Cronache del Regno d'Aragona

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Ramon Berenguer IV
00giovedì 6 agosto 2009 01:08
Full Campaign M/M
[SM=x1140501]
Mi accingo a scrivere questa cronaca della mia campagna con gli Aragonesi. Ho scelto la difficoltà media perchè secondo quanto letto nel forum, il gioco è molto più difficile del Medieval liscio, e quindi non vorrei trovarmi sconfitto dopo dieci turni di gioco, meglio fare pratica. Cercherò di mettere le immagini nella cronaca, ma non sono sicuro di aver ben capito come si fa; bè, ve ne accorgerete se ce la faccio.
Spero che le gesta dei prodi condottieri d'Aragona vi piacciano.
Ramon Berenguer IV
00giovedì 6 agosto 2009 01:46
PARTE I : "PERPINYA"

Nel 1155, il Regno di Aragona era una nazione frammentata, costituita dalle regioni di Aragona, Catalogna, Nuova Catalogna e Provenza. Il prestigio della casa regnante dei Berenguer era piuttosto buono, ma l’autorità emanata dalla figura dell’allora Re Ramon Berenguer IV non era molta.

Ramon Berenguer IV, Re d’Aragona

Egli governava da Barcellona il suo regno, con il sogno di renderlo una vera potenza europea. In quel frangente la situazione economica dell’Aragona non era brutta, ma andava migliorata. I primi provvedimenti presi dal Re furono quelli di incrementare l’agricoltura un po’ in tutte le province e di sciogliere la piccola flotta aragonese, che in quel momento era solo un peso per le casse statali, già gravate da ben altri impegni. Per quanto riguardava la politica estera, invece, il Re puntava a una cauta espansione. La prima mossa fu quella di stipulare un trattato di alleanza con i forti vicini del Regno di Castiglia e Leòn, favorendo anche il commercio tra le due nazioni e lo scambio di informazioni geografiche. Poi, lo sguardo dell’ambizioso sovrano si puntò a nord del suo quartier generale di Barcellona, verso la città di Perpinya, capitale di una fertile provincia in mano a un signorotto indipendente. Tutte le truppe aragonesi disponibili furono fatte convogliare su Barcellona, con l’intento di accumulare un’armata senza sostenere spese di reclutamento. A capo di questa armata, il Re pose un giovane generale fresco di adozione, Girard Perez. Questo esercito di conquista partì verso Perpinya nella primavera del 1156. Il Re sperava che le finanze tenessero, in modo da potersi poi trovare con una nuova provincia da cui ricavare proventi. Ma un messaggio giunto da Roma, costrinse il Re a impiegare molti fiorini in un modo del tutto imprevisto: il Papa esigeva la costruzione di una cappella a Tortosa. I lavori furono avviati. Tuttavia, la conseguenza più immediata fu che quando il generale Perez pose sotto assedio la città indipendente, i costi di mantenimento della sua armata abbatterono la non ancora stabile macchina economica aragonese; il bilancio andò in rosso. Fra il dover ritirare l’armata dall’assedio di Perpinya, e il dover aumentare le tasse, il Re scelse la seconda, sottoponendo le buone genti aragonesi a tassazioni spietate. La speranza era che Perez assaltasse presto le mura di Perpinya e la conquistasse, in modo da sistemare tutto. Tutti questi piani naufragarono nel 1157. In estate, infatti, essendo la guarnigione della città indipendente più forte della sua armata, il generale Girard Perez compì un atto di vigliaccheria e infamia devastante, e si ribellò alla corona d’Aragona con tutta la sua armata. Le conseguenze di ciò furono ben più negative di quanto ci si aspettasse: il Re rimase in uno stato di apatia alla notizia del tradimento del suo figlio adottivo, e si rinchiuse nelle sue stanze alla reggia, rifiutandosi di prendere qualsivoglia provvedimento, troppo sconvolto; pertanto il suo prestigio colò a picco. Inoltre, quando i suoi nobili cercarono di farlo reagire, il Re li offese, accusandoli di mettere in dubbio la sua autorità (peraltro quasi nulla) e insultandoli deliberatamente. Con tali premesse, si creò la minaccia di una possibile guerra civile. I nobili appoggiarono le richieste del popolo di avere una sede per le loro assemblee. Incredibilmente, la situazione andò migliorando in modo spontaneo; infatti, il fatto di non dover più pagare i salari dell’esercito di Perez, rintanato ora chissà dove, fece sì che nel 1158 il tesoro tornasse ad un livello dignitoso. Finalmente, poi, il Re si decise a riprendere il suo ruolo di guida. Si dice che ad incoraggiarlo fu un messaggio del Papa, che si compiaceva dell’avvenuta costruzione della cappella a Tortosa, e lo invitava a reagire alle minacce alla sua autorità. Dunque Re Ramon dispose che si ritornasse a un livello di tassazione normale, e concesse la Sede dell’Assemblea. Poi, con le finanze a un livello rassicurante, reclutò un’armata e vi si pose personalmente al comando. Lasciò l’amministrazione di Barcellona al suo nuovo figlio adottivo Cèsar de Albarracin. Nell’estate 1161, avvenne la partenza dell’esercito regio, che in gran sfarzo uscì dalla capitale accompagnata dalle urla della folla festante e nuovamente fiduciosa nel proprio Re. Nuovi trattati erano stati siglati, nel frattempo, di alleanza, commercio e reciproco scambio di informazioni, con l’Inghilterra, e di commercio con la Francia.
La nuova armata di conquista si diresse svelta verso Perpinya. Il Re prevedeva di raggiungere la città e lì di congiungersi con il suo figlio naturale nonché erede, il Principe Ramon Berenguer di Provenza; quest’ultimo aveva lasciato il comando della città di Ais al suo luogotenente Lucas de Jaca. Ma la sorte si accanì contro il Re. Appena entrato in territorio nemico, nell’attraversare un bosco che era stato ritenuto sicuro, l’intera armata reale fu colta di sorpresa da un’imboscata del traditore Girard Perez. Egli osava addirittura attaccare il suo patrigno! Lo scontro non fu facile. Le truppe aragonesi marciavano in colonna, e furono assalite dal fianco destro. Per dare il tempo ai suoi uomini di schierarsi rivolti al nemico, il Re cavalcò sul fianco dell’esercito traditore e ne attaccò i reparti di cavalleria leggera, sconfiggendoli e rallentando l’avanzata nemica.
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Il Re copre i suoi uomini mentre si dispongono in campo.

Dopo questo temporeggiamento, i nemici caricarono lo schieramento di fortuna aragonese. Gli arcieri, inutili a quella distanza, furono gettati nella mischia là dove ve n’era bisogno. Intanto, il Re assalì gli infidi arcieri nemici, falciandoli. E fu allora che Girard Perez con il suo seguito compì il peggiore dei suoi gesti: si scagliò contro il Re suo patrigno in persona, cercando di ucciderlo. Lo scontro fra le due cavallerie fu durissimo; la guardia del Re, che già aveva subito delle perdite, resisteva, ma era in svantaggio. Per fortuna, il fianco sinistro dello schieramento aragonese aveva respinto i nemici, e prestò aiuto al proprio Re. Così, nel caos di quel combattimento, perì il traditore Girard Perez, ucciso dalla mano di un anonimo fante. A questo punto, la battaglia volgeva a favore degli aragonesi, che iniziarono a respingere il nemico su tutto il fronte, mandandolo in rotta. Allora si scatenò un furibondo inseguimento dei traditori.
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La rotta nemica e l’impeto degli inseguitori aragonesi.

