Cronache della Sacra, Angelica et Apostolica Corona Regni Hungariae

Il_Basileus_93
00domenica 11 luglio 2010 20:30
Dall'annessione di Croazia e Serbia alla gloria
Bellum crucis 6.0
Campagna breve - FULL
Difficoltà: M/VH

Premesse:
-Questa è la mia prima AAR quindi siate clementi [SM=g27964]
-Ho qualche problema con l'inserimento delle immagini: quando premo stamp mi appare solo una schermata nera [SM=x1140417] Se qualcuno sa come risolvere senza installare programmi gliene sarei grato.
-Il narratore che ho utilizzato è ovviamente un personaggio immaginario, e nel concepirlo ho voluto rendere onore alla nostra madre patria [SM=x1140427]
-Ho moddato il gioco riducendo i tempi di costruzione di numerosi edifici (quelli presenti anche nel gioco base), e permettendo reclutare i Sassoni nel 1220 anzichè nel 1250.


Introduzione

Dalle memorie di Coluccio da Salerno, esule italiano che visse e operò nelle terre della Sacra, Angelica et Apostolica Corona Regni Hungariae.
Dopo aver goduto di piena e lunga vita, negli ultimi anni che mi restano da trascorrere su questa verde terra opera di Dio, il Signore stesso mi ha ispirato affinché io potessi riportare tutte le vicende che seguirono quell'anno.
Per la conoscenza ai posteri.
Il Regno, era all'epoca, nell'Anno del Signore 1155, uno dei più ricchi d'Europa.
Si sarebbe potuto, volendo, dividerlo immaginariamente in due zone: una occidentale, una orientale. Ad occidente, erano concentrate le città, i centri produttivi. Tra le più grandi potremmo annoverare Pest, capitale del Regno, Pecs, Ungvar e Zagreb. Ad oriente invece, avremmo trovato i grandi feudi della famiglia Nemanja, dominati dai più grandi castelli del regno: Arad, Regen ed Orsova.
Non si poteva dire, certo, che quella in cui si trovasse fosse una posizione favorevole per il commercio marittimo: mancavano infatti sbocchi sul mare, sebbene la cosa fosse più o meno compensata da un clima adatto all'agricoltura e la possibilità di commerci con innumerevoli vicini.
Di quest'ultimi in particolare vorrei ricordarne alcuni. L'impero Romano, a Sud, con cui non si era certo in buoni rapporti e che in caso di guerra sarebbe potuto divenire un temibile nemico. La Polonia, a Nord, in discreti rapporti con l'attuale Re d'Ungheria, Geza II. Ad Ovest, l'Impero, da sempre ostile, e i Veneziani, astuti col denaro quanto con la spada, avrebbero potuto dare filo da torcere. A sud ovest, in ultimo, si trovavano i territori indipendenti di Croazia e Serbia.


Capitolo 1: L'annessione di Croazia e Serbia

Da sempre nelle mire di Sua Maestà, re Geza II, Croazia e Serbia avevano rispettivamente nelle città di Soli e Ras i loro centri più importanti. La loro annessione, si decise a corte, era prioritaria per la futura espansione del Regno.
Ma prima di poter operare in tal senso, il Re ritenne opportuno dedicarsi per qualche mese alla deforestazione dei propri domini. Investì grandi somme in tali opere, ma all'inizio dell'inverno si poté godere dei benefici di un'agricoltura, sebbene appena avviata.
E fu proprio all'inizio dell'inverno che il nostro sovrano si mise in marcia verso Soli. Partito da Pest con solo la sua guardia personale e alcuni cavalleggeri d'origine slava, fu raggiunto in Croazia dal nobile Bartolomeo Frangipan, figlio del governatore di Zagreb, accompagnato dai cavalieri della sua scorta. In totale, ad ogni modo, non sarebbero stati più di trecento mentre, secondo gli informatori del regno, i Croati avevano stanziato a Soli una guarnigione di almeno mille uomini.
Nell'Anno del Signore 1156, re Geza II pose l'assedio a Soli. D'ora in avanti, riporto le parole di una cronaca del tempo, redatta da un monaco e conservato nel monastero della stessa Soli:

"Quando videro arrivare il Re d'Ungheria accompagnato da pochi cavalieri e millantare d'aver posto l'assedio alla città, i nostri risero. Risero per parecchio, e continuarono a ridere nei giorni seguenti. M l'assedio proseguì, per sei mesi. Quando fu chiaro che il Re intendeva andare fino in fondo, si decise una sortita. La superiorità numerica era evidente, erano convinti che li avrebbero schiacciati.
Ma non andò così: furono massacrati fino all'ultimo uomo. Come i cavalieri dell'apocalisse, gli Ungari portarono Guerra e Morte. Non appena i nostri lasciarono il riparo delle mura, il Re ungaro partì alla carica con solo la sua scorta contro la moltitudine dei nostri: caricò con violenza, ancora ed ancora. Lo stesso fecero i suoi uomini, finché i caduti da parte nostra non si sarebbero potuti contare nemmeno sulle dita di cento uomini.
Si abbatterono più sulla città: sciamarono per le strade, saccheggiando e rubando tutto ciò che avesse potuto avere un valore. La stoltezza dei nostri, aveva condotto Soli alla rovina."

