituzioni repubblicane, decise di dichiarare guerra a Cesare (49 a.C.). Dopo alterne vicende, i due contendenti si affrontarono a Farsalo, dove Cesare sconfisse irreparabilmente il rivale. Pompeo cercò quindi rifugio in Egitto, ma lì fu ucciso (48 a.C.). Anche Cesare si recò perciò in Egitto, e lì rimase coinvolto nella contesa dinastica scoppiata tra Cleopatra VII ed il fratello Tolomeo XIII: risolta la situazione, riprese la guerra, e sconfisse il re del Ponto Farnace II a Zela (47 a.C.). Partì dunque per l'Africa, dove i pompeiani si erano riorganizzati sotto il comando di Catone, e li sconfisse a Tapso (46 a.C.). I superstiti trovarono rifugio in Spagna, dove Cesare li raggiunse e li sconfisse, questa volta definitivamente, a Munda (45 a.C.). Il patto triumvirale, che aveva legato Cesare a Pompeo e Crasso, era ormai del tutto inesistente, da quando Crasso, come era stato deciso nel 55 a.C. in un incontro tra i tre triumviri a Lucca (dove Cesare si era visto prorogare per un altro quinquennio il proconsolato nelle Gallie), si era recato in Siria a combattere i Parti ed era morto a Carre.
Il senato, intimorito dai successi di Cesare, aveva dunque deciso di favorire Pompeo, nominandolo consul sine collega nel 52 a.C., perché frenasse le ambizioni del suo vecchio alleato. Anche negli anni seguenti il senato aveva fatto in modo che i consoli eletti fossero sempre appartenenti alla factio dei pompeiani e che osteggiassero dunque le mosse del proconsole di Gallia; Cesare, di contro, aveva in mente di ottenere il consolato per il 49 a.C., in modo da poter tornare a Roma senza divenire oggetto di procedure penali e, una volta rientrato nell'Urbe, impadronirsi del potere. Per questo, nel 50 a.C., gestendo le sue scelte politiche dalla Gallia Cisalpina, richiese al senato la possibilità di candidarsi al consolato in absentia, ma se la vide nuovamente negare, come già era successo nel 61 a.C. Comprese le intenzioni del senato, Cesare "neutralizzò" il console pompeiano Lucio Emilio Paolo, e fece avanzare ai suoi tribuni della plebe Marco Antonio e Gaio Scribonio Curione (che aveva attirato a sé saldandone i debiti) una proposta che prevedeva che tanto lui quanto Pompeo avrebbero sciolto le loro legioni entro la fine dell'anno. Il senato, invece, ingiunse a entrambi i generali di inviare una legione per la progettata spedizione contro i Parti, mentre elesse consoli per il 49 a.C. Lucio Cornelio Lentulo Crure e Gaio Claudio Marcello, feroci avversari di Cesare. Questi fu dunque costretto a lasciare andare una delle sue legioni, che si radunò con quella offerta da Pompeo nel sud dell'Italia; gli uomini di Cesare, tuttavia, svolsero un importante lavoro di disinformazione, convincendo Pompeo che il loro amato generale era in realtà odiato dai suoi soldati per il suo comportamento dispotico. Cesare, intanto, ordinò ad Antonio e Curione di avanzare una nuova proposta in senato, chiedendo di poter restare proconsole delle Gallie conservando solo due legioni e candidandosi in absentia al consolato. Sebbene Cicerone fosse favorevole alla ricerca di un compromesso, il senato, spinto da Catone, rifiutò la proposta di Cesare, ordinando anzi che sciogliesse le sue legioni entro la fine del 50 a.C. e tornasse a Roma da privato cittadino per evitare di divenire hostis publicus. Cesare ordinò allora ai tribuni della plebe di osteggiare, tramite il diritto di veto, il senato, ma questi, al principio del 49 a.C., furono costretti a scappare da Roma. Cesare allora decise di varcare con le sue legioni il confine politico della penisola italiana, il fiume Rubicone. Il 9 gennaio ordinò a cinque coorti di marciare fino alla riva del fiume, ed il giorno successivo lo attraversò, pronunciando la storica frase "alea iacta est". Con quest'atto Cesare dichiarò ufficialmente guerra al senato ed alla res publica, divenendo nemico dello stato romano. Si diresse verso sud spostandosi lungo la costa adriatica, nella speranza di poter raggiungere Pompeo prima che lasciasse l'Italia, per tentare di riconciliarsi con lui; Pompeo, al contrario, allarmato anche dalla caduta di numerose città, tra cui Corfinio, che si erano opposte a Cesare, si rifugiò in Puglia, con l'obbiettivo di raggiungere assieme alla sua flotta la penisola balcanica. L'inseguimento da parte dello stesso Cesare fu inutile, in quanto Pompeo riuscì a scappare assieme ai consoli in