Ma questa foga, costò delle ulteriori perdite, giacché la cavalleria del fianco destro nemico, che aveva finto una rotta, si gettò sulla retroguardia dell’esercito ormai vincitore. Un intero reparto di coraggiosi si sacrificò fino all’ultimo uomo per impedire che gli ultimi cavalieri nemici arrivassero alle spalle degli impetuosi aragonesi impegnati nell’inseguimento.
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L’eroica resistenza degli ultimi dieci uomini della retroguardia.

Alla fine, però, anche quegli eroici furono vendicati, e la vittoria fu netta, nonostante le gravi perdite subite.
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L’esito dello scontro con l’armata di traditori di Girard Perez.

Nonostante la perdita di ¼ dell’esercito, Re Ramon proseguì la sua marcia verso nord, e assediò Perpinya, venendo raggiunto anche dal Principe suo figlio. Dato che dopo una sola stagione di assedio il bilancio del regno cominciava già a minacciare di entrare in zona rossa, il Re affrettò i tempi, e, montate delle macchine d’assedio, assaltò le mura della città. Decise di attaccare nottetempo, in modo che l’oscurità sfavorisse il meno esperto generale nemico. Probabilmente fu un errore.
La prima mossa del Re fu mandare avanti reparti di arcieri, affinché le frecce dei difensori fossero indirizzate prevalentemente contro di loro, e non contro gli infiammabili strumenti d’assedio.
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La pericolosissima corsa alle mura dell’armata aragonese.

Gli arcieri, coprirono impavidamente i loro compagni, ma si trovarono a dover rispondere a un fuoco di morte; nel cielo brillavano tante frecce incendiate, che parevano stelle.
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L’aspro scambio di dardi tra assediati e assedianti.

Gli uomini che portavano le scale raggiunsero le mura, e si accinsero a scalarle, ma dalla sezione muraria al di là del portale, una fiammeggiante visione sconvolse gli aragonesi: la loro torre d’assedio, prese fuoco, e gli uomini dovettero allontanarsi in fretta dal rogo per non bruciarsi.
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L’apocalittico spettacolo notturno.

Le mura sembravano sempre più difficili da conquistare. Il Re cominciava ad avere i primi dubbi, ma finalmente, i portatori di scale erano riusciti a ingaggiare combattimento con i difensori.
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La cruda lotta sulle mura.

Con la speranza che si propagava di uomo in uomo, il Re dirottò tutte le sue forze sul settore di muro invaso e sul portone abbattuto proprio in quel momento dall’ariete. Gli aragonesi si riversarono dentro le mura come furie vendicatrici, decisi ad annettere una volta per tutte la città al loro regno. Lo scontro fu duro, ma grazie al coraggio e alla vicinanza del Re e del Principe, i soldati portarono a casa la vittoria.
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L’assedio notturno costò caro.

Finalmente Perpinya cadeva in mano al Re aragonese; una mano generosa, pure, giacchè il Re risparmiò sia la popolazione che gli edifici, a dimostrazione della sua sincera volontà di governare equamente le genti locali.

TO BE CONTINUED...
Ramon Berenguer IV
00giovedì 6 agosto 2009 01:49
Ce l'ho fatta! Ho messo le immagini! A presto il continuo con la seconda parte: "La questione di Tolosa". [SM=g27963]
Comunque, veramente molto più interessante di Medieval liscio (a quest'ora la Castiglia mi avrebbe già tradito e disintegrato [SM=x1140442] ) complimentissimi ai creatori [SM=x1140430] .
The Housekeeper
00giovedì 6 agosto 2009 08:10
Spettacolare! Aspettiamo il seguito delle imprese di Ramon ;)
cristiano87.
00giovedì 6 agosto 2009 09:01
Davvero bravo!!! [SM=x1140531] Finalmente qualche cronaca aragonese!
total wer
00giovedì 6 agosto 2009 09:14
Bravissimo ,continua mi raccomando!!!
boboav
00giovedì 6 agosto 2009 10:23
giusto, tienici aggiornati
Ramon Berenguer IV
00venerdì 7 agosto 2009 23:15
Ramon Berenguer IV
00venerdì 7 agosto 2009 23:26
Sono felice che vi piaccia la mia campagna, è un motivo in più per continuarla! Comunque, ecco a voi la seconda parte (e scusate il post vuoto predente, avevo messo la seconda parte là, ma me l'ha cancellata tutta [SM=x1140438] ; fortunatamente la tenevo scritta su world [SM=g27961] ):

PARTE II: "LA QUESTIONE DI TOLOSA"

A seguito della vittoria di Perpinya, si produssero eventi inspiegabili: il prestigio della corona scese al minimo storico, mettendo i rappresentanti del popolo in una posizione avvantaggiata per chiedere la costruzione di una Sede del Consiglio. Ma stavolta, Re Ramon fu ferreo. Poteva anche non avere molta presa sul popolo, ma era un uomo caparbio e capace, ed era il Re. Avviò innanzitutto una politica economica fortemente indirizzata al commercio; a questo proposito potenziò le strutture commerciali con i fiorini che finalmente affluivano nel tesoro reale, dispose che si incoraggiassero le attività dei mercanti, e strinse un’alleanza con tanto di accordi commerciali e geografici con il Comune di Milano. Mentre il prestigio risaliva pian piano, il Concilio dei Nobili, richiese che fossero presi contatti con gli emissari del Sacro Romano Impero; questo desiderio fu esaudito, stipulando trattati commerciali. E nel 1166, il Re ottenne un nuovo seggio a favore nel Concilio, spostando leggermente i pesi sulla bilancia della politica interna. Poi, su suggerimento dei nobili stessi, fu avviata la costruzione di una flottiglia, che ebbe il suo varo andando a bloccare il porto della città indipendente di Cagliari. Le mire espansionistiche della Corona d’Aragona, puntavano ora verso la provincia di Tolosa; difatti, era un tassello indispensabile per creare un regno unitario, giacché, controllando Tolosa, il Regno d’Aragona sarebbe stato un continuum geografico e politico lungo la costa meridionale della Francia e quella nord-orientale della penisola iberica. Tuttavia, un imprevisto accadde: nel 1168, la potenza alleata castigliana, assediò Tolosa e la espugnò. Ora, come si sarebbe potuto ottenere quel pezzo di territorio? Non si potevano certo tradire gli alleati, anche perché, realisticamente parlando, erano più potenti dell’Aragona. Mentre questi problemi affliggevano Re Ramon, nuove notizie dall’oriente informarono che l’Islam avevano indetto una Jihad verso la città di Baghdad, controllata da dei corrotti emiri. Furono proprio queste notizie a suggerire un’idea al Principe Ramon, giovane di mente acuta, degno successore al trono. Difatti, egli pensò che la Castiglia avrebbe potuto accettare di scambiare Tolosa con un’altra città per ritenuta più interessante; e quale idea poteva essere migliore che quella di assaltare una della città moresche in Spagna? Il Principe riferì la sua idea al padre, che l’approvò pienamente, e l’autorizzò a formare un’armata per partire. Non solo il Principe fece ciò, ma conscio della situazione fragile del tesoro reale, ritenne che il Papa, buon amico del Re suo padre, avrebbe certo avvallato una proposta di crociata verso una città moresca. Dunque il piano era questo: formare un esercito, ottenere il beneplacito del Pontefice, e conquistare una città moresca, così da poterla scambiare con Tolosa.
Nel 1170, fu indetta la crociata verso Ichbilya, e il Principe partì da Tortosa, portando con sé anche il generale Alfons di Barcellona. Si unirono subito alla crociata anche il Regno di Polonia, il Regno di Francia, e quello d’Ungheria. Nel frattempo, fu stipulato un accordo commerciale con la Repubblica di Venezia. Proprio Venezia entrò nel 1171 in guerra con il Regno di Sicilia. Proseguendo la politica di diplomazia, la corona d’Aragona divenne alleata e partner commerciale della Polonia. La crociata aragonese, intanto, procedeva a rilento, molto a rilento. Gli uomini sembravano riluttanti a muoversi, come se l'ardore li avesse abbandonati, come se qualcuno li aizzasse contro il comando del Principe. Anche Venezia prese la croce, e i primi crociati ad arrivare alle mura di Ichbilya furono i Magiari.
Il 1172 si aprì con un buona e una in parte cattiva notizia: la buona era che nel Concilio, il Re aveva ottenuto un altro seggio a favore; quella in parte cattiva era che i Magiari avevano preso la città infedele, rendendo un favore alla croce, certo, ma invalidando tutti i piani aragonesi. A questo punto, il Principe poté indagare senza fretta sulle cause degli enormi rallentamenti e delle diserzioni nel suo esercito. Il motivo che venne a galla fu raccapricciante: l’ennesimo traditore! Alfons di Barcellona non voleva più essere leale a Re Ramon!
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Il giovane traditore Alfons di Barcellona.

