00 04/01/2011 21:39
Chapter 1, Ribelle!
A voi ragazzi, Sigurd cresce e pian piano si plasma nella mia mente!

Chapter 1, Ribelle!

Quella mattina Sigurd era stato svegliato dai servitori molto prima del solito. Sporgendosi dalle ampie finestre della stanza spoglia poteva scorgere ancora la bruma mattutina sostare immobile a mezz'aria nei giardini del castello in un'aria fredda ed intensa, quasi fosse sospesa da un esercito invisible intento nell'assedio del nulla. Sulla grande martora in legno scuro e dai grandi cardini in ferro erano stati appoggiati i recipienti colmi d'acqua di fonte e pronti per il suo primo bagno di giornata mentre il paggio lo attendeva con le copiose vesti scarlatte fra le braccia. Il suo sguardo indicava chiaramente l'urgenza di vestirsi e di recarsi nella sala dei banchetti dove era atteso.
La chiamata non poteva che provenire dal padre visto che di solito le sue mattinate non erano occupate da altro che dalle lezioni pedanti dei sui precettori e dalle sue altrettanto consuete scappatelle in cerca di avventure non previste. Sigurd si appresto così al lavacro ed al vestimento con evidente aria scostante pensando al motivo di quella chiamata insolita ed inaspettata. Forse erano giute notizie dall'est? Forse notizie riguardanti suo fratello Haakon che ora sostava in armi presso il forte di Vastra Aros situato a poche miglia dalla città di Uppsala?



Pochi giorni prima erano infatti venuti a conoscenza della preferenza accordata dal Re in persona nell'assegnare il titolo di quella città alla progenie del Clan degli Eystensson di cui il personaggio maggiormente in vista era senz'altro Eystein stesso, reggente del titolo di Tonsberg e fratello anch'egli del Re, seppur nato in Scozia da diverso letto. La decisone di attribuire la corona della regenza svedese, subordinata al potere centrale di Bergen, ad Eysten Meyla, figlio di Eystein stesso, aveva naturalmente fatto infuriare Sigurd Munn che progettava di estendere i confini della sua influenza personale utilizzando come testa di ponte il suo cadetto migliore, Haakon, il quale ora però si ritrovava con poche truppe al suo seguito, visto che la maggior parte si era unita alla guarnigione di Uppsala, e confinato in un piccolo forte posto nel territorio della città svedese. Questo avrebbe potuto implicare il concreto rischio di una subordinazione feudale del Clan dei Sigurdsson a quello degli Eystensson. Norvegesi infeudati da Scozzesi. Sigurd Munn provava ribrezzo al solo pensiero dell'eventualità stessa di una conclusione di tal fatta e si rodeva nella ricerca di un possibile capovolgimento di fronte a favore del suo Clan.
Il suo rapporto con il sovrano era sempre stato ottimo per verità ed egli stesso non si spiegava l'evidente disappunto espresso dalle ultime decisioni di Inge. Ma aveva le netta impressione che qualcosa stesse covando nelle stanze scure del palazzo reale a Bergen, luogo che lui stesso, a causa delle continue spedizioni militari, non frequentava ormai da diversi anni, molti, forse troppi. Quell'assenza avrebbe potuto allentare i legami saldi di una volta, corrompere ciò che era sano in principio, minare quel patto fraterno che aveva portato i tre figli di Harald IV a combattere e vincere sul campo di Hvaler nel 1139 i regicidi, ripristinando in quel modo la linea di sangue sul trono e imponendo una nuova pace fra i Clan della Norvegia. La nobiltà stessa, di cui pure lui era esponente illustre, tendeva a racchiudersi sempre più nel suo Concilio che non a caso, egli pensava, aveva attribuito alle forze navali del Re missioni fuori dai confini norvegesi, ora per assediare le fiorenti cittadine delle Fiandre, ora per riaffermare il dominio sui commerci marittimi nelle coste polacche. Quel Concilio d'altronde risiedeva proprio a Bergen e Sigurd Munn sentiva nel profondo della sua anima che tanto più lui era lontano dai giochi di potere tanti più quei giochi sarebbero affondati molli nelle mani avide di quei nobili, molti dei quali sembravano fidarsi più degli Eystensson ultimamente che del suo Clan. Ora si delineavano chiaramente nuovi scenari d'espansione per il Regno dopo un periodo di relativa calma e cooperazione da parte della nobiltà. Oggi Skara ed Uppsala, domani Visby e forse l'agognata espansione a sud nelle terre pianeggiante dei Danesi. Ma l'espansione territoriale avrebbe portato con sé nuove mire di supremazia da parte dei Clans legate alle nuove risorse da conquistare, nuovi scenari diplomatici, nuove faide clandestine fra i vicoli delle città ed i saloni dei palazzi.



