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il caso veronese- le milizie appiedate


NEGLI SCONTRI DISORDINATI DELLA GUERRA MEDIEVALE LA FANTERIA HA UN RUOLO DI RILIEVO





La fanteria, a Verona come altrove, costituiva una parte essenziale della milizia, in forza dell'azione di massa che produceva piuttosto che della sua preparazione tattica. Si ritiene che questo settore dell'esercito, schierato di solito a falange (almeno nell'Europa occidentale) svolgesse una funzione essenzialmente difensiva, con il compito di coprire la cavalleria e consentire di organizzarsi prima di sferrare il succesivo attacco.
E' tuttavia sbagliato ridurre il suo operato a compiti esclusivamente statici, infatti agiva anche in movimenti offensivi - più spesso in apertura di combattimento -
generalmente diretti contro le fanterie avversarie.
Del resto le grandi battaglie campali, gli scontri razionalmente ordinati fra truppe contrapposte, schierate in modo netto e preordinato, nella realtà bellica del tempo costituivano degli eventi sporadici se non vere e proprie eccezioni alla prassi usuale, che era invece caraterizzata da azioni minori, nelle quali ben si inserivano le forme di lotta più "rudimentali" dei reparti appiedati



Il fante del XIV secolo era generalmente coperto da indumenti imbottiti e, almeno in parte, da protezioni metalliche; già nel 1244 a Verona un consistente numero di "cives" non particolarmente abbienti ottenne in prestito gratuito panciere, gambiere e copricapi in ferro. Riparato dallo scudo, il fante era poi armato di una lancia lunga (definita tale in relazione a quella del cavaliere, più corta), la cui misura nelle norme scaligere, note come "statuti dei mercenari", viene specificata in 20 piedi per gli stipendiati definiti appunto "a lanceis longis". Un'altra aggiunta degli ultimi anni del duecento agli statuti civici richiedeva che i soldati a piedi fossero equipaggiati con panciera, elmo e collare, un guanto per la mano destra, "roella", lancia, coltello e spada :questo doveva costituire in linea di massima l'equipaggiamento completo, ma non generalizzato. Alcune differenziazioni caratterizzavano il gruppone dei soldati appiedati. Fra queste la più importante dal punto di vista "tecnico" è senz'altro quella tra fanti generici e tiratori (soprattutto arcieri e balestrieri) muniti, oltre che da uno scudo leggero, di armi da getto, in particolare la balestra.






POTENTE ED EFFICACE, lA BALESTRA SI DIFFONDE ALLA META' DEL DUECENTO


Attestata con sicurezza nella penisola italiana almeno dal secolo XI e generalmente affiancata all'arco, la balestra lentamente soppiantò quest'ultimo (pur non sostituendolo del tutto in Italia, come invece avvenne in Francia) e si rivelò un'arma capace di influenzare in modo determinante le azioni di guerra. Ciò nonostante, la sua importanza pare a volte minimizzata dai cronisti, tesi quasi uniformemente a celebrare le imprese della più nobile cavalleria; non è un caso che sia sempre la cavalleria pesante ad essere nominata per prima nelle innumerevoli descrizioni di eserciti.

Nella Marca veronese l'età in cui l'impiego tattico della balestra appare ormai diffusissimo corrisponde al periodo di dominio di Ezzelino III da Romano - intorno alla metà del Duecento - e a fine secolo si mostra decisamente prevalente. Se già lo statuto veronese del 1228 contiene divieti sul possesso di balestre da parte dei cittadini, e per quanto riguarda l'utilizzazione in azioni di guerra un documento ancora precedente (agosto 1217) mostra i veronesi impegnati a soccorrere i cremonesi con arcieri e balestrieri, bisogna arrivare alla legislazione del 1276 per avere le prime informazioni di un certo rilievo.
Le balestre in uso risultano qui essere di due tipi, in prevalenza a staffa (balliste a streva) cioè del tipo più leggero, e in numero inferiore "balliste a duobus pedibus", più pesanti, probabilmente di maggior potenza e precisione oltre che di più lunga gittata.
Il munizionamento giungeva a 100 piloti per ogni arma, e le balestre a due piedi esigevano una dotazione più sofisticata.
Essenziale è nel testo del 1276 il riferimento alle balestre in relazione al reclutamento dei fanti, tema sul quale per la prima volta la legislazione esplicita un diretto rapporto con la ripartizione urbana. Le 58 contrade cittadine costituiscono il modulo di partenza per l'arruolamento dei fanti tiratori : ogni contrada deve fornire al comune un preciso quantitativo di balestre e proiettili, mentre appositi ufficiali si incaricano di tenere aggiornati i registri anagrafici.




[Modificato da Fulcherio, 24/09/2011 21:49]