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FANTERIE E MILIZIE CITTADINE -conclusione-

Si può pensare che all'interno del medesimo spazio della contrada avvenisse anche qualche forma di preparazione dei cittadini all'uso delle armi, dato che l'addestramento militare non poteva limitarsi alla diretta esperienza effettuata sul campo di battaglia.
L'area suburbana denominata Campomarzo(o Campomarzio)fu per buona parte dell'età medievale lo spazio deputato a ospitare gli animali dell'esercito e utilizzato per l'allenamento dei balestrieri.
Sulla scorta di questi pochi dati e dal confronto con realtà politicamente e geograficamente vicine, è ipotizzabile che nella Verona comunale e scaligera si svolgessero quei "giochi di guerra" plebei, documentati in altre località, dove gli opposti schieramenti riproducevano la suddivisione urbana in quartieri.
Proprio nell'età delle milizie cittadine (la cui specialità-teniamo presente- era costituita dalla fanteria) alle semplici e antichissime sassaiole si associano spesso le "battagliole"
la cui valenza "didattica" pare indubbia dato che favorivano oltre che la preparazione individuale, il consolidarsi dello spirito di gruppo e, di conseguenza, miglioravano disciplina e coordinamento, qualità indispensabili per la riuscita delle azioni sul campo di battaglia.



Non deve essere pura coincidenza che la loro proibizione sia documentata solo a partire dal Trecento, quando l'utilizzo ingente di mercenari limitò o sostituì del tutto le milizie cittadine, e quando -notiamo per inciso-
anche i tornei cavallereschi cominciarono a diventare semplice esibizione "atletica", mentre a livello locale, specifico di Verona,
il "bagordo" (un gioco equestre con la lancia) venne progressivamente limitato.
E' significativo che uno statuto scaligero del 1327 parli del "Locus ubi erat quintana" usando il verbo al passato, mentre nella redazione
legislativa precedente di mezzo secolo, in un contesto simile, si trova l'esplicito riferimento all'area della piazza del Foro
"Versus lapidem piscium(...)et quintanam".
Se ne può dedurre che la quintana (o giostra del Saracino), in cui l'abilità del cavaliere armato di lancia consisteva nel colpire lo scudo imbracciato da un bersaglio girevole, e nell'evitare il colpo di mazza legata all'altro braccio del fantoccio, fosse nel terzo decennio del Trecento una competizione non più in uso a Verona.










LA COSTITUZIONE DEI REPARTI DI CAVALLERIA E' IMPOSTA, PER LEGGE, IN BASE AL REDDITO


Abbiamo detto che la distinzione tecnica tra cavalleria e fanteria poggiava inizialmente su una differenziazione economica e rimandava quindi a una diversa connotazione sociale.
Sul versante lessicale è utile osservare come nelle fonti, associato al termine "miles" compaia di frequente "equester"; il primo vocabolo indica i cittadini con probabile ascendenza nobiliare, di tradizione feudale e di riconosciuta saldezza economica, il secondo si riferisce a quegli individui senza titoli nobiliari ma benestanti e per questo tenuti a prestare servizio in cavalleria.

Il "Modus faciendi miliciam" nella Verona scaligera era rigidamente regolato su base censitaria, e il servizio armato a cavallo richiesto ai "cives" era proporzionale alla loro consistenza patrimoniale.
Procedure sempre più attente di estimazione vennero messe a punto dal comune che, nell'età di Cangrande, si avvaleva di un apposita commissione che operava annualmente in conclave (chiusa nel palazzo comunale), per redigere l'"imposicio" ai "cives" abbienti sulla base della rendita fondiaria e immobiliare di ciascuno. Ecco allora che ai diversi gradi di reddito corrispondevano altrettanti obblighi : la contribuzione di mezzo cavallo (?) per chi aveva un reddito superiore alle mille lire, di un cavallo per chi superava le duemila lire, di due cavalli per chi superava le quattromila lire; a nessuno poteva essere imposta una spesa superiore a due cavalli.
Un provvedimento del genere ci mette di fronte a una vera e propria fiscalizzazione degli oneri militari dai quali- è significativo- vengono progressivamente esclusi gli abitanti del contado.
Non indifferente appare anche la spesa per l'equipaggiamento, che viene dettagliatamente elencato negli statuti e documenti. Vi troviamo panciera con maniche o guanti in ferro, collare metallico, lamiera, scudo, spada, lancia, e solo in determinate circostanze, la copertura per il cavallo.
Stando alle multe previste per gli inadempienti, pare di capire che la "paceria" dovesse essere l'elemento fondamentale della corazzatura, dato che la multa iniziale era computata in 20 soldi, cifra mai raggiunta per altre mancanze.

