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Nell’inverno del 1327 si spegne a Roma Romano Argiro Comneno. Il figlio del grande Alessio ha regnato per trentaquattro lunghi anni, portando a definitivo compimento la sistemazione dell’Oriente e inglobando l’intero dominio almohade.



Certamente ha commesso alcuni errori di giudizio, il più grande dei quali ha condotto al sanguinoso assedio di Dayr az Zawr; ma altrettanto certamente ha saputo compiere importanti passi sulla via che conduce alla Renovatio. Ora lascia il compito di proseguire al figlio Metodio, giovane ardimentoso e deciso più che mai a compiere grandi imprese.



Le sue attenzioni sono tutte concentrate sulla penisola iberica, dove egli stesso si trova e nel 1328 conquista facilmente la cittadella fortificata di Burgos.



Ormai gli altri fronti sono tranquilli – eccetto quello cumano come vedremo – e le legiones stanno convergendo in massa sull’obbiettivo del momento: la XIII Trinacra ha superato le Baleari e, al comando del principe Romano di Elenopoli – figlio del vincitore di Venafro – si dirige verso Belisa; questa rocca è sotto strettissimo assedio da parte della V Greca; la XII Syriaca attende l’arrivo del nuovo comandante per salpare da Palma (Baleari); Alessio di Amastri si appresta a lasciare Fes alla testa della sua IV Asiatica per puntare su Ischbilya.
Un nodo estremamente importante per una rapida conquista è rappresentato dalla cittadella di Gharnata, che domina l’intera Spagna meridionale. Alla sua conquista Romano aveva mandato la XV Aegyptica di Basilio Manasse.



Questo generale, calcolatore, ambizioso e audace, ha sempre rispettato Romano Argiro Comneno: per Metodio, invece, non ha particolare rispetto, non lo considera affatto migliore di sé, anzi; il giovane basileus non ha alcun prestigio militare né può vantare particolari imprese diplomatiche o di altro genere. Nonostante ciò, resta un mistero il motivo che, nel 1330, spinge Basilio Manasse ad accordarsi col principe portoghese Martym e a mettere in vendita la propria fedeltà.





È un atto di estrema gravità, che non solo sottrae alla Basileia un’intera legio, ma lascia anche scoperto un pezzo del fronte. Lo sconcerto attraversa come un vento impetuoso i quadri di comando della Basileia e tutti di voltano a vedere quale sarà la reazione del basileus di fronte a un gesto così vergognoso: Metodio, che si trova a Burgi, è il più sconvolto di tutti e non sa bene da che parte voltarsi.
Per fortuna, Alessio di Amastri non è solo un grande comandante militare, è anche un uomo dotato di iniziativa e intelligenza. Con una rapidità quasi fulminea salpa dall’Africa e sbarca in Spagna meno di un mese dopo il fattaccio, appena in tempo per scoprire che gli infidi portoghesi, comprata la fiducia di Basilio Manasse, lo hanno attirato in una trappola mortale e massacrato inerme assieme a tutti i suoi uomini. La notizia esacerba gli animi dei valorosi soldati della IV Asiatica e spinge Alessio di Amastri a marciare a tappe forzate verso Gharnata: Manasse era un traditore, ma era anche un bizantino e la sua morte per come è avvenuta non può restare impunita. Senza contare che bisogna fugare subito dalla mente portoghese l’idea che la Basileia possa essere fermata con la forza abbacinante dell’oro.
Le due battaglia di Gharnata, combattute fra l’inverno del 1330 e la primavere del 1331, si risolvono in un tremendo bagno di sangue per il Portogallo: il principe Martym viene spietatamente massacrato con tutti i suoi uomini dopo aver assistito impotente alla distruzione degli altri contingenti presenti nell’area.











A questo punto la IV Asiatica dà l’assalto direttamente alla cittadella e, nonostante i tentativi di resistenza del governatore Sancho Pardal, Gharnata viene occupata.





La dura disfatta - che frutta ad Alessio di Amastri il titolo di Conquistatore - è però solamente una goccia nel mare della distruzione che si sta abbattendo sui Portoghesi.



Nel 1330, dopo un lunghissimo assedio che è costato per malattia la vita a Teodoro Psello, la V Greca finalmente entra a Belisa respingendo l’ultima, disperata sortita degli eroici difensori guidati da re Tomas.







La caduta della possente cittadella apre la strada all’avanzata del principe Romano di Elenopoli, che si dirige rapido verso l’entroterra alla testa della XIII Trinacra.



Il nuovo sovrano di Portogallo concentra tutti gli uomini disponibili per cercare di fermarlo – ma invano: nonostante l’elevata qualità delle truppe schierate, i migliori fanti della penisola, le armate portoghesi vengono brutalmente calpestate sotto gli zoccoli impetuosi dei latinikon.





Lo stesso 1331 vede anche la definitiva conquista delle Baleari da parte di Bisanzio: dopo la caduta della cittadella fortificata, le truppe portoghesi si erano ritirate sul lato opposto dell’isola principale e, prive di qualsiasi tipo di sostegno navale, lì erano rimaste, cercando di fortificare il più possibile la propria posizione, magari in attesa di un mezzo passo falso del nemico. Il neoeletto duca di Fes, Isacco di Sesto, viene inviato a prendere il comando della XII Syriaca e a chiudere il problema. Forte di una schiacciante superiorità numerica, Isacco costringe il comandante portoghese Paulo de Calvelo alla battaglia campale e lo distrugge fino all’ultimo uomo.



