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Medieval Total War Italia

Renovatio Imperii

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    Romolo Augustolo
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    Cavaliere
    00 16/11/2010 21:44
    complimentoni, come e sempre! :)
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    Bernhard Rothmann (Munster, 13 Gennaio 1534) :i vecchi credenti non vogliono permettere a nessuno di scegliere quale vita condurre, vogliono che voi lavoriate per loro e siate contenti della fede che vi consegnano i dottori. la loro è una fede di condanna, è la fede spacciataci dall'antiscristo! ma noi, fratelli, noi vogliamo redenzione! noi vogliamo libertà e giustizia per tutti! noi vogliamo leggere liberamente la parola del signore e liberamente scegliere chi deve parlarci dal pulpito e chi rappresentarci in consiglio! chi infatti decideva i destini della città prima che lo scacciassimo a pedate? il vescovo. e chi decide ora? i ricchi, i notabili borghigiani, illustri ammiratori di lutero solo perchè la sua dottrina consente loro di resistere al vescovo! e voi, fratelli e sorelle, voi che fate vivere questa città, non potete mettere parola nelle loro sentenze. voi dovete soltanto ubbidire, come sbraita lo stesso lutero dalla sua tana principesca.i vecchi credenti vengono a dirci che i buoni cristiani non possono occuparsi del mondo, che devono coltivare la loro fede in privato, seguitando a subire in silenzio i soprusi, perchè tutti siamo peccatori condannati a espiare. ma il tempo è giunto! i potenti della terra saranno spodestati, i loro scrani cadranno, per mano del signore. cristo non viene a portarci la pace, ma la spada. le porte sono ora aperte per coloro che sapranno osare. se penseranno di schiacciarci con un colpo di spada, con la spada pareremo quel colpo per restituirne cento!!!
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    frederick the great
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    00 18/11/2010 19:22


    L’attacco bizantino al sultanato moresco ha certamente facilitato ai Portoghesi la vittoria della guerra delle Baleari, ma non è stata una mossa ben vista; anzi, già nel 1320 spedizioni militari provenienti dalla penisola iberica hanno cercato di occupare dei capisaldi in terra d’Africa, per accrescere il già notevole potere della corona portoghese.



    La conquista di Fes, eseguita nel tardo 1320 dalla IV Asiatica ora guidata da Alessio di Amastri, ha però tolto al Portogallo la possibilità di conquistare una base strategicamente importante.







    L’attacco a Marrakesh della XIX Lybica (1325) rappresenta la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso e il sovrano portoghese decide di passare dalle velate alle aperte minacce: nuove truppe vengono inviate in Mauretania e una flotta lascia le Baleari e fa vela verso Tunus, andando infine a bloccare i traffici commerciali da e per il porto di Aphrodision (ex-Mahdia). Purtroppo per il Reino, anche la Basileia stava cercando un motivo decentemente valido per entrare in guerra e traghettare la propria potenza dall’Africa all’Hispania.









    Il basileus, ormai stabilmente a Roma, affida al figlio Metodio il comando dell’XI Macedonica e dirama una serie di veloci e precisi ordini su come muoversi.



    La XII Syriaca, per ora senza un vero e proprio comandante, riceve il compito di far vela per le Baleari e di sottrarre ai Portoghesi una pericolosa base in un mare che, ormai, la Basileia considera di sua esclusiva proprietà;





    la V Greca, guidata da Teodoro Psello, fa rotta invece per Belisa., in modo da assicurare un altro caposaldo - dopo Dertosa - direttamente sulla penisola e indurre il Portogallo a non compiere attacchi avventati all’esterno;



    infine la XV Aegyptica di Basilio Manasse sbarca nel sud della penisola iberica e marcia rapidamente verso la grande roccaforte di Gharnata, considerata un punto strategico imprescindibile per facilitare il crollo del nemico.



    La legio IV Asiatica, invece, non viene mossa dalla Mauretania: i contingenti portoghesi sono numerosi nell’area e i soldati della XIX Lybica hanno fin troppi problemi a controllare la riottosa popolazione di Marrakesh per poter intervenire (senza considerare il rischio di assalire della fanteria pesante professionista europea con orde di spadaccini sudanesi). Tocca ad Alessio di Amastri risolvere il problema e il generale, riunita la propria cavalleria e richiesta a Borzecki quella della XIX Lybica, ottiene fra 1326 e 1327 due notevoli vittorie – una a Fes e l’altra presso El Jadida, nota ai Portoghesi come Mazagan – che, de facto, allontanano in maniera definitiva la minaccia portoghese in Africa.















    Il piccolo Reino de Castilla y Leon ormai da decenni sopravvive unicamente in virtù di una solida alleanza con il potente vicino portoghese e di costanti aiuti contro i vari nemici: la partecipazione alla guerra di Belisa, ad esempio, ha fatto guadagnare un prolungamento considerevole del trattato. Su queste basi è naturale dunque che nel 1325, allo scoppio delle ostilità, rey José si unisca al Portogallo nella dichiarazione di guerra: dopottutto i suoi possedimenti – le rocche di Iruna e Toledo – rappresentano dei capisaldi importanti, che i soldati castigliani hanno difeso per lungo tempo con grande coraggio e valore.
    In particolare Iruna è vista dai bizantini come un obbiettivo primario, la cui conquista chiuderebbe i Pirenei e darebbe un’eccellente base per marciare poi sulla ben più munita rocca portoghese di Burgos. L’unica legio disponibile per un attacco immediato è però la XVII Hiberica, creata da Alessio nel 1281 e mai utilizzata in operazioni militari. Il comandante, il dinamico Costantino di Cipro, insiste perché comunque sia affidato alla sua legio il compito di prendere Iruna. E il basileus, che sta già coordinando le mosse di altre armate in un piano molto vasto e complesso, decide di dare fiducia alla XVII Hiberica.
    L’attacco scatta all’inizio del 1326. Costantino di Cipro lascia Caesaraugusta e si dirige a nord, verso la Navarra e Iruna. Rey José, avvisato dal suo efficiente servizio di spionaggio, si consulta col governatore della rocca Gonçalvo Gomes e decide di attendere il nemico in una piana a pochi chilometri dalla città, attestandosi presso una vasta fattoria. L’ala destra castigliana è protetta da un fitto bosco, la sinistra dà su un ampio spazio aperto ideale per mosse di cavalleria.



