Xostantinou
00venerdì 24 luglio 2009 09:30
Se avessi altre curiosità, ti posto un "breve catechismo"
Avendo spesso interrogato con la più grande cura e attenzione numerosissime persone, eccellenti per santità e dottrina, su come distinguere la verità della fede cattolica dalla falsità perversa dell'eresia, quasi tutte mi hanno dato questa risposta: bisogna avere la più grande cura nel ritenere ciò che è stato creduto
Dappertutto
sempre
da tutti.
Questo è veramente e propriamente cattolico, secondo l'idea d’universalità racchiusa nell'etimologia stessa della parola. Questo avverrà se noi seguiremo i criteri di
universalità
antichità
consenso generale.
Seguiremo l'universalità, se confesseremo come vera e unica fede quella che la Chiesa intera professa per tutto il mondo; l'antichità, se non ci scostiamo per nulla dai sentimenti che notoriamente proclamarono i nostri santi predecessori e padri; il consenso generale, infine, se, in questa stessa antichità, noi abbracciamo le definizioni e le dottrine di tutti, o quasi, i Vescovi e i Maestri.
Se sorge una questione non affrontata da un concilio della chiesa, bisogna ricorrere alle opinioni dei santi Padri, di coloro, almeno che, nei loro tempi e luoghi, sono rimasti nell'unità della fede e della comunione ed hanno avuto fama di validi maestri. E tutto ciò che essi hanno sostenuto, in unità di pensieri e di sentimenti, occorre considerarlo come dottrina vera e universale della Chiesa. (San Vincenzo di Lerino, Commonitorio)
Tre o quattro secoli prima di Cristo, in Alessandria alcuni sapienti, ispirati da Dio, tradussero in greco gli antichi libri sacri d‘Israele. Abbiamo così conosciuto questi libri divini, ricchi di storia, sapienza e profezie:
Pentateuco (Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio), Gesù di Navì, Giudici, Rut, quattro libri dei Regni, due dei Paralipòmeni, due di Esdra, Neemìa, Tobia, Giuditta, Ester, tre o quattro libri dei Maccabei.
Salterio di David, Giobbe, Proverbi di Salomone, Ecclesiaste, Cantico, Sapienza di Salomone, Sapienza di Siràch, Osea, Amos, Michea, Gioele, Avdìa, Giona, Naum, Avvakùm, Sofonìa, Aggeo, Zaccarìa, Malachìa, Isaìa, Geremia, Varùch, Lamenti di Geremia, Lettera di Geremia, Ezechiele, Daniele.
Al momento, in italiano è disponibile solo Il Salterio [edizioni Gribaudi, 1983] e Il Pentateuco [edizioni Dehoniane, 1999]. In tempi moderni, infatti, in Occidente, hanno cominciato ad usare Bibbie diverse, che possono sì portare molte conoscenze ma non guidare alla sapienza, alla conoscenza della luce.
Giungeva nel mondo la Luce vera che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo fu fatto per mezzo di lei e il mondo non la conobbe, venne tra la sua gente e i suoi non l’hanno accolta. A quanti però l’accolsero diede il potere di diventare figli di Dio, a coloro che credono nel suo nome, i quali non da sangue né da volontà di carne né da volontà d’uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Logos si fece carne e dimorò tra noi e noi abbiamo visto la sua gloria. (Gv 1, 9-14)
Uno dei nostri poeti ha enunciato: Noi siamo di Dio; è stato Dio stesso a chiamarci alla luce.
Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene, che è Signore del cielo e della terra, da uno solo ha fatto abitare su tutta la faccia della terra tutte le stirpi degli uomini. Per loro ha stabilito l'ordine dei tempi e i confini del loro spazio, perché cercassero Dio, se mai arrivino a trovarlo andando tentoni, benché non sia lontano da ciascuno di noi. In lui, infatti, viviamo, ci muoviamo ed esistiamo. (Atti 17, 19-28)
Alcuni dei nostri padri allora salirono a Gerusalemme per vedere la Luce, quella vera.
Tra quelli che erano saliti per adorare, durante la festa, c'erano alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo e chiesero: “Signore, vogliamo vedere Gesù”. Viene Filippo e lo dice ad Andrea; viene Andrea con Filippo e lo dicono a Gesù, e Gesù risponde loro: “E' giunta l’ora che sia glorificato il Figlio dell'uomo… Padre, glorifica il tuo nome!” Venne allora una voce dal cielo: “L’ho glorificato e di nuovo lo glorificherò!” La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: “Un angelo gli ha parlato”. Rispose Gesù e disse: “Questa voce non è venuta per me, ma per voi”. Poi se ne andò e si nascose da loro. Benché avesse compiuto tali segni davanti a loro, non credevano in lui; perché si compisse la parola del profeta Isaia che ha detto: “Signore, chi ha creduto alle cose udite da noi? E il braccio del Signore a chi è stato rivelato?” Per questo non potevano credere; infatti, Isaia ha detto ancora: “Ha accecato i loro occhi e ha indurito il loro cuore, perché non vedano con gli occhi e comprendano con il cuore, e si convertano e io li guarisca!” Questo disse Isaia perché vide la sua gloria e parlò di lui.
Gesù allora gridò e disse: “Chi crede in me, non crede in me, ma in chi mi ha inviato; chi vede me, vede chi mi ha inviato. Io, luce sono venuto nel mondo, perché chiunque crede in me non rimanga nella tenebra”. (Gv 12, 20-46)
Com’era stato atteso dall’umanità, com’era stato annunciato dai profeti, l’unigenito Figlio di Dio si è incarnato e si è fatto uomo.
Perché il Figlio di Dio si è fatto uomo?
Per farci partecipi della sua vita divina, Dio aveva creato l’uomo perfetto, senza peccato e immortale. L‘umanità, tuttavia, è caduta e perciò l’unigenito Figlio si è incarnato per riportarla al Padre.
Il Signore che mi ha plasmato, presa della polvere dalla terra, mi ha dato vita infondendomi un’anima con soffio vivificante, e mi ha onorato facendomi capo in terra di tutte le cose visibili e simile agli angeli nella vita...
Quando è decaduta l’umanità?
In principio niente esisteva, neppure il tempo: solo Dio è. Dio in principio ha creato gli esseri eccelsi, le schiere celesti degli Angeli della sua Gloria, gli Arcangeli, le Potenze, i Cherubini dai molti occhi, i Serafini dalle sei ali. Con due ali si coprono il volto, con due ali si coprono i piedi, con due ali volano e gridano l’inno della salvezza:
Santo! Santo! Santo! Il Signore degli Eserciti! Pieni sono il cielo e la terra della sua Gloria! Osanna tra gli Eccelsi! Santo Dio! Santo Forte! Santo Immortale!
Gli Angeli contemplano la Gloria di Dio e glorificano in eterno il Padre, il Figlio e il Santo Spirito. Dio è il Padre senza principio, Dio è il Figlio che il Padre ha generato dall’eternità, Dio è il Santo Spirito che in eterno procede dal Padre, e un solo Dio è la Triade che ha fatto l’uomo.
In principio nulla esisteva di ciò che esiste. Tutto, e a suo tempo, è uscito dalle mani di Dio: le stelle, le piante, gli animali, e Dio vide che tutto era molto bello. Dio piantò l’Eden: un giardino, un paradiso a oriente, e Dio disse:
“Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza e abbiano il dominio su tutta la terra”. E Dio fece l’uomo. Secondo l’immagine di Dio lo fece, maschio e femmina li fece, e li benedisse Dio dicendo: “Crescete e moltiplicatevi e riempite la terra e dominate su di essa”. E vide Dio tutte quante le cose che aveva fatto, ed ecco erano belle assai. (da Gen 1 e 2, 1-5)
Dio ha creato l’uomo perfetto, a sua immagine e somiglianza, e lo fece dimorare nell’Eden. Ma un angelo si ribellò a Dio, trascinò con sé altri esseri eccelsi che si separarono dalla volontà di Dio. Anziché essere ministri della Bellezza, si fecero demoni.
