4° puntata
La piana era assolata, e dentro le armature si cuoceva letteralmente dal caldo, essendo pieno Agosto.
L'erba era di un colore chiaro, sembrava fieno, ed il Caucaso quasi non si vedeva. Il vento c'era, ma sembrava assente, in confronto a quello caucasico.
I cristiani erano asserragliati su una piccola collinetta, ferocemente squadrati dagli islamici, di numero almeno cinque volte superiore.
Il nemico lanciò il segnale, e le truppe si mossero con gran zelo ed entusiasmo, fattispecie i prodi fanti curdi al centro dello schieramento.
Abulet poteva vedere il Mepe motivare le truppe, affiancato dal suo prode figlio, il P'rintsi Demetre Bagration, che già aveva combattuto altre volte sotto il comando paterno.
Le truppe si facevano sempre più vicine, e gli arcieri di entrambi gli schieramenti inondavano il rispettivo nemico di frecce mortali. I kipchaq, cavalieri delle steppe, avevano il loro bel da fare nel tener testa ai cugini turchi, molto superiori in numero.
Quando ormai i nemici erano a poche leghe di distanza, il Mepe lanciò il segnale, e si videro i kipchaq infiltrati attaccare ferocemente il retro del nemico, che stava avanzando!
Il Mepe ordinò l'assalto, e più di cinquantamila uomini scesero contemporaneamente dalla collina, trovandosi a contatto con un nemico molto più numeroso, ma spiazzato da quella dimostrazione di vitalità dell'esercito inferiore per numero, e dallo scompiglio nelle retrovie.
Abulet cavalcava, lancia in resta, e affondò il colpo nel cuore di un cavaliere shirvan nemico. La cavalleria georgiana sul fianco destro prendeva sempre più il sopravvento, guidata dal Mepe e dal P'rintsi.
Il centro dello schieramento e l'ala destra tenevano, ma Ilghazi Ibn Artuq di Mardin si accorse che i cavalieri nemici e quelli che dovevano essere dei rinnegati kipchaq stavano scompaginando il suo fianco sinistro. Se quello fosse stato travolto, i barbari cristiani avrebbero travolto il centro, dove i franchi con i loro pesanti spadoni stavano già mettendo in seria difficoltà le sue truppe, che non riuscivano a circondare i georgiani.
Persa ogni speranza in uno sfondamento del fianco destro per l'ottima resistenza dei cavalieri alani e kipchaq, Ilghazi pensò che l'unico modo per vincere la battaglia fosse fermare la potente cavalleria nemica sul suo fianco sinistro, creando una situazione di stasi dal quale sarebbe uscito certamente vincitore, avendo il quintuplo degli uomini a disposizione.
Mosse così la sua guardia personale sul fianco sinistro, che era il fianco destro georgiano, proprio dove Abulet, persa la lancia, lacerava il cranio di un curdo con l'affilatissima spada.
La cavalleria georgiana capì subito che si stava avvicinando il comandante nemico, e cercò di aumentare la pressione dell'attacco, aiutata dai kipchaq infiltrati che ormai si erano riuniti alla cavalleria del Mepe.
Così, quando Ilghazi di Mardin entrò personalmente nel conflitto, l'elitè dei monaspa e degli eristavi gli mosse contro.
Gli ottimi cavalieri curdi che comandava ressero, e respinsero l'attacco.
Ad un certo punto, però, Abulet vide vicino a lui la guardia del Mepe in grande difficoltà, che si batteva ferocemente contro il miglior reparto di shirvans nemico. I cavalieri azerbaigiani infedeli uccisero in dieci tre monaspa, arrivando a contatto col Mepe, ormai alla mercé dei nemici.
Egli ne abbatté due, ma un terzo gli conficcò la spada nella giuntura della spalla, provocandogli una lesione gravissima.
Abulet arrivò immediatamente con altri eristavi, e caricò i malcapitati shirvans, che vennero dispersi prontamente dalla potente carica.
Ilghazi riuscì nel suo intento: aveva arrestato i nemici, ed ora poteva pensare a vincere, contrattaccando.
Porto così i suoi cavalieri curdi a stretto contatto con la cavalleria nemica d'elite, che doveva essere comandata da un nobile di altissimo rango, pensò.
Egli portava un lungo mantello con diverse incisioni dorate, ed alcune finiture dell'armatura scintillavano. Vicino al nobile vi era il suo stendardo, ricamato finemente e rappresentante simboli preziosi che egli da quella distanza non riusciva bene a distinguere.
Per quanto ne sapeva, avrebbe benissimo potuto essere il Re, o comunque un famigliare od un parente stretto di quella selvaggia famiglia reale.
Il reparto contro cui Ilghazi Ibn Artuq di Mardin si stava per confrontare era, a sua insaputa, l'elite dei monaspa, comandata personalmente dal P'rintsi Demetre Bagration.
a settimana prossima per la 5a puntata, spero vi piaccia!