carica e a gran parte dei senatori a lui fedeli, e a mettersi in salvo a Durazzo. Cesare allora, rientrato a Roma dopo anni di assenza, si impossessò delle ricchezze contenute nell'erario e decise poi di marciare contro la Spagna (che gli accordi di Lucca avevano assegnato a Pompeo); giunto in Provenza, lasciò tre legioni al comando di Decimo Bruto e Gaio Trebonio con l'incarico di assediare Marsiglia, che cadde in mano ai cesariani solo dopo mesi di assedio. Egli invece proseguì verso la penisola iberica, dove combatté contro i tre legati di Pompeo che amministravano la regione: dopo mesi di scontri riuscì ad avere la meglio e poté tornare in Italia. Assunta per pochi giorni la dittatura e ottenuta l'elezione al consolato per il 48 a.C., Cesare decise di attaccare Pompeo nella penisola balcanica, salpando da Brindisi nel gennaio del 48 a.C. assieme al suo luogotenente Marco Antonio. Il primo scontro contro i pompeiani si ebbe a Durazzo, dove Cesare subì una pericolosa sconfitta di cui Pompeo non seppe approfittare. Si arrivò allo scontro in campo aperto, però, solo il 9 agosto, presso Farsalo: qui le forze di Pompeo, ben più numerose, furono sconfitte, e i pompeiani furono costretti a consegnarsi a Cesare, sperando nella sua clemenza, o a fuggire. Pompeo cercò rifugio in Egitto, presso il faraone Tolomeo XIII, suo vassallo, ma il 28 settembre, per ordine dello stesso faraone, fu ucciso. Cesare, che si era lanciato all'inseguimento del rivale, se ne vide presentare pochi giorni dopo la testa imbalsamata. Forse per via del ruolo di Tolomeo nell'uccisione di Pompeo, Cesare si schierò al fianco di Cleopatra; che pianse alla vista della testa di Pompeo quando gli venne offerta in dono dal ciambellano di Tolomeo. In ogni caso, Cesare sconfisse le armate di Tolomeo e installò Cleopatra come regnante, con la quale ebbe il suo unico figlio naturale conosciuto, Tolomeo XV Cesare, meglio noto come Cesarione. Cesare e Cleopatra non si sposarono mai, a causa della legge romana che proibiva il matrimonio con chi non era cittadino di Roma. Dopo aver passato i primi mesi del 47 a.C. in Egitto, Cesare si recò in Siria e quindi nel Ponto per trattare con Farnace II, un re alleato di Pompeo che si era avvantaggiato del fatto che i romani fossero impegnati nella guerra civile per opporsi a Deiotaro (amichevole nei confronti di Roma) e nominarsi regnante della Colchide e dell'Armenia Inferiore. A Nicopoli egli sconfisse la scarna resistenza romana che poté essere raccolta dal luogotenente di Cesare, Domizio Calvino. Farnace prese anche la città di Amisus, alleata di Roma, rese eunuchi tutti i ragazzi e vendette gli abitanti ai commercianti di schiavi. Dopo questo sfoggio di forza contro i romani, Farnace si ritirò per sopprimere una rivolta nelle terre appena conquistate. L'avvicinarsi estremamente rapido di Cesare in persona costrinse Farnace a volgere la sua attenzione ai romani. Inizialmente, riconoscendo il pericolo, fece offerte di sottomissione, con il solo scopo di guadagnare tempo sperando che Cesare fosse presto costretto a impegnarsi in altre battaglie. Per sua sfortuna la rapidità di Cesare lo costrinse ad accettare lo scontro in tempi brevi. Nella battaglia di Zela (che si svolse presso l'odierna Zile in Turchia), Farnace venne sbaragliato con solo un piccolo distaccamento di cavalleria. La vittoria romana fu così fulminea e completa che lo stesso Cesare, in una lettera ad un amico a Roma, la descrisse con la famosa frase "Veni, vidi, vici" - che potrebbe essere stata l'etichetta mostrata sulle spoglie sfilate nel suo trionfo pontico. Farnace fuggì verso il Bosforo, dove riuscì ad assemblare una piccola forza di truppe scite e sarmate, con le quali fu in grado di prendere il controllo di alcune città. Ciononostante un suo ex governatore, Asandar, attaccò le sue truppe e lo uccise. Lo storico Appiano dichiara che morì in battaglia; Cassio Dione riferisce che venne catturato e ucciso. Cesare tornò a Roma per fermare l'ammutinamento di alcune legioni. Mentre Cesare era stato in Egitto installando Cleopatra come regina, quattro delle sue legioni veterane si accamparono fuori Roma al comando di Marco Antonio. Le legioni erano in attesa del congedo e della paga straordinaria che Cesare aveva promesso prima della battaglia di Farsalo. A causa della lunga assenza di Cesare la situazione si deteriorò rapidamente. Marco