00 04/08/2013 11:17
[SM=g1546265] [SM=g1546265] [SM=g1546265] [SM=g1546265] [SM=g1546265] [SM=g1546265] [SM=g1546265] [SM=g1546265] [SM=g1546265]

A CAVALLO DEL SECOLO COMINCIA A PRENDER PIEDE L'IMPIEGO DI TRUPPE MERCENARIE

nelle due foto che fanno da cornice al titolo notare la differente merlatura, guelfa e ghibellina, caratteristica "ornamentale" che riassumeva anche significati politici




E' significativo che nel passaggio dello statuto del 1276 a quello del 1327 l'intitolazione del libro militare da De milicia et populo (dove, semplificando e generalizzando, con il termine milicia possiamo intendere la cavalleria e con populus la fanteria) diventi De milicia, populo et stipendiariis : il riconoscimento cioè da parte della legge (legge che, anche nel Medioevo come oggi, recepiva con lentezza i cambiamenti) di una evoluzione che certamente fu lenta,prudente e articolata ma precisa.
La presenza di combattenti stipendiati appare, nella Marca come altrove, diffusa già nel Duecento. Notissimi sono i mercenari tedeschi - e nell'immaginario collettivo forse più ancora quelli saraceni - di cui in svariate occasioni si servì Ezzelino III da Romano. Va detto però che essi costituivano solo una minoranza, essendo gli eserciti comunali delle città soggette i veri protagonisti dell'apparato militare ezzeliniano, e in particolare proprio l'esercito veronese che - stando almeno all'opinione del cronista Rolandino - era la formazione in cui Ezzelino più confidava.
E l'impiego congiunto di eserciti di città diverse costituì un esempio di milizia sovracittadina che preparò il campo alla pratica dell'arruolamento di soldati stranieri.
D'altronde le stesse lotte di fazione, scenario tipico del medioevo settentrionale italiano, rappresentarono un occasione di sperimentazione da non sottovalutare in questo contesto. Si pensi che ai veneziani nel 1226 fu solennemente vietato di portare aiuto alle fazioni veronesi in lotta. E se teniamo l'obiettivo puntato sulla laguna, appaiono significative le iterate proibizioni del Senato a impugnare le armi, militando nei conflitti che agitavano la terraferma ma, in direzione inversa, non lo sono da meno le altrettanto frequenti testimonianze dei soldati che Venezia andava ad arruolare nelle terre lombarde e romagnole. Proprio a Verona, la Serenissima, nell'età di Cangrande I, ne reclutò un cospicuo numero da inviare in Istria.
Bisogna poi ricordare che Alberto della Scala aveva a sua disposizione una specie di guardia personale formata da stipendiati a piedi e a cavallo, retribuiti mensilmente.
Fin dagli ultimi decenni del XIII secolo - ovvero dal momento dell'affermazione piena della signoria in Verona - venne dunque in qualche modo istituzionalizata la presenza di militi stipendiati che, da guardia scelta a servizio personale del dominus o momentanea necessità bellica, diventarono una componente stabile e niente affatto irregolare degli eserciti scaligeri. Tali "soldaerii", ovvero militi al soldo - probabile derivazione del variegato seguito che sempre nelle città comunali italiane accompagnava i podestà forestieri (un seguito costituito a Verona da oltre 20 elementi fra militi, armati e "donzelli" e poi via via aumentando) - si associarono ai reparti di cives bellatores fanti e cavalieri.