Reparti specializzati operavano anche nella cavalleria e, contrariamente a quanto avvenne nella fanteria- dove abbiamo visto che gli arcieri furono declassati ma non totalmente sostituiti dai balestrieri - gli arcieri vennero quasi dappertutto rimpiazzati dai più efficenti "ballistarii equitantes".
Nel 1259 si decise, per esempio, l'assoldamento di 1200 armati tra cavalieri e fanti, con la specifica dicitura : "inquibus sint ducenti ballistarii equestres" e ballistarii equites sono più volte menzionati nelle aggiunte allo statuto cittadino del 1276.
Loro compito prevalente doveva essere quello di fornire adeguata copertura ai reparti di cavalleria.
Dai diversi obblighi militari connessi alla cavalleria furono progressivamente esclusi i residenti del contado; parallelamente aumentarono le esenzioni dal servizio armato -previste per taluni membri della famiglia scaligera e, in forma ridotta, per studenti, maestri delle arti liberali, medici e avvocati- come pure aumentò la possibilità di farsi sostituire.
La concessione a effettuare scambi per non partecipare alla guerra, prima circoscritta all'interno del nucleo familiare, venne poi ampliata con facoltà di mandare qualsiasi persona valida e approvata dal comune.
Il passaggio dalla normativa del 1276 a quella del 1327 testimonia in modo eloquente queste aumentate possibilità di sostituzione - contemplate tanto per i milites quanto per i pedites, talvolta addirittura dando facoltà di sostituire con un versamento in denaro la propria prestazione personale - un mutamento sostanziale nel rapporto fra i "cives" e la guerra.
Questo cambiamento è del resto percepibile anche nelle narrazioni dei cronisti della Marca veronese : se a metà del Duecento Rolandino da Padova con un linguaggio passionale metteva la libertà e l'onore della sua città come valori massimi, da difendere fino alla morte, già in Guglielmo Cortusi -neanche un secolo dopo- la guerra è vista non come strumento efficace per difendere la patria ma come punizione del Cielo, raccontata con tono pessimista e quasi rassegnato.
E ancora, con Nicoletto D'Alessio la guerra è giustificata solo in quanto inevitabile, male necessario, in una visione della storia che è stata definita un machiavellismo di sopravvivenza, per finire con il Gattari nel quale emerge chiara e critica la consapevolezza della diversità nel modo di percepire la guerra tra signore e sudditi : l'impegno armato non fa più parte della coscienza collettiva, è esclusivo interesse privato dei governanti, il popolo in genere la rifiuta e non la giustifica nemmeno, ormai la subisce solamente.
La diminuita disponibilità dei "cives" al servizio armato va senz'altro connessa al clima di instabilità e continua chiamata alle armi che connotò Verona dal secondo al quarto decennio del trecento e, in misura minore, anche nel periodo successivo.

Uno sforzo bellico di tale portata richiedeva eserciti costantemente impegnati e professionalmente all'altezza dei compiti richiesti, caratteristiche che esigevano un addestramento specifico e non sporadico, e soprattutto una disponibilità numerica e qualitativa superiore a quella che potevano offrire cittadini e rustici - l'unico inconveniente non citato dall'autore è che dovevi anche pagarli, un fattore gravido di conseguenze-
L'esperimento delle milizie mercenarie, già più volte attuato, si rese dunque necessario e, persa l'iniziale caratteristica di saltuarietà, divenne prassi usuale.








Concluderò con l'accennare gli accadimenti che preannunziano il prender piede di truppe mercenarie al soldo di Ezzelino III da Romano e di Cangrande "Genio belligerante e conquistatore".
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[Modificato da Fulcherio; 28/09/2012 14:15]