Antonio perse il controllo delle truppe che iniziarono a saccheggiare le proprietà a sud della capitale. Diverse delegazioni vennero inviate per cercare di sedare l'ammutinamento. Niente ebbe effetto e gli ammutinati continuarono a richiedere il congedo e la paga. Dopo diversi mesi, Cesare giunse finalmente per rivolgersi alle truppe di persona. Sapeva di aver bisogno di loro per occuparsi dei sostenitori di Pompeo in Nordafrica, che avevano radunato 14 legioni. Cesare sapeva anche che non aveva i fondi per pagarli, Sarebbe costato molto meno indurli a riarruolarsi per la campagna in Africa. Freddamente Cesare chiese alle truppe ciò che volevano da lui. Vergognandosi di chiedere i soldi, i soldati domandarono il congedo. Cesare li chiamò cittadini invece di soldati, sottolineando che stava trattando con dei civili, quindi già congedati. Ma non con l'honesta missio che significava una pensione più ricca. Ma li informò che il pagamento sarebbe arrivato quando sarebbe stato sconfitto l'esercito pompeiano in Africa. E che egli lo avrebbe sconfitto con altri soldati. Gli ammutinati rimasero colpiti da questo maltrattamento; dopo quindici anni di fedeltà mai avrebbero pensato che Cesare avrebbe potuto fare a meno di loro. Cesare fu pregato di tenerli con sé e di portarli in Africa. Benignamente Cesare acconsentì. La sua conoscenza della psicologia delle masse e il suo acclarato carisma gli permisero di riunire quattro legioni di veterani senza spendere un solo sesterzio. Nello stesso anno Cesare raggiunse l'Africa, dove i seguaci di Pompeo erano fuggiti, per sconfiggere la loro opposizione guidata da Catone il giovane. Cesare vinse velocemente la prima significativa battaglia, Battaglia di Tapso nel 46 a.C., contro le forze guidate da Catone (che si suicidò) e da Cecilio Metello Scipione (che morì in battaglia). Nonostante queste vittorie e queste morti eccellenti la guerra continuò. I figli di Pompeo Gneo Pompeo e Sesto Pompeo, insieme a Tito Labieno, precedentemente propretore di Cesare e suo secondo in comando durante la guerra in Gallia, fuggirono in Spagna. Cesare li inseguì e sconfisse gli ultimi epigoni dell'opposizione nella battaglia di Munda nel marzo del 45 a.C. Durante quel periodo, Cesare fu eletto per il terzo e quarto mandato a console; nel 46 a.C. con Marco Emilio Lepido e nel 45 a.C. (senza collega).\n\n
- Marco Tullio Cicerone allo scoppio della guerra civile aderisce alla causa di Pompeo.\n\n
- Gli Insubri, popolazione di ceppo celtico, ottengono la cittadinanza romana insieme a tutta la Gallia Cisalpina.\n\n
- Nasce Lucio Domizio Enobarbo.\n\n
- Muore Marco Licinio Crasso, politico romano.\n\n
{49BC_TITLE}Gli eventi dell'anno
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- Dopo la battaglia di Farsalo, Giulio Cesare consacrò un tempio a Venere Genitrice (Genetrix), capostipite del popolo romano.\n\n
- Giulio Cesare nominò re di Cipro Tolomeo XIV, uno degli ultimi membri della Dinastia tolemaica. Nato verso il 60 a.C., era il figlio del faraone Tolomeo XII.\n\n
- Nasce Lucio Calpurnio Pisone, politico romano.\n\n
- Muore Marco Celio Rufo, politico e oratore romano.\n\n
{58BC_TITLE}Gli eventi dell'anno
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- Quinto Fufio Caleno viene eletto console con Publio Vatinio grazie all'influenza di Cesare.\n\n
- Il 13 di gennaio Tolomeo XIII muore annegato, mentre attraversa il Nilo. Cleopatra VII, rimasta unica sovrana dell'Egitto, nomina co-reggente il fratello più giovane Tolomeo XIV.\n\n
- In agosto la Legio VI Ferrata, conosciuta anche come Legio VI Ferrata Fidelis, è reclutata da Cesare: originaria dei territori della Gallia Cisalpina e nei territori Gallici della Venetia et Histria, ha un ruolo di primo piano nella battaglia di Zela, odierna Zile in Turchia, combattuta il 2 agosto contro Farnace II, figlio di Mitridate re del Ponto, che aveva occupato l'Armenia e manifestato altre mire espansionistiche.\n\n
- Marco Giunio Bruto ottiene il perdono di Cesare e diviene governatore della Gallia (46 a.C.).\n\n
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- Giulio Cesare viene nominato Dittatore per 10 anni, l'anno seguente (45 a.C.) viene nominato Dittatore e Console a vita e chiamato Padre della Patria.\n\n
- Viene promulgato da Giulio Cesare il Calendario Giuliano (vedi anche Giorno giuliano), entrato in vigore l'anno successivo (45 a.C.).\n\n