Allora il Maligno, l’antico serpente, disse alla donna: “Non morirete. Sapeva in realtà Dio che nel giorno in cui mangiaste si apriranno i vostri cuori e sarete come dèi”. E vide la donna che buono era l’albero da mangiare e piacevole per gli occhi da vedere ed era adatto per poter comprendere, e – preso il suo frutto – lo mangiò e ne diede anche a suo marito con lei. E si aprirono gli occhi dei due e conobbero che erano nudi e cucirono foglie di fico e fecero per sé dei perizomi. (Gen 3, 1-7)
Dio aveva posto Adamo in oriente, come signore del creato; eppure Adamo si fece servo del peccato. Si spogliò della sua dignità e fu nudo e indifeso; diviso in se stesso, l’uomo fu schiavo della paura.
Udirono la voce del Signore Dio che passeggiava nel giardino al tramonto e si nascosero, sia Adamo che sua moglie, dal volto del Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. E chiamò, il Signore Dio, Adamo e gli disse: “Adamo, dove sei?” Gli disse: “La tua voce ho udito, mentre camminavi nel giardino, e ho avuto paura”. (Gen 3, 8-10)
Tutta la creazione, da quel giorno, geme e soffre perché subisce le conseguenze del peccato d’Adamo, e ogni uomo è indotto al peccato.
Per un solo uomo il peccato entrò nel mondo e, attraverso il peccato, la morte. Così la morte ha raggiunto tutti gli uomini e, a causa della morte, tutti peccano. La morte ha regnato anche su quanti non hanno peccato a somiglianza della trasgressione d’Adamo. (Rom 5, 10-16)
In quel giorno Dio ha abbandonato l’uomo?
Dio si riservò un popolo che gli fosse fedele, Israele, e quando Israele fu schiavo in Egitto, Dio lo trasse fuori con braccio potente. Al terzo giorno scese il Signore sul monte Sinai davanti a tutto il popolo che era uscito nel deserto, e parlò il Signore dicendo queste dieci parole:
“Ascolta, popolo mio: Io Sono il Signore Dio tuo: non avrai altri dèi all’infuori di me. Non farti alcun idolo. Non usare invano il nome del Signore Dio. Lavora sei giorni ma santifica il settimo : è il riposo per il Signore Dio. Rispetta tuo padre e tua madre. Non uccidere. Non commettere adulterio. Non rubare. Non mentire. Non desiderare quel che appartiene ad altri”. (da Es 19 e 20; Deut 5)
Ci ha parlato il Signore sul monte; scrisse quelle parole e nulla aggiunse perché ancora non era venuta l’ora.
E quando è venuta l’ora?
Il Figlio di Dio, della stessa natura del Padre (Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato ma non creato), uno della Trinità santa, già da tempo si era fatto vedere:
Oltre il deserto, sul monte Chorìv, si fece vedere l’Angelo del Signore in una fiamma di fuoco del roveto; e Mosè vede che il roveto brucia di fuoco, ma il roveto non si consumava. (Es 3, 1-2)
Similmente, senza intervento d’uomo, il Figlio di Dio è nato da Maria, vero uomo e vero Dio: perciò noi proclamiamo la sempre Vergine Maria vera Madre-di-Dio, dalla quale è sorto il sole di giustizia che ha riconciliato al Padre l’umanità decaduta. Nella pienezza dei tempi, vale a dire quando giunse il momento da lui voluto, Dio ha fatto un nuovo e vivo paradiso, Maria, per farvi crescere il nuovo albero della vita. Dio ha benedetto la casta e feconda unione tra Gioacchino e Anna, e da loro è nata la Tutta Santa e sempre vergine. Benedetta tra tutte le donne, Maria, prima ancora d’unirsi a Giuseppe, cui era stata promessa, si trovò incinta nel ventre dal Santo Spirito. Vergine ha generato e vergine rimane per natura: il Figlio di Dio nato da lei è colui che rigenera la natura umana.
Il Signore mi fece volgere per la via della porta esterna del santuario che guarda ad Oriente: essa era chiusa. E il Signore mi disse: “Questa porta resterà chiusa, non verrà aperta e nessuno vi passerà per essa, perché per essa entrerà il Signore Dio d’Israele e rimarrà chiusa. Poiché il principe, lui, siede in lei per prendere cibo; entrerà per la via del portico della porta e per la sua via uscirà”. (Ez 44, 2)
La Vergine ha partorito e ha dato alla luce il Figlio, Gesù; lo avvolse in fasce, lo depose in una mangiatoia. Gli angeli cantarono insieme alle stelle la sua nascita, i pastori lo adorarono, e re venuti da lontano gli portarono doni: noi gli abbiamo dato la madre.
Preparati, Betlemme, si è aperto per tutti l’Eden. Preparati, Efratà, perché dalla vergine è fiorito l’albero della vita nella grotta. Davvero il suo grembo è divenuto spirituale paradiso in cui si trova la pianta divina: mangiando di questa vivremo, non moriremo come Adamo. Nasce Cristo, per far rivivere l’immagine un tempo caduta.
All’ottavo giorno il bambino prese nome Gesù – che vuole dire: Il Signore salva – e fu circonciso in ossequio alla Legge di Mosè.Il primogenito del Padre dimostrava d’essere l’ultimo nato del popolo prescelto; venuto al mondo per dare compimento ai sacrifici antichi e generare i primogeniti per Dio, un popolo nuovo. Il Figlio appariva nella carne come uomo, per portare la salvezza a tutti gli uomini.Nuovo Adamo, uomo perfetto e in tutto Dio.
Cristo Gesù non considerò come preda l'essere uguale a Dio ma svuotò se stesso, prendendo forma di servo, divenuto simile agli uomini… Dio lo ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra d’ogni nome, affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio delle realtà celesti, terrestri e infernali e ogni lingua riconosca che Gesù Cristo è Signore, a gloria di Dio Padre. (Fil 2, 5-11)
Cristo Gesù, il Signore, è una sola persona, Dio-Uomo; con due nature, umana e divina.
Unigenito Figlio e Logos di Dio, pur essendo immortale, hai accettato per la nostra salvezza d’incarnarti nel seno della santa Madre di Dio e sempre vergine Maria; tu, senza mutamento, ti sei fatto uomo; crocifisso Cristo Dio, con la morte hai calpestato la morte; tu sei uno della santa Triade, glorificato con il Padre e il Santo Spirito.
Come si sa che Gesù è uno della santa Triade?
Giovanni, figlio del sacerdote Zaccaria, stava lungo le rive del Giordano e predicava il pentimento. Esortava tutti a tornare indietro dal peccato, ad immergersi nel fiume per passare ad una nuova vita: egli, l’ultimo e il più grande dei profeti, sapeva che il Regno di Dio era vicino. Al Giordano, infatti, giunse Gesù: si immerse nelle acque ed ecco,
il cielo si aprì e lo Spirito, il Santo, discese su di lui in forma corporea, come colomba, e vi fu una voce dal cielo: “Tu sei il mio Figlio, l’amato, in te mi sono compiaciuto”. (Lc 3, 22)
Non era la prima volta che la Trinità si manifestava: già nell’Eden era risuonata la voce che diceva “Facciamo l’uomo”, e anche ad Abramo s’era fatto vedere Dio
presso il querceto di Mamvri, mentre egli sedeva alla porta della sua tenda a mezzogiorno. Levando i suoi occhi vide tre Uomini che stavano al di sopra di lui, e appena li vide, corse incontro a loro dalla porta della sua tenda e disse: “Non passare oltre il tuo servo, se mai ho trovato grazia davanti a te, Signore! Lasciate che si prenda dell’acqua e si lavino i vostri piedi e rinfrescatevi sotto l’albero. E prenderò del pane, e mangerete, e dopo passerete oltre per la vostra via”... E mangiarono, mentre (Abramo) stava presso di loro, ed Egli disse a Abramo: “Dov’è Sara?”… Alzandosi poi di là quegli Uomini chinarono lo sguardo e il Signore disse… (da Gen 19)
Abramo cominciò a vedere la visione santa e divina del Signore: l’Uno gli è apparso trino e la santa Triade come unità. La Chiesa canta:
Quando ti sei immerso nel Giordano, Signore, si è manifestata l’adorazione della Triade: la voce del Padre ti rendeva, infatti, testimonianza chiamandoti Figlio amato, e lo Spirito in forma di colomba confermava la sicura verità di questa parola. O Cristo Dio che ti sei manifestato e hai illuminato il mondo, gloria a te.