    Costantino di Cipro non chiede di meglio che uno scontro campale per risolvere presto e bene la questione: la XVII Hiberica si schiera presso una seconda fattoria, a un chilometro circa dalle avanguardie nemiche. La battaglia si apre con l’attacco degli jinetes, i veloci cavalleggeri iberici armati di giavellotti.



    Le loro precise scariche infliggono discrete perdite alla linea dei lancieri, ma senza scompaginarla al punto da permettere attacchi più decisi. E, soprattutto, senza rendere vulnerabile la posizione dei besteiros, i balestrieri attaccati alla legio, che rispondono egregiamente con piogge di letali bolzoni.



    A questo punto Gonçalvo Gomes fa entrare in azione le vaste schiere di coriacei giavellottisti appiedati; la loro pressione induce Costantino di Cipro a inviare nella pugna i pronoiaroi con il compito di spazzare via il nemico e di ripulire il campo. La carica ha discreto successo, ma viene parzialmente frenata dall’intervento degli jinetes, che permettono ai giavellottisti di ritirarsi in buon ordine.



    A questo punto Gonçalvo Gomes lancia alla carica l’unica unità di cavalleria pesante di cui dispone, quei Caballeros che fino a quel momento hanno osservato la mischia inattivi. I pronoiaroi, attaccati sul fianco, dimostrano la propria inesperienza e, quattro squadroni a uno, riescono a vincere lo scontro solo a prezzo di molte perdite.



    Nonostante queste difficoltà, la bilancia comincia a pendere decisamente dalla parte di Bisanzio e Costantino di Cipro dà ordine all’intera legio di avanzare. I besteiros marciano in testa, vessando costantemente gli sparuti gruppi di schermagliatori nemici e aprendo la via agli skoutatoi;



    frattanto i pronoiaroi sfilano al largo protetti dalla mole della fattoria e si portano al centro della piana, esattamente perpendicolari al fianco castigliano. Gli hippotoxotai muovono invece a sinistra, con il medesimo obbiettivo finale.
    Il sovrano, fino ad allora passivamente rimasto nelle retrovie, propone a questo punto a Gonçalvo Gomes di eliminare il pericolo di una carica di cavalleria sul fianco esposto attaccando per primi. La proposta è audace e intelligente e il generale castigliano la coglie al volo: la cavalleria pesante ispanica si lancia all’attacco e i pronoiaroi si ritrovano messi in grave difficoltà.


    Costantino di Cipro, che ha appena dato l’ordine di attacco agli skoutatoi, si vede costretto a intervenire personalmente nella mischia.



    Il coraggioso gesto costa però la vita al generale bizantino e solamente la furiosa carica degli hippotoxotai – che finalmente hanno completato la loro manovra – salva la situazione, portando per soprammercato alla morte di rey José.





    Frattanto la fanteria castigliana si è trovata sottoposta a una pressione decisamente eccessiva e ormai nulla più può evitare la sconfitta e la conquista di Iruna da parte della XVII Iberica, che comunque si è ritrovata in seria difficoltà in più punti dello scontro.
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    boboav
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    00 18/11/2010 19:45
    Ancora un racconto ben fatto, complimentoni
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    Imperatore I
    Post: 722
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    00 19/11/2010 13:14
    Spettacolare! [SM=x1140440] Ormai ti manca "solo" di conquistare la Gallia



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    The Housekeeper
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    00 19/11/2010 15:24
    Grande battaglia!








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    Fabius Maximus Germanicus
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    00 19/11/2010 17:27
    ormai all'appello mancano solo Gallia e Britannia ;)
    campagna sempre più stupenda, è un piacere leggerla. Bravo!
    O=======================================================================================O



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    Romolo Augustolo
    Post: 481
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    Cavaliere
    00 22/11/2010 21:35
    bravissimooooo complimenti!!! :)
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    Bernhard Rothmann (Munster, 13 Gennaio 1534) :i vecchi credenti non vogliono permettere a nessuno di scegliere quale vita condurre, vogliono che voi lavoriate per loro e siate contenti della fede che vi consegnano i dottori. la loro è una fede di condanna, è la fede spacciataci dall'antiscristo! ma noi, fratelli, noi vogliamo redenzione! noi vogliamo libertà e giustizia per tutti! noi vogliamo leggere liberamente la parola del signore e liberamente scegliere chi deve parlarci dal pulpito e chi rappresentarci in consiglio! chi infatti decideva i destini della città prima che lo scacciassimo a pedate? il vescovo. e chi decide ora? i ricchi, i notabili borghigiani, illustri ammiratori di lutero solo perchè la sua dottrina consente loro di resistere al vescovo! e voi, fratelli e sorelle, voi che fate vivere questa città, non potete mettere parola nelle loro sentenze. voi dovete soltanto ubbidire, come sbraita lo stesso lutero dalla sua tana principesca.i vecchi credenti vengono a dirci che i buoni cristiani non possono occuparsi del mondo, che devono coltivare la loro fede in privato, seguitando a subire in silenzio i soprusi, perchè tutti siamo peccatori condannati a espiare. ma il tempo è giunto! i potenti della terra saranno spodestati, i loro scrani cadranno, per mano del signore. cristo non viene a portarci la pace, ma la spada. le porte sono ora aperte per coloro che sapranno osare. se penseranno di schiacciarci con un colpo di spada, con la spada pareremo quel colpo per restituirne cento!!!
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    frederick the great
    Post: 4.003
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    Principe

    00 26/11/2010 13:05


    Nell’inverno del 1327 si spegne a Roma Romano Argiro Comneno. Il figlio del grande Alessio ha regnato per trentaquattro lunghi anni, portando a definitivo compimento la sistemazione dell’Oriente e inglobando l’intero dominio almohade.



    Certamente ha commesso alcuni errori di giudizio, il più grande dei quali ha condotto al sanguinoso assedio di Dayr az Zawr; ma altrettanto certamente ha saputo compiere importanti passi sulla via che conduce alla Renovatio. Ora lascia il compito di proseguire al figlio Metodio, giovane ardimentoso e deciso più che mai a compiere grandi imprese.



    Le sue attenzioni sono tutte concentrate sulla penisola iberica, dove egli stesso si trova e nel 1328 conquista facilmente la cittadella fortificata di Burgos.



