Nell'anno del Signore 1449......
Era primavera e un timido sole era l'unica cosa che scaldava i cuori dei veneziani isolati e sparpagliati dovunque per i balcani,la loro splendida capitale non gli apparteneva più e le voci che provenivano dalla laguna parlavano di feroci massacri e inaudite violenze subite dalla popolazione.
I pochi veneziani rimasti guardavano ad ovest con la morte nel cuore e con grande amarezza si battevano il petto credendo,forse a ragione,che Dio stesso li avesse puniti per i loro peccati.
Ma come la primavera vince il gelo e fa rinascere la terra così tra gli esuli veneziani la speranza rifiorì.
Il Santo Padre Eugenio IV indisse una crociata su Tunisi,capitale dei crudeli hafsidi,responsabili di atroci crimini contro i civili e insozzamento dei luoghi sacri,in primis la Basilica di S.Marco.
Il Doge Pasquale Gritti non perse tempo e dal suo nascondiglio sulle montagne ordinò al Conciliere Barbus di prendere la croce e di scacciare i barbari invasori dal territorio veneto.
Eccitati dalla prospettiva di liberare i loro fratelli,le genti veneziane in esilio si arruolarono in massa sotto il vessillo del leone marciano al comando diretto del Conciliere.
Nei pressi di Trieste una grande battaglia ebbe luogo contro gli infedeli anche loro uniti sotto le insegne della loro fede;ma l'assoluta convinzione dei veneziani nel riscattare le loro colpe e riprendersi le loro terre fu più forte di tutto e misero in rotta l'esercito degli infedeli.
Da quel momento l'armata dei crociati,rinfrancata dalla vittoria, pareva inarestabile e capitolarono nell'ordine:Aquileia,Cividale,
Udine e Treviso.
Solo un'ultimo ostacolo si frapponeva alla completa riunificazione della Serenissima Repubblica:un piccolo ma determinato manipolo di infedeli,comandato da due brutali e selvaggi generali,bivaccava nella città patavina(Padova).
Ma ormai tutte le genti del Veneto erano inebriate dalle vittorie e anche i più timorosi accorsero ad assaltare l'ultima roccaforte hafside sino alla sua caduta. Ai generali che scamparono al massacro delle truppe venne tagliata la testa e il loro corpo dato in pasto ai cani con sommo divertimento della plebe ora libera dagli infedeli.
In tutto questo racconto vi chiederete perchè non venga citata la presa della ricca e gloriosa Venezia.Tale era infatti la prostrazione e l'amarezza nel vedere la loro un tempo prospera città ridotta ad un cumulo di macerie,che il Conciliere inviò di nascosto truppe a riprenderne possesso.
A ricordo delle migliaia di civili inermi caduti sotto le lame degli infedeli fu edificata la chiesa di S.Maria dei Miracoli a cui era rivolta la devozione dei cittadini veneziani.
Riunificato il Veneto il Doge meditò vendetta anche contro gli infedeli ragusini che si erano meritati la scomunica del Santo Padre per lo loro condotta blasfema.Fu così approntata velocemente un'armata con a capo Marco Zane promettente generale sloveno che, attraversando i desolati territori balcanici con pochi ma determinati pellegrini,conquistò prima Bihac e poi Drvar.Ora i soldati stanchi dalle fatiche e dalle battaglie non vollero andare più a Sud e volevano svernare in quelle lande aspettando l'estate successiva.
Ma il fido Zane che nel frattempo aveva preso il titolo di Cavalleresco,voleva continuare e andare fino alla capitale degli eretici,la ricca Ragusa.Lasciati allora i suoi uomini cavalcò con la sua guardia del corpo per centinaia di miglia incitando,di villaggio in villaggio,la popolazione a prendere le armi contro gli empi e oppressivi ragusini.Fu così che,radunato un possente esercito,marciò con baldanza alla volta di Ragusa sicuro della sua superiorità.
Ma Zane non aveva preso in considerazione il fatto che,anche se scarsamente difesa la città era comunque protetta da possenti fortificazioni e in una invidiabile posizione.Disperato,Zane guardò i suoi uomini e pensò che li aveva mandati a combattere una guerra inutile,attraversando centinaia di miglia per fermarsi davanti alle mura ragusine.Ma in suo aiuto arrivò un'ingegnere di nome Hagi Elbegì, proveniente dalle terre ottomane,che aveva di nascosto costruito una possente bombarda in grado di ridurre in cenere le mura nemiche.
Zane non perse tempo e gli diede tutto quello che aveva, ben 1500 fiorini, e assaltò la città prendendola in pochissimi giorni.
Ragusa era veneziana e la repubblica fu subito incorporata nei territori della Serenissima.Grandi feste si svolsero in tutta la repubblica per celebrare la caduta della prospera capitale.
Ma ben altre imprese giunsero in quel momento alle orecchio dell'attonito Marco Zane.....
