Romolo Augustolo
00venerdì 6 luglio 2012 01:50
propongo a voi un qualcosa di un po' atipico per la sezione.
avendo finito la maturità, ma mancandomi ora il tempo di creare una vera e propria AAR con BC, mi sono cimentato nel comporre un breve racconto, che dura qualche pagina di word (non posso dire con esattezza quante perchè non è ancora concluso).
Devo ammettere di essere stato ispirato, per il tema scelto, dall'AAR di Fred sulla Georgia. ed ho inoltre utilizzato molte informazioni storiche (prese anche da Bellum Crucis) per cercare di creare un piccolo racconto che potesse essere almeno verosimile.
vi propongo quindi il mio racconto "a puntate", precisando che ogni "puntata" ha la durata di circa una pagina del mio word.
La maggior parte del racconto narra della battaglia di Didgori, cambattuta il 12 Agosto 1121 tra le armate di georgia e dei selgiuchidi, comandate rispettivamente da David IV Bagration e Ilghazi ibn Artuq.

spero vi piaccia, si accettano consigli sulla narrazione [SM=x1140522]
Romolo Augustolo
00venerdì 6 luglio 2012 01:54
1° puntata
DIDGORI
Tbilisi era così vicino, che Abulet si chiedeva il perché di questa calma.
Dietro la grande città infedele, le alte vette dei minareti si collocavano fra la rocca, con le sue mura, ed il terribile Caucaso, che iniziava il suo gigantesco percorso proprio alle spalle della città.
Le mura, antiche e mal presidiate, correvano lungo la riva sinistra del fiume Mtkvari, o Kura, come era chiamato dagli odiati Selgiuchidi.
Erano secoli che al popolo Georgiano mancava la sua capitale: Abulet sapeva per certo che da più di dieci generazioni i saraceni tenevano sotto stretto controllo la città, con la quale dominavano e imponevano tributi non solo al nobile popolo Georgiano, ma a tutti i popoli cristiani del Caucaso.
Ma ora qualcosa stava cambiando.
Era giunta voce al nobile e santissimo Mepe David IV di Georgia (così sono chiamati i Re in queste lande selvagge) che i turchi stavano perdendo innumerevoli battaglie:
Prima i Franchi d'Occidente erano riusciti a espugnare la sacra città di Gerusalemme, dove il Cristo santissimo morì in croce.
In seguito, i Romei si erano ripresi dalla disfatta di Manzikert ed avevano ripreso il controllo di Nicea e Trabzon, insieme a buona parte dell'Anatolia.
Ora erano i popoli cristiani del Caucaso, sotto il vessillo del nobile popolo di Georgia, a dover attaccare per scacciare finalmente gli infedeli da quelle terre.
Il nobilissimo David aveva guidato, battaglia dopo battaglia, questa nuova crociata, e aveva ottenuto innumerevoli vittorie sotto la tutela del vessillo di Georgia, la nobilissima croce rossa in campo bianco, benedetta da San Giorgio in Paradiso.
Ed ora le truppe del Re erano a Tbilisi, la perla del Caucaso, governata da corrotti e decadenti mercanti che non valevano il loro peso in capre.
Eppure il Mepe esitava.
Xephos
00venerdì 6 luglio 2012 03:04
Molto bella! Aspetto la prossima [SM=x1140522]
frederick the great
00venerdì 6 luglio 2012 09:09
[SM=x1140522]
Romolo Augustolo
00venerdì 6 luglio 2012 18:16
2° puntata
- Che abbia paura di una reazione decisa dei Turchi? - pensava Abulet, che ormai mancava da mesi alla presenza della sua famiglia e della sua città.

Abulet era un nobile del regno, un eristavi, come sono chiamati i conti da quelle parti, e governava sulla piccola città di Poti. La sua cittadina era una piccola rocca sul Mar Nero, nulla in confronto alla grande Sokhumi d'Abcasia, e vi abitavano solo pescatori e piccoli artigiani, che esportavano i loro semplici prodotti al piccolo scalo mercantile.

Era stato addestrato alle armi fin da giovane, ed ora era parte integrante della cavalleria del Mepe, tutta formata da eristavi al suo seguito. In nome del Mepe egli aveva combattuto per tutta la Georgia, sconfitto i turchi e gli altri popoli innumerevoli volte. Ed ora, quando finalmente si era in procinto di concludere l'opera di riconquista, il Mepe esitava.

Tutti i nobili sapevano che il Mepe non era uno stupido, ma si aspettavano altresì una conquista della città nella primavera dell'anno in corso. E questa indecisione li bloccava, infondendo nei loro impavidi cuori smaniosi di vendetta rabbia e rancore verso un sovrano finora onorato sempre, in ogni circostanza.
Solo la grande fama che aveva tra il popolo aveva salvato il Mepe da una rivolta delle truppe, solo la fiducia dei nobili ed il suo coraggio al comando gli permettevano di essere ancora al potere indiscusso.