Infuriato, il Principe esortò i suoi uomini a seguire la via della lealtà, e partì con un esercito nuovamente vigoroso e fedele lasciando il traditore con un piccola scorta in mezzo alle montagne, dato che rifiutava di muoversi. Il nuovo piano era conquistare Cordoba, al posto di Ichbilya, e senza crociate.
Nel 1173 giunse notizia che i Turchi Selgiuchidi avevano conquistato Baghdad, concludendo vittoriosamente la Jihad; inoltre, i nobili richiesero che la provincia delle isole Baleari venisse assoggettata alla corona. Proprio come mandato da Dio, giunse in famiglia un giovane generale, tale Llorenç de Montsò, che sposò Sibilla di Barcellona; a lui fu affidato il compito di riunire un’armata per attaccare la città di Maiorca. Intanto il Principe assediò Cordoba, e l’attaccò non appena gli strumenti d’assedio furono pronti. Memore della confusa battaglia notturna a Perpinya, il Principe condusse l’attacco in pieno giorno. Utilizzò la stessa strategia di cauta avanzata del padre, inizialmente.
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Il Principe Ramon Berenguer osserva le sue truppe che avanzano verso le salde mura di Cordoba.

Stavolta gli strumenti d’assedio giunsero tutti a destinazione, e, più o meno contemporaneamente, le porte furono abbattute, e le mura assalite su due fronti dagli scalatori e dagli uomini con la torre d’assedio.
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La fanteria crociata è la prima a sciamare sulle mura e a ingaggiare il nemico.

Nel combattimento sulle mura si distinsero particolarmente i fanti crociati, che non avendo potuto concludere la loro santa missione a Ichbilya, avevano seguito il Principe nel suo attacco a un’altra roccaforte moresca. Nei pressi del portone, gli avversari si fecero intraprendenti e tentarono una coraggiosa sortita contro le truppe aragonesi.
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Gli aragonesi non si fanno cogliere impreparati e respingono i coraggiosi cavalleggeri mori.

Presi dalla foga dello scontro, gli aragonesi si slanciarono all’interno delle mura inseguendo i fuggitivi, senza sentire i richiami all'ordine del Principe. Ed entrando in città, si trovarono a fronteggiare truppe nemiche fresche e in attesa dietro le porte. Per fortuna, grazie al pronto intervento della cavalleria e del Principe in persona, anche la resistenza al portone fu sgominata.
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L’impeto degli aragonesi infrange la cerchia di mori appostatisi dietro il portone.

Ormai anche le mura erano cadute in mano aragonese, e gli uomini si scagliarono avventati verso la piazza, sicuri di trovare ben poca resistenza. Ma nella piazza, attendeva il generale nemico in persona, con diversi reparti di cavalleria, ben organizzati e pronti a tutto.
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La resistenza estrema dei mori nella piazza di Cordoba.

Fu quello lo scontro peggiore della giornata. I troppo tempestivi fanti aragonesi furono colti in disordine dalla carica nemica, e lo scontro si risolse in un accanito e cruento corpo a corpo. Di nuovo il coraggioso Ramon di Provenza si gettò nella pugna per salvare quanti più uomini possibili con la sua cavalleria pesante.E proprio allora, una disgrazia colpì non solo l’esercito aragonese, ma la Corona stessa: un'anonima ed empia mano trafisse il petto del Principe, uccidendolo all'istante.
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L’erede diretto del Re muore nobilmente in battaglia.

Con la ferocia dovuta alla perdita del loro condottiero, gli aragonesi massacrarono senza pietà gli ultimi soldati mori, e nemmeno la popolazione scampò allo sterminio vendicativo dei soldati privi di comandante. Alla fine della giornate il bilancio delle vittime era pesantissimo, ma Cordoba era proprietà della corona d’Aragona.
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Le cifre parlano chiaro.

L'eroica morte del Principe Ramon, valse a qualcosa; il suo ultimo progetto, andò a buon fine; il Regno di Castiglia e Leòn accettò di scambiare Tolosa per Cordoba, non disdegnando anche una somma di 2000 fiorini da parte degli aragonesi. Ma al dolore che sconvolse il Re nella sua residenza a Perpinya, fu reso ancora più terribile da una beffa della sorte: il più vicino in linea ereditaria a Re Ramon era il traditore Alfons di Barcellona, che ancora rifiutava di muoversi da in mezzo ai monti nel bel mezzo della penisola iberica. Era lui il nuovo erede. Le fioche speranze dell'oramai sessantenne Re per il futuro del regno d'Aragona, erano riposte in uomini come l'acquisito generale Llorenç, che salpò nel 1175 da Tortosa, sbarcando nelle vicinanze di Maiorca e assediandola. E nel frattempo, gli aragonesi stipularono accordi anche con i Cumani, mentre i loro alleati milanesi incorrevano nella scomunica papale.
Finalmente quello d'Aragona era un regno unito, dalla Provenza alla Catalogna, e le isole vicine apparivano i più ovvi e sicuri dei possibili obiettivi di conquista. Ma la vicina morte del Re, e il diritto al trono di Alfons, avrebbero causato una guerra civile?

TO BE CONTINUED...
Ramon Berenguer IV
00venerdì 7 agosto 2009 23:58
Per la terza parte, credo che passerà un pò: primo, perchè devo andare avanti con la campagna; secondo, perchè domenica vado in vacanza, e non tornerò prima del 16. Quindi non crediate che abbia interrotto la campagna se non mi faccio vedere per un pò :)
cristiano87.
00venerdì 7 agosto 2009 23:59
Daje così [SM=x1140531] A morte il traditore bastardo!!!! [SM=x1140442] [SM=x1140442]
Ramon Berenguer IV
00sabato 8 agosto 2009 21:50
Questa terza parte è l'ultima che posterò prima di partire per le vacanze; spero sia soddisfacente.

PARTE III: "LA FINE DELL'INIZIO"

Nuovi sviluppi diplomatici sul piano internazionale, nacquero nel 1176: in Egitto, prese il potere la dinastia Ayubbide, con il sultano Salah-ad-Dhin; in Europa, invece, il Sacro Romano Impero entrò in guerra con i Magiari; essendo entrambe le nazioni amiche della corona d’Aragona, entrambe si aspettarono di essere appoggiate. La scelta del Re Ramon cadde sui Magiari, giacché non avevano fatto niente per meritare quell’attacco, e non conveniva mantenere un’alleanza con un regnante infido come l’Imperatore. Ben più vicina, scoppiò la guerra a lungo trattenuta fra Castiglia e Mori; ma lo stanco Re Ramon era ormai vicino alla morte, e cominciava a disinteressarsi sempre più del mondo, sviluppando tratti di misantropia che aveva sempre posseduto in maniera accennata. Verso la fine dell’anno, comunque, vi fu l’assalto alle mura di Maiorca. Nell’attacco, Llorenç provò a utilizzare una nuova strategia, dividendo in due parti l’esercito: un contingente più piccolo guidato da lui, avrebbe attaccato lateralmente, sulla porta ovest del castello, cercando di sfondarla; il resto dell’esercito, invece, si sarebbe scagliato verso le mura a sud, con scale e una torre d’assedio. In questo modo le forze nemiche si sarebbero divise, e se uno dei due lati dello schieramento fosse stato sopraffatto, le truppe aragonesi avrebbero potuto bloccare da due lati i nemici nel loro stesso rifugio. Così iniziò la battaglia. A ovest i nemici sembravano facili da espugnare, e il loro tiro dalle mura era fiacco.
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Il contingente che attacca la porta ovest, con la cavalleria di Llorenç alle spalle.