    Ormai gli altri fronti sono tranquilli – eccetto quello cumano come vedremo – e le legiones stanno convergendo in massa sull’obbiettivo del momento: la XIII Trinacra ha superato le Baleari e, al comando del principe Romano di Elenopoli – figlio del vincitore di Venafro – si dirige verso Belisa; questa rocca è sotto strettissimo assedio da parte della V Greca; la XII Syriaca attende l’arrivo del nuovo comandante per salpare da Palma (Baleari); Alessio di Amastri si appresta a lasciare Fes alla testa della sua IV Asiatica per puntare su Ischbilya.
    Un nodo estremamente importante per una rapida conquista è rappresentato dalla cittadella di Gharnata, che domina l’intera Spagna meridionale. Alla sua conquista Romano aveva mandato la XV Aegyptica di Basilio Manasse.



    Questo generale, calcolatore, ambizioso e audace, ha sempre rispettato Romano Argiro Comneno: per Metodio, invece, non ha particolare rispetto, non lo considera affatto migliore di sé, anzi; il giovane basileus non ha alcun prestigio militare né può vantare particolari imprese diplomatiche o di altro genere. Nonostante ciò, resta un mistero il motivo che, nel 1330, spinge Basilio Manasse ad accordarsi col principe portoghese Martym e a mettere in vendita la propria fedeltà.





    È un atto di estrema gravità, che non solo sottrae alla Basileia un’intera legio, ma lascia anche scoperto un pezzo del fronte. Lo sconcerto attraversa come un vento impetuoso i quadri di comando della Basileia e tutti di voltano a vedere quale sarà la reazione del basileus di fronte a un gesto così vergognoso: Metodio, che si trova a Burgi, è il più sconvolto di tutti e non sa bene da che parte voltarsi.
    Per fortuna, Alessio di Amastri non è solo un grande comandante militare, è anche un uomo dotato di iniziativa e intelligenza. Con una rapidità quasi fulminea salpa dall’Africa e sbarca in Spagna meno di un mese dopo il fattaccio, appena in tempo per scoprire che gli infidi portoghesi, comprata la fiducia di Basilio Manasse, lo hanno attirato in una trappola mortale e massacrato inerme assieme a tutti i suoi uomini. La notizia esacerba gli animi dei valorosi soldati della IV Asiatica e spinge Alessio di Amastri a marciare a tappe forzate verso Gharnata: Manasse era un traditore, ma era anche un bizantino e la sua morte per come è avvenuta non può restare impunita. Senza contare che bisogna fugare subito dalla mente portoghese l’idea che la Basileia possa essere fermata con la forza abbacinante dell’oro.
    Le due battaglia di Gharnata, combattute fra l’inverno del 1330 e la primavere del 1331, si risolvono in un tremendo bagno di sangue per il Portogallo: il principe Martym viene spietatamente massacrato con tutti i suoi uomini dopo aver assistito impotente alla distruzione degli altri contingenti presenti nell’area.











    A questo punto la IV Asiatica dà l’assalto direttamente alla cittadella e, nonostante i tentativi di resistenza del governatore Sancho Pardal, Gharnata viene occupata.





    La dura disfatta - che frutta ad Alessio di Amastri il titolo di Conquistatore - è però solamente una goccia nel mare della distruzione che si sta abbattendo sui Portoghesi.



    Nel 1330, dopo un lunghissimo assedio che è costato per malattia la vita a Teodoro Psello, la V Greca finalmente entra a Belisa respingendo l’ultima, disperata sortita degli eroici difensori guidati da re Tomas.







    La caduta della possente cittadella apre la strada all’avanzata del principe Romano di Elenopoli, che si dirige rapido verso l’entroterra alla testa della XIII Trinacra.



    Il nuovo sovrano di Portogallo concentra tutti gli uomini disponibili per cercare di fermarlo – ma invano: nonostante l’elevata qualità delle truppe schierate, i migliori fanti della penisola, le armate portoghesi vengono brutalmente calpestate sotto gli zoccoli impetuosi dei latinikon.





    Lo stesso 1331 vede anche la definitiva conquista delle Baleari da parte di Bisanzio: dopo la caduta della cittadella fortificata, le truppe portoghesi si erano ritirate sul lato opposto dell’isola principale e, prive di qualsiasi tipo di sostegno navale, lì erano rimaste, cercando di fortificare il più possibile la propria posizione, magari in attesa di un mezzo passo falso del nemico. Il neoeletto duca di Fes, Isacco di Sesto, viene inviato a prendere il comando della XII Syriaca e a chiudere il problema. Forte di una schiacciante superiorità numerica, Isacco costringe il comandante portoghese Paulo de Calvelo alla battaglia campale e lo distrugge fino all’ultimo uomo.



    Ormai in crisi totale il Portogallo si vede sottrarre anche la ricca città di Ischbilya e la cittadella di Oporto (1332). Due anni dopo Toledo, ultimo possedimento castigliano, si arrende all’XI Macedonica. Solo la cittadella fortificata di Bataljus è ancora in mano portoghese, ma è già stretta d’assedio dalla XII Syriaca e non vi sono truppe nemmeno per pensare di portare soccorso. Il destino della penisola iberica è segnato.



    Il 1334 si apre con la grande rivolta di Salamanca, che si scrolla di dosso il giogo portoghese e si dà uno statuto proprio, dotandosi immediatamente di una vasta armata e diventando in breve il centro di raccolta di tutti coloro che, delusi dai governanti portoghesi, non intendono però chinare il capo a Bisanzio. Che, intanto, sta procedendo celermente nella sua opera di conquista. Kurtuba viene investita dalla IV Asiatica lo stesso anno, proprio mentre la XVII Hiberica attacca Leon; Lisboa è conquistata dalla XIX Lybica l’anno dopo.



    Nel 1338 la guarnigione di Bataljus, stremata dalla fame e dalle privazioni, si arrende e, infine, anche la città santa di Santiago viene conquistata e saccheggiata, nel 1339, questa volta dalla I Anatolica.