- Marco Terenzio Varrone riesce a recuperare le sue proprietà dopo la guerra civile, Giulio Cesare gli affida l'incarico di allestire una grande biblioteca.\n\n
- Cesare fa costruire il foro di Cesare nell’area dei Fori Imperiali.\n\n
- Viene inaugurata la Basilica Giulia a Roma.\n\n
- Cleopatra si trasferisce a Roma con il figlio appena nato e vi rimane fino alla morte di Cesare.\n\n
- Si suicida ad Utica Marco Porcio Catone Uticense.\n\n
- Vercingetorice viene ucciso a Roma durante la celebrazione del trionfo di Cesare.\n\n
{46BC_TITLE}Gli eventi dell'anno
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- Marco Tullio Cicerone dopo la morte della figlia, inizia la composizione di numerose opere filosofiche, mentre il dominio di Giulio Cesare lo teneva lontano dalla politica. Fra le opere ricordiamo: De oratore ; Hortensius; Academica; Tusculanae disputationes; De natura deorum. Sempre di questo anno le due opere perdute Consolatio; Laus Catonis.\n\n
- Marco Giunio Bruto, ottenuto il perdono di Cesare (47 a.C.), già governatore della Gallia (46 a.C.), viene nominato pretore.\n\n
- Muore Tito Labieno, generale romano, luogotenente di Cesare in Gallia, cheratosi con Pompeo durante la guerra civile.\n\n
{45BC_TITLE}Gli eventi dell'anno
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- Idi di Marzo. Cesare nominò consoli per il 44 a.C. se stesso e il fidato Marco Antonio, e attribuì invece la pretura a Marco Giunio Bruto e Gaio Cassio Longino. Quest'ultimo, spinto anche dalla delusione causatagli dal non aver ottenuto il consolato, si fece interprete dell'insofferenza di ampia parte della nobilitas, e incominciò ad organizzare una congiura anticesariana. Trovò l'appoggio di molti uomini, tra cui molti dei pompeiani passati dalla parte di Cesare, e anche alcuni tra coloro che erano sempre stati al fianco dello stesso Cesare a partire dalla guerra di Gallia, come Gaio Trebonio, Decimo Giunio Bruto Albino, Lucio Minucio Basilo e Servio Sulpicio Galba. I congiurati, e primo tra loro lo stesso Cassio, decisero di cercare l'appoggio di Marco Bruto: egli era infatti un lontanissimo discendente di quel Lucio Giunio Bruto che nel 509 a.C. aveva scacciato il re Tarquinio il Superbo e istituito la repubblica, e poteva rappresentare il capo ideale per una congiura che si proponeva di uccidere un nuovo tiranno. Bruto era inoltre nipote e grande ammiratore di Catone Uticense, e poteva infine trovare nella propria filosofia, a metà tra lo stoicismo e la dottrina accademica, le convinzioni per combattere Cesare, al quale era comunque legato. Il più influente tra i personaggi romani a non aderire alla congiura fu Cicerone, che, pur essendo amico di Bruto e sperando nell'eliminazione del tiranno Cesare, decise di tenersi fuori dal complotto; egli tuttavia, auspicò che assieme a Cesare fosse ucciso anche Marco Antonio che, non a torto, vedeva come un possibile successore del dittatore. Entrato in senato, si andò a sedere ignaro al suo seggio, dove fu subito attorniato dai congiurati che finsero di dovergli chiedere grazie e favori. Mentre Decimo Bruto intratteneva il possente Antonio fuori dalla Curia, per evitare che prestasse soccorso, al segnale convenuto, Publio Servilio Casca Longo sfoderò il pugnale e colpì Cesare al collo, causandogli una ferita superficiale e non mortale. Cesare invece, per nulla indebolito, cercò di difendersi con lo stilo che aveva in mano, e apostrofò il suo feritore dicendo "Scelleratissimo Casca, che fai?" o gridando "Ma questa è violenza!" Casca, allora, chiese aiuto al fratello (ἀδελφέ, βοήθει), e tutti i congiurati che si erano fatti attorno a Cesare si scagliarono con i pugnali contro il loro obiettivo: Cesare tentò inutilmente di schivare le pugnalate dei congiurati, ma quando capì di essere circondato e vide anche Bruto farglisi contro, raccolse le vesti per pudicizia e alcuni dicono si coprisse il capo con la toga prima di spirare, trafitto da ventitré coltellate. Cadde ai piedi della statua di Pompeo, pronunciando la celebre frase “Tu quoque, Brute, fili mi!”.\n\n
- Il 18 di aprile Ottaviano arriva a Napoli dalla Grecia per succedere a Cesare.\n\n
- Marco Antonio si garantisce il governo quinquennale della Gallia Transalpina.\n\n
- Muore il re dacico Burebista.\n\n
{44BC_TITLE}Gli eventi dell'anno