A noi non è stata rivelata la natura di Dio, ma l’adorazione della Triade, santa e vivificante: l’uomo non può fare altro che adorare ed esultare, cantando. La nostra mente ha poteri enormi, ma non può mai giungere a comprendere Dio; anzi, può creare idoli, mentre deve solo prostrarsi a adorare l’unico vero Dio. Per questo motivo, i santi Padri fissarono il Simbolo della fede quasi con riluttanza, in due concili:
Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. E in un solo signore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli; luce da Luce, dio vero da Dio vero, generato non creato, consustanziale al Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state fatte; per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nella vergine Maria, e si è fatto uomo; fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, patì e fu sepolto, e il terzo giorno è risuscitato secondo le Scritture; è salito al cielo e siede alla destra del Padre; e di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti: e il suo regno non avrà fine. E nello Spirito, il Santo, il Signore, vivificante, che procede dal Padre; che con Padre e Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. E nella Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica. Professo un battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del secolo futuro. Amin.
E’ questo il testo autentico del Credo?
E’ una traduzione abbastanza fedele: le traduzioni, specie nelle lingue moderne, non sempre possono essere letterali. Al Credo non è lecito, comunque, togliere o aggiungere niente. I Padri che si riunirono nel 1° e 2° Concilio Ecumenico sigillarono questo testo, col maledire chiunque vi avrebbe fatto aggiunte: non osarono farne neanche i santi che si riunirono nei successivi Concili Ecumenici.
Perché non possiamo conoscere Dio?
L’uomo non può vedere Dio e continuare a vivere. Sappiamo bene quel è capitato ad alcuni che solo s’accostarono alla Gloria di Dio.
Enoch fu assunto, così da non vedere la morte e non lo si trovò perché Dio l’aveva trasferito (Ebr 11, 5). Il Signore proclamò il suo Nome, mentre Mosè stava in una fenditura della roccia, e il volto di Mosè rimase glorificato, sì che nessuno poteva levare lo sguardo su di lui (Es 33, 19 – 34, 34). La Gloria del Signore passò davanti al profeta Elia mentre era nella caverna, ed egli fu assunto al cielo nel turbine (Regni III 19, 13 e IV 2, 11). Quando il Signore indurì il suo volto per andare a Gerusalemme, i Samaritani non vollero riceverlo (Lc 9, 53); Giovanni, invece, si posò sul petto del Signore e, come molti credono, anch’egli è stato assunto in cielo. San Bartolomeo di Simeri – per ricordare solo uno dei nostri – fu visto diventare tutto di fuoco.
Che possiamo conoscere di Dio?
Prima della passione Gesù prese con sé Pietro, Giacomo, Giovanni e li condusse in disparte, sull’alto monte Tabor. E apparve trasfigurato davanti a loro: la sua faccia diventò splendida come il sole, le vesti candide come la luce e
una nube splendente li avvolse. E dalla nube si udì una voce che diceva: “Questi è il mio Figlio, l’amato”. (Mt 17, 1-8)
Giovanni, il Teologo, ha spiegato che la luce folgorante emanata da Cristo è la Gloria di Dio:
Noi abbiamo contemplato la sua Gloria, Gloria come d’unigenito presso il Padre, pieno di grazia e verità. (Gv 1, 14)
Non possiamo guardare il sole senza restare accecati, senza che la nostra vista venga meno: eppure, possiamo godere dell’energia solare che nutre e dà vita. Allo stesso modo, non possiamo conoscere la natura di Dio, perché viene meno la nostra mente: eppure, possiamo essere raggiunti e trasformati dalle increate Energie divine.
Avvicinandosi ad una chiesa, ci si accorge subito che essa guarda ad oriente: verso la luce, verso il sole che sorge per illuminare e riscaldare. Ogni chiesa è un Eden, un paradiso che gli uomini hanno piantato per Dio, in mezzo alle loro case, per imitare il giardino che un tempo Dio aveva piantato per gli uomini. Ma è solo nella Chiesa che noi possiamo ricevere le Energie di Dio.
La Luce che gli apostoli contemplarono sul Tabor non è un modo di dire o qualcosa di creato, come scioccamente credeva Barlaam . La Luce è l’increata Gloria di Dio, come ci hanno insegnato i nostri padri portatori di Dio. Divinamente illuminati, essi hanno visto: come già avevano visto gli apostoli e i profeti. Ascoltando la loro esperienza, come ascoltando le narrazioni d’esploratori tornati da terre lontane e sconosciute, anche noi possiamo dire di aver visto, e distinguere tra fede e opinioni. Le opinioni nascono da ragionamenti umani, da paure, desideri e passioni dell’uomo: non sono neppure paragonabili con la fede. La fede è ciò che è stato visto, ciò che si vede, ciò che vedremo: ogni credente si sforza d’essere ricolmato dalle eterne Energie divine, e perciò prega senza interruzione.
La preghiera
La Scrittura ci raccomanda di pregare continuamente, e la Scrittura non inganna. Insegna, infatti, l’Apostolo:
Cercate sempre il bene, gli uni verso gli altri e verso tutti. Siate sempre lieti, pregate senza interruzione. Rendete grazie in ogni cosa: questa è la volontà di Dio a vostro riguardo, in Cristo Gesù. Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Provate tutto, ritenete ciò che è buono, astenetevi da ogni forma di male. Il Dio della pace vi santifichi interamente, e l’intero vostro spirito, e l’anima e il corpo, sia custodito irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo. (I Tess 3, 14-23)
Penetrare senza guida nell’arte della preghiera continua è difficile; è stato detto che è persino pericoloso: bisogna perciò chiedere al Signore, con umiltà e pazienza, di farci incontrare un Padre spirituale che ci guidi all’allenamento della mente e della volontà. Uno dei santi della nostra terra, Niceforo l’Esicasta che a causa dei Francocattolici fu costretto a fuggire e nascondersi all’Athos, ci ha insegnato come iniziare nell’attesa di trovare un buon allenatore.
Inizialmente, è necessario sedersi tranquilli e svuotarsi d’ogni preoccupazione, d’ogni pensiero, d’ogni immagine. Quando la mente è libera, con il respiro s’introduce nel cuore questo grido: Signore Gesù, Figlio di Dio, pietà di me!, e lì si trattiene il Nome che è sopra ogni nome, finché la preghiera diverrà continua e qualsiasi cosa noi facciamo, sia che dormiamo sia che lavoriamo, il nostro cuore continuerà a pronunciare il Nome a cui si piega ogni essere in cielo, in terra e negli inferi.
Perché bisogna pregare senza interruzione?
E’ impossibile sapere ciò che Dio è, eppure nella preghiera si stabilisce una straordinaria unione tra noi e Dio; noi siamo penetrati dalle divine e increate Energie e il dono dello Spirito Santo ci deifica. Molti uomini vogliono divenire buoni, perfetti, ed è bene; altri mirano a diventare santi, ed è meglio. Noi – che abbiamo la vera conoscenza – aspiriamo a diventare dèi.
Ora siamo figli di Dio, e non è ancora apparso cosa saremo. Quando si sarà manifestato, saremo simili a Lui, perché lo vedremo come è (I Gv 3, 2). Noi tutti, riflettendo come in uno specchio la Gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, com’è (dato) dallo Spirito che è Signore. (II Cor 3, 18)
E’ questa la felicità che l’uomo cerca?
Certo, spesso anche senza saperlo, ed è questa la beatitudine perfetta di cui Cristo ha parlato, dicendo:
“Beati i poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra. Beati gli affamati e assetati di giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché otterranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati a causa della giustizia, perché di loro è il regno dei cieli. Beati voi quando v’insultano, vi perseguitano e, mentendo, dicono ogni sorta di male contro di voi per causa mia”.
Queste parole Cristo consegnò, salito sul monte, e le concluse dicendo:
“Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli: così, infatti, hanno perseguitato i profeti prima di voi. Voi siete il sale della terra!”. (Mt 5, 3-13)
Perché Cristo Gesù è salito sul monte?
Egli aveva dettato l’antica Legge sul monte, di mezzo a fuoco, tenebra, oscurità, tempesta, voce grande, e nessuno del popolo osava avvicinarsi al monte. Tornato sul monte, il Signore detta la nuova Legge mentre il popolo gli si affolla attorno. Come il Signore passeggiava con Adamo, nell‘Eden, ora Cristo è con noi, nella sua Chiesa, cammina con noi e ci insegna a rivolgerci a Dio chiamandolo Padre:
Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta a tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal maligno. Poiché tuo è il Regno, la Potenza e la Gloria: del Padre, del Figlio e del Santo Spirito, ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amin.