A sud era concentrato un maggior numero di truppe ribelli, che inflissero tutto sommato perdite limitate agli aragonesi in avvicinamento.
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A sud le cose sembrano procedere per il meglio.

I primi ad arrivare a contatto con il nemico furono gli uomini a sud; sfondato il portone, un paio di reparti nemici si scagliarono fuori, ma ricevettero una solenne batosta. Ma a quel punto fu chiaro a Llorenç che dietro la porta si nascondevano altri tre reparti ben armati e agguerriti; entrare era praticamente impossibile. Un senso di panico cominciò a impadronirsi degli aragonesi quando a sud, giunti gli uomini sulle mura, s’incontrò una resistenza durissima; sulle mura si combatteva con una violenza inaudita, e alcuni soldati cominciarono perfino a scappare. Llorenç capì che doveva assolutamente prestare soccorso ai suoi uomini a sud, ma per farlo occorreva vincere la resistenza a ovest. Lo stratagemma che applicò per sbloccare la situazione fu temerario, ma ebbe effetto. Il giovane generale si slanciò oltre il portone solo con il suo seguito, muovendosi nelle vie del castello, e tirandosi dietro i reparti nemici in agguato; a quel punto, la fanteria fu libera di entrare, e la resistenza nemica fu presa fra due fuochi.
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Llorenç carica i nemici voltatisi per fronteggiare la fanteria aragonese che sciamava oltre il portone.

Tuttavia, pure accerchiati, i nemici vendettero cara la pelle, e portarono con sé nella morte Llorenç in persona. All’esercito non rimaneva nemmeno più un capo. E a sud le cose peggioravano; sulle mura era in corso una vera e propria carneficina, e già diversi reparti erano fuggiti in preda al terrore. Gli uomini supersiti del seguito di Llorenç guidarono la fanteria verso sud, per prestare soccorso ai commilitoni. Quando arrivarono, orrende pile di cadaveri torreggiavano sulle mura.
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I mucchi di cadaveri, emblema della terribile carneficina avvenuta sulle mura.

Con i nuovi arrivati da ovest, sulle mura si riuscì finalmente a prevalere, ma a costo di ulteriori grandi perdite; tutto il seguito del defunto generale morì combattendo nelle strade. Quando fu chiaro che gli ultimi nemici rimasti si trovavano in piazza, i superstiti presero ad avanzare verso quell’ultima resistenza.
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Del fiero esercito iniziale, la maggior parte giace sulle mura di cinta del castello di Maiorca.

Un’altra sorpresa attendeva i sempre più demoralizzati aragonesi. Al centro della piazza c’erano due reparti di fanteria avversari, entrambi freschi e meglio equipaggiati. Con cautela estrema, quasi con rassegnazione, i vari manipoli di aragonesi, attorniarono la piazza da due diverse direzioni. Uno dei reparti nemici, perse la compostezza e si scagliò contro i soldati d’Aragona; la mischia si concentrò proprio sotto il maschio del castello.
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I combattimenti all’ombra del maschio del castello.

Alla fine, rimaneva il reparto del generale nemico, che, troppo codardo, non aveva soccorso i suoi uomini massacrati a pochi metri da lui. Con freddezza, ormai certi della vittoria, gli aragonesi si disposero tutt’attorno al nemico.
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Il generale nemico, circondato.

E quello fu l’ultimo combattimento.
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L’ennesima riprova dell’eccessivo costo in vite umane degli assedi.

La popolazione del castello non fu risparmiata. L’Aragona era uno Stato in crescita, ma in quanto tale era anche fragile. La politica di commercio proseguiva, e nuovi trattati vennero siglati con la Danimarca.
La scomunica per la condotta scellerata del Sacro Romano Imperatore arrivò presto, e non fu rimpianta la scelta di aver abbandonato l’alleanza con dei nemici del Santo Padre. Ma nel 1177, il Papa morì. Alle elezioni del nuovo pontefice partecipò anche il cardinale aragonese Domingo Ferrer; i tre preferati erano: Gawain di Ibelin, cardinale del Regno di Gerusalemme, Aston d’Inghilterra, e Manoel, cardinale portoghese. Il cardinale aragonese diede il suo voto ad Aston, e fu un bene, giacché egli fu eletto Papa, e prese il nome di Bernardu. A ogni modo, il nuovo Santo Padre, revocò le scomuniche che gravavano sui capo fazione tedesco e milanese. In verità, poco tempo dopo l’Imperatore fu scomunicato nuovamente.
E nell’inverno del 1177, terminò la vita di Re Ramon Berenguer IV; al suo funerale, il popolo partecipò in modo frammentario. Re Ramon non era stato un sovrano amato dal popolo, ma era stato il primo Re ad aver dato al Regno d’Aragona qualcosa di più di un dominio diviso e debole. Non aveva fatto grandi cose, ma se altri regnanti un giorno ci fossero riusciti, sarebbe stato grazie anche alle solide basi gettate da Re Ramon.

TO BE CONTINUED...
Roze
00domenica 9 agosto 2009 10:15
[SM=x1140531]

molto bella l'immagine del generale circondato [SM=g27963]
total wer
00domenica 9 agosto 2009 11:06
bravo !!!!!
boboav
00mercoledì 12 agosto 2009 15:27
spero che continuerai ad aggiornarci(che versione di BC hai...5.1 o 5.0 o 5.1.1, hai dei minimod installati???)
Ramon Berenguer IV
00sabato 15 agosto 2009 23:02
Eccomi tornato dalle vacanze! Riprenderò presto la cronaca, devo solo andare un pò avanti con la campagna, poi posterò il prossimo capitolo. Grazie ancora per i complimenti e l'incoraggiamento.
Per boboav: ho installato Bellum Crucis alla versione 5.1.1, ma non ho minimod (ho provato a mettere il Superpack 2.0 all'inizio, ma non mi funzionava, quindi ho lasciato perdere). A presto... [SM=g27963]
boboav
00lunedì 17 agosto 2009 08:39
tienici informato
sangiovannievangelista
00martedì 18 agosto 2009 13:06
[SM=x1140429]
Bravissimo, una cronaca estremamente affascinante e dalle immagini bellissime [SM=x1140512]

Grazie e spero che tu continuerai.