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- Fu creato il Secondo triumvirato, un'alleanza stipulata tra Gaio Giulio Cesare Ottaviano, Marco Antonio e Marco Emilio Lepido. A differenza del Primo Triumvirato, che era solo un accordo privato, il Secondo Triumvirato fu una organizzazione ufficiale, anche se extra costituzionale, che ricevette l'imperium maius. Fu costituito per legge nel 43 a.C. come Triumviri Rei Publicae Constituendae Consulari Potestate (Triumviri per la Costituzione della Repubblica di Potere Consolare), abbreviato come "III Vir RPC") e della durata di 5 anni. Il patto fu stipulato su un'isoletta del Fiume Reno, presso l'allora colonia romana di Bononia, odierna Bologna. Si formò dopo che Marco Antonio e Gaio Giulio Cesare Ottaviano si impegnarono a sconfiggere i cesaricidi (Bruto e Cassio), mentre Marco Emilio Lepido rimaneva a governare Roma. Sconfitti i cesaricidi nel 42 a.C. a Filippi, i Triumviri divisero l'Impero Romano in tre aree di influenza: a Ottaviano l'Occidente, ad Antonio l'Oriente ed a Lepido l'Africa. Finito un breve periodo di alleanza tra Ottaviano ed Antonio, la situazione precipitò nuovamente fino all'accordo di Taranto del 38 a.C., dove il triumvirato si ricompose per un altro quinquennio. Nel 33 a.C. la legge non fu rinnovata. Poco dopo iniziò la guerra civile tra Antonio ed Ottaviano. La politica di Cleopatra ed Antonio favorì la reazione di Ottaviano, che accusò la regina di minare il predominio di Roma e convinse i Romani a dichiarare guerra all'Egitto. Il 2 settembre 31 a.C. le forze navali romane si scontrarono con quelle di Antonio e Cleopatra nella battaglia di Azio.
Visto che la battaglia era persa la regina riparò ad Alessandria con parte della flotta, seguita da Antonio. Nell'agosto del 30 a.C. Ottaviano invase l'Egitto ed entrò nella capitale. Cleopatra si uccise con un aspide e Antonio vedendola morta si uccise anche lui. Una leggenda dice che Cleopatra si uccise facendosi mordere da un serpente, che voleva dire essere un dio.\n\n
- Scoppia la guerra civile. Il 15 marzo del 44 a.C. un gruppo di senatori, che si consideravano custodi e difensori della tradizione e dell'ordinamento repubblicani, assassinò il dittatore Gaio Giulio Cesare, convinti che il loro gesto avrebbe avuto il sostegno del popolo. Le loro previsioni si rivelarono però sbagliate e allora, rifugiatisi in Campidoglio, i cesaricidi decisero di attendere là l'evolversi degli eventi, lasciando in questo modo l'iniziativa agli stretti collaboratori del defunto dittatore: Marco Antonio e Marco Emilio Lepido.
Dopo lo sgomento iniziale seguito all'uccisione di Cesare, Antonio prese in mano la situazione e si fece consegnare da Calpurnia, vedova del dittatore, le carte politiche e il denaro liquido di quest’ultimo. Intanto Lepido, nuovo proconsole della Gallia Narbonense e della Spagna Citeriore, lasciava ad Antonio il potere di occuparsi da solo della situazione: in un primo momento aveva fatto entrare a Roma alcuni soldati della legione accampata alle porte della città con l'intento di attaccare il Campidoglio, Lepido decise alla fine di partire per le sue province. Antonio trovò anche un'intesa con il suo vecchio nemico, Publio Cornelio Dolabella, che insieme a lui era stato designato console da Cesare. A questo punto, per guadagnare tempo, con un abile mossa Antonio permise che il senato concedesse l'amnistia ai congiurati e cercò il dialogo proprio con la massima assemblea romana. In cambio, il Senato votò la concessione dei funerali di stato per Cesare. Durante le celebrazioni accadde però che la vista del corpo del dittatore e del sangue sulla sua toga, la lettura del suo testamento generoso verso i romani ed il discorso ad effetto di Antonio, accendessero d'ira l'animo del popolo contro gli assassini. Fino all'aprile del 44, Antonio mantenne comunque un atteggiamento conciliante: lasciò che i cesaricidi assumessero quelle cariche a cui Cesare li aveva designati prima che questi lo uccidessero, allontanò i veterani del defunto dittatore da Roma e propose l'abolizione della dittatura. Per sé chiese e ottenne la provincia di Macedonia (e le legioni che Cesare aveva ammassato là per la spedizione contro i parti) e per Dolabella quella di Siria. Per adesso Roma si era salvata dal caos, anche se la situazione tra Antonio e il senato era sempre più tesa. La svolta a questa situazione la diede, alla fine di aprile, l’arrivo in Italia di Ottaviano, figlio