E c’è di più. L’antica Legge era stata sigillata con la macellazione d’un gran numero di vitellini:
Destatosi Mosè di buon mattino… mandò i più giovani tra i figli d’Israele, e offrirono olocausti e sacrificarono, come sacrificio di salvezza a Dio, dei vitellini. Mosè, presa la metà del sangue, lo versò in boccali e la metà del sangue sparse sull’altare… preso il sangue, asperse il popolo e disse: “Ecco il sangue dell’alleanza”. (Es 24, 4-8)
Cristo Gesù è l’Agnello che – nella festa di Pasàq - ha sparso volontariamente il suo sangue, per suggellare nel suo sangue la nuova alleanza.
Lo Spirito Santo ha voluto mostrare che non era ancora aperta la via al santuario, finché rimaneva la prima tenda… Cristo invece, giunto come Gran sacerdote dei beni futuri, per una tenda più grande e più perfetta - non manufatta, cioè non di questa creazione - non mediante sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue entrò nel santuario una volta per tutte, ottenendo un riscatto eterno. Infatti, se il sangue di capri e di tori e la cenere di vacca, aspersa sui contaminati li santifica, purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo – che, mosso da Spirito eterno, offrì se stesso senza macchia a Dio – purificherà la vostra coscienza dalle opere morte per servire al Dio vivo! Perciò egli è mediatore di un’alleanza nuova, affinché, essendo intervenuta la morte in riscatto delle trasgressioni commesse sotto la prima alleanza, i chiamati ricevano l’eredità eterna promessa. Dove vi è un testamento, è necessario sia denunziata la morte del testatore: un testamento è valido solo dopo morte e non ha alcuna forza finché vive il testatore. Così neppure la prima alleanza fu sancita senza sangue. Infatti, dopo che ogni comandamento conforme alla legge fu da Mosè proclamato a tutto il popolo, egli - preso il sangue dei vitelli e capri, con acqua, lana scarlatta e issopo - asperse il libro stesso e tutto il popolo, dicendo: “Questo è il sangue dell’alleanza che Dio ha stabilito per voi”. Similmente asperse di sangue la tenda e tutti gli arredi del culto. Secondo la Legge, quasi tutte le cose sono purificate col sangue, e senza spargimento di sangue non vi è remissione. (Ebr 9, 8-23)
Perché Cristo ha sparso il suo sangue a Pasqua
Per i suoi peccati, Israele era schiavo in Egitto. Dio vide i patimenti del suo popolo, e Dio disse ad ogni famiglia d’Israele di prendere un agnello:
“sarà da voi conservato sino al quattordicesimo giorno di questo mese, e lo sgozzeranno versa sera, tutta la moltitudine della sinagoga dei figli d’Israele. E prenderanno del sangue e lo porranno sui due stipiti e sull’architrave nelle case dove lo mangeranno. E mangeranno le carni in questa notte… ed osso non né frantumerete… E sarà il sangue per voi segno nelle case nelle quali voi siete, e guarderò il sangue e vi proteggerò”. (Es 12, 6-13)
Quella notte l’Angelo di Dio passò, il Signore si vendicò di tutti gli dèi dell’Egitto; l’Angelo sterminò tutti i primogeniti, dagli uomini sino alle bestie, ma liberò Israele con mano forte e braccio potente. Il Signore passò, l’Angelo guidò Israele verso il deserto. Israele passò dalla schiavitù alla libertà. Per molti secoli, il quattordicesimo giorno del primo mese di primavera fu Pasàq, vale a dire Passaggio, memoriale del sangue versato e del passaggio dell’Angelo, del Signore. In una festa di Pasàq, forse nell’anno 30,
il Signore Gesù, nella notte in cui veniva consegnato, prese il pane e rese grazie, lo spezzò e disse: “Prendete, mangiate; questo è il mio corpo, che è spezzato per voi; fate questo in mia memoria”.
Allo stesso modo anche il calice, dopo aver cenato, dicendo: “Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevette, in mia memoria”. Ogni volta, infatti, che mangiate questo pane e bevette a questo calice, annunciate la morte del Signore finché egli venga. (I Cor 11, 23-26)
Quella notte il Signore Gesù fu arrestato, torturato e sottoposto a processo:
di fronte a chi lo maltrattava non aprì bocca, docile come agnello condotto al macello; muto come pecora davanti al tosatore non aprì bocca. Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo, fu eliminato dalla terra dei viventi. Molti si stupirono di lui, tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; egli è stato trafitto per i nostri delitti. (da Is 52, 13 – 53, 12)
Carico della croce, Gesù fu trascinato fuori di Gerusalemme e lì fu crocifisso. Per meglio dire, secondo le profezie antiche: fu innalzato, onorato, esaltato grandemente.
La croce non era forse segno di vergogna?
Era la condanna inflitta ai servi: era quindi giusto che proprio alla croce fosse appeso Cristo Gesù
il quale, essendo nella forma di Dio, non considerò come preda l'essere uguale a Dio ma svuotò se stesso prendendo forma di servo, divenuto simile agli uomini. Essendo stato trovato come uomo per il suo aspetto, ha svuotato sé stesso essendo divenuto obbediente fino alla morte, e alla morte di croce. Per questo Dio lo ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome, affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio in cielo, in terra e sotto terra e ogni lingua riconosca che Gesù Cristo è Signore. (Filip 2, 5-11)
Quel segno di sconfitta - la Croce - diede protezione a san Costantino il Grande, quando lo scelse come segno dei nuovi tempi e della Nuova Roma. Adorando la Croce, manifestiamo la volontà di abbandonare la servitù del peccato per vivere la vita nuova in Cristo, re della gloria. Segnandosi, il cristiano spinge nella mente, nel cuore, nelle braccia, il ricordo della Trinità e fuga gli assalti dei demoni che vorrebbero trascinarlo al peccato.
Unisci tre dita della mano destra (pollice, indice e medio) per professare la fede nella Trinità. Piega sul palmo le altre due dita, per professare la fede nella divina umanità di Cristo che si è piegato su di noi. Porta le tre dita alla fronte dicendo Nel nome del Padre, al petto dicendo e del Figlio, alla spalla destra dicendo e del Santo, alla spalla sinistra dicendo Spirito. Posa la mano aperta sul cuore dicendo Amin. Così tu segui la mano del sacerdote che benedice nel nome della santa Triade.
Perché Cristo è stato crocifisso fuori della città?
Egli era stato piantato in Israele come in una vigna, e allora – Cristo stesso l’aveva predetto - lo portarono fuori della vigna e l’uccisero: il Signore, infatti, vuole che non solo il popolo d’Israele, ma tutti gli uomini siano salvi, e giungano alla conoscenza della verità. Lo portarono poi a morire nel ‘Luogo del Teschio’ perché, secondo la tradizione, in quel luogo era stato sepolto Adamo. Alla sua morte, Cristo è sceso agli ìnferi per incontrare Adamo e i morti da secoli; in tal modo
anche i morti sono stati evangelizzati, perché siano giudicati secondo gli uomini nella carne, ma vivano secondo Dio nello Spirito. (I Pt 4, 6)
In quel grande Sabato in cui Dio riposò da tutte le sue opere che aveva fatto, da tutte le sue opere a cui Dio aveva dato principio (Gen 2, 1-3), ebbe termine il potere della morte. Ade aveva accolto un morto uguale a tutti gli altri morti, ma ora non avrebbe trattenuto in eterno le sue prede, perché quel morto era il Dio-Uomo.
Nessuno abbia paura della morte, perché la morte del Signore ci ha liberati. Afferrato dalla morte, egli ha spento la morte. Ha spogliato l’Ade, colui che è sceso all’Ade: lo ha amareggiato, dopo che quello aveva gustato la sua carne. E’ stato amareggiato l’Ade, incontrandoti nelle profondità. Amareggiato, perché distrutto; amareggiato, perché beffato; amareggiato, perché ucciso; amareggiato, perché incatenato. Aveva preso un corpo, e si trovò davanti Dio; aveva preso terra e ha incontrato il cielo; aveva preso ciò che vedeva ed è caduto per quel che non vedeva. Ora dov’è, morte, il tuo pungiglione? dov’è, Ade, la tua vittoria? Cristo è risorto e tu sei stato abbattuto, Cristo è risorto e i demoni sono caduti, Cristo è risorto e regna la vita. Cristo è risorto e non c’è più nessun morto nella tomba. Perché Cristo risorto dai morti è divenuto la primizia dei dormienti.