Così, Re David inviò un'ambasceria alla città, chiedendo una grandissima somma d'oro e argento in cambio di quella quiete, di quella calma, che il Mepe di Georgia con le sue truppe avrebbe potuto distruggere in brevissimo tempo.

Una delegazione di mercanti arrivò al campo nel pomeriggio, ed essi, paurosi e codardi, riscattarono la loro viltà con l'oro e l'argento.
Essi, ancor più vili, spedirono in segreto un emissario al sultano selgiuchide, che decise di inviare un grande esercito in Georgia, per fermare la nostra gloriosa avanzata.

Il Re si aspettava una simile mossa, e la sua strategia potè così essere da tutti compresa: egli non voleva perdere soldati in un assedio dispendioso e provocatorio, ma voleva tutte le forze al suo fianco per una decisiva battaglia.


PS bene, la prossima puntata spero di riuscire a concluderla entro domani, ma nn vi assicuro niente. sono ancora arrabbiato xke mi hanno fatto uscire dalla maturità con 69... ma si può dare 69?! 70 troppo poco nè?! [SM=x1140417]
vabbe spero intanto che questo aggiornamento vi piaccia, alla prossima! [SM=g27964]
Romolo Augustolo
00sabato 7 luglio 2012 02:00
3° puntata
Mosse così le truppe cristiane per mesi e mesi, indietreggiando e saccheggiando le province vicine, finchè non arrivammo alla piana di Didgori.
Le truppe Georgiane erano scarse, in confronto a quelle infedeli. Vi erano 40000 soldati e cavalieri georgiani, 15000 kipchaq delle steppe del nord (alleati del Regno da tempo immemore), 500 cavalieri alani e cristiani di Maghas, e 100 franchi d'occidente, tutti armati di possenti spadoni ed ingombranti armature.
Il nemico guidava circa 250000 soldati, tra selgiuchidi e curdi, ed il celebre Ilghazi Ibn Artuq di Mardin guidava la possente armata.
Tutta la notte del 20 Agosto il Mepe ed i suoi consiglieri si riunirono per decidere il piano della battaglia, che si voleva combattere il giorno seguente.
Infine gli alleati kipchaq ebbero un'idea, che sembrava essere fin troppo congegnale a quegli uomini furbi, abili mercenari e cavalieri delle steppe: - 200 dei nostri migliori combattenti cristiani giungeranno stanotte in campo nemico - spiegava un possente comandante kipchaq - e si presenteranno ai selgiuchidi come rinnegati pagani.
- Essi si professeranno in odio verso il Cristo e la Georgia, desiderosi di poter combattere la battaglia dalla parte del giusto Signore dell'Universo, che essi chiamano Allah, apparso a loro in sogno; all'inizio della battaglia, essi semineranno il panico nelle retrovie del nemico, attaccando ferocemente il retro del loro esercito. I nemici, disorientati, saranno travolti.
Nonostante il piano fosse alquanto azzardato, il Mepe lo avvallò, e scelte personalmente gli uomini kipchaq a suo parere più adatti all'arduo compito.
Nel frattempo Abulet fremeva. Il desiderio di notizie sulla famiglia e sul suo feudo non smetteva di preoccuparlo, insieme all'ansia della battaglia.
-Sarebbero essi riusciti a vincere? Se avessero perso, se egli fosse morto, che ne sarebbe stato del suo piccolo primogenito Dzagan, nato solo l'anno prima? Egli non sarebbe certamente riuscito a difendere Poti dai Turchi, a combattere per il Regno, ad amministrare un territorio. E sua moglie non aveva sufficiente autorità per farlo.
- dobbiamo vincere - pensò il forte eristavi - se noi perdiamo oggi, centinaia di migliaia di infedeli invaderanno la Georgia: sarà tutto perduto. Anni e anni di battaglie e di sforzi compiuti al solo fine di ritornare schiavi. Il signore sarà con noi, vinceremo.
All'alba egli indossò l'elmo, aiutato da un giovanotto, insieme alla forte armatura e allo scudo possente, raffigurante un cavaliere nero pece in campo rosso, con una lancia in resta.
Quello era il suo simbolo personale, benedetto dal Mepe in persona dopo che era stato nominato eristavi per meriti di guerra contro i selgiuchidi.
Erano anni che combatteva i selgiuchidi, ed il Mepe lo aveva riconosciuto eristavi dopo la presa della rocca di Samshvilde, ben undici anni prima. Egli aveva così potuto creare un suo feudo, una sua casata, tanto che suo figlio era stato chiamato Dzagan Abuletisdze, che significa "della casata di Abulet".
Egli era fedelissimo al Mepe, che tutto il popolo osannava e chiamava "il costruttore". David IV era diventato "il costruttore" perché aveva riconquistato territori, costruendo una nazione, costruendo chiese e luce dove prima vi erano terra e ombra.
Montò sul suo cavallo, e si mise in linea insieme agli altri eristavi, sul fianco destro.
Nel battaglione vicino c'era il Mepe, al comando dei suoi monaspa, i cavalieri migliori di tutto il Regno di Georgia.
Romolo Augustolo
00martedì 10 luglio 2012 14:26
4° puntata
La piana era assolata, e dentro le armature si cuoceva letteralmente dal caldo, essendo pieno Agosto.
L'erba era di un colore chiaro, sembrava fieno, ed il Caucaso quasi non si vedeva. Il vento c'era, ma sembrava assente, in confronto a quello caucasico.
I cristiani erano asserragliati su una piccola collinetta, ferocemente squadrati dagli islamici, di numero almeno cinque volte superiore.
Il nemico lanciò il segnale, e le truppe si mossero con gran zelo ed entusiasmo, fattispecie i prodi fanti curdi al centro dello schieramento.