adottivo ed erede di Cesare. Il giovane chiese ad Antonio di consegnargli l'eredità lasciatagli dal defunto dittatore ma Antonio, che aveva dilapidato i beni di Cesare, rifiutò con durezza. Ottaviano iniziò allora a lavorare per alienare simpatie ad Antonio, facendo leva sia sul proprio nome sia sul risentimento che molti provavano verso l’ex collaboratore di Cesare. Di rimando, Antonio cercò di accrescere il suo peso politico per mezzo di una legge che gli assegnava per cinque anni la Gallia Cisalpina e la Gallia Transalpina (al posto della Macedonia). Intanto i cesariani, preoccupati di questo attrito, riuscirono a far raggiungere ai due un compromesso momentaneo. Ben presto la situazione fu ulteriormente movimentata dalla ricomparsa sulla scena di due cesaricidi, Marco Bruto e Gaio Cassio Longino, che dopo l'amnistia avevano anche ottenuto due province (rispettivamente Creta e Cirene) e che ora pretendevano comandi militari più importanti. Minacciati da Antonio, i due fuggirono in Oriente. A questo punto, Antonio entrò in contrasto con Cicerone (che appoggiava Ottaviano), che reagì attaccandolo con la prima e la seconda Filippica. Nell'ottobre del 44, Antonio ruppe l'armistizio con Ottaviano e si preparò a far giungere in Italia le legioni stanziate in Macedonia. Ottaviano giocò allora d'azzardo: sebbene non avesse l’autorità per farlo, contando solo sul nome che portava, chiamò a raccolta i veterani cesariani che accorsero a migliaia. Anche alcune delle legioni della Macedonia passarono dalla sua parte. Antonio cercò allora di farlo dichiarare nemico pubblico dal Senato, ma non ci riuscì. A questo punto decise di dirigersi nella Cisalpina per toglierla a Decimo Bruto ancora prima che il mandato di quest'ultimo fosse scaduto. Bruto ricevette dal Senato l'ordine di resistere, cosa che gli era però impossibile, perché non aveva abbastanza soldati. Intanto, Cicerone pronunciava 'la terza e la quarta Filippica' contro Antonio, lanciando poi diversi appelli ad agire contro quest'ultimo, accusato dall'oratore di aspirare alla dittatura. Alla fine Cicerone riuscì a far schierare il Senato contro l'ex-collaboratore di Cesare. Il primo gennaio del 43 a.C., Cicerone pronunciò la 'quinta Fillipica', con la quale raccomandò l'annullamento delle leggi fatte varare di recente con la forza da Antonio, compresa quella con cui si attribuiva il governo della Cisalpina. Per il momento, il Senato non accettò queste raccomandazioni perché non voleva rompere drasticamente con Antonio, ma gli ordinò di restare fuori dalla Cisalpina. Prevedendo però il suo rifiutò, conferì l’'imperium' ad Ottaviano e ordinò ai consoli Aulo Irzio e Caio Vibio Pansa di arruolare nuove truppe. Nel frattempo, Antonio cingeva d'assedio Modena, dove si era arroccato Bruto. Antonio si mostrò disposto a scendere a compromessi col Senato, ma quest'ultimo, aizzato dalla campagna denigratoria di Cicerone, decise di annullare la legislazione di Antonio, proclamando lo stato d'emergenza nel febbraio del 43. In aprile, sotto le mura di Modena, Antonio fu battuto dalle forze senatorie (anche se Irzio e Pansa perirono), e riparò nella Transalpina, dove rafforzò il suo esercito con rinforzi provenienti dalla Spagna e dalle Gallie. Alla fine dell'estate, tornò in Italia, conquistando facilmente la Cisalpina, anche perché Ottaviano si era rifiutato di unirsi a Bruto (che morì nella fuga), dato che era pur sempre uno degli assassini di Cesare. Poi il senato ordinò a Lepido di dirigersi contro Antonio per finirlo, ma il generale si rifiutò, ritenendo indegno combattere contro un suo vecchio compagno d'armi. Sempre nell’estate del 43, dopo che il Senato gli rifiutò i fondi per pagare i soldati, Ottaviano ruppe con la suprema assemblea romana e presentò la propria candidatura a console, pur sapendo che non sarebbe stata accettata (non era neppure ventenne e non aveva quindi l’età legale minima per aspirare a questa carica). Ottaviano marciò con le truppe su Roma e vi entrò senza trovare alcuna resistenza. Divenne poi console insieme a Quinto Pedio. Dopo aver fatto ratificare con una legge la sua adozione da parte di Cesare, fece annullare l’amnistia che era stata concessa ai cesaricidi (che vennero dichiarati fuori legge) e fece istituire un tribunale speciale per giudicarli. Fece quindi annullare la sentenza che aveva dichiarato Antonio nemico pubblico dello Stato