    I potentati iberici sono ormai un ricordo affidato unicamente alla Storia, ma Salamanca non lo è. La fiera città castigliana si mantiene indipendente e questo contribuisce non poco all’instabilità generale dell’intero settore occidentale della penisola. Hispalis (ex-Ischbilya), Cordoba (ex-Kurtuba) e Olissipona (ex-Lisboa) sono in preda a costanti tumulti e il malumore della popolazione è controllato a stento dai governatori, spesso costretti a ricorrere all’uso delle proprie legiones per tacitare le proteste e il malcontento.
    Metodio Argiro Comneno, che si trova a Toletum (ex-Toledo), si rende conto che Salamanca è un cancro da estirpare subito, da cancellare per non far precipitare la Basileia in una sanguinosa guerra interna e non rallentarne l’espansione: i confini non sono più così tranquilli come vent’anni prima, vecchi e nuovi nemici si muovono, minacce di (ri)presentano. Così il basileus marcia alla testa dell’XI Macedonica per chiudere definitivamente il problema.
    Il nobile Fernando, capo riconosciuto delle milizie cittadine, ha a disposizione non più di 5.000 uomini, la metà dell’esercito attaccante; essi sono di qualità ed esperienza molto diverse, senza contare l’assoluta impossibilità dei difensori di proteggersi contro le batterie di cannoni della legio. Metodio dispone con calma le proprie forze e gli artiglieri distruggono rapidamente le pesanti porte orientali della città.



    A questo punto, seguendo le informazioni ricevute dagli scout e dalle spie, che rivelano come i difensori si siano concentrati nel centro della città, Metodio scatena all’attacco i varangoi. E, facendo ciò, commette un tragico errore. L’astuto Fernando, infatti, ha predisposto una trappola in cui il basileus cade come l’ultimo dei dilettanti: le truppe iberiche, debitamente celate, appaiono all’improvviso sugli spalti, attivano i sistemi difensivi e inondano gli sfortunati varangoi di olio bollente proprio mentre stanno per entrare in città.
    Presso il cancello abbattuto nasce una tremenda mischia che trasforma in brevissimo tempo le strade circostanti in un atroce carnaio: miliziani, varangoi, jinetes, lancieri, arcieri, tutti si ritrovano a incontrare la Morte che pare essere ovunque, che colpisce spietata da ogni parte.





    Completamente sconvolto da quanto sta accadendo e dal fatto che è solamente colpa sua, Metodio Argiro Comneno non riesce a trovare un’idea su come risolvere la situazione, ha la mente completamente vuota. A rispondere alla disperata necessità di sostegno ci pensano i comandanti dei kavallaroi, che si lanciano in una selvaggia carica contro il micidiale collo di bottiglia che sta distruggendo una delle legiones più gloriose della Basileia. Furie inarrestabili, i kavallaroi si scagliano contro i difensori come angeli sterminatori, abbattendo con inquietante facilità le proprie vittime e trasportando il massacro dalle porte fino al centro città, incuranti delle pur elevate perdite subite.



    Si scatena così un tremendo saccheggio, in cui le truppe bizantine, esacerbate dalle resistenza incontrata e desiderose di vendicare i molti compagni caduti, si lasciano andare ad atti oggettivamente riprovevoli.



    E per la prima volta dal 1295 il prestigio del basileus subisce un contraccolpo.
    La battaglia e il saccheggio di Salamanca (Helmantica) rappresentano l’ultimo atto dell guerre iberiche: nel giro di quindici anni il Reino de Portugal e il suo piccolo alleato Reino de Castilla y Leon sono stati totalmente inglobati, le loro armate annientate, le loro città e fortezze occupate. Il prezzo pagato per questo innegabilmente grande successo è però piuttosto alto: un’intera legio perduta con infamia e condannata a non essere mai più ricreata, una seconda talmente menomata da essere ormai praticamente l’ombra di sé stessa, una situazione generale ancora molto instabile e da sorvegliare attentamente. E, soprattutto, nuovi problemi alle frontiere orientali e settentrionali.
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    Imperatore I
    Post: 722
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    Conte



    00 26/11/2010 13:39
    [SM=x1140501] questa cronaca è stupenda [SM=g27964]



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    Keirosophos
    Post: 1.490
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    Principe
    00 26/11/2010 14:13
    STUPENDO AGGIORNAMENTO!! Sono molto curioso di vedere come finirà!
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    postremo dicas primus taceas
    parla per ultimo, zittisci per primo




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    doppiad189
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    00 26/11/2010 20:26
    1 ora e mezzo di tempo per leggermela per intero e godermi le immagini soprattutto le cartine, e posso dire che mai tempo è stato così ben speso :) complimenti è un capolavoro, questa cronaca mi ha coinvolto più di tanti film che ho visto e libri che ho letto, se non fosse per l'imminente uscita della 6.1 riprenderei subito la mia vecchia campagna con l'Impero Bizantino, che da un punto di vista territoriale è messo quasi come il tuo, solo che io in Africa non sono andato oltre la Tripolitania ed in Europa non sono andato oltre la Svizzera e la Provenza....cmq ancora complimenti, aspetto con ansia i prossimi aggiornamenti!!!!!
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    frederick the great
    Post: 4.003
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    Principe

    00 02/12/2010 14:34


    Il periodo 1318-1340 è stato assolutamente devastante per mori, portoghesi e castigliani: uno dopo l’altro sono caduti sotto gli inesorabili attacchi delle legiones della Basileia. Lo stesso periodo è stato vissuto da altri attori internazionali – in particolare Rus, Cumani, Mongoli e Magiari – come un lasso di tempo per rafforzarsi, eseguire nuove conquiste, risolvere questioni. I potenti Granprincipi di Rus ne hanno approfittato per costruire un vasto dominio lungo tutto l’arco delle steppe, occupando Bolgar, incuneandosi nel mondo polacco e trascinando sull’orlo del collasso i cugini di Novgorod, ormai ridotti al solo possesso dell’Estonia.
    A meridione il khanato cumano attraversa invece un periodo turbolento: da sempre spaccato in due e ormai alleato con i Mongoli, vede come unica via d’espansione la striscia di terra nota come Abkhazeti, strappata loro nel 1293 dai Bizantini. Il primo scontro fra i due popoli si è risolto con un trattato che fermava i confini alla morte di Alessio; ma era un altro tempo, un altro mondo, soprattutto le legiones erano decisamente più numerose in Oriente.
    I cumani decidono dunque di scendere di nuovo in guerra contro la Basileia, per recuperare le terre e l’onor perduto con esse. Nel 1320 numerose armate di medie dimensioni attaccano le fortificazioni del limes che corre da Castrum Album a Arges; contemporaneamente un esercito forte di oltre 10.000 uomini si incunea a sud del Danubio e comincia a razziare le terre della Basileia. Ma il vero colpo viene scagliato, appunto, contro l’Abkhazeti e per la precisione contro la fortificazione situata presso il villaggio di Tualpse, al confine con la penisola di Taman: due vaste armate attaccano la rocca, difesa unicamente da un corpo di 750 lancieri georgiani.
    La reazione bizantina è imperniata sulle legiones più vicine. La III Bulgara riesce a costringere la principale armata cumana alla battaglia campale presso il villaggio di Chirsova, propri sul Danubio, e a distruggerla con notevole facilità;