Passò, il Signore; passò dalla vita alla morte, passò nell’Ade, passò dalla morte alla vita, e fu la Pasqua santa.
Come è risorto, Cristo, dai morti?
Ogni anno, nella santa notte di Pasqua, a Gerusalemme avviene un prodigio stupendo alla presenza di una moltitudine immensa. Mentre il Santo Sepolcro è sigillato e tutto è spento, all’improvviso esplode come un fuoco che arde senza bruciare; un lampo abbagliante riempie la basilica d’una luce sovrumana. Descriverlo è difficile, spiegarlo impossibile: è qualcosa che si può solo vedere, non dire. Lo stesso, quel che avvenne quella notte:
Giungendo prima dell’alba, Maria e le sue compagne trovarono la pietra del sepolcro ribaltata e udirono dall’angelo queste parole: “Perché cercate tra i morti, come un uomo, colui che è nell’eterna luce? Guardate le bende sepolcrali, correte e annunziate al mondo che è risorto il Signore, uccidendo la morte: perché è il Figlio di Dio colui che salva il genere umano”.
Più che indagare com’è avvenuta la risurrezione, guardiamo. Contemplata la risurrezione di Cristo, adoriamo il santo Signore Gesù; celebriamo e glorifichiamo poiché lui è il nostro Dio: fuori di lui altri non conosciamo. Cristo è risorto dai morti e, con lui, risorgiamo anche noi che siamo stati immersi in lui.
In che modo si è immersi in Cristo?
Nella Chiesa si è compiuta la profezia del precursore Giovanni:
“Io vi immergo nell’acqua, viene però il più forte di me: Egli vi immergerà nello Spirito Santo e nel fuoco”. (Lc 3, 16)
La Chiesa compie il mandato di Cristo:
“Come il Padre ha mandato me, così io mando voi: andate dunque, fate discepole tutte le genti, immergendole nel nome del Padre e del Figlio e del santo Spirito, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo”. (Mt 28, 19-20)
Chi è stato partorito mortale secondo la carne, dalle acque della madre, viene portato alla Madre secondo lo spirito che è la Chiesa, per essere immerso nell’acqua e nascere alla nuova vita in Cristo. La vittoria della risurrezione di Cristo ingoia la morte e noi rinasciamo portando l’immagine dell’uomo celeste. Questo Mistero di rinascita in Cristo si chiama Immersione o Illuminazione perché, immersi nell’acqua, siamo uniti alla Chiesa e riceviamo la vera Luce: possiamo, così, aprire gli occhi della mente alla comprensione delle cose divine.
A Pasqua, chi deve essere immerso si presenta come alla nascita, scalzo e nudo. Dopo aver rinunciato al Satana e manifestato la sua adesione a Cristo, mentre tutta la Chiesa supplica, s’immerge totalmente dentro l’acqua santificata. Allora il vescovo proclama: Il servo di Dio N. viene immerso nel nome del Padre, del Figlio e del Santo Spirito. Appena è uscito dall’acqua, il vescovo unge i suoi sensi con il Miro, dicendo: Sigillo del dono del Santo Spirito. Rivestito dalla candida veste, si avvicina all’altare e il vescovo lo rende partecipe dei Santi Doni, dicendo: Il servo di Dio N. riceve il prezioso corpo e sangue del nostro Signore Dio e salvatore Gesù Cristo, per il perdono dei peccati e la vita eterna.
Chi è stato immerso nel corpo di Cristo che è la Chiesa, può unirsi pienamente al coro dei cristiani ortodossi che nella Liturgia, dopo la comunione, canta:
Abbiamo visto la Luce, quella vera; abbiamo ricevuto lo Spirito sovraceleste; abbiamo trovato la Fede, quella vera, adorando la Triade che ci ha salvati.
Che ha fatto Cristo dopo la risurrezione?
Istruì i suoi santi apostoli e discepoli, confortandoli e rafforzandoli nella fede. Dapprima andò incontro a Maria di Magdala e all’altra Maria (Gv 20, 13-17); si fermò a cena con due discepoli, a Emmaus (Lc 24, 13-32); apparve a Cefa e poi agli undici (Lc 24, 36-49). Mentre i discepoli erano chiusi in casa, venne Gesù e Tommaso toccò i segni delle sue ferite (Gv 20, 24-29); apparve sulla riva del mare e si fermò con alcuni apostoli a mangiare pesce arrosto e miele (Gv 21, 1-14). Apparve ancora agli undici, in Galilea (Mt 28, 16-20); incontrò suo cugino Giacomo e poi, tutti insieme, più di cinquecento discepoli, la maggior parte dei quali era ancora in vita e testimoniava nell’anno 58, quando il cristianesimo aveva già raggiunto Siracusa e tante altre nostre località (I Cor 15, 6-7). Infine, quaranta giorni dopo la Pasqua, Gesù andò a prendere i suoi, e li condusse sino a Betania; mentre parlava con i discepoli che stavano a guardarlo attentamente, fu portato in alto, e una nuvola lo sottrasse al loro sguardo
Stavano con lo sguardo fisso al cielo mentre egli se ne andava, ed ecco stavano accanto ad essi due uomini in bianche vesti che poi dissero: “Uomini Galilei, perché state fissando verso il cielo? Questo Gesù che di mezzo a voi è stato sollevato al cielo, verrà così: nel modo in cui l’avete visto andare al cielo”. (Atti 1, 10-11)
Perché Cristo è salito al cielo?
Per ricondurre al Padre la nostra natura: Cristo, il Dio-Uomo, siede alla destra del Padre e ora la nostra umanità è divinizzata, è intimamente unita alla divinità, alla vita dell’ineffabile Triade del Padre, del Figlio e del Santo Spirito.
Sei asceso nella gloria, Cristo nostro Dio, rallegrando i discepoli con la promessa del santo Spirito: così rimasero confermati dalla tua benedizione, perché tu sei il Figlio di Dio, il Redentore del mondo.
Che conosciamo del Santo Spirito?
L’ultimo giorno della Festa delle Tende, il giorno solenne, Gesù entrò nel Tempio e gridò:
“Chi ha sete venga a me e beva! Chi crede in me, come disse la Scrittura, dal suo ventre sgorgheranno fiumi d’acqua viva”. Questo disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui. Infatti, non c’era ancora lo Spirito Santo, perché Gesù non era stato ancora glorificato. (Gv 7, 37-39)
Gesù parlava dello Spirito che già in principio era portato al di sopra dell’acqua (Gen 1, 2) e che egli avrebbe consegnato ai credenti in lui. Al cinquantesimo giorno dopo la Pasqua, mentre gli Israeliti celebravano il ricordo della consegna della Legge, e i credenti erano tutti insieme, nello stesso luogo,
ci fu d’improvviso dal cielo un tuono come di irrompente soffio di vento impetuoso che riempiva tutta la casa dov‘erano seduti. E apparvero a loro distinte lingue come di fuoco, e si posò su ciascuno di loro e tutti furono riempiti di Spirito Santo. (Atti 2, 1-3)
C’era allora a Gerusalemme una moltitudine di gente, d’ogni lingua e nazionalità, e testimoniarono l’accaduto: gli apostoli, pescatori, con l’effusione dello Spirito furono ricolmi di sapienza e a tutti raccontavano le meraviglie di Dio, e tutti comprendevano distintamente.
Da chi procede lo Spirito?
Lo Spirito Santo è mandato nel mondo dal Padre per mezzo del Figlio. Lo Spirito, tuttavia, trae la sua natura solo dal Padre, unico principio della Triade divina. Cristo stesso ha insegnato chiaramente che lo Spirito procede solo dal Padre:
“Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che procede dal Padre, egli testimonierà per me”. (Gv 15, 26)
Non bisogna confondere l’invio nel mondo con l’origine eterna dello Spirito: questi riceve l’essere dal Padre, fonte unica della santissima Trinità. Affermare altre cose sullo Spirito, affermare che egli procede anche dal Figlio, quasi un ‘dio minore’, forse è quel solo peccato che non sarà mai perdonato.
“Ogni peccato e bestemmia sarà rimessa agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà rimessa. Chiunque dirà parola contro il Figlio dell'uomo, gli sarà rimesso; ma chiunque parlerà contro lo Spirito Santo, non gli sarà rimesso né in questo secolo, né in quello che viene”. (Mt 12, 31-33)
Con la Pentecoste, si è tutto concluso?