e strinse un’alleanza con lui, grazie alla mediazione di Marco Emilio Lepido. I tre si incontrarono a Bologna, dove formalizzarono l’accordo. Con la lex Titia del 27 novembre del 43 nasceva il Secondo triumvirato. Secondo l'opinione di alcuni storici, questa data segna la fine della Repubblica romana. I nuovi padroni di Roma scatenarono il terrore con le liste di proscrizione: a centinaia furono uccisi (e i loro beni confiscati), in un’opera di epurazione che, oltre ad eliminare nemici ed oppositori, aveva forse come scopo principale quello di procurarsi i fondi con cui pagare i soldati dei triumviri (che avevano al loro comando 43 legioni). Tra le vittime illustri delle proscrizioni ci fu Cicerone, la cui morte fu chiesta da Antonio ad Ottaviano, che non esitò ad abbandonare colui che sin dall’inizio l’aveva appoggiato. Dopo essersi spartiti le province, i triumviri rivolsero la loro attenzione agli assassini di Cesare che intanto si erano rafforzati militarmente in Oriente (Marco Bruto e Cassio). Nel 42 a.C., le forze di Antonio e Ottaviano si scontrarono con quelle di Bruto e Cassio nella località macedone di Filippi. In realtà ci furono due battaglie di Filippi. Nella prima, Antonio sconfisse Cassio, che si tolse la vita, mentre le forze di Bruto ebbero la meglio su quelle di Ottaviano. Tre settimane dopo, invece, avvenne il secondo scontro nel quale Bruto fu rovinosamente battuto. Anche lui decise quindi di suicidarsi. Dato che era stato Antonio il vero flagello dei cesaricidi, era lui in questo momento a trovarsi in una posizione di maggior forza rispetto a Ottaviano, a cui fu affidato l’ingrato compito di trovare i fondi necessari per pagare i circa 100.000 soldati che avevano combattuto a Filippi e che ora dovevano essere congedati. Le confische territoriali fatte in Italia nel 41 a.C. procurarono ulteriori inimicizie ad Ottaviano, sulle quali fecero leva Fulvia e Lucio Antonio, rispettivamente moglie e fratello del triumviro che ora si trovava in Oriente. Muovendosi però in maniera troppo frettolosa, i due offrirono a Ottaviano il pretesto per agire nella legalità. Lucio Antonio ammassò infatti truppe a Preneste e si recò poi a Roma, promettendo che il fratello avrebbe restaurato la Repubblica. Il Senato gli conferì l’imperium per muovere contro Ottaviano che non fu però abbandonato dalle sue truppe, che anzi si strinsero compatte intorno al loro condottiero. Alla fine, Lucio Antonio fu assediato nella città di Perugia e, lasciato solo dal fratello Marco, si arrese nell’inverno 41-40 a.C. Dopo la fine della guerra di Perugia, Ottaviano si vendicò sterminando l’aristocrazia della città etrusca. Fulvia fu esiliata a Sicione (in Grecia) dove morì di malattia, mentre Lucio ottenne il governatorato della Spagna. Il figlio adottivo di Cesare occupò poi tutta la Gallia, impossessandosi in questo modo di tutto l’Occidente romano. Giunto in Italia nel 40, Marco Antonio accettò le giustificazioni addotte da Ottaviano per motivare le proprie azioni, e così i triumviri giunsero a un nuovo accordo e a una nuova spartizione dei domini, i cosiddetti accordi di Brindisi: a Ottaviano l’Occidente e ad Antonio l’Oriente, mentre a Lepido andò l’Africa. Ottaviano e Antonio rafforzarono la propria alleanza anche attraverso un matrimonio che legava le loro famiglie: Antonio, che era rimasto vedovo di Fulvia, sposò Ottavia, sorella del figlio adottivo di Cesare. Una spina nel fianco dei triumviri era Sesto Pompeo: il figlio del defunto Pompeo Magno, rifugiatosi in Spagna con quanto restava delle armate del partito pompeiano, dopo il cesaricidio era stato perdonato dal Senato, che anzi gli aveva affidato il comando della flotta nel periodo della guerra di Modena. Con questa forza navale, Sesto aveva però occupato la Sicilia (42 a.C.), raccogliendo intorno a sé tutti i nemici dei triumviri. Sesto aveva quindi dato vita a un vero e proprio blocco navale contro Roma, che si era dunque trovata senza adeguati rifornimenti granari (39 a.C.). Dopo un momentaneo compromesso (che però nessuno rispettò fino in fondo), tra le due parti si riaccesero le ostilità. Nel 38 a.C. Ottaviano fu battuto in uno scontro navale da Sesto, riportando gravi perdite. Ottaviano richiamò allora dalla Gallia il suo legato Marco Vipsanio Agrippa e chiese anche aiuto ad Antonio, che gli promise 120 navi in cambio di 20.000 soldati arruolati in Italia.