Quei saloni così grandi, rivestiti e spogli allo stesso tempo. Proprio come quello in cui ora il giovane Sigurd, cadetto dimenticato, entrava per affrontare per l'ennesima volta, e non l'ultima, suo padre. Il salone si apriva in un ampio spazio in posizione centrale rispetto alle mura del castello. Era cioè pensato per essere il centro vitale dell'attività signorile, il luogo di rappresentanza per eccellenza in cui si svolgevano i banchetti lussuosi di cacciagione a cui il padre non rinunciava mai, nononstante gli eccessi a cui essi davano sovente luogo. Ma era anche lo spazio in cui Sigurd Munn era solito ricevere gli ospiti, dai nobili degli altri Clans, ai popolani che a lui si rivolgevano per la risoluzione delle annose controversie che attanagliavano la regione di Skara. Le pareti di pietra spessa intagliata erano rivestite dagli arazzi rappresentanti scene di caccia e tornei fra cavalieri, al centro due enormi bracieri fumavano intesamente per riscaldare l'ampiezza della sala, mentre nei lati corti campeggiavano due altrettanto enormi camini di pietra sovrapposta anch'essi perennemente accesi e sorvegliati dalla servitù. La luce era soffusa quella mattina e solo poca di essa penetrava languida dalle alte finestre laterali, le panche di legno erano state spostate per far spazio alla cacciagione, cervi e cinghiali prevalentemente, che quella mattina stessa era stata accumulata in quel salone. Sigurd Munn era solito infatti indire battute di caccia di primissima mattina, al fuoco delle torce.
Ora attendeva il figlio tranquillamente seduto al chiarore di uno dei grandi camini con la coppa per le bevande fra le ampie mani. Era davvero un uomo imponente con un'età che tradiva la pienezza della maturità, grandi spalle alte sul busto ed una chioma castana a far da cornice al suo volto ricco di barba e peli folti come le foreste di quelle lande.
“E' gia molto che ti attendo Sigurd, forse ti sei nuovamente perso nel castello e non riuscivi a trovare il salone?” gli chiese bruscamente appena Sigurd si fu avvicinato al chiarore del fuoco.
“I messaggeri di mio fratello Inge mi hanno informato proprio stamane che il Re ha bisogno dell'aiuto dei Sigurdsson per risolvere un piccolo problema sorto a sud di Bergen, nel valico dei monti. Sembra che un ristretto gruppo di contadini armati si sia ribellato alla corona e stia importunando le terre del contado”.
Sigurd lo guardava stancamente. In realtà al sentir quelle scarne parole già immaginava di doverlo seguire ancora in una nuova spedizione militare, come era successo con quella indetta per la presa di Skara. Un'altra spedizione in cui, dalle retrovie, avrebbe assistito alle cariche forsennate dei lancieri del Clan ed agli ordini impartiti da suo padre e gridati sul campo. Non disse nulla ma erano i suoi stessi occhi a mostrare ben scarso interesse. “Vedo che non comprendi a pieno figlio mio. Questa volta toccherà a te, sarai tu a guidare il contingente. Ho bisogno che i Sigurdsson rispondano alla chiamata del Re e che tu stesso possa sostare a Bergen per riportarmi notizie dal Concilio e dal Palazzo Reale”. La stanchezza nello sguardo di Sigurd si mutò celermente in panico. Per la prima volta suo padre gli affidava ufficialmente una missione e della massima importanza per di più. Una missione che aveva due volti, uno militare ed un altro, ben più importante, diplomatico.