Intanto nelle terre svizzere,sulla riva nord del lago di Como,il nobile Zusto di Castelfranco,ignaro degli accadimenti veneti,rifletteva sul da farsi.
Sapeva da fonti sicure che il Papa aveva indetto una crociata contro i barbari infedeli che tanto avevano devastato la sua terra ma da laggiù poco poteva fare per intervenire in quelle contrade.
All'improvviso giunse un cavaliere latore di pessime notizie.Costui riferì della caduta del Marchesato di Ferrara da sempre alleato della Serenissima e della spartizione di questo ad opera degli infedeli hafsidi e,con grande disappunto,anche dei toscani.
Neanche il Papa era contento di quello che era avvenuto e senza perdere tempo lanciò un'anatema sul Granduca toscano interdicendo tutti i suoi sudditi dalle funzioni religiose.
Zusto non perse tempo e con il chiaro intento di vendicare i suoi vecchi alleati ed amici,prese la croce e marciò verso l'Emilia alla testa di un possente esercito radunato per l'occasione.
Ma un'ostacolo ritardò la sua marcia. Mentre cercava di attraversare i valichi alpini ,si frapposero piccole schiere di soldati mantovani posti lì per cercare di fermare l'esercito crociato.
Zusto non indugiò.Anche se neutrali nei loro confronti,il loro atto di sfida era palese e mise velocemente in rotta i vili mantovani lanciandosi lui stesso alla carica con i suoi cavalieri.
Tolti di mezzo i mantovani le truppe crociate procedettero spedite verso il Po.Guadato il fiume e arruolate altre truppe per ingrossare il suo esercito,Zusto giunse nella notte nei dintorni di Reggio,ponendola sotto assedio.
Dopo un mese,la guarngione, infiacchita dalle malattie e dalla fame, venne attaccata e dopo un durissimo scontro l'esercito della Serenissima ebbe la meglio uccidendo il generale che comandava la città.La stessa sorte toccò a Modena che cadde dopo otto giorni,conoscendo già la sorte che era toccata a Reggio.
L'esercito crociato si era fatto più che valere e Zusto ne fu molto lieto poichè non avevano mai affrontato sfide così ardue.
In particolare due giovani capitani brillarono per valore ed abilità di comando:Romaso Contarini e Leon Battista Alberti a cui vennero affidate due missioni segrete.
Romaso fu mandato verso le coste toscane con l'intento di radunare quanti più uomini possibile in nome della Santa Croce.
Nel cammino verso il Tirreno trovò gli uomini che cercava e in un porticciolo rubò una flottiglia di navi con poco pescaggio,adatte più al costeggio che alla navigazione in alto mare.
Imbarcatosi sulla flotta insieme al suo esercito,non prima di aver mandato un pugno di uomini a prendere la stranamente vuota città di Massa,Romaso riflettè sul da farsi.
Raggiungere Tunisi pensava fosse impresa impossibile per quelle navi così gli venne in mente una folla idea....
Da anni la guerra con Napoli infuriava senza sosta e una soluzione andava trovata.Si dovesse anche perire nei flutti per trovarla.
Inoltre anche se numeroso il suo esercito era carente di armi d'assedio e mancava a bordo qualcuno che le potesse costruire.
Navigò allora silenziosamente fino al Golfo di Napoli e poi fino alla costiera amalfitana ma senza trovare neanche qualcosa che si avvicinasse ad una fionda.
Solo per caso trovò,ormai completamente sfiduciato,un'artigiano calabrese che aveva acquistato da anni delle strane armi chiamate ribault,costruite forse nel lontano Catai.Con queste nuove armi tornò indietro è sbarcò a Salerno radunando attornon a sè centinaia di ribelli napoletani ansiosi di sbarazzarsi del dispotico regno di Re Ladislao.Presa Salerno grazie alle nuove armi l'esercito di Romaso marciò finalmente su Napoli da lungo tempo nemica è in guerra perenne con Venezia.
Il Re di Napoli,non preoccupandosi dell'esercito avanzante,continuò a mangiare come un dannato;non per niente era famoso per i suoi banchetti in cui si diceva fosse in grado di mangiare mezzo golfo di Napoli in forma di pesce.
Quando le truppe veneziane diedero il via all'assedio era troppo tardi ed il Re perse gran parte del suo tempo a cercare di indossare la pesante armatura che era stata realizzata apposta per lui e che si diceva fosse in grado di contenere 4 uomini.La battaglia durò poco e l'esercito napoletano poco potè per contrastare la forza delle truppe veneziane.
Una sola carica di cavalleria uccise l'enorme Re Ladislao che, cadendo, si scavò da solo la tomba visto il suo incredibile peso esasperato anche dalla recente merenda che aveva fatto.
E in una candida mattina di maggio Napoli fu conquistata,il vessilo di S.Marco innalzato sul Maschio Angioino che fu ribattezzato Castel Ducale in omaggio al Palazzo di Venezia che non era più.