Tutto è stato rivelato agli apostoli; gli apostoli hanno compreso tutto in quel giorno: perciò noi non aspettiamo nuove rivelazioni né accettiamo i moderni “dogmi” inventati da chi si è separato dalla comunione con i cristiani ortodossi. La Pentecoste, tuttavia, continua nella Chiesa, l’assemblea dei testimoni della risurrezione di Cristo: nella celebrazione dei Misteri si rinnova continuamente il prodigio della Pentecoste.
Un tempo si confusero le lingue per l’audacia che spinse a costruire la torre, ma ora le lingue sono riempite di sapienza per la gloria della scienza divina. Là Dio condannò gli empi per la loro colpa, qui Cristo illumina i pescatori con lo Spirito. Allora si produsse come castigo l’impossibilità di parlarsi, adesso, per la salvezza delle anime nostre, si inaugura la concorde sinfonia delle voci.
Cosa è la Chiesa?
La Chiesa è il Corpo di Cristo, Dio-Uomo: ne fanno parte Adamo, Eva, i patriarchi e i profeti sino a Giovanni il Precursore, che Cristo ha unito a sé quando è sceso all’Ade. Ne fanno parte gli apostoli, i martiri, i padri e tutti coloro che sono stati immersi in Cristo: tutti, con sinfonia concorde di voci, professano la scienza divina. Perciò la Chiesa è Una e Santa, come uno è il Corpo di Cristo e come uno solo è il Santo, Dio, nostro padre. La Chiesa è Cattolica e Apostolica, perché è per tutti (in greco, katholiki) e dappertutto conserva tutta intera la dottrina ricevuta dagli apostoli e trasmessa dai padri.
Chi è il capo della Chiesa?
Cristo, vivente in eterno, è l’unico Capo del suo corpo: all’unanime consenso delle sue membra – clero e popolo – Cristo ha affidato il compito di conservare infallibilmente il deposito della fede e di guidare le vicende d’ogni giorno nell’attesa del Suo ritorno. Nella Chiesa ha il primato dell’infallibilità il sommo pontefice delle anime nostre, Gesù Cristo; insieme a lui, è infallibile chiunque dispensa con ortodossia la parola della verità. Gesù ai dodici ha detto:
"I capi delle nazioni dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non sarà così tra voi". (Mt 20, 17-28)
Su chi è fondata la Chiesa?
Sulla pietra che è Cristo, il Figlio di Dio, così come proclamò l’apostolo Simone detto Pietra (Pietro):
“Avvicinandovi a Lui, pietra vivente rigettata dagli uomini ma scelta da Dio e preziosa, anche voi siete edificati come pietre viventi”. (I Pt 2, 1-5)
Perché a volte si dice che la Chiesa è ‘Romana’?
Dopo secoli di persecuzioni, in cui la Chiesa fu imporporata dal sangue di tanti testimoni (martiri), l’imperatore romano Costantino – davvero tredicesimo apostolo – le diede pace e libertà. La Chiesa si diffuse in tutto l’Impero e animò allora tutta la società, tanto che romano diventò sinonimo di cristiano. Lo stesso Costantino volle fondare una nuova capitale, cristiana, e su sette colli che si affacciano sul Bosforo, presso un villaggio chiamato Bisanzio, fece nascere una Nuova Roma. Purtroppo, dicendo ‘romana’ o ‘cattolica‘, spesso s’indica – superficialmente - la Chiesa dei Franchi ovvero il Patriarcato d’Occidente che si è separato dalla comunione con tutte le altre Chiese.
La Chiesa quindi non è Una?
La Chiesa è Una, anche se – storicamente – si è organizzata attorno a 5 grandi città, i cui vescovi furono detti patriarchi: Roma Antica, Nuova Roma, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme. Sotto impulso dei Franchi, tra l’anno 800 e il 1274, il Patriarcato di Roma Antica si separò dalla comunione con il resto della Chiesa Cattolica, ma continuò a dirsi cattolico. Fu quindi necessario chiamare ortodosso chi conserva fedelmente e integralmente, senza omissioni o aggiunte, la fede degli apostoli, dei martiri e dei padri, la fede espressa nei santi sette Concili Ecumenici. Ortodossia vuol dire, infatti, esatta fede. Al cristiano non è lecito essere in comunione con eretici e scismatici, ma deve ugualmente nutrire un grande amore per loro; è necessario pregare perché si convertano e ritornino alla Chiesa: un solo ovile sotto un solo pastore, Cristo Gesù.
Tutti i cristiani fanno parte della Chiesa?
Dalla Chiesa inizialmente si separarono i Franco-cattolici, raggruppati attorno al patriarcato di Roma Antica. Essi poi si separarono anche tra loro, dando vita a tante altre organizzazioni religiose (Protestanti o Evangelici, sino a giungere ai cosiddetti Testimoni di Geova). In età recente – o perché costretti o perché mossi da interessi umani - alcuni gruppi di ortodossi hanno abbandonato la madre Chiesa. Essi sono chiamati Uniati perché conservano molte usanze ortodosse (o quel che chiamano ‘rito bizantino’) ma, uniti ai Franco-cattolici, ne professano tutti i dogmi e dipendono dal Vaticano.
Come si manifesta l’unità della Chiesa?
Lì dove c’è il vescovo, c’è la Chiesa: per indicare un particolare territorio dove opera un vescovo, noi parliamo di diocesi. Ora, pur essendo migliaia le diocesi, e sparse da un confine all’altro della terra, divise in tante nazioni e lingue, ognuna con proprie tradizioni e usi locali, tutte – quasi un miracolo – professano integralmente la fede cattolica e apostolica, avendo come unificante guida centrale soltanto i Concili Ecumenici, i canoni dei Padri, la Tradizione.
Cosa sono i Concili Ecumenici?
Tra 325 e 787, imperatori amanti di Cristo convocarono tutti i vescovi per trattare gravi questioni che riguardavano la Chiesa e che turbavano la pace sociale. I vescovi ascoltarono ciò che il Santo Spirito decise ed emanarono, all’unanimità, alcuni documenti solenni. Tutto ciò che allora si decise, fu accolto come regola di fede e di vita dalla Chiesa intera: perciò quei sette Concili si chiamano Ecumenici, universali.
325, Costantino: i Padri condannano l’eresia di Ario, il quale negava la divinità di Cristo. 381, Teodosio I: i Padri condannano l’eresia che negava la divinità dello Spirito; al vescovo di Nuova Roma fu riconosciuto lo stesso primato d’onore che sino ad allora godeva il vescovo di Roma Antica. 431, Teodosio II: i Padri proclamano che la Vergine Maria è veramente Theotokos (Madre-di-Dio). 451, Pulcheria: i Padri proclamano che Cristo è Theantropos (Dio-Uomo); disponendo che le circoscrizioni ecclesiastiche corrispondano alle realtà civile, il Concilio riconosce che – di fatto – il vescovo di Nuova Roma estende la sua giurisdizione su Sicilia e Grande Grecia. 553, Giustiniano: i Padri condannano l’eresia di Origene e altre empie dottrine dettate dalla filosofia ellenica. 681, Costantino IV: i santi Padri condannano l’eretico Onorio, papa di Roma Antica, che aveva aderito a mostruose dottrine. 787, Irene: i Padri proclamano la liceità del culto delle icone: l’ortodossia delle decisioni conciliari sarà confermata nell’843 dall’imperatrice Teodora e da san Metodio di Siracusa, vescovo di Nuova Roma e Patriarca Ecumenico.
Anche altri Concili particolari hanno un valore quasi pari a quello dei Concili Ecumenici.
692, sotto Giustiniano II: il Concilio Quintosesto vieta alcune bizzarre usanze che – nell’incolto e oscuro Medioevo dell’Occidente – s’erano diffuse tra i fedeli di Roma Antica. 1341, 1342, 1351: a Costantinopoli si smaschera l’inganno d’alcuni atei, tra i quali Giovanni (detto l’Italo) e Barlaam di Seminara. 1848: i patriarchi di tutta la Chiesa denunciano la sciocca idea – diffusa in quegli anni – d’un Primato del pontefice francocattolico su tutti i cristiani e d’una sua presunta, personale Infallibilità.
Molti considerano ecumenico, giustamente, anche un concilio celebrato a Costantinopoli nell’869. A quel tempo, Giovanni VIII, papa di Roma Antica, pur essendo sottoposto al dominio dei Franchi, solennemente condannò (figli di Giuda! – disse - traditori di Cristo!) chi profanava il Credo dicendo che “lo Spirito procede dal Padre e dal Figlio”. Giovanni VIII morì assassinato.