    questo induce i cumani a ritirare le proprie forze verso la sicurezza delle rocche di Regen e Iaski Torg. L’VIII Georgiana, per contro, riesce sì a indurre i cumani a ritirarsi da Tualpse, ma la forte posizione difensiva scelta dall’esperto generale avversario impedisce ai Bizantini di trovare una risolutiva battaglia campale.
    La cruentissima battaglia di Dayr az Zawr rappresenta l’occasione perfetta per i Cumani: da un lato cercano di indurre i vassalli mongoli a attaccare l’indebolita frontiera orientale bizantina, dall’altra lanciano una seconda, poderosa offensiva contro Tualpse che, dopo breve resistenza, nel 1324 viene espugnata.





    L’VIII Georgiana è ormai stabilmente a Sebastoupolis, ma non può lasciare la città senza correre il rischio che i titubanti mongoli rompano infine gli indugi e attacchino: in sostanza la situazione è in fase di pericoloso stallo e i Bizantini, pur padroni del cuore dell’Abkhazeti e delle rotte marittime, non hanno un vero controllo sul resto della regione. Soprattutto ora i Cumani hanno il possesso di una pericolosa porta da cui entrare a piacimento.




    La perdita di Tualpse è un avvenimento grave e rappresenta una falla da sistemare subito, prima che gli altri popoli dell’est – Rus e Mongoli – si convincano che la Basileia è vulnerabile. Però nessun bizantino desidera una guerra di conquista nell’immensità delle steppe nord-orientali: la mente di ognuno è alla Renovatio, all’appena scoppiata guerra iberica. Romano Argiro Comneno decide dunque di adottare una tecnica del tutto nuova e di dissuadere i bellicosi Cumani con rapidi e letali raid. Nasce così la spedizione contro la capitale del khanato, quella possente città fortificata di Azaq contro le cui mura migliaia e migliaia di Mongoli si sono inutilmente rotti la testa. A condurre le operazioni è il valente Demetrio di Amastri, che assume a Constanta il comando dell’unico corpo d’armata oggettivamente utilizzabile in tutto l’areale del mar Nero: la legio Imperialis, da poco rinforzata con due squadroni di cavalleria albanese.





    Sfruttando l’assoluta superiorità navale, l’Imperialis fa vela verso la Crimea e la costeggia fino all’imbocco del mar d’Azov. I Cumani nel frattempo continuano a tenere Tualpse, ma senza decidersi a fare il passo seguente: forse attendono che il khan mongolo, da buon alleato, si decida a prendere una precisa posizione nella faccenda. Il risultato è che, d’improvviso, i generali cumani si ritrovano decisamente troppo lontani per poter difendere Tmutarakan; quando la prima armata riesce ad arrivarci, può solo constatare che la città è stata praticamente rasa al suolo e che della popolazione non restano che patetici brandelli.



    Immediatamente il khan ordina che Azaq sia fortemente rinforzata e ne affida il governo e la difesa al valente generale Vlur del Tibet, talmente noto per la sua nobiltà d’animo da essere soprannominato ”il Cavalleresco”.



    Nel 1328 la guarnigione della capitale cumana è salita fino a 8.000 difensori, un misto di coriacei lancieri, esperti arcieri e veloci ausiliari a cavallo, a cui si aggiunge uno squadrone di mercenari alani e la poderosa guardia personale di Vlur.
    Ma questo non spaventa affatto gli esperti veterani dell’Imperialis. Demetrio di Amastri lancia il suo attacco sul finire del 1328, sbarcando all’improvviso i suoi 8.660 uomini e attaccando prima che qualsivoglia reazione sia possibile.





    Le pesanti bombarde martellano incessantemente le mura di Azaq, distruggendo i bastioni, ripulendo le postazioni di tiro e creando brecce per l’assalto. Vlur è costretto a spostare tutte le sue truppe a difesa delle brecce, da cui stanno già irrompendo i veterani della guardia imperiale.



    I coraggiosi soldati cumani si battono con ardore per difendere le proprie case e evitare ad Azaq il destino di Tmutarakan; ma la differenza è troppo elevata e progressivamente cominciano a cedere terreno.





    A questo punto Vlur muove gli arcieri perché inondino di frecce i soldati bizantini; ma così facendo li espone alle letali raffiche della guardia imperiale bulgara.



    Intanto una nuova breccia viene aperta e la cavalleria albanese si slancia per le vie cittadine in una manovra aggirante che la conduce esattamente alle spalle degli arcieri cumani; nel tentativo di intercettarla, Vlur si ritrova preda di una mischia feroce e viene abbattuto con tutta la sua guardia.



    La caduta di Vlur rappresenta un momento atroce per tutti gli abitanti di Azaq: privi di una guida autorevole, bersagliati spietatamente dai bulgari e infilzati dai soldati della guardia, i prodi cumani si danno alla fuga verso l’illusoria sicurezza del centro città, cadendo preda dei feroci cavalieri albanesi. Le strade di Azaq si lordano di sangue e la battaglia lascia spazio al saccheggio e alla distruzione.





    Quando l’Imperialis riprende il mare della possente capitale del khanato cumano non restano che le mura sbrecciate e le rovine fumanti, pallidamente attraversate da pochi derelitti, fantasmi senza più una meta. La sconfitta è terribile e le conseguenze debilitanti: il giovane principe Ituk cerca accordi privati con la Basileia, scatenando di fatto una guerra civile con il padre Toksobich; Tualpse viene riconquistata dai bizantini,





    che cominciano a guardare verso l’Imereti e i Mongoli con crescente cupidigia; e pochi anni dopo Azaq, senza più un padrone, viene conquistata dai Rus.