La ribellione di piccoli gruppi di contadini o di mercenari non era infatti certo una novità, anche se negli ultimi anni ben poche ve ne erano state. Ma la necessità di recarsi a Bergen per raccogliere notizie di prima mano e senza intermediari lasciva trasparire il vero senso di quella missione: capire. Capire cosa stesse succedendo alla reggia, chi fra i nobili stava consigliando il Sovrano, quale Clan cercava di salire sulle spalle degli altri in questa fase di espansione del Regno.
“E' ora di mettere in pratica i tuoi studi Sigurd per il bene della nostra terra e del Clan. Partirai alle prime luci dell'alba di domani e voglio che il tutto si svolga regolarmente.”. Sigurd era pietrificato e dalle labbra carnose e rosee da cui traspariva tutta la forza e la bellezza della sua gioventù non uscì altro che un leggero segno di assenso. “Certo Padre mi preparerò subito alla partenza”. In realtà non si azzardò a ricordare nemmeno per inciso che quegli studi a cui suo padre stesso aludeva ben poco avevano albergato nella sua mente ed ora, che per la prima volta doveva combattere sul campo nel suo battesimo di guerra, essi vi albergavano ancor meno se fosse stato possibile. Sigurd era perciò partito alla volta dell'Ovest, aveva diciassette anni appena compiuti e comadava un contingente del Clan. Nemmeno suo fratello aveva avuto la possibilità di farlo così precocemente sebbene poi in pochissimo tempo avesse partecipato a ben due grandi ed importanti assedi militari, a Skara ed ad Uppsala. Il viaggio avrebbe richiesto diverse giornate di cammino fino al calar del sole, ma almeno avrebbero potuto evitare di procedere a tappe forzate durante la notte. Sulla base degli ordini giunti da Bergen evidentemente la questione dei ribelli veniva ritenuta sufficientemente contenuta da non dover intervenire immediatamente. Ma l'inverno incominciava ad affiorare sui monti, le notti nel campo erano fredde a causa del contatto con una terra compatta e gelida, gli alberi finivano per offrire ben poca protezione. Sigurd trovava inspportabile dover indossare l'armatura da battaglia perfino durante la marcia di avvicinemento. Tuttavia non si trattava di un semplice regolamento di conti fra proprietari terrieri, bensì di un ordine regio e tali ordini richiedevano il rispetto pieno dei canoni del codice di comportamento formale. Il Signore alla guida del contingente doveva sempre essere riconscibile perchè era lui al comando, lui il responsabile ultimo di quegli ordini regi. Nell'inverno del 1172 il campo fu montato infine per l'ultima volta all'imboccatura ovest del valico. I ribelli erano ormai in vista secondo gli esploratori del Clan ed il giorno seguente Sigurd avrebbe dovuto ingaggiar battaglia e tentare di sospingere le truppe nemiche al di fuori del valico montano per guadagnare il vantaggio di un campo più aperto e pianeggiante, costringendo le spalle dei ribelli verso il mare e negando così loro la possibile via di fuga. In realtà Sigurd aveva già conquistato una prima vittoria strategica. La scelta di giungere presso Bergen non costeggiando il mare e quindi da sud, bensì per la via più impervia apparentemente, cioè passando attraverso il valico montano e quindi giungendo da est, costrinse di fatto i ribelli ad indietreggiare togliendo loro la possibilità di rifuggiarsi sugli alti monti del valico e costringendoli invece ad un terreno scoperto, molto più congeniale a truppe professionali che ad una masnada di contadini inferociti. Le piccole imboscate che Sigurd tese ai ribelli nel valico, seppur forse attendiste, portarono però i propri frutti ed all'avvicinarsi della primavera dell'anno seguente i due contingenti si fronteggiavano ormai senza più poter eludere la battaglia finale nella piana a sud di Bergen.