Grande [SM=x1140429]
Ramon Berenguer IV
00giovedì 20 agosto 2009 23:00
Allora, ci sono stati sviluppi in campagna; credo che domani, o al limite dopodomani, posterò la parte IV: "Il nuovo ordine". Grazie ancora a tutti. [SM=x1140430]
boboav
00venerdì 21 agosto 2009 08:38
grazie a te!!!
Ramon Berenguer IV
00venerdì 21 agosto 2009 16:39
Ecco il nuovo capitolo, al quale ho cambiato il nome, non è più "Il nuovo ordine", bensì:

PARTE IV: "SOTTO IL REGNO DI ALFONS"

Non ci furono dispute per la corona. L’erede legittimo era Alfons, nessuno poteva contestarglielo; si poteva solo temerlo. Egli rifiutò di presentarsi a Barcellona; per ora gli andava bene restare in mezzo alle montagne con la sua piccola scorta. Ci fu chi pensò che si doveva tentare di assassinarlo, ma non ci fu mai un vero tentativo in questo senso. C’era chi guardava più al futuro successore di Alfons che a lui stesso; infatti, anche se era appena diciassettenne, il giovane Principe Raimond si era già guadagnato i favori del popolo con la sua cavalleria. Re Alfons si decise a tornare nel Regno solo nel 1178; e la sua prima azione da Re fu quella di imporre al suo erede, nonché rivale, di partire nella crociata che il Papa aveva appena indetto verso Cagliari. In realtà, era stato lo stesso Alfons a suggerire a sua santità dove indirizzare la nuova crociata. Il Principe non si fece pregare; reclutò i suoi uomini e partì in nave da Barcellona; in inverno era già alle porte di Cagliari, e la assediava. Il Re, intanto, fece firmare accordi commerciali con il Principato di Novgorod, e nel 1179 si stabilì a Saragossa. Lì tenne un discorso pubblico. Annunciò che ciò che lo aveva spinto a ribellarsi al precedente sovrano, era stato il fatto che non approvava il suo modo di condurre il Regno. Ora che il Re era lui, le cose sarebbero cambiate. E ovviamente, il pragmatico Re Alfons non parlava a vanvera. Giudicò che le città e i castelli d’Aragona non fossero pronti a resistere in caso di guerra. Dunque avviò ovunque lavori mirati a costruire nuove caserme e fortificazioni. Raimond e i suoi crociati erano l’esempio di questo nuovo ordine voluto dal nuovo Re; non si dovevano affrettare a prendere Cagliari, ma potevano protrarre il tempo dell’assedio, evitando perdite inutili. Così, l’assedio della città moresca continuava, e nel 1180 la flottiglia aragonese ottenne anche una piccola vittoria navale contro delle navi moresche al largo della Sardegna. L’anno seguente Dio chiamò a sé Papa Bernardu. Le nuove elezioni videro cadere la scelta dei cardinali sul castigliano Domingo l’Eterodosso; anche stavolta il cardinale aragonese aveva votato per il candidato giusto.
Raimond e i suoi crociati entrarono vittoriosi a Cagliari nel 1182; la città si era arresa, e onorevolmente, il Principe proibì ai suoi soldati di indulgere in qualsivoglia forma di violenza o saccheggio. Sembrava proprio che il Regno d’Aragona affrontasse un periodo di tranquilla espansione. Ma naturalmente, la cosa non poteva durare. E difatti, in inverno il Regno di Castiglia e Leòn aggredì quello d’Inghilterra. Entrambi erano alleati d’Aragona; entrambi erano più potenti; ma solo la Castiglia rappresentava un autentico pericolo per gli aragonesi; e Re Alfons scelse di mantenere i legami d’amicizia con gli inglesi. Ora sì che si profilava un uragano all’orizzonte. Gli emissari aragonesi, alla continua ricerca di nuovi amici, strinsero patti di alleanza e commercio con lo Stato Crociato di Gerusalemme. Inoltre, si tentò di stabilire legami di amicizia anche con una fazione musulmana, quella dei Turchi, ma gli infedeli preferirono non avere alcuna relazione con i loro nemici religiosi. A Re Alfons, invece, l’idea di essere nemici solo perché di fede diversa, non andava proprio giù, tanto e vero che riuscì a siglare una tregua da tempo auspicata con gli antichi nemici Mori.
Nel 1183, prevedendo di lì a poco lo scoppio di ostilità con i castigliani, Re Alfons fece spostare truppe dalle città più sicure del regno verso il confine costituito da Saragossa e Tortosa. E fu proprio allora che la Castiglia tradì l’alleanza con la corona d’Aragona: uno dei contingenti di rinforzo fu aggredito, ma riuscì sveltamente a ripiegare verso Saragossa. Ormai era guerra. Il nuovo anno portò con sé buone e cattive notizie: le buone erano che i regni di Polonia, Ungheria e Gerusalemme, avevano dichiarato guerra alla Castiglia, scegliendo di essere solidali con gli aragonesi; le cattive erano che i Francesi avevano approfittato della guerra fra Inghilterra e Castiglia, per attaccare a loro volta gli inglesi. Questi ultimi non si trovavano in una buona situazione, giacchè avevano perso l’Aquitania, e sebbene avessero tentato di riconquistarla, avevano fallito l’assedio. In più, la situazione aragonese non appariva rosea. Numerose e potenti armate castigliane si aggiravano intorno a Saragossa, guidate da eminenti membri della famiglia reale, fra i quali perfino il Re Sancho III.
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Il brulicare di nemici nelle regioni di confini del Regno d’Aragona.

Il Concilio dei Nobili, sostanzialmente mantenne la calma con lo scoppio della guerra, ma il vantaggio prima accumulato a livello di seggi da parte del Re, scese, poiché il Gran Balivo ritornò ad avere un atteggiamento neutrale.
La situazione non esplose fino al 1185, quando il generale aragonese Gonçalo d’Aragona, prese con sé l’armata di Tortosa e si diresse verso nord, con l’idea alquanto audace di sottrarre Iruna al Regno di Castiglia e Leòn. Ma una delle armate nemiche, vista Tortosa sguarnita, l’assediò. Gonçalo ritornò rapidamente sui suoi passi e ruppe l’assedio, inseguendo poi l’armata di assedianti che si ritirava. La battaglia fu rapida e pressocché indolore per gli aragonesi. Prima i nemici provarono a mandare avanti reparti di pinete per infastidire le truppe di Gonçalo, ma la linea di balestrieri da egli schierati, annientò completamente quella manovra.
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I jinetes castigliani diventano puntaspilli sotto il tiro dei balestrieri d’Aragona.

Poi, l’esercito di Castiglia provò a usare dalla distanza il fuoco delle balliste, portando nel frattempo in avanti il resto delle truppe, ma ancora una volta Gonçalo non si fece cogliere impreparato, e mandò reparti di cavalleria a eliminare la minaccia.
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I jinetes aragonesi emergono dalla boscaglia massacrando gli operatori delle balliste.

Infine, visto ciò, i nemici si fecero prendere dalla foga e attaccarono in maniera inconsulta, spezzando in due il proprio esercito e facendolo finire malamente accerchiato dagli aragonesi trionfanti, che carpirono facilmente la loro prima vittoria della guerra. Contando poi le perdite, ci si accorse che solo 40 uomini erano stati uccisi dai nemici, e questo alzò il morale, visto che ormai gli aragonesi avevano fatto il callo all’inutile spreco di vite negli assedi. Detto questo, il nascente ottimismo della corona d’Aragona, ricevette subito un duro colpo quando Ferdinando II di Leòn, inosservato, spostò il proprio esercito a nord e assediò Tolosa nel 1186. Ora, Tolosa era ritenuta sicura dagli aragonesi perché lontana dal fronte principale, quindi era presidiata da poche e mal armate truppe, mentre i nemici che facevano capolino alle sue porte, erano duri e temprati combattenti. I nemici, dunque, si prepararono con tutta calma, e poi assaltarono il castello.
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L’esercito di Castiglia fuori alle porte di Tolosa.

Inizialmente, i nemici bersagliarono distrattamente le mura con le balliste, poi si decisero finalmente a mandare avanti l’esercito con un ariete, una torre d’assedio e delle scale. Il comandante aragonese Bernon Companys, sapendo di non avere alcuna chance di resistere alle mura, si ritirò direttamente nella piazza, lasciando indietro solo dei reparti di arcieri. Questi ultimi riuscirono tenacemente a dare fuoco alla torre d’assedio, intimidendo almeno un po’ i nemici.
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Il tiro dalle mura porta alla distruzione della torre d’assedio nemica.