Ormai in crisi totale il Portogallo si vede sottrarre anche la ricca città di Ischbilya e la cittadella di Oporto (1332). Due anni dopo Toledo, ultimo possedimento castigliano, si arrende all’XI Macedonica. Solo la cittadella fortificata di Bataljus è ancora in mano portoghese, ma è già stretta d’assedio dalla XII Syriaca e non vi sono truppe nemmeno per pensare di portare soccorso. Il destino della penisola iberica è segnato.



Il 1334 si apre con la grande rivolta di Salamanca, che si scrolla di dosso il giogo portoghese e si dà uno statuto proprio, dotandosi immediatamente di una vasta armata e diventando in breve il centro di raccolta di tutti coloro che, delusi dai governanti portoghesi, non intendono però chinare il capo a Bisanzio. Che, intanto, sta procedendo celermente nella sua opera di conquista. Kurtuba viene investita dalla IV Asiatica lo stesso anno, proprio mentre la XVII Hiberica attacca Leon; Lisboa è conquistata dalla XIX Lybica l’anno dopo.



Nel 1338 la guarnigione di Bataljus, stremata dalla fame e dalle privazioni, si arrende e, infine, anche la città santa di Santiago viene conquistata e saccheggiata, nel 1339, questa volta dalla I Anatolica.







I potentati iberici sono ormai un ricordo affidato unicamente alla Storia, ma Salamanca non lo è. La fiera città castigliana si mantiene indipendente e questo contribuisce non poco all’instabilità generale dell’intero settore occidentale della penisola. Hispalis (ex-Ischbilya), Cordoba (ex-Kurtuba) e Olissipona (ex-Lisboa) sono in preda a costanti tumulti e il malumore della popolazione è controllato a stento dai governatori, spesso costretti a ricorrere all’uso delle proprie legiones per tacitare le proteste e il malcontento.
Metodio Argiro Comneno, che si trova a Toletum (ex-Toledo), si rende conto che Salamanca è un cancro da estirpare subito, da cancellare per non far precipitare la Basileia in una sanguinosa guerra interna e non rallentarne l’espansione: i confini non sono più così tranquilli come vent’anni prima, vecchi e nuovi nemici si muovono, minacce di (ri)presentano. Così il basileus marcia alla testa dell’XI Macedonica per chiudere definitivamente il problema.
Il nobile Fernando, capo riconosciuto delle milizie cittadine, ha a disposizione non più di 5.000 uomini, la metà dell’esercito attaccante; essi sono di qualità ed esperienza molto diverse, senza contare l’assoluta impossibilità dei difensori di proteggersi contro le batterie di cannoni della legio. Metodio dispone con calma le proprie forze e gli artiglieri distruggono rapidamente le pesanti porte orientali della città.



A questo punto, seguendo le informazioni ricevute dagli scout e dalle spie, che rivelano come i difensori si siano concentrati nel centro della città, Metodio scatena all’attacco i varangoi. E, facendo ciò, commette un tragico errore. L’astuto Fernando, infatti, ha predisposto una trappola in cui il basileus cade come l’ultimo dei dilettanti: le truppe iberiche, debitamente celate, appaiono all’improvviso sugli spalti, attivano i sistemi difensivi e inondano gli sfortunati varangoi di olio bollente proprio mentre stanno per entrare in città.
Presso il cancello abbattuto nasce una tremenda mischia che trasforma in brevissimo tempo le strade circostanti in un atroce carnaio: miliziani, varangoi, jinetes, lancieri, arcieri, tutti si ritrovano a incontrare la Morte che pare essere ovunque, che colpisce spietata da ogni parte.





Completamente sconvolto da quanto sta accadendo e dal fatto che è solamente colpa sua, Metodio Argiro Comneno non riesce a trovare un’idea su come risolvere la situazione, ha la mente completamente vuota. A rispondere alla disperata necessità di sostegno ci pensano i comandanti dei kavallaroi, che si lanciano in una selvaggia carica contro il micidiale collo di bottiglia che sta distruggendo una delle legiones più gloriose della Basileia. Furie inarrestabili, i kavallaroi si scagliano contro i difensori come angeli sterminatori, abbattendo con inquietante facilità le proprie vittime e trasportando il massacro dalle porte fino al centro città, incuranti delle pur elevate perdite subite.



Si scatena così un tremendo saccheggio, in cui le truppe bizantine, esacerbate dalle resistenza incontrata e desiderose di vendicare i molti compagni caduti, si lasciano andare ad atti oggettivamente riprovevoli.



E per la prima volta dal 1295 il prestigio del basileus subisce un contraccolpo.
La battaglia e il saccheggio di Salamanca (Helmantica) rappresentano l’ultimo atto dell guerre iberiche: nel giro di quindici anni il Reino de Portugal e il suo piccolo alleato Reino de Castilla y Leon sono stati totalmente inglobati, le loro armate annientate, le loro città e fortezze occupate. Il prezzo pagato per questo innegabilmente grande successo è però piuttosto alto: un’intera legio perduta con infamia e condannata a non essere mai più ricreata, una seconda talmente menomata da essere ormai praticamente l’ombra di sé stessa, una situazione generale ancora molto instabile e da sorvegliare attentamente. E, soprattutto, nuovi problemi alle frontiere orientali e settentrionali.