Alla città furono prese le opere di maggior valore ma si ebbe pietà dei poveri napoletani già maledetti dalla peste e da quel Re a cui evidentemente poco importava della sorte dei suoi sudditi.
Il buon Romaso che ben si meritò il titolo di Cavalleresco non toccò nessuno edificio marcando la sua differenza dai barbari del Sud..
Caduta la capitale del regno la stessa sorte toccò ai suoi resti:Benevento,Capua e Gaeta caddero sotto il dominio veneziano lasciando come sempre intatte le città del defunto regno angioino.
Romaso fu proclamato Doge di Napoli nel Duomo e il suo immenso esercitò pregò nella chiesa augurando la miglior sorte al suo sovrano a cui toccava ora prendersi cura dell'epidemia che sempre più violentemente affliggeva il Dogado.
Le grandi gesta di Romaso erano degne di entrare negli annali della Repubblica ma di non minore importanza furono quelle che compì Leon Battista Alberti.
A lui Zusto assegnò una missione dalle nobili intenzioni;riscattare dagli eterni nemici napoletani le terre che furono del nostro alleato, il Principe Orsini Del Balzo, esiliato e infine ucciso per aver prestato soccorso alla Serenissima nel momento del bisogno e per questo mai dimenticato.
Il giovane Leon Battista,percorrendo tutta la costiera adriatica, giunse infine nei pressi di Foggia.Grandi tumulti avevano luogo in quelle terre,avendo saputo i sudditi della morte del loro enorme Re e il crollo del dominio angioino.Ma le truppe napoletane reprimevano con grande ferocia quelle rivolte e Leon Battista si convinse ancor più della necessità di liberare le popolazioni pugliesi dal loro giogo.
Tutti gli uomini fedeli al loro legittimo Principe seguirono con fervore il generale veneziano che, vista la cronica mancanza di armi d'assedio,fu costretto a lasciare le Puglie alla loro ricerca.
L'unica direzione dove il comandante poteva volgere la sua flotta,appena reclutata, fu quella verso il sud doppiando lo stretto d'Otranto.
La sua ricerca fu però vana e da nessuna parte riusci a trovare quelle armi d'assedio di cui aveva un disperato bisogno e la sua ciurmaglia già dava segni di cedimento fisico e morale.L'unica sua speranza era di trovarle nella Calabria meridionale ma anche lì non trovò altro che un pugno di straccioni vogliosi di combattere e imbarcò anch'essi .L'esercito era ormai stanco di quel viaggio che pareva senza fine,credendo non a torto che non sarebbero mai riusciti a tornare nella loro terra natia.Tanto navigarono che una tempesta vicino allo stretto di Messina li incagliò lungo le coste siciliane.
Persa ogni speranza,il generale veneziano ordinò di riparare le navi e cercare ad ogni costo di ripartire al più presto onde non scontrarsi con i Siciliani,pericolosi alleati di Napoli.
Altri straccioni e delinquenti vennero verso le navi intravedendo la possibiltà di gloria e alla peggio la fuga dall'autorità dei Trastamara.
Leon Battista,spazientitosi di reclutare solo ingenti bande di mascalzoni invece di qualsiasi strumento in grado di rompere un muro, se ne stava quasi per andare lasciandoli al loro destino.
Ma si accorse che uno di loro trasportava armi ancora più strane di quelle trovate dal suo omologo in Calabria.Sembravano infatti forgiate nel fuoco dell'inferno per i danni e il clamore che esse facevano.
Senza perdere tempo Leon Battista le imbarcò sulle navi e senza speranza alcuna di tornare nelle Puglie la flotta fece vela a nord-est.
Ma incredibilmente i perigli della navigazione furono assai pochi e di breve entità e con la forza e la volontà che essi dimostrarono arrivano infine in vista di Otranto.
Là finalmente sbarcarono e senza indugi misero sotto assedio la città,sottomettendola rapidamente.
Davanti a loro si ribellarono tutte le città della Puglia e le popolazioni scesero in strada portando il vessillo dei Dal Balzo.
Lecce,Brindisi e,dopo un durissimo scontro Bari,furono redente da quello che rimaneva del dominio angioino.
Per ultima cadde Taranto e in quel giorno tutte le terre del defunto Principato furono unite sotto le insegne della Serenissima.
Nel Duomo un'immensa folla celebrò un Te Deum di ringraziamento per aver riscattato tutte le Puglie da un dominio che aveva esiliato il loro amato sovrano.
E proprio alla memoria di Orsini Del Balzo,Leon Battista ordinò di erigere una grande statua nella piazza del Duomo e tutto il popolo quando la vedeva abbassava gli occhi non sentendosi degno di guardare un sì grande uomo fedele fino alla morte ai suoi sudditi.
Si concludono così le gesta veneziane.Che siano esse foriere di una pace duratura e non di ulteriori giochi di potere!
Jacopo Rezzonico
da Feltre
Finalmente si dirà,il
Turno Napoletano:
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