Qual’è l’incontro più importante della Chiesa?
I concili sono una straordinaria epifania, manifestazione del Santo Spirito; tuttavia il momento della Chiesa più grande e più santo è la celebrazione della Divina Liturgia.
C’è nell’arco dell’anno un grande Sabato: la data è stata indicata dai santi Padri che si riunirono nel primo Concilio Ecumenico. Al tramonto di quel sabato, la Chiesa si raduna per celebrare la nascita del giorno che non conosce tramonto, l’ottavo giorno, il giorno della Pasqua e della Risurrezione di Cristo.
Luce gioiosa della santa gloria del Padre immortale, celeste, santo, beato, o Cristo Gesù: giunti al tramonto del sole, e vista la luce vespertina, cantiamo il Padre, il Figlio e il santo Spirito, Dio. E’ cosa degna cantarti in ogni tempo con voci armoniose, o Figlio di Dio, tu che dai la vita; perciò il mondo ti glorifica.
Ascoltiamo le antiche profezie, col cuore circondiamo e abbracciamo il santo colle di Sion, cantiamo gli inni della Risurrezione: molti prolungano per tutta la notte l’attesa. Verso l’alba, il vescovo – con i sacerdoti e i diaconi – sale al ‘Sepolcro vuoto’ che è l’altare e lì presenta non già gli antichi azzimi, come i Giudei, ma il pane, impastato col nuovo lievito, e il vino che rallegra il cuore dell’uomo. Tutta la Chiesa fa memoria della salvezza, dall’incarnazione di Cristo al suo glorioso Ritorno; la Chiesa supplica il Santo Spirito perché venga e cambi il pane nel Corpo di Cristo, e il vino nel suo prezioso Sangue. Il vescovo fa quindi partecipare i presenti ai santi Doni, offerti alla Trinità e dalla Trinità ricevuti per la nostra santificazione e salvezza.
Lo stesso facciamo nel corso dell’anno: ogni tramonto del sabato è l’alba d’una Pasqua della settimana, è il ‘Giorno del Signore’ (domenica). Anche in altri giorni celebriamo l’Eucaristia, nel ricordo della testimonianza gloriosa che i santi, in cospetto del mondo, hanno reso alla potenza della preziosa e vivificante Croce.
Chi celebra l’Eucaristia?
Nella celebrazione della Divina Liturgia si manifesta concretamente la Chiesa, Corpo di Cristo, colonna e fondamento della verità, della quale fanno parte tutti i redenti.
Entra in chiesa vestito a festa: per te si è aperto il Paradiso. Entra con modestia e timore: è il tremendo tribunale di Cristo. Entra e presèntati: fatti riconoscere con il segno della croce. Saluta e bacia gli angeli e i santi, tuoi amici e fratelli di fede lì presenti: l’affetto e la tua preghiera siano luminosi come la candela che accendi davanti alle loro icone. Se vuoi, puoi portare il pane e il vino per celebrare l’Eucaristia, dolci e frutta per far festa insieme a tutti i presenti, vivi e anche defunti che lì o in altri luoghi dormono nell‘attesa della risurrezione. In chiesa, ognuno ha il suo posto: il vescovo, alla cattedra; il sacerdote, all’altare, con il diacono accanto; il cantore, nel coro; l’uomo, davanti all’icona di Cristo, Dio-Uomo; la donna, davanti all’icona della Madre di Dio, la Regina seduta alla sua destra.
La Chiesa non è un insieme disordinato di gente: fedele al mandato di Cristo, essa supplica il Santo Spirito perché riempia della sua divina grazia alcuni uomini provati scelti come vescovi, sacerdoti e diaconi.
Qual è il compito del clero?
Compito del vescovo è quello di reggere e nutrire la Chiesa, dispensando rettamente la parola della verità e celebrando l’Eucaristia. Il vescovo, che deve essere sposato a una sola Chiesa, è scelto tra i vedovi o tra i monaci. Altri invece, che hanno dimostrato di aver saputo formare una Chiesa domestica, una feconda famiglia cristiana, vengono presentati come sacerdoti - con l’incarico di aiutare il vescovo nel servizio di una particolare comunità (parrocchia) che si raduna per celebrare l’Eucaristia - o come diaconi, per amministrare i beni della Chiesa e aiutare vescovi e sacerdoti nel loro ministero.
Da molti secoli la Chiesa ha abbandonato l’uso di stabilire – accanto a vescovi, sacerdoti e diaconi – profeti e diaconesse, mentre conserva l’uso di munire d’una particolare benedizione alcuni ministri della comunità: Lettori, Protopapi, Igùmeni, ecc. Per il servizio liturgico dei monasteri, specie quelli più grandi e popolati, si usa designare qualche monaco come diacono o sacerdote, anche se non è sposato.
Perché sacerdoti e diaconi sono sposati?
Un parroco, che ogni giorno dall’altare benedice e parla al popolo di Dio, non è giusto che rifiuti – proprio lui – la benedizione di Dio e la prima parola che Dio ha rivolto all‘umanità.
In principio Dio ha fatto l’uomo, secondo l’immagine di Dio l’ha fatto; l’ha fatto maschio e femmina. Dio ha detto: “Non è bello che sia l’uomo da solo”; e li ha benedetti Dio dicendo: “Crescete e moltiplicatevi”. E Dio vide quel che aveva fatto, ed era bello assai. (da Gen 1-2)
La Chiesa circonda di grande onore le nozze, seguendo l’insegnamento dell’Apostolo che ha detto: “Il matrimonio sia onorato da tutti” (Ebr13, 4).
Cristo ha amato la Chiesa e per lei ha consegnato se stesso, per santificarla, purificandola con lavacro d’acqua nella parola, e presentare a se stesso la Chiesa, gloriosa, senza macchia o ruga o alcunché di simile, ma santa e irreprensibile. Allo stesso modo i mariti devono amare le mogli come il proprio corpo; chi ama la propria moglie, ama se stesso. Nessuno ha mai odiato la propria carne, anzi la nutre e la riscalda, come anche il Cristo la Chiesa, poiché siamo membra del suo corpo, presi dalla sua carne e dalle sue ossa. Per questo l’uomo abbandonerà il padre e la madre e si unirà alla sua donna, e i due saranno in una sola carne. (Ef 5, 25-32)
E’ questo un grande Mistero: per la supplica della Chiesa, il Santo Spirito colma gli sposi della sua grazia e li rende validi cooperatori di Dio nell’opera della creazione. Il Mistero delle Nozze santifica l’unione tra l’uomo e la donna: la loro vita familiare diventa un’icona dell’unione tra Cristo e la Chiesa. I due sposi sono una sola cosa in un’unione che niente e nessuno può annullare o separare, neppure la morte. Tutt’al più, in caso di morte d’un coniuge (o in caso di divorzio, quando muore l’amore), la Chiesa si prende cura di chi è rimasto solo e ne benedice le seconde nozze. Lo Spirito Santo ha rivelato alla Chiesa che bisogna rifiutare il celibato, non le nozze ordinate da Dio. L’Apostolo, infatti, ha dichiarato:
“Lo Spirito dice espressamente che in futuro alcuni si allontaneranno dalla fede, dando retta a spiriti menzogneri e a dottrine diaboliche. Ipocriti, impostori, incoscienti: essi proibiranno di sposarsi”. (I Tim 4, 1-3)
Eppure i monaci rifiutano le nozze!
La vita monastica è la perfezione della vita cristiana. Il monaco non ha rifiutato le nozze giudicandole impure: ha rinunciato a moglie, figli, case e campi per guadagnare il mondo intero e portare nel suo cuore il Regno dei cieli. Egli è come un profeta che con la sua vita annuncia la vita del secolo futuro, è un uomo che la Chiesa ha mandato avanti.