Lasciato il nobile Bartolomeo Frangipan come nuovo governatore di Soli, il re si dedicò per un anno all'economia del paese. Potenziò l'agricoltura, e concesse quartieri ai Guidei nelle maggiori città del regno, cosicché coi loro affari portassero benefici anche al Regno stesso.
Ma la pace non durò molto. Il Re aveva infatti in mente di espandere i confini del regno anche in Serbia: conquistando Ras, l'intera regione si sarebbe arresa immediatamente.
Io, che mi trovavo allora a Soli per alcuni affari, seguii personalmente la spedizione del Re, offrendomi ad egli stesso di narrarne le imprese: acconsentì, e mi permise di viaggiare cogli uomini della sua scorta.
Lungo il tragitto, reclutò dei mercenari: c'erano uomini dei balcani, balestrieri provenienti dall'entroterra, mercenari delle tribù slave del luogo e alcuni pellegrini in viaggio verso la Terrasanta, convinti a partecipare alla battaglia con la promessa di qualche spicciolo. Fui colto da grande stupore quando ebbi la possibilità di analizzare personalmente i numeri: il Re poteva contare su circa cinquecento uomini, e la maggior parte di questi non erano nemmeno soldati. La guarnigione di Ras invece, secondo le spie del Sovrano, vantava una guarnigione di milleduecento tra soldati, miliziani e mercenari.
Il giorno prima della battaglia, il re rassicurò i suoi uomini. Raccontò loro di come aveva conquistato Soli e promise che sarebbe accaduto lo stesso anche fuori dalle mura di Ras.
E così accadde davvero.
Il re dispose tutti i soldati su un lungo fronte, dando ordine ad arcieri e balestrieri di tirare finché il nemico fosse stato lontano e tenere la posizione qualora fosse giunto a contatto mentre lui, con gli uomini della sua scorta, si sarebbe tenuto inizialmente in disparte. Le cose andarono come previsto: quando i nemici, sicuri per la loro superiorità numerica sortirono, si divisero in due gruppi. Numerosi fanti attaccarono frontalmente il fronte venendo falcidiati lungo il percorso da frecce e quadrelli, mentre altri restavano arretrati, coprendo gli arcieri bulgari. Il Re, impavido, caricò con la sua sola guardia gli uomini più arretrati, mandandoli in fuga insieme agi arcieri, quindi voltò i suoi cavalieri e colpì alle spalle i fanti impegnati con la nostra fanteria. Quando i serbi videro inseguiti e massacrati i loro soldati lungo le vie del castello, si arresero al loro nuovo Re.


Capitolo 2: lo sviluppo economico

Stavolta il periodo di pace che seguì fu molto più lungo. Il Re si dedicò al rafforzamento dell'economia del paese, costruendo strutture produttive nelle maggiori città e rafforzando le relazioni diplomatiche coi regni vicini.
Ottenne infatti convenienti privilegi commerciali dai vicini Greci, dell'Impero, Cumani, Milanesi e Normanni di Sicilia.
Si stipularono inoltre alleanza con la Polonia, la Francia, la vicina Venezia e la Rus' di Vladimir-Suzdal, oltre che con i domini di Sua Santità il Papa, allo scopo di migliorare i rapporti col Patrimonio di San Pietro.
Tornato a Pest, il ricevette la notizia della Crociata bandita dal Papa contro una lontana città iberica. Giudicando più svantaggioso che altro parteciparvi, si limitò a mandare emissaria presso Toledo e Barcellona e Lisbona, offrendo solo formalmente i suo appoggio in cambio di diritti commerciali nella zona.

Negli stessi anni il vescovo Ulaszlo, detto il virtuoso, ricevette notizia della nascita di una nuova eresia in Serbia, una dottrina deviata detta "Bogomilismo". Si mosse personalmente per combattere l'eresia, e per volere di nostro signore la eradicò dalle terre di Santo Stefano in meno di due anni.

Riporto inoltre la notizia di un terribile flagello che colpì Ungvar, cittadina nel nord del regno. Una terribile pestilenza si abbatté sulla città, mietendo parecchie vittime tra i ricchi come tra i pezzenti. Alcuni ritennero che fosse un castigo divino, dovuto alla presenza di un eretico che si tardava ad inquisire nella zona. Ma anche dopo la messa al rogo dell'impuro, la mattia proseguì per molti mesi ancora.