TEDESCHI, LOMBARDI, BORGOGNONI, I MILITI AL SOLDO SI AFFERMANO NELL'ULTIMA ETA' SCALIGERA









E' probabile che nell'età di Cangrande, "genio belligerante e conquistatore" come lo hanno a lungo definito gli storici, "homo de guerra" come lo ritraevano i cronisti contemporanei, il perdurante clima di guerra degli anni 1312 - 1327 (per l'ostilità con Padova) abbia infine portato a maturazione quel sistema misto di reclutamento militare che già era stato abbozzato nell'arco dei decenni precedenti.
Certo la mobilitazione alle armi dovette essere piuttosto intensa in tutta l'età medievale, anche se la chiamata non era collettiva, ma effettuata a rotazione; nonostante ciò è presumibile che proprio nell'epoca del grande Scaligero si sia registrato un picco destinato a consolidare certi procedimenti di arruolamento straniero e a modificarne altri.
La presenza di truppe al soldo , destinate prima ad affiancare la milizia locale e poi a sostituirla, diventa costante e mostra una progressiva intensificazione. Se in una fase iniziale
l' assoldamento poteva solitamente riguardare singoli individui o piccoli gruppi, si passa a contingenti via via più numerosi, raccolti intorno ad un conestabile, che prefigurando l'imminente
formazione delle compagnie di ventura. E il giudizio non di rado pesantemente negativo dei cronisti - secondo cui il teutonicorum furor sarebbe stato di pessimo esempio e avrebbe finito per
incidere sulla decadenza della morale - conferma (al di là del topos particolarmente diffuso del mercenario violento e immorale, venditore di anima e corpo per denaro) la consapevolezza che essi stessi ebbero del cambiamento ormai in atto.
Del resto la documentazione ci restituisce numerosi nomi di stranieri (tedeschi in primo luogo, ma anche borgognoni, provenzali, catalani) fra i più noti e fidati collaboratori militari di Cangrande I. Proprio a uno di essi, il borgognone Ziliberto del fu Zaoliveto, nel 1328 egli fece infeudare l'ingente patrimonio appartenuto a Ezzelino III da Romano e un anno più tardi, in punto di morte, lo volle incaricare del delicatissimo compito di proporre ai consigli cittadini il conferimento dei pieni poteri ai suoi nipoti e successori Alberto e Mastino, cosa che infatti avvenne.
Altri collaterali degli Scaligeri furono il trevigiano Guecellone Tempesta, il reggiano Palmerio da Sesso, il bolognese Guglielmo Scannabecchi, gli emiliani da Fogliano, i trentini Castelbarco.
E capitani degli eserciti scaligeri furono i toscani Uguccione della Faggiola e Spinetta Malaspina, Cittadino da Rimini, il siciliano conte di Chiaromonte, il lombardo Lodrisio Visconti, il
tedesco Lutz di Landau, il romagnolo Giovanni Ordelaffi, fino all'estremo arruolamento (siamo ormai nell'estate del 1387) di Bernardo de la Salle.
Presenza diffusa, costante e qualificata, dunque, quella degli stranieri : il servizio armato dei cittadini, nonostante questo, non scomparve del tutto almeno sino alla fine della signoria,
come può testimoniare un episodio certamente anomalo, ma in qualche misura significativo, quale fu la leva di massa voluta nella primavera del 1387 da Antonio della Scala prima della battaglia
di Castagnaro. Una situazione del tutto diversa si venne a creare di lì a pochissimo con l'avvento del dominio visconteo (nell'ottobre dell'anno 1387) quando a Verona, non più capitale ma città
soggetta e ribelle, venne ovviamente tolta la facoltà di tenere un proprio esercito.


Silvana Anna Bianchi



Per un inquadramento generale dell'argomento trattato in questo articolo si vedano Ph. Contamine, La guerra nel Medioevo, il Mulino.
A.A. Settia., Comuni in guerra. Armi ed eserciti nell'Italia delle città, ed Clueb, Bologna 1993-non escludo ristampe-


inoltre, per la stesura ci siamo avvalsi di un inviato speciale intervistato proprio lìlì dove avvenirono tutti codesti marabili accadimenti, muso simpatico di mercenario [SM=x1140525], ci motteggia nel mentre affabula con il nostro intervistatore [SM=g27983]
[SM=x1140538]








[Modificato da Fulcherio; 04/08/2013 11:22]