Disse Mosé: “Vi siete accostati e avete detto: Inviamo uomini che ci precedano ed esplorino per noi la terra e ci annuncino in risposta la via, quella attraverso cui dobbiamo salire”. Mandò Mosè ad esplorare la terra di Chanaan e disse: “Salite per questo deserto, e salirete alla montagna e vedrete la terra qual è… perseverando, prenderete dei frutti della terra”. Essi salirono sul monte. (da Num 13, 17-20 e Deut 1, 22-25)
Il Mistero della tonsura monastica consacra quindi alcune donne e alcuni uomini a perseverare come campioni della vita spirituale, designandoli esploratori e guide sicure di noi tutti. Essi hanno rinunciato a tutto e vivono girovagando, coperti con pelli di pecore e capre, per deserti, monti, grotte e crepacci della terra. Di loro, come dice l’Apostolo, non è degno il mondo (Ebr 11, 38), eppure essi illuminano e vivificano il mondo con gemiti, lacrime e infinite flessioni, con la Preghiera continua e il santo digiuno.
Perciò il cristiano ama le chiese, come fossero un cielo in terra, ma più ancora ama i monasteri, dove lottano atletici uomini celesti. Molti credono, ingenuamente ma non del tutto a torto, che i monasteri sono come circondati d’una particolare energia dello Spirito.
Perché il digiuno è chiamato ‘santo’?
Il Digiuno è un Mistero, un sacramento che consacra ogni credente re del creato, sacerdote del proprio corpo e profeta del tempo futuro in cui vivremo come gli angeli.
Quali, e quanti sono i sacramenti?
La vita della Chiesa è come costellata dalla celebrazione dei Misteri. Di solito, si dice che i sacramenti siano sette: quasi “sette giorni” in cui Dio fa una nuova creazione. La tradizione della Chiesa, tuttavia, parla di molti Misteri e stabilirne il numero non è possibile. La Vestizione monastica, infatti, è come una seconda Immersione; il Mistero delle Nozze non è molto differente dall’imposizione delle mani per designare i sacerdoti, e così via. Anche la Santificazione dell’acqua nel giorno delle Teofanie, è un Mistero; anche la Preghiera dell’Olio o il Servizio funebre.
Cosa è la Preghiera dell’olio?
Chi è oppresso dai peccati è come se avesse dei germi che gli impediscono di vivere pienamente nel corpo, nello spirito e nell’anima. Egli, perciò, si fa ungere con l’olio santificato dal Santo Spirito per la preghiera di sette sacerdoti e della Chiesa tutta, oppure con l’olio che arde dinanzi alle icone o alle reliquie dei santi.
Chi è malato, chiami a sé i sacerdoti della Chiesa, e preghino su di lui dopo averlo unto con olio nel nome del Signore. E la preghiera fatta con fede salverà il malato: il Signore lo rialzerà, e se ha commesso peccati gli saranno perdonati. Confessate perciò i vostri peccati gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri per essere guariti. (Giac 4, 14-15)
Questo Mistero si celebra il grande Mercoledì santo e ogni volta che un malato lo richiede. E’ necessario, però, che tutti abbiano un medico personale: un padre spirituale che conosca gli intimi pensieri del cuore e guidi alla guarigione dal peccato. Seguendo le sue indicazioni, il fedele si presenta al vescovo o al sacerdote, riconosce i propri peccati e accetta una medicina appropriata, una penitenza: il sacerdote, insieme a tutta la Chiesa, prega quindi perché Dio gli rimetta ogni colpa, volontaria e involontaria, consapevole o inconsapevole. Molti altri rimedi ha disposto il Signore come prevenzione e cura della mortifera malattia che è il peccato: ad alcuni dà la gioia del dolore e delle lacrime; ad altri dà la capacità di vedere i propri peccati; nessuno abbandona al nemico: a tutti dona l’Eucaristia.
Prendete, mangiate: questo è il mio corpo che per voi è spezzato in remissione dei peccati; prendete, bevete: questo è il calice del mio sangue, che per voi e per molti è versato in remissione dei peccati.
Perché farsi ungere con l’olio?
Chiamiamo santi alcuni fratelli di fede perché, uniti in modo speciale al solo Santo, hanno ricevuto nella loro vita la presenza divina in abbondanza. Dalle reliquie e dalle icone dei santi, è come se venisse una forza di guarire i malati e la capacità di guidare la natura umana verso la sua condizione originaria, non ancora appannata dalle conseguenze del peccato d’Adamo.
Un cadavere fu casualmente gettato nella stessa fossa in cui era stato inumato Eliseo: appena venne a contatto con le ossa del profeta, tornò in vita e si alzò in piedi (Regni IV 13, 21). I credenti prendevano fazzoletti e grembiuli dell’apostolo Paolo: li mettevano sui malati e le malattie si allontanavano, gli spiriti maligni uscivano (Atti 19, 12).
Perché si usano icone e non statue?
Gli stessi Francocattolici hanno iniziato a usare statue in età moderna, solo molti secoli dopo l’essersi separati dalla Chiesa e, inizialmente, solo come ornamento esterno dei loro luoghi di culto:
“Non farai per te statua e simulacro alcuno… non li adorerai e non renderai loro culto, perché io sono il Signore Dio tuo, Dio geloso". (Es 20, 3-5)
L’unica immagine di Dio è il suo Figlio fatto uomo; noi veneriamo la sua icona, e quella dei santi che ne riflettono la gloria. San Metodio di Siracusa ha disposto che ogni prima Domenica dei Digiuni si ricordino a tutti le decisioni del 7° Concilio Ecumenico:
Illuminati dalla luce della conoscenza, veneriamo le icone di Cristo, della Vergine e di tutti i santi - dipinte sulle pareti, sul legno e sulla sacra suppellettile – perché la venerazione dell’icona conduce al prototipo… Ciò che i profeti hanno visto, ciò che gli apostoli hanno insegnato, ciò che la Chiesa ha ricevuto, ciò che i suoi dottori hanno espresso in dogmi, come ha illuminato la grazia, come è stata dimostrata la verità e dissipata la menzogna, come si è manifestata la Sapienza e Cristo ha trionfato: così noi pensiamo; così proclamiamo Cristo nostro vero Dio, onorandolo insieme ai suoi santi, con parole, scritti, idee, sacrifici, templi, icone; adorando lui come Dio e come maestro, venerando loro come servi autentici del Maestro di tutti e rivolgendo loro una venerazione che rimanda sempre a lui. Questa è la fede degli apostoli, questa è la fede dei padri, questa è la fede degli ortodossi, questa è la fede che sorregge l’universo.
In particolare veneriamo l’icona della santissima Madre di Dio, più venerabile dei cherubini e dei serafini, incomparabilmente più gloriosa degli angeli e dei santi. Riempita dalla Grazia, ricolmata dal Santo Spirito, porta celeste e generata dagli uomini, sotto la Legge del peccato Maria ha concepito e generato il Figlio di Dio. Ha contemplato crocifisso il suo figlio, Dio-Uomo, ed è stata redenta dal sangue sparso in croce. Quando morì e fu portata al sepolcro, il suo corpo non ha conosciuto la corruzione: la Madre della Vita è stata trasportata alla vita eterna. Noi la veneriamo qual vera Madre di Dio perché in lei il Padre ha scritto il Figlio: noi, dopo l’incarnazione di Cristo, veneriamo le icone in cui ciò che invisibile è scritto visibilmente.
La grazia della verità nuovamente risplende. Ciò che un tempo era prefigurato nell’ombra, ora si è apertamente compiuto: poiché ecco, la Chiesa si riveste dell’icona corporea del Cristo come di ultramondano abbigliamento, delineando la figura della tenda della testimonianza, e tiene salda la fede ortodossa, affinché possedendo anche l’icona di colui a cui rendiamo culto, non ci accada di sviarci. Si rivestano di vergogna quanti così non credono: per noi è infatti gloria la forma di colui che si è incarnato; è piamente venerata, non idolatrata. Offrendole il nostro omaggio, gridiamo, o fedeli: O Dio, salva il tuo popolo, e benedici la tua eredità.
Contemplare le icone è anticipare nel cuore il giorno in cui vedremo i cieli aperti, e il Signore venire nella gloria.
Quando verrà il Signore?
Il Signore vuole che ci teniamo sempre pronti, come una sentinella con gli occhi ben aperti: perciò non ha voluto rivelare il giorno e l’ora in cui verrà a giudicare vivi e morti. Ai farisei che gli chiedevano quando sarebbe venuto, Cristo rispose:
“Quanto a quel giorno e l’ora, nessuno lo sa, né gli angeli e neppure il Figlio, ma solo il Padre… Nessuno potrà dire: Ecco, è qui o là…: voi non andate e non seguite li. Vigilate, perché non sapete in quale giorno il vostro Signore viene”. (Mt 24, 36-42)