    L’atteggiamento tenuto dal khan durante l’affaire di Tualpse non è piaciuto affatto all’allora principe Metodio che ora, 1333, essendo basileus da cinque anni e con la guerra nella penisola iberica che si sta avviando verso la sua conclusione (per quanto ci vorranno ancora sette anni per l’occupazione definitiva), decide che è tempo di risolvere l’annosa questione. Con i Cumani in ginocchio dopo l’atroce sorte di Azaq, i Mongoli non possono contare che sulle proprie forze: e ormai non sono più i terribili cavalieri provenienti da oriente che seminavano il terrore nei cuori dei propri nemici.
    L’attacco scatta nel 1334 e coinvolge entrambe le legiones dell’area: la VI Armena punta direttamente su Kutaissi, mentre l’VIII Georgiana funge da schermo protettivo e da forza mobile. Le forze mongole nell’area sono complessivamente inferiori agli effettivi di una singola legio, e per di più spaccate in due tronconi: 4.300 uomini a difesa della rocca, 6.000 uomini impegnati in operazioni nei dintorni.
    Tuttavia la guerra procede con impreviste difficoltà per Bisanzio. I Mongoli si dimostrano più coriacei di quanto preventivato, e il comandante di Kutaissi, capitano Ogodhun, impedisce con notevole abilità un facile attacco alla VI Armena. Il suo comandante, Andronico di Cipro, è un uomo energico ma non un grande militare, e attacca nonostante tutte le difficoltà e i consigli di prudenza dei suoi sottoposti. La grande superiorità numerica e l’esperienza dei singoli soldati strappano infine la vittoria, ma a prezzo di un bagno di sangue in cui l’incapacità del generale emerge con prepotenza.









    A fare da contraltare arriva la limpida vittoria ottenuta da Niceta Andreopulo, comandante dell’VIII Georgiana, sull’armata mongola nei dintorni della rocca. Sfruttando magistralmente gli squadroni di prokursatores a sua disposizione, l’Andreopulo adotta una micidiale tattica mordi e fuggi che dissangua le forze avversarie fino a distruggerle completamente.











    Sul finire del 1334 la rocca di Kutaissi è finalmente bizantina e viene ribattezzata con l’antico nome di Aia, diventando la sede dell’VIII Georgiana e consolidando il dominio della Basileia nell’area; ci vorranno però quarant’anni prima che le ostilità coi Mongoli cessino ufficialmente (Trattato di Tbilissi 1373).


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    Keirosophos
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    Città: LAVELLO
    Età: 29
    Principe
    00 02/12/2010 15:40
    Bravissimo Frederick!!
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    postremo dicas primus taceas
    parla per ultimo, zittisci per primo




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    Imperatore I
    Post: 722
    Registrato il: 18/08/2009
    Città: CORCIANO
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    Conte



    00 03/12/2010 13:44
    Bravissimissimo ( non so se si può dire )



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    leeo94
    Post: 65
    Registrato il: 22/10/2010
    Città: MILANO
    Età: 29
    Ausiliario
    00 03/12/2010 16:54
    Sono rimasto a dir poco estasiato da questa narrazione o_o
    Veramente i miei più vividi complimenti! Purtroppo non sarò mai come te ç__ç





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    Edoardo di Woodstock
    Post: 819
    Registrato il: 29/06/2010
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    Età: 29
    Barone



    00 03/12/2010 21:32
    Frederick inutile agiungere altri complimenti [SM=g27964] Bravissimo!

    Una cosa... ho notati che i pettorali e gli addominali dei nubiani che avevi sconfitto in una battaglia, qui la foto:

    hanno un mailaino disegnato... [SM=g27983] è fatto apposta da te o dai modder o è casuale??? [SM=g27982]
    ----------------------------------------------------------------------------------------------------



    "Ci si salva e si va avanti solo se si agisce insieme e non uno per uno." Enrico Berlinguer

    "Pensiamo che il tipo di sviluppo economico e sociale capitalistico sia causa di gravi distorsioni, di immensi costi e disparità sociali, di enormi sprechi di ricchezza." Enrico Berlinguer

    "Ama e fa ciò che vuoi!" Sant'Agostino


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    Romolo Augustolo
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    Registrato il: 08/07/2009
    Città: SAREZZO
    Età: 30
    Cavaliere
    00 03/12/2010 21:39
    davvero complimenti davvero!!! bravissimo!!!
    --------------------------------------------------


    Bernhard Rothmann (Munster, 13 Gennaio 1534) :i vecchi credenti non vogliono permettere a nessuno di scegliere quale vita condurre, vogliono che voi lavoriate per loro e siate contenti della fede che vi consegnano i dottori. la loro è una fede di condanna, è la fede spacciataci dall'antiscristo! ma noi, fratelli, noi vogliamo redenzione! noi vogliamo libertà e giustizia per tutti! noi vogliamo leggere liberamente la parola del signore e liberamente scegliere chi deve parlarci dal pulpito e chi rappresentarci in consiglio! chi infatti decideva i destini della città prima che lo scacciassimo a pedate? il vescovo. e chi decide ora? i ricchi, i notabili borghigiani, illustri ammiratori di lutero solo perchè la sua dottrina consente loro di resistere al vescovo! e voi, fratelli e sorelle, voi che fate vivere questa città, non potete mettere parola nelle loro sentenze. voi dovete soltanto ubbidire, come sbraita lo stesso lutero dalla sua tana principesca.i vecchi credenti vengono a dirci che i buoni cristiani non possono occuparsi del mondo, che devono coltivare la loro fede in privato, seguitando a subire in silenzio i soprusi, perchè tutti siamo peccatori condannati a espiare. ma il tempo è giunto! i potenti della terra saranno spodestati, i loro scrani cadranno, per mano del signore. cristo non viene a portarci la pace, ma la spada. le porte sono ora aperte per coloro che sapranno osare. se penseranno di schiacciarci con un colpo di spada, con la spada pareremo quel colpo per restituirne cento!!!
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    frederick the great
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    Principe

    00 03/12/2010 21:43

    Una cosa... ho notati che i pettorali e gli addominali dei nubiani che avevi sconfitto in una battaglia hanno un mailaino disegnato... [SM=g27983] è fatto apposta da te o dai modder o è casuale??? [SM=g27982]



    Non l'avevo affatto notato! Chiunque l'abbia inserito è un genio....sono troppo cool! [SM=x1875399]
    Mi spiace solo di non averlo fatto io, avrei potuto aiutare il nostro fantastico team...
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    Fabius Maximus Germanicus
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    Principe






    00 04/12/2010 14:19
    i nuovi capitoli come al solito sono molto avvincenti!!! Bravissimo [SM=x1140440]

    adesso dopo aver stabilizzato il fronte orientale e la penisola iberica, non vediamo l'ora di vedere come si svolgerà la Campagna delle Gallie, sulle orme di Giulio Cesare [SM=x1140440]
    O=======================================================================================O