Alla prossima...


Keirosophos
00lunedì 12 luglio 2010 00:04
Bella AAR! [SM=x1140522]
ironman1989.
00lunedì 12 luglio 2010 08:31
[SM=g27960] bravo
Il_Basileus_93
00lunedì 12 luglio 2010 11:28
Grazie ragazzi [SM=g27964]

Oggi vedo di postare un altro paio di capitoli [SM=g27975]
Il_Basileus_93
00lunedì 12 luglio 2010 19:22
Capitolo 3: Lo sbocco sul mare

Fu nell'Anno del Signore 1167 che il Re d'Ungheria, Sua Maestà re Geza II poté realizzare una delle principali aspirazioni del suo regno: ottenere una posizione che permettesse commerci marittimi.
Le possibilità per il Re erano due: espandere il regno ad est, con la certezza di una guerra contro i Greci e la probabilità di entrare in conflitto con i nomadi Cumani, o dirigersi a sud, dove a sbarrargli la strada resisteva unicamente la Repubblica di Ragusa. Quest'ultima direttiva d'espansione fu quella che scelse il Re...
La città, Ragusa, era una fiorente repubblica e con i suoi traffici commerciali rappresentava l'obiettivo perfetto per dare uno slancio alla debole economia del regno d'Ungheria. Dalle spie nella zona però, giunse notizia che un contingente Veneziano stava già assediando la città. Il Re incaricò dunque il fratello di dirigersi verso la città e dichiarare ai Veneziani di voler portare supporto agli alleati, lui l'avrebbe raggiunto più tardi. Formalmente, il compito dell'erede al trono e fratello del Re, il principe Ladislao II, era, come detto poc'anzi, di portare soccorso agli alleati Veneziani, ma in realtà gli era stato fatto intendere di non partecipare a una battaglia, se mai ve ne fosse stata una, a meno che Venezia non fosse stata chiaramente sul punto di vincerla.
Tuttavia, ciò non accadde. Il contingente veneziano che assediava la città fu respinto dalle forze ragusine senza che il principe si intromettesse. Ciò ovviamente provocò lo sdegno degli alleati, ma recò altresì vantaggio al Regno.
Il principe infatti, pochi giorni dopo la dipartita Veneziana, pose personalmente l'assedio alla cittadina, accompagnato solo dai pochi uomini della sua scorta, mentre il fratello si trovava ancora presso Soli.
I due però non fecero in tempo a ricongiungersi prima dello scontro. I cittadini di Ragusa, infatti, stanchi del continuo stato di guerra decisero di eliminare in fretta questo nuovo, apparentemente debole nemico. Uscirono in massa, e nel vederli abbandonare le mura il Principe Ladislao provò a contarli. Erano talmente tanti, che ognuno dei suoi uomini avrebbe dovuto ucciderne almeno dieci perché potessero vincere. Incredibile a dirsi, le cose andarono proprio così. Il resoconto della battaglia, conservato negli annali della cittadina, è andato perduto in un incendio a Ragusa qualche tempo fa, ma ho avuto occasione di leggerlo. Secondo quanto lì scritto, il principe caricò tre volte: la prima carica fu la più devastante, e spazzò via le linee di fanteria nemica, con la seconda e la terzo eliminò ogni resistenza e infine si gettò sui nemici in fuga, massacrandoli tra le strade della città fino alla piazza, dove informò la popolazione che la loro città era ora proprietà del Regno d'Ungheria.
Pochi giorni dopo, il principe fu raggiunto dal nuovo governatore, il nobile Geza Arpad, e poté quindi far ritorno a Pecs, mentre in città si cominciavano i lavori per l'ampliamento del porto cittadino, fondamentale per i futuri commerci del regno.
Per quanto potrebbe sembrare strano, comunque, la città non si oppose al nuovo governo. Credo che abbiano preferito il Re d'Ungheria al Doge dell'odiata Venezia... Venezia con cui, tra l'altro, il Regno cominciava ad essere in rapporti sempre meno stabili...