Quando l’ariete nemico arrivò a battere sul portone del castello, anche gli arcieri ripiegarono in piazza, mentre già i nemici scalavano le mura con le scale. Una fiumana di castigliani si riversò in strada allorché le porte cedettero.
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Un nutrito gruppo di nemici entra nel castello.

Il generale Bernon fece tirare un paio di poco efficaci salve agli arcieri della piazza, poi ordinò di combattere fino all’ultimo uomo contro gli invasori. Non ebbe da attendere molto, che i castigliani arrivarono urlando smaniosi di sangue.
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Le truppe aragonesi tentano in qualche modo di resistere ai nemici.

Fu una fine lenta e terribile; le grida di agonia riempirono l’aria, ma la cosa peggiore era che per la quasi totalità provenivano dai soldati aragonesi, che venivano macellati senza pietà nella piazza di un castello che già tempo prima era appartenuto al Regno di Castiglia. Il generale Bernon non resistette a lungo, cercando disperatamente di cambiare da solo le sorti dell’impari scontro. E il massacro procedette, anche dopo la sua morte.
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Ormai la resistenza aragonese avviene a gruppi, e i nemici combattono anche in sette contro uno.

Fino all’ultimo, come era stato loro ordinato, gli aragonesi combatterono, ma alla fine furono sconfitti. Dei 430 uomini in difesa dei possedimenti della corona d’Aragona, non uno era stato risparmiato.
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Il conto delle perdite dei due schieramenti.

Dopo la conquista, i castigliani si abbandonarono a un rivoltante saccheggio. Spronati da questa vittoria, inoltre, i nemici furono guidati dal loro Re Sancho all’assedio di Saragossa. Prontamente, Gonçalo si recò in aiuto del Re Alfons, e nelle piane poco lontane dalle mura della città, si vennero a fronteggiare in una battaglia campale dall’esito decisivo 1858 aragonesi e 1193 castigliani. Se i vincitori fossero stati gli aragonesi, dopo avrebbero potuto conquistare facilmente la sguarnita Iruna, anche se si sarebbe dovuto provvedere a difendere il nord del regno dai molti nemici presenti a Tolosa; ma se a vincere fossero stati i castigliani, il Re sarebbe è probabilmente morto, Saragossa caduta, e tutto il regno, lasciato alla mercé del nemico.

TO BE CONTINUED...

Picchiere fiammingo
00venerdì 21 agosto 2009 20:50
Complimenti per il racconto! Mi raccomando, devi vincere la battaglia [SM=g27960]
Trovo molto interessanti queste cronache perchè hanno per protagonista un regno circondato da vicini più potenti, che rendono più avvincente la sfida [SM=g27964]
The Housekeeper
00sabato 22 agosto 2009 09:55
Con gli Aragonesi vengono sempre fuori campagne molto avvincenti!
Ramon Berenguer IV
00lunedì 24 agosto 2009 23:15
PARTE V: "LA BATTAGLIA DI SARAGOSSA"

L’armata di Gonçalo e quella del Re Sancho di Castiglia, furono le prime a trovarsi faccia a faccia. Re Alfons, con i suoi rinforzi, sarebbe presto giunto da Saragossa, mentre il capitano Mallobo, con i rinforzi castigliani, era altrettanto vicino.
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Le forze in gioco.

Il clima era quello tipico di una calda giornata estiva; il sole splendeva alto, facendo brillare le armature e rischiarando gli stemmi sulle bandiere e le vesti. E ovviamente, il caldo affaticava gli uomini. Gonçalo non aveva intenzione di aspettare il Re per iniziare il combattimento, perché per quando egli sarebbe arrivato, di certo anche i nemici avrebbero avuto i loro rinforzi, e per di più quei rinforzi provenivano proprio da dietro lo schieramento aragonese, che si sarebbe potuto trovare nella pessima situazione di un attacco su due fronti. Dunque, lo schieramento approntato dal coraggioso generale d’Aragona, vide in prima linea balestrieri e arcieri in gran numero, che dovevano far piovere i loro dardi sui nemici per scompigliarli e decimarli; in seconda fila c’era la fanteria, in un’unica robusta linea, pronti a gettarsi nella mischia; infine, la cavalleria leggera dei jinetes, era stata divisa in due gruppi, uno più numeroso sulla sinistra, e uno meno numeroso ma supportato dal generale in persona, sulla destra.
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Gli schieramenti iniziali.

I nemici cominciarono ben presto a portarsi avanti con i tiratori, facendo così iniziare un logorante e tesissimo scambio di proiettili fra i due eserciti.
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La compostezza dei tiratori aragonesi mentre scambiano i biglietti da visita con gli avversari.

In questa fase, i castigliani mantenevano la fanteria e la cavalleria, costituita da due reparti di cavalleria del generale, sul retro dello schieramento. Osservando ciò, Gonçalo diede il segnale che la cavalleria avanzasse leggermente su entrambi i fianchi, mettendosi in una posizione dalla quale poter minacciare i tiratori nemici. Questa manovra non passò inosservata presso i comandanti avversi, e il giovane generale castigliano che accompagnava il suo Re, partì arrogantemente alla carica con i suoi cavalieri, in cerca di gloria.
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L’impetuoso giovane attendente castigliano si scaglia verso Gonçalo in persona.

Questa mossa azzardata e di poca logica, fu però imprevista, e Gonçalo si trovò abbastanza in difficoltà. Inoltre, parve improvvisamente che tutta la fanteria arretrata dei nemici volesse puntare verso di lui. A questo punto, il generale aragonese, suonò il corno di avanzata, e, mentre i tiratori retrocedevano, la fanteria prese ad avanzare minacciosa, lanciando insulti. Ovviamente, i nemici dovettero rinunciare a soccorrere il povero pazzo che solo aveva caricato due reparti aragonesi, e si diressero disordinatamente nella conca verso la quale convergevano le fanterie d’Aragona.
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Si nota l’avanzata reciproca dei due schieramenti, mentre in lontananza, Gonçalo ha quasi finito di annientare il reparto che lo aveva attaccato.

Le masse di fanteria di entrambe le parti accelerarono, diventando sempre più frenetiche, come intuendo che il vincitore del loro scontro avrebbe ottenuto la vittoria assoluta. E l’aria si riempì all’improvviso del tuono degli scudi e delle mazze, delle spade e degli elmi, mentre gradualmente il combattimento diventava un macello.
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Lo scontro della fanteria.

Dalla parte opposta del campo di battaglia, Gonçalo uccise il suo rivale, e con l’aiuto di alcuni fanti mandò in rotta l’ala sinistra nemica.
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I primi fuggitivi fra i nemici.

Mentre accadeva ciò, gli arcieri aragonesi presero posizione alle spalle dei loro commilitoni per cercare di rallentare l’avanzata dei rinforzi castigliani ormai giunti.
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Raffiche di frecce vengono spedite verso i nuovi nemici in arrivo.

Il Re di Castiglia, intanto, notando che sul fianco destro aragonese c’erano i jinetes pronti a caricare alle spalle i suoi soldati, si diresse al galoppo verso la minaccia. I jinetes aragonesi si prepararono ad arretrare mentre scagliavano giavellotti sul Re nemico, ma non dovettero farlo; infatti, Sancho di Castiglia invertì la direzione della sua cavalcata per assalire il lato destro dello schieramento aragonese, che si stava piegando in modo letale verso i castigliani impegnati a combattere i loro compagni sulla sinistra. Fu allora, che la battaglia giunse al suo punto di massima tensione; Gonçalo e i suoi uomini sulla sinistra, caricarono il Re nemico che mieteva le vite dei prodi balestrieri aragonesi.
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La carica di Gonçalo.