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    frederick the great
    Post: 4.003
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    Principe

    00 07/12/2010 13:13


    Due anni dopo la conquista dell’Imereti, di fronte alle continue provocazioni cumane nell’area carpatica, Metodio Argiro Comneno ordina a Demetrio di Amastri, comandante dell’Imperialis, di muovere sulla roccaforte di Regen e risolvere una volta per tutte la situazione. Questa operazione è appena partita quando una delegazione magiara si presenta al governatore di Dierna (un tempo Orsova) Giorgio di Chio. Il regno d’Ungheria, dopo la guerra con Bisanzio del 1278-85, ha vissuto un lungo periodo di crescita e prosperità: in guerra coi vecchi alleati del Sacro Romano Impero, ha strappato loro Pecs, l’importante città di Wien e la roccaforte di Olomuc. Operando in sinergia con l’alleato polacco ha inoltre permesso a quest’ultimo di strappare al potere germanico Praha e ha ridotto l’Impero all’ombra di sé stesso. Ora, dopo cinquant’anni di pace e tranquillità, i magiari compiono un passo che definire suicida è riduttivo: presentano un ultimatum alla Basileia, pretendendo la resituzione immediata dei possedimenti persi nel secolo precedente – ossia le città di Soli e Tripolis, più la roccaforte di Dierna – offrendo in cambio unicamente una non dichiarazione di guerra!



    Forse un basileus come Romano Argiro Comneno avrebbe potuto trattare la questione con un certo aplomb, mantenere la calma e ignorare una minaccia talmente patetica (6 province per i magiari, 111 per i bizantini); ma Metodio è un uomo molto più duro e decisamente meno malleabile. Per lui una simile proposta è un affronto che può essere lavato unicamente col sangue del nemico. E, come sempre, le legiones ricevono l’ordine di lasciare i quartieri e marciare verso la battaglia.



    La XVIII Dacica lascia Dierna e, passate le Porte di Ferro del Danubio, punta risolutamente su Arad; contemporaneamente la II Balcanica lascia Gradec per stringere d’assedio la grande città di Pecs. I magiari provano a reagire concentrando le truppe a loro disposizione: due vaste armate accorrono verso Arad, mentre un’altra cala da Wien per unirsi alle forze radunare attorno a Pest.
    Ma Metodio ha previsto queste mosse e ha pronte le contromisure adeguate: il giovane Romano Angelo raduna rapidamente svariati contingenti mercenari slavi e tedeschi, puntando poi su Arad in sostegno alla XVIII Dacica.
    Ma soprattutto la Basileia getta nella mischia la legio che è stata creata per sostituire la XV Aegyptica, che si è deciso di non ricreare: la XX Germanica, affidata alla giovane ma intraprendente mano di Andrea Argiro Comneno detto il Bastardo, fratello del basileus,



    lascia Verona all’inizio del 1336 – quindi prima dello scoppio delle ostilità – e, passando per Gradec, un anno dopo è sotto le mura di una Wien ormai totalmente sguarnita.
    La situazione giorno dopo giorno diviene più complicata per i magiari e il loro sovrano, re Keresztes, decide di forzare una battaglia campale.



    Nell’inverno del 1340 le forze magiare, divise in tre tronconi, attaccano la XVIII Dacica presso Arad: il sovrano è alla testa della guarnigione della rocca, composta da 2.800 uomini; il nobile Vilmos Pal guida un’armata di soccorso forte di 6.900 uomini e una terza forza, 7.940 uomini in tutto, è affidata all’esperto capitano Ulaszlo. Bisanzio schiera la XVIII Dacica di Michele Zimisce e l’armata mercenaria arruolata da Romano Angelo per un totale di 20.000 uomini.
    La battaglia si svolge lungo le rive del fiume Maros, a pochi chilometri dalla roccaforte, e si rivela un affare sanguinoso. Michele Zimisce opta per mantenere il controllo ferreo del guado, impendendo al nemico di passare il fiume, e affida ai mercenari il compito di impegnare e sconfiggere l’armata reale magiara.





    Tuttavia, sotto notevole pressione delle ardite schiere d’Ungheria, Michele si vede costretto a inviare rapidamente i pronoiaroi in soccorso di Romano Angelo.



    L’intervento della cavalleria pesante bizantina ricaccia indietro la guarnigione di Arad e riesce a catturare l’ormai ferito mortalmente re Keresztes;



    ma impedisce a Michele Zimisce di avere a disposizione quella forza d’urto necessaria per tamponare le falle al guado. La XVIII Dacica è costretta quindi ad abbandonare la posizione e a ripiegare più indietro, riattestandosi su una tenue collina.



    La conquista del guado è però costata ai Magiari molte più energie di quante ne abbiano e il successivo attacco si rivela privo di vero nerbo;



    dopo aver ottenuto qualche vago successo su gruppi di mercenari scioccamente spintisi avanti,



    le truppe ungheresi vengono prese in pieno dalla carica dagli hippotoxotai e dei rientranti pronoiaroie messe definitivamente in fuga.



    Sei mesi più tardi, al riaprirsi della stagione di guerra, la II Balcanica coglie un fondamentale successo a est di Pecs, schiacciando senza appello l’armata di soccorso proveniente dalla capitale magiara.





    In sempre più evidente crisi, il regno d’Ungheria perde anche Wien nel 1342





    e, dopo aver inutilmente cercato di fermarne l’avanzata presso il villaggio di Besnyö,



    si ritrova due legiones sotto le mura di Pest: ogni tentativo di salvare la città si rivela vano e nel 1346 la XVIII Dacica entra vittoriosa nell’antica Aquincum.












    La situazione geopolitica all’inizio del 1346 è di grande stabilità per la Basileia: ormai padrona incontrasta dell’intera penisola iberica – per quanto Cordoba e Hispalis in Andalusia continuino a restare zone di malcontento – sta rapidamente chiudendo la pratica magiara e si è impossessata di Regen, riducendo ulteriormente la forza del khanato cumano. Vero è che questi ultimi continuano a portare avanti una politica aggressiva e nel 1342 riprendono Tualpse: ma ormai la loro potenza è un lontano ricordo e vari pezzi del loro territorio vengono fagocitati dai lenti, metodici e insaziabili Rus.
    La Basileia conta ormai 118 province – diverranno 119 con Pest/Aquincum – e Metodio Argiro Comneno può contare su un tesoro di ben 5 milioni di solidi aurei: una potenza e ricchezza che gli altri stati non riescono neppure a immaginare.


