00 19/01/2011 15:05
ISTVAN HORVATH di ZAGREB alla famiglia.
Gennaio dell'Anno Domini 1155.

Caro Ervin,
ti invio questa lettera dal Palazzo di Pest, dove sono stato assunto come precettore. La lettera è per tutti voi miei cari e mi rivolgo a te, a cui ho insegnato a leggere, affinchè tu comunichi queste mie notizie alla famiglia.
Innanzitutto vi informo che sono in buona salute e non patisco la fame, come temeva nostra madre. Appena giunto a Pest mi sono reso visibile nella piazza pubblica come scrivano. Dopo due settimane si è fatto avanti un uomo del Re, chiedendo se fossi disposto a insegnare a leggere alle sue figlie. Naturalmente, di fronte alla prospettiva di un guadagno sicuro e certo, ho accettato volentieri.
La settimana scorsa, dopo aver pagato l'oste che mi aveva affittato una camera, mi sono trasferito a Palazzo, curioso di vedere la sede dei grandi Re d'Ungheria. La potenza e la gloria del Regno in cui viviamo trasudano dalle pietre della grande costruzione che è la dimora del Re.
So che tu, caro fratello, non gradisci che Zagreb sia governata dagli Ungheresi, ma ormai è così da tempo, è ora di accettare questa nuova patria e imparare ad esserne orgogliosi. Gli Ungheresi sono un grande popolo e annoverano come Re un santo! Il loro primo Re, Santo Stefano (di cui porto il nome), si impegnò davanti al Papa a diffondere la religione cattolica nelle terre pagane, e così fece. Oggi tutti i pagani (gente davvero senza onore) vivono a Est, oltre i Carpazi. Ma un giorno, ne sono certo, anche loro dovranno abbracciare la Croce!
Già pochi giorni dopo essere arrivato a Palazzo, ho potuto ascoltare un discorso! A parlare in Concilio era uno dei Nobili: che raffinatezza, un'oratoria eccelsa. O almeno questo è il parere di un sempliciotto di provincia. Comunque nel discorso (non te lo riporto, era troppo lungo) il nobile chiedeva a Re Geza di sottomettere la città di Soli. Il Re (che discorso!) ha detto che avrebe tentato la sorte: in questo momento, a causa delle costruzioni intraprese in tutte le città, i soldi non abbondano, quindi un assedio potrebbe portarci sulla bancarotta!
Ho assistito anche all'arrivo di un emissario veneziano. Il Re l'ha accolto benevolmente proponendo lo scambio di risorse e di informazioni geografiche. Il veneziano se n'è andato con il sorriso sulle labbra.
Ora devo concludere questa lettera, perchè i miei doveri mi richiamano al lavoro. Vi auguro la salute e cibo in abbondanza. Da' un bacio a nostra madre e alle nostre sorelle da parte mia. Vi invierò i miei guadagni con un corriere speciale la prossima settimana.
Istvàn.

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