Abulet poteva vedere il Mepe motivare le truppe, affiancato dal suo prode figlio, il P'rintsi Demetre Bagration, che già aveva combattuto altre volte sotto il comando paterno.
Le truppe si facevano sempre più vicine, e gli arcieri di entrambi gli schieramenti inondavano il rispettivo nemico di frecce mortali. I kipchaq, cavalieri delle steppe, avevano il loro bel da fare nel tener testa ai cugini turchi, molto superiori in numero.
Quando ormai i nemici erano a poche leghe di distanza, il Mepe lanciò il segnale, e si videro i kipchaq infiltrati attaccare ferocemente il retro del nemico, che stava avanzando!
Il Mepe ordinò l'assalto, e più di cinquantamila uomini scesero contemporaneamente dalla collina, trovandosi a contatto con un nemico molto più numeroso, ma spiazzato da quella dimostrazione di vitalità dell'esercito inferiore per numero, e dallo scompiglio nelle retrovie.
Abulet cavalcava, lancia in resta, e affondò il colpo nel cuore di un cavaliere shirvan nemico. La cavalleria georgiana sul fianco destro prendeva sempre più il sopravvento, guidata dal Mepe e dal P'rintsi.

Il centro dello schieramento e l'ala destra tenevano, ma Ilghazi Ibn Artuq di Mardin si accorse che i cavalieri nemici e quelli che dovevano essere dei rinnegati kipchaq stavano scompaginando il suo fianco sinistro. Se quello fosse stato travolto, i barbari cristiani avrebbero travolto il centro, dove i franchi con i loro pesanti spadoni stavano già mettendo in seria difficoltà le sue truppe, che non riuscivano a circondare i georgiani.
Persa ogni speranza in uno sfondamento del fianco destro per l'ottima resistenza dei cavalieri alani e kipchaq, Ilghazi pensò che l'unico modo per vincere la battaglia fosse fermare la potente cavalleria nemica sul suo fianco sinistro, creando una situazione di stasi dal quale sarebbe uscito certamente vincitore, avendo il quintuplo degli uomini a disposizione.

Mosse così la sua guardia personale sul fianco sinistro, che era il fianco destro georgiano, proprio dove Abulet, persa la lancia, lacerava il cranio di un curdo con l'affilatissima spada.
La cavalleria georgiana capì subito che si stava avvicinando il comandante nemico, e cercò di aumentare la pressione dell'attacco, aiutata dai kipchaq infiltrati che ormai si erano riuniti alla cavalleria del Mepe.
Così, quando Ilghazi di Mardin entrò personalmente nel conflitto, l'elitè dei monaspa e degli eristavi gli mosse contro.
Gli ottimi cavalieri curdi che comandava ressero, e respinsero l'attacco.

Ad un certo punto, però, Abulet vide vicino a lui la guardia del Mepe in grande difficoltà, che si batteva ferocemente contro il miglior reparto di shirvans nemico. I cavalieri azerbaigiani infedeli uccisero in dieci tre monaspa, arrivando a contatto col Mepe, ormai alla mercé dei nemici.
Egli ne abbatté due, ma un terzo gli conficcò la spada nella giuntura della spalla, provocandogli una lesione gravissima.
Abulet arrivò immediatamente con altri eristavi, e caricò i malcapitati shirvans, che vennero dispersi prontamente dalla potente carica.

Ilghazi riuscì nel suo intento: aveva arrestato i nemici, ed ora poteva pensare a vincere, contrattaccando.
Porto così i suoi cavalieri curdi a stretto contatto con la cavalleria nemica d'elite, che doveva essere comandata da un nobile di altissimo rango, pensò.
Egli portava un lungo mantello con diverse incisioni dorate, ed alcune finiture dell'armatura scintillavano. Vicino al nobile vi era il suo stendardo, ricamato finemente e rappresentante simboli preziosi che egli da quella distanza non riusciva bene a distinguere.
Per quanto ne sapeva, avrebbe benissimo potuto essere il Re, o comunque un famigliare od un parente stretto di quella selvaggia famiglia reale.
Il reparto contro cui Ilghazi Ibn Artuq di Mardin si stava per confrontare era, a sua insaputa, l'elite dei monaspa, comandata personalmente dal P'rintsi Demetre Bagration.






a settimana prossima per la 5a puntata, spero vi piaccia! [SM=g27960]
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