Capitolo 4: Problemi diplomatici

Non si può dire, certo, che gli anni che seguirono l'assoggettamento della repubblica di Ragusa furono anni tranquilli. I rapporti con Venezia, come già accennavo, peggiorarono moltissimo, poiché la città lagunare aveva grande interesse ad esautorare dai commerci marittimi la sua unica rivale nell'Adriatico, mentre essa, sotto il Re d'Ungheria, si avviava addirittura ad acquisire maggiore importanza!
Il Re, come ebbi modo di scoprire, temeva un attacco da parte di Venezia, sebbene la repubblica fosse ancora formalmente un'alleata. Decise, pertanto, di operare in direzione tale da porre la città lagunare in posizione di svantaggio, qualora essa avesse inviato il suo esercito nelle terre di Santo Stefano. Furono inviati ambasciatori a Milano e a Napoli, e si stabilirono alleanze con il Comune di Milano e il Regno normanno di Sicilia, che di certo non vedevano di buon occhio Venezia.
La scelta del Re si rivelò presto quanto mai azzeccata: non passarono pochi anni, che tra Milano e Venezia cominciarono le ostilità. Quando si trattò di scegliere l'alleato da supportare e quello da tradire, Sua Maestà il Re non ebbe dubbi: avrebbe abbandonato Venezia, pur non dichiarandosi ancora apertamente ostile da essa: che dir se ne fosse voluto, i commerci con la Laguna portavano a Pest grandi somme di denaro!

Ma quelli con Venezia non furono i soli problemi tra vicini... di ben peggiori ve ne furono con il confinante Sacro Romano Impero. Da sempre, per quel che ne sappia, l'Imperatore aveva infatti provato a portare sotto la sua orbita le terre del Regno d'Ungheria, e nonostante il periodo di pace, non aveva certo abbandonato questa sua aspirazione: senza il minimo preavviso, un'armata imperiale al comando di un capitano, tale Maximilian, pose l'assedio a Zagreb. Correva l'Anno del Signore 1172...
La guarnigione, in tal graziosa cittadina, era comandata dal nobile Guido Frangipan che disponeva, se ben ricordo, di circa mille uomini, perlopiù cittadini armati per l'occasione e agricoltori provenienti dal vicino contado.
Poiché, per volontà del Signore, non ebbi modo di assistere all'assedio, nè ne esistono altri resoconti dettagliati, riporterò in seguito il rapporto della battaglia che il vice del capitano Imperiale fece allo stesso imperatore:

"Quella mattina, decidemmo, dopo sei mesi d'assedio a Zagreb, di portare l'attacco alla città. Avevamo uomini in abbondanza, millecinquecento, e la costruzione delle macchine d'assedio era finita: disponevamo, infatti, di due arieti, una torre d'assedio e quattro scale.
Il capitano divise così i suoi uomini: tre unità di lancieri avrebbero portato la torre d'assedio, l'ariete e le scale. Il resto della fanteria avrebbe atteso lo sfondamento delle porte, insieme alla cavalleria, per poi entrare nella città e superare le difese dei nemici. Nessuno di noi temeva gli Ungari, non erano soldati, quelli a difendere la città, erano pezzenti armati di lancia, scudo e arco: agricoltori, allevatori, artigiani e via di questo passo.
Quando avanzammo, il giorno seguente, lo facemmo con superbia, e per questo il signore ci punì. Sotto la pioggia delle frecce Ungare, accostammo le nostre macchine d'assedio e iniziamo a scalare le mura e sfondare le porte. Quando quest'ultime cedettero, le cose cominciarono ad andare male: i soldati incaricati di scalare le mura, decimati, si diedero alla fuga. Discesero dalle scale, e abbandonarono il campo senza prestare ascolto al capitano che ordinava loro di ritornare nei ranghi; infine, decise di lasciarli andare, quei codardi.
Ma poi, andò sempre peggio... il primo assalto della nostra fanteria oltre le porte fu respinto con parecchie vittime e gli Ungari non ne attesero un secondo, ma si lanciarono fuori dalle mura come un fiume in piena e con tal violenza colpirono i nostri all'esterno, perlopiù impreparati. Molti ne caddero, i restanti arretrarono sempre più finché, decimati, non abbandonarono anch'essi il campo.
Il capitano Maximilian, per suo conto, fu tra i primi a perdere la vita: morì nel primo assalto oltre i cancelli quando, senza timore alcuno e rispetto di Dio, volle combattere in prima linea. Hanno raccontato che fosse stato trapassato da parte a parte da tre lance in una volta... Non so se sia la verità, ma non mi interessa. Quel che sò, è che nessuno di noi l'ha mai più rivisto."

Il resoconto, in seguito, prosegue fornendo i dettagli del piano del capitano, le perdite tra le varie divisioni et cetera, pertanto tralascerò quanto segue.
Il_Basileus_93
00martedì 13 luglio 2010 16:15
Avviso che purtroppo non porterò più avanti questa cronaca. Un virus infatti mi ha costretto a formattare il pc con la conseguente perdita dei salvataggi... La cosa mi ha lasciato una certa amarezza poiche la campagna mi stava prendendo molto e di cominciarne una nuova al momento non ho voglia...
Magari però in futuro potrei ricominciarne un'altra.
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