Sigurd si era senza dubbio distinto fino ad allora per la buona qualità del suo comando, nonostante sapesse bene che la sua missione non avrebbe certo attirato l'attenzione dei grandi strateghi del Regno e nonostante fosse costantemente assistito dai suoi comandanti in seconda. Ma sul fatto di non essere adeguatamente seguito da occhi indiscreti si sbagliava. Clamorosamente per giunta.
Fu con aria decisamente stralunata che la mattina della battaglia annunciata vide gli stendardi del Re splendere sul colle in fondo alla valle. Gli araldi tuttavia non annunciarono la venuta di Inge bensì quella di Jon Kuvlung, figlio primogenito del Sovrano. Il giovane nobile del Clan degli Haraldsson veniva incontro a suo cugino Sigurd per abbracciarlo con una mano, ma per privarlo del comando con l'altra. Ancora una volta, così come era accaduto a suo fratello Haakon ad Uppsala, i Sigurdsson subivano l'onta di un'amara e sottile sconfitta nella lotta clandestina dei poteri, una sconfitta che sapeva di delegittimazione.



I due comandanti ebbero appena il tempo di un veloce saluto privo delle necessarie e dovute spiegazioni e quando il sole si alzò in cielo nell'ora più calda ed i contingenti iniziarono il proprio schieramento sotto una leggera pioggia fumosa, Sigurd, con animo di ribellione che si agitava nelle membra stanche per la marcia del giorno precedente, si dovette alfine piegare a cedere il comando. Jon, figlio di Inge e già insignito, nonostante la giovane età, del titolo della città di Bergen, avrebbe comandato gli uomini per ordine diretto del Re. Sigurd, cadetto imperfetto, si rese così conto che avrebbe avuto un'unica possibilità di rivalsa, sul campo, in battaglia. Nulla lo avrebbe privato del suo battesimo di lancia che ora, stranamente, agognava dopo aver condotto con successo le truppe nel valico. Erano le sue truppe, il suo Clan!



Alla fine delle manovre di schieramento e con i ribelli già in avanzata verso la linea di lancieri e razziatori vichinghi del contingente Norvegese, finalmente la battaglia ebbe inizio e fu impartito l'ordine agli arcieri in seconda linea di scoccare le frecce infuocate a volontà, tempestando e fiaccando le linee avverse con precisione e costanza. Sigurd comandava l'ala di cavalleria a valle sulla sinistra degli uomini del contingente costituita dai cavalieri della sua stessa guardia personale del corpo. Nelle retrovie campeggiava lo stendardo di Jon . Non appena le due linee vennero a contatto il clamore si alzo dal terreno e grida, incoraggiamenti, e sangue e polvere incominciarono a piovere insieme alla pioggia. I ribelli, già decimati dalle precise freccie degli arcieri, non ressero l'impatto ed indietreggiarono verso il promontorio ed il mare oltre esso. L'idea di Jon Kuvlung tuttavia era quella di non impegnare la cavalleria in battaglia onde limitare al massimo le perdite fra i cavalieri ed i nobili al seguito. Rimaneva pertanto impassibile allo scontro facendo segno ai cavalieri di tenere a freno le cavalcature già eccitate dall'imminenza dell'impatto. Fu allora che successe tutto, in una lasso di tempo che a Sigurd sembrò infinitesimale.





Mentre gli uomini della semplice e fiera Norvegia versavano ancora una volta il proprio sangue a terra per una gloria futura, nella mani di Sigurd nacque e crebbe il gesto della ribellione covata. Con un grido a pieni polmoni e con quel fiato insospettabile per lui, strinse le redini e lanciò la sua cavalleria nell'aggiramento delle linee ribelli. Si accorse come in un sogno di essere seguito dalla cavalleria al suo comando, compatta, veloce come fosse un unico perno d'acciaio pronto ad infilarsi in un mare di schegge impaurite. Forzò la curva, stringendola e facendo rasentare i cavalli fra loro nel tintinnìo delle armature e delle lancie e si gettò a capofitto sulle schiere dei tiratori nemici dopo aver completato l'aggiramento delle schiere dei lancieri impegnati nell'ingaggio corpo a corpo. Ruppe quelle schiere, infranse i loro ranghi con quello stesso senso di vastità che aveva provato nel suo cuore di fronte ai mari di Tonsberg o alle foreste verdi di Skara, gridò ancora una volta la carica e vide fuggire l'avversario distrutto.
In poco tempo le formazioni si ruppero, gli uni in ritirata, gli altri all'inseguimento dei primi. Sigurd si arrestò di colpo sul ciglio erboso di un piccolo promontorio a capofitto sui flutti della sua casa. Istintivamente prese fra le sue mani parte dei suoi capelli dorati come il fieno al sole e li intrecciò a ricordo di quel battesimo di lancia strappato con avidità a chi voleva negarglielo. Il giovane cadetto dimenticato aveva vinto. Si era ribellato.



Fine del Primo Capitolo.



"Fare l'amore con la Non Violenza per partorire la Pace dal grembo della Società", A.F.