    (N.B. Come si vede il Papato è tornato a essere uno stato sovrano: del come e del perchè narrerò più avanti)

    Ma anche questa Basileia ha i suoi punti deboli e si ritrova impreparata come gli altri quando, da Oriente, un terribile flagello si abbatte sul mondo conosciuto: frutto dei lunghi scontro fra Cumani, Mongoli e Rus, la pestilenza irrompe come un fiume in piena nella Basileia portandovi la morte, anzitutto lungo le coste del mar Nero.
    Metodio si è già guadagnato il titolo di “Malevolo” per altri motivi, non ultimo il terribile trattamento a cui ha sottoposto Helmantica (Salamanca);



    ma è durante gli anni della Grande Pestilenza che davvero dimostra di meritare in tutto e per tutto questo titolo. Avvisato di quanto accade a Oriente mentre si trova a Roma, il basileus dirama una serie di ordini di una durezza spaventosa: ogni singola legio o corpo d’armata di una qualche vera utilità viene acquartierato in specifici accampamenti, isolati dalle maggiori città e lontani dalle vie di comunicazione interne; i rifornimenti vengono portati da persone specificamente autorizzate e comunque non vi sono contatti diretti fra soldati e civili; le sentinelle hanno l’ordine tassativo di colpire a vista chiunque cerchi di avvicinarsi agli accampamenti, amico o nemico che sia; e i nobili devono far rispettare alla lettera le disposizioni imperiali pena la perdita del titolo, dei beni e la possibilità di essere condannati alla pena capitale immediata.
    Logicamente questo sistema spietato non porta amore verso Metodio, che vede il proprio prestigio scendere considerevolmente; nel tardo 1348 quasi la metà dell’Impero è zona infetta, i commerci latitano, l’economia stenta a mantenersi attiva e la gente vive immersa nella paura. Ma è proprio grazie alla durezza di Metodio se nel 1350, quando ormai la pestilenza sta passando – solo le città di Zantar, Aquincum, Regen e Lykopolis in Egitto sono ancora infette – la Basileia è diventata ancora più forte, ancor più pronta a fare l’ultimo, grande passo: e questo roi Laurens purtroppo non lo ha affatto compreso.




    Mentre la Basileia conquistava il totale controllo del Mediterraneo e si accaparrava le ricche terre iberiche, il Royaume de France era impegnato in una lunga guerra contro il Sacro Romano Impero Germanico. Con costanza e metodicità i generali francesi hanno eroso pezzo per pezzo i confini imperiali, arrivando all’alba della Grande Pestilenza a possedere un vasto regno: 16 province da Bordeau sul golfo di Biscaglia a Wreslaw in Polonia Occidentale. Proprio queste ultime conquiste, avvenute dopo il 1339, hanno portato a una rottura dei legami di alleanza con Bisanzio, in quanto anche il piccolo stato polacco si era legato alla Basileia.
    roi Laurens è un sovrano dotato di carisma e abilità politica, che guida con mano ferma il suo stato e guarda al futuro con tranquillità;



    i rapporti con Bisanzio sono rimasti buoni anche dopo la fine dell’alleanza e, comunque, la lunga fila di possenti cittadelle fortificate lungo i confini meridionali – Lemotges, Bourges, Dijon, Thun, Staufen – rappresenta un vallo in grado di bloccare ogni attacco. Quello che gli manca per essere un grande sovrano è la capacità di comprendere che è solo una questione di tempo prima che Metodio rovesci le sue legiones sulle terre di Francia e che, dunque, riposare sugli allori è la peggior strategia possibile.
    Fra il 1345 e il 1350 le regioni di Salzburg e Regensburg vengono attraversate da pesanti rivolte all’autorità imperiale e il kaiser, troppo debole per poter reagire, è costretto ad accettare quell’ennesima perdita di autorità e a rinchiudersi dietro le mura di Wurzburg; quasi contemporaneamente la riottosa città di Gand scaccia i francesi. Laurens, miopemente, si scaglia contro gli infidi fiamminghi – per altro senza riuscire a piegarli – e abbandona la possibilità di occupare le terre tedesche. E, ovviamente, questo errore non viene commesso da Metodio.
    Nel 1348 la XX Germanica guidata da Andrea Argiro Comneno si impadronisce di Juvavum (Salzburg).







    Due anni dopo il nobile Michele di Zara riunisce una serie di parigrado desiderosi d’avventura – Giovanni di Tessalonica, Andrea Argiro Comneno, Romano di Lampsaco e l’anziano duca di Dalmazia Michele il Degno – e lancia una spedizione contro Regensburg. Pesantemente soverchiati in numero dalle milizie tedesche (quasi nove volte di più), i nobili bizantini mettono in campo grande esperienza e coraggio, e con una serie di virulenti scontri separati distruggono l’armata avversaria;









    la città viene conquistata, ma tanto Romano di Lampsaco quanto Andrea Argiro Comneno pagano con la vita la loro audacia.





    L’anno dopo, con una operazione anfibia di notevole portata, il principe Romano di Elenopoli sbarca alla testa della I Anatolica in Inghilterra e si impadronisce facilmente di Londinium, da decenni ribellatasi all’autorità reale.





    A questo punto Metodio, come un maestro di scacchi, dispone dalla sua dimora a Konstantinoupolis le pedine per la prossima partita: la I Anatolica è a Londinium; la IV Asiatica si trova a Lugdunum, proprio sulla via di Dijon; la V Greca è a Augustoritum (Clairmont, conquistata dopo averne forzato la rivolta nel lontano 1317), in faccia a Bourges; la XII Syriaca viene inviata a sottomettere le ancora riottose Fiandre; la XVI Cisalpina è sulla via per Lemotges; la XVII Hiberica, al comando del principe Romano, si trova in Inghilterra, pronta a prendere il mare per la Normandia; la VII Helvetica è a Loukan, con Thun come obbiettivo; la XX Germanica, appena affidata al nuovo comandante Teofilatto di Chio, e la IX Dalmatica sono a Juvavum. In Italia inoltre staziona un’armata mercenaria e l’XI Macedonica è a Polai, in attesa che il giovane Giorgio Argiro Comneno, primogenito di Metodio, ne assuma il comando.







    Il cerchio si sta ormai chiudendo, l’ora della Francia sta per scoccare.
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