Dopo adeguati preparativi, seguiti con grande scrupolo da Agrippa, nel 36 a.C. Ottaviano attaccò di nuovo Sesto Pompeo che venne sconfitto nella battaglia di Nauloco. Fuggito in Oriente, Sesto fu catturato e giustiziato da un ufficiale di Antonio. Dopo la vittoria, Ottaviano dovette far fronte alle richieste di Lepido, che voleva per sé la Sicilia. Ma, abbandonato da tutti i suoi soldati, Lepido fu punito dal figlio adottivo di Cesare con la privazione di tutti i suoi poteri. Ottaviano gli risparmiò però la vita e gli lasciò la carica, puramente onorifica, di pontifex maximus (che egli aveva ricevuto per volere di Antonio dopo la morte di Cesare). Dopodiché si riconciliò con il Senato ed intraprese una serie di campagne militari nell'area balcanica. Negli anni che erano seguiti alla battaglia di Filippi, l’interesse di Antonio si era rivolto principalmente all’Oriente, con l’intento di portare avanti quella campagna militare contro i parti precedentemente progettata da Cesare. Intanto Antonio era entrato in stretti rapporti con la regina egiziana Cleopatra, con la quale ebbe una relazione amorosa. Nel frattempo, tra il 40 e il 37 a.C., approfittando della situazione caotica che Roma stava vivendo, i parti avevano occupato gran parte dell’Asia Minore, della Siria e della Palestina. Ben presto però, a causa di conflitti dinastici, il regno dei parti entrò in crisi, e così nel 36 a.C. Antonio decise che il momento era propizio per iniziare la spedizione pianificata da Cesare. Dopo alcuni illusori successi iniziali dovette però battere in ritirata. Tentò poi una seconda spedizione nel 34 a.C., anche questa con risultati molto limitati. Nel frattempo Antonio aveva ripudiato Ottavia, sorella di Ottaviano, e aveva riallacciato la sua relazione con Cleopatra. La scelta per Antonio si rivelò esiziale: nel 34 a.C., ad Alessandria d'Egitto, Antonio proclamò pubblicamente che Cesarione (il figlio che Cleopatra aveva avuto da Cesare) era il legittimo erede di Cesare e gli diede il titolo di re dei re (Cleopatra regina dei re). Madre e figlio poterono esercitare il potere su Egitto e Cipro, mentre i tre figli che Antonio aveva avuto da Cleopatra avrebbero regnato su diverse zone dell’Oriente. Tutto ciò scatenò l’indignazione generale dei romani. Cavalcando questa situazione, Ottaviano riuscì a screditare definitivamente Antonio, ottenendo il consolato per l’anno 31 e la dichiarazione di guerra contro Cleopatra, che intanto si era spostata in Grecia col suo esercito e con Antonio. Contro quest’ultimo Roma non prese provvedimenti in maniera esplicita, ma ormai era considerato un mercenario al soldo della regina straniera. Lo scontro finale avvenne il 2 settembre del 31 a.C. nella baia di Azio. La battaglia di Azio finì con la sconfitta e la fuga di Cleopatra e Antonio in Egitto. Ottaviano non poté inseguirli subito, perché costretto a domare una rivolta dei suoi soldati. Nel 30 a.C., però si diresse in Egitto, deciso a chiudere la partita. Sia Antonio sia Cleopatra si suicidarono a causa della falsa notizia della morte dell'altro coniuge (probabilemnte una congiura architettata da Ottaviano). Ottaviano era ormai il signore indiscusso di Roma. Tre anni dopo, con l’assunzione del titolo di princeps, Ottaviano avrebbe posto definitivamente fine al regime repubblicano, dando così inizio all’età imperiale, che in questa prima fase è conosciuta col nome di Principato.\n\n
- Muore il 7 dicembre Marco Tullio Cicerone, ucciso dai sicari di Marco Antonio, che non gli aveva perdonato le Filippiche contro di lui.\n\n
{43BC_TITLE}Gli eventi dell'anno
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- Il 16 di novembre nasce il secondo imperatore di Roma, Tiberio.\n\n
- Muore il congiurato Gaio Cassio Longino.\n\n
{42BC_TITLE}Gli eventi dell'anno
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- Grazie ad un'amnistia, Quinto Orazio Flacco ritorna a Roma.\n\n
- Muore Arsinoe IV, regina d’Egitto.\n\n
{41BC_TITLE}Gli eventi dell'anno
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- Trattato di Brundisium tra Ottaviano e Marco Antonio, che divide il mondo romano tra loro e Lepido. L'accordo è cementato dal matrimonio tra Antonio e Ottavia Minore, sorella di Ottaviano.\n\n
- I Parti conquistano Gerusalemme. Hyrcanus II è rimosso dal potere, mentre Antigono l'Asmoneano diviene re di Giudea sotto il controllo partico. Erode il Grande abbandona Gerusalemme alla volta di Roma, dove è nominato re della Giuda da Marco Antonio.\n\n
{40BC_TITLE}Gli eventi dell'anno