E chi ebbe la peggio fu Re Sancho, soverchiato dagli uomini d’Aragona. E così il traditore dell'alleanza ebbe tutto il tempo di rimpiangere il suo gesto all'inferno.
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Cade trafitto da ogni parte, Re Sancho III di Castiglia.

A questo punto, la battaglia fu tutta in discesa per gli aragonesi. La fanteria nemica fu chiusa in una sacca, i tiratori ingaggiati dalla cavalleria, ma prima ancora che risuonassero i gridi di vittoria, gli armati guidati da Re Alfons, spuntarono da dietro un colle, piombando veloci nella zona dello scontro.
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L’arrivo degli uomini del Re.

E a quel punto i nemici avviarono un fuggi fuggi generale, dimentichi dei loro rinforzi, ancora freschi, che venivano tuttavia trattenuti da un manipolo di impavidi arcieri aragonesi.
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La rotta di ciò che rimane del corpo principale dell’armata castigliana.

E allora, la sete di vendetta degli aragonesi, i cui pensieri guizzavano allo spietato massacro dei loro connazionali a Tolosa, si rivolse verso i castigliani che dovevano essere rinforzi, ma che ora erano soli.
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I nemici, incerti se fuggire o combattere, non si mettono nemmeno in formazione all’avanzata aragonese.

Ma i castigliani ne avevano abbastanza, e presero a indietreggiare, scagliando qualche velleitario dardo di sfida agli aragonesi; e questi non si fecero pregare, ma si scagliarono addosso ai nemici, rompendone subito la volontà di combattere, e volgendoli in fuga. Eppure non si placarono gli aragonesi, che inseguirono i nemici, ben decisi a non lasciar loro la possibilità di costituire una minaccia in futuro.

L’inseguimento.

E mentre tutto volgeva alla fine, e gli ultimi fuggitivi castigliani venivano raggiunti e atterrati, i corvi iniziarono a scendere sui grossi mucchi di cadaveri disseminati nei prati.

Il terreno ricoperto di morti.

Re Alfons poteva giustamente considerarsi soddisfatto. Aveva vinto una battaglia importante, e aveva mostrato ai castigliani che non c’era da scherzare con le genti d’Aragona, chè i traditori pagavano.

Re Alfons cavalca nella zona dello scontro, riunendo le sue truppe.

E quando si iniziò a conteggiare le perdite, ci si accorse che la vittoria era tanto più grande, giacché non troppi erano gli aragonesi che avevano perso la vita nella battaglia, ed erano anzi sicuramente pochi in confronto ai morti castigliani.

Le stime dopo lo scontro.

Alla fine della battaglia, i numerosi prigionieri castigliani furono massacrati, come monito al prossimo Re di Castiglia, affinché ricordasse chi era Re Alfons di Castiglia: un uomo duro, non esattamente malvagio, ma profondamente vendicativo.
Inoltre, ora la via verso Iruna era sgombra, e Gonçalo, forte della nuova fama di gran condottiero acquisita, vi si diresse senza indugi con il suo esercito.

La via verso Iruna.
Ramon Berenguer IV
00martedì 25 agosto 2009 00:23
Chiedo scusa se molte delle immagini non si vedono; il fatto è che la prima volta che ho postato la battaglia, mi si è cancellato tutto. Ho rifatto tutto daccapo, postando a mano a mano e facendo "edit", ma per le immagini mancanti, mi è uscito scritto che era passato troppo tempo, e non potevo più modificare il post. Quindi purtroppo, le immagini mancanti non si possono vedere.
-Dany79-
00mercoledì 26 agosto 2009 12:35
bellissimo AAR!
The Housekeeper
00mercoledì 26 agosto 2009 13:24
Molto belle le immagini!
Ramon Berenguer IV
00giovedì 27 agosto 2009 21:03
PARTE VI: "LA PACE?"

Dopo l’importante vittoria nei pressi di Saragossa, la via per Iruna era dunque sgombra di ostacoli, e Gonçalo, ripristinate le fila del suo esercito, vi si diresse immediatamente.
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La zona intorno a Iruna è completamente priva di nemici.

Purtroppo, pessime notizie giunsero da Cagliari. Un’enorme armata siciliana, aveva posto l’assedio alla città. Tuttavia, incredibilmente, quasi subito arrivò da Re Alfons un messo del Regno di Sicilia, chiedendo di cessare le ostilità; pensando che probabilmente ciò era dovuto a una intimazione papale, il Re d’Aragona accettò con piacere. Data la positiva situazione del regno, in Concilio, la posizione del Re si rafforzò con l’acquisizione di nuovi seggi a favore, che ora, dunque, ammontavano a nove. Inoltre, Gonçalo arrivò alle porte di Iruna e le assediò; i pochi resistenti si erano asserragliati nel castello, così l’esercito aragonese dovette attaccare.
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Gli aragonesi minacciano il castello di Iruna.

I soldati erano di ottimo umore, con una facile vittoria a portata di mano, e la battaglia procedette veloce; i tiratori si recarono sotto le mura e aprirono un tremendo lancio di proiettili verso i pochi nemici sulle mura.
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La corsa dei balestrieri d’Aragona verso le mura nemiche.

In tal modo risultò facilissimo agli uomini che portavano le scale impadronirsi delle mura. Poi il portone fu sfondato dall’ariete.
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L’accesso al castello è garantito.

Gonçalo guidò con calma le truppe entro le mura, ormai sotto controllo.
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Gli aragonesi la fanno già da padroni, ed entrano con tranquillità.

A questo punto, l’unica resistenza rimasta era quella del generale nemico, Amerigo di Castiglia, arroccato in piazza; egli fu circondato dalle truppe aragonesi, e Gonçalo gli intimò d’arrendersi. Il pavido castigliano, non si fece pregare, ed ebbe salva la vita insieme ai diciannove uomini del suo seguito (un ventesimo cavaliere fu ucciso da un balestriere mentre tentava di ribellarsi). La popolazione della zona non fu in alcun modo importunata, e la regione pirenaica passò completamente sotto il controllo dell’Aragona. Nuove armate castigliane erano arrivate da sud, nel frattempo, ma gli aragonesi erano ben trincerati nelle loro posizioni, e quando i messi del Re proposero la tregua, il nuovo Re di Castiglia e Leòn, non poté che accettare.
Nel 1189 venne stipulato un trattato di alleanza con i Mori, con i quali, in teoria, non c’era più motivo di contesa. Con la situazione di pace venutasi a creare, Re Alfons fece edificare torri di guardia lungo i perimetri dei territori del regno, onde meglio prevenire le invasioni nemiche. E in tutto questo, l’economia aragonese non riusciva a decollare. Comunque, in inverno, si tennero nuove elezioni papali; a concorrere per il soglio pontificio, c’era anche il cardinale aragonese Sancho de Empuries, ma saggiamente, egli votò il candidato magiaro, Ulaslzò l’Eterodosso, che divenne il nuovo Papa Gianni. Il periodo di pace procedette, e Re Alfons cominciò a pianificare la conquista della Francia meridionale, in mano ai castigliani.
Le uniche note degne di nota di quegli anni pacifici, ma ristretti economicamente, furono la proclamazione di una crociata verso il Cairo, crociata che ben presto divenne la più imponente mai avvenuta, alla quale presero parte quasi tutte le fazioni cristiane; altro avvenimento importante fu la scomunica del Re di Castiglia; infine, nel 1191, ci fu il tradimento dei Mori, che in forze attaccarono Cagliari. Fu uno scontro impari, e caratterizzato da una grande violenza. I 329 aragonesi del Principe Raimond, erano ben decisi a proteggere la città e il loro Principe; tuttavia, non poterono resistere alla schiacciante superiorità numerica dei traditori.
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Dalle mura di Cagliari, lo spettacolo è scoraggiante.

I nemici arrivarono da ogni lato delle mura, e infransero anche il portone, piombando in città. Il Principe si scagliò alla carica, cercando di arginare l’entrata dei nemici, ma perì, soverchiato.
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L’ondata degli infedeli è inarrestabile.

I soldati sulle mura resistettero combattendo per nient’altro che la propria vita, dato che in tutta la città sciamavano i Mori. E proprio nei combattimenti sulle mura, si formarono mischie furibonde, dove soldati aragonesi feriti in decine di punti, abbattevano molti mori a testa, pur di vivere ancora un po’.
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Alcune scene del combattimento sulle mura.

Alla fine, la città cadde, ma per prenderla i Mori persero la metà del loro imbellettato esercito. Il nuovo erede del Re Alfons divenne il senza dubbio meritevole Gonçalo.
La situazione restò immutata fino al 1193, anno in cui, stabilita una rete di spie e informatori in territorio nemico, e studiato il modo migliore di attaccare, l’invasione delle province castigliane in Francia meridionale ebbe inizio.


Ramon Berenguer IV
00domenica 30 agosto 2009 23:54
PARTE VII: “L’INVASIONE”

Nel 1193, fu avviato il piano che prevedeva l’invasione della Francia meridionale; Re Alfons, che aveva discusso personalmente quel piano con i due generali che avrebbero guidato l’invasione, confidava che quelle conquiste avrebbero reso più facile la guerra con la Castiglia, giacché avrebbe ridotto i fronti di combattimento a uno solo. Il piano prevedeva che da Perpinya partisse il giovane generale Barò Folch de Cardona, che con un esercito enorme, avrebbe puntato sul castello di Tolosa, assediandolo e conquistandolo velocemente. Altrettanto velocemente, avrebbe dovuto agire il Principe Gonçalo, che sarebbe partito da sud ovest, e avrebbe puntato la città di Bordeu; l’esercito del Principe era più piccolo, ma egli aveva con sé quattro balliste, i primi marchingegni bellici utilizzati dall’Aragona.
Inizialmente, tutto andò per il meglio: Barò assediò Tolosa mentre Gonçalo s’avvicinava a Bordeu; Tolosa cadde nel 1194, dopo un facile scontro contro i pochissimi difensori. Invece, Gonçalo arrivò al suo obbiettivo, ma non poté attaccarlo, giacché la rete di spionaggio aragonese non si era riuscita a infiltrare in città, e dunque il Principe d’Aragona aveva scoperto solo arrivando che i nemici disponevano di ottime truppe guidate dal Principe Domingo di Castiglia. Gonçalo mantenne l’assedio, attendendo rinforzi. Fra l’altro, il bilancio di stato, andò in rosso prestissimo, non essendo in grado di mantenere tante truppe in territorio nemico. Contemporaneamente, a sud, un’armata castigliana assediava Tortosa, mentre una seconda forza si dirigeva a nord, oltrepassando i Pirenei. Il problema di Tortosa fu risolto rapidamente; da Saragossa arrivarono subito rinforzi, che ingaggiarono battaglia con le truppe nemiche. Lo scontro presentò qualche difficoltà più del previsto; mentre le truppe di rinforzo aspettavano gli amici proveniente dalla città, i castigliani ruppero gli indugi, approfittando della momentanea superiorità numerica.
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Le truppe aragonesi si schierano davanti all’improvvisa avanzata nemica.

Fu dura resistere, e il prode generale Cesàr de Albarracin rimase ucciso, ma poi arrivarono le truppe di Tortosa, e i nemici furono massacrati, a partire dal loro generale.
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Il generale nemico giace fra i morti della giornata.

Alla fine gli aragonesi erano padroni del campo e i nemici erano quasi tutti morti.
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Il luogo dello scontro pullula di cadaveri.

La vittoria era costata più del previsto, ma c’era comunque stata.
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Le perdite.

Ben più guai fecero i castigliani diretti a nord. Barò cercò di trattenerli con le sue truppe senza ingaggiarli, ma fu aggirato; così, il Principe nemico, rinchiuso a Bordeu, poté veder arrivare un buon numero di rinforzi, che gli fornivano una grande opportunità. Fortunatamente, Barò si era reso conto della situazione, e andò a prestare aiuto al suo Principe. In queste condizioni, i nemici tentarono una disperata sortita, giocandosi il tutto per tutto in un onorevole scontro campale. Vennero a confrontarsi 1626 aragonesi e 1266 castigliani.
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La battaglia di Bordeu.

Il Principe Gonçalo si trovò a fronteggiare le truppe di rinforzo nemiche, che furono costrette al combattimento senza poter aspettare il proprio erede di fazione. I primi scontri furono quelli delle opposte cavallerie; i jinetes aragonesi ebbero la meglio, essendo in superiorità numerica.
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Lo scontro di cavalleria sul fianco sinistro dello schieramento aragonese.

Dopo ciò, i nemici furono facilmente serrati in un’ampia morsa dall’esercito aragonese, aiutato anche dai rinforzi di Barò, appena sopraggiunti.
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Il destino del primo esercito castigliano è segnato.

Dopo questa inaspettatamente facile prima vittoria, gli aragonesi si affrettarono a rischiararsi per affrontare le truppe del Principe Domingo, giunte solo allora.
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Il Principe Gonçalo si affretta a fondere lo schieramento suo e quello di Barò Folch.

Invano l’erede nemico si batté con foga. I suoi uomini furono accerchiati dal vastissimo schieramento aragonese, e la battaglia divenne subito un macello. Stavolta, però, a essere macellati erano i castigliani.
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Il vano attacco della fanteria nemica.

Dopo la battaglia, la città di Bordeu fu vittima della furia ancora non placata degli aragonesi, che sterminarono la popolazione; questa scelta fu dettata sia da un malcelato desiderio di vendetta, che da una disperata mancanza di soldi nelle casse del regno. Venne stipulata un’alleanza con i Francesi, onde assicurare che il nuovo confine nord fosse sicuro. Era il 1197. Diversi reparti castigliani permanevano nel vagare per i territori oramai non più loro, ma furono uno a uno distrutti. Re Alfons provvide soddisfatto a ridisporre le truppe nel regno dove ve n’era più bisogno. Barò fu mandato a sud con le balliste e diversi uomini, e gli fu ordinato d’impadronirsi di Burgos, un castello castigliano poco sorvegliato a ovest di Saragossa. Nel 1198, anche Burgos era parte del Regno d’Aragona, un regno ora in veloce espansione, la cui economia, tuttavia, andava subito in affanno se si rendevano necessarie spese eccessive. Eppure, i piani del bramoso Re Alfons, non prevedevano certo una pace veloce. Egli si era messo in testa di conquistare molti territori castigliani che erano rimasti sguarniti, privi degli uomini che li difendevano in passato e che erano perlopiù morti nei pressi di Bordeu.
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La nuova estensione del Regno d’Aragona (arancione).

Intanto, da Oriente, giunse finalmente notizia che le armate della croce erano entrate vittoriose al Cairo; dopo una crociata di ben sette anni, le truppe polacche avevano sconfitto la incredibile resistenza egiziana.
Ramon Berenguer IV
00lunedì 31 agosto 2009 23:40
La campagna si sta incanalando su binari abbastanza favorevoli; mi sta venendo l'acquolina in bocca al pensiero di come sono sguarniti i territori di confine dei castigliani, ma devo trattenere le truppe, altrimenti vado di nuovo in bancarotta! [SM=g27970]
Comunque giocandoci, si apprezza il mod (ma che dico? E' un gioco a sè [SM=g27964] )ancora di più. [SM=x1140430]
A presto con la prossima parte.
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