Presentazione fazioni nel menù

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The Housekeeper
00lunedì 20 luglio 2009 11:47
Servirebbe una breve presentazione per ciascuna fazione, da mettere nel menù di scelta delle fazioni. Non servono info dettagliate, basta un quadro generale di ogni regno, penso che su wikipedia ci sia materiale a sufficienza...

Qualcuno vuole cimentarsi?
davide283
00lunedì 20 luglio 2009 12:42
ci provo io con i numidi, tratto da wikipedia [SM=g27960]

"Il termine Numidia andò precisandosi nella sua determinazione geografica in età romana. Da principio, esso indicava genericamente i territori a occidente di Cartagine: Polibio ed altri storici lo usavano per indicare tutto il territorio fino al fiume Molochat (oggi Moulouya), a circa 150 km a ovest di Orano.

Era abitata dai Numidi, nome che probabilmente riproduce un nome locale di popolazione, ma che molti hanno interpretato come equivalente alla parola greca Nomades indicante "pastori" nomadi, e ne hanno dedotto che i Numidi erano in origine popolazioni nomadi dedite alla pastorizia. È però un dato di fatto che la maggior parte dei Numidi erano agricoltori sedentari. Addirittura Erodoto, descrivendo le popolazioni del Nordafrica (Storie IV, 191), opera una netta distinzione tra i "Libi agricoltori" (arotêres), in tutti i territori a ovest della Libia (coincidenti in gran parte con la Numidia), e quelli nomádes a est della Tripolitania.

Nel III secolo a.C., i Numidi erano divisi in due regni, corrispondenti a due grandi gruppi tribali, i Massili nella Numidia orientale, e i Massesili in quella occidentale. Trovandosi nella sfera di influenza di Cartagine, i Numidi fornivano tradizionalmente al suo esercito una rinomata cavalleria.

All'epoca della seconda guerra punica, i Massesili, comandati da Siface, si schierarono con i Cartaginesi, mentre i Massili (il cui territorio era stato occupato da Siface), sotto il comando di Massinissa, si allearono con i Romani. Alla fine della guerra, i Romani, vittoriosi, concessero tutta la Numidia a Massinissa, il cui territorio arrivò così ad abbracciare una vasta regione che dalla Mauretania arrivava fino ai confini del territorio cartaginese, e a sudest giungeva fino alla Cirenaica, in modo che la Numidia circondava completamente Cartagine, tranne che per il lato verso il mare (Appiano, Punica, 106).

Alla morte di Massinissa, nel 148 a.C., Scipione Emiliano volle che il regno fosse condiviso tra i tre figli del re, Micipsa (il maggiore), Gulussa e Mastanabale. Rimasto unico sovrano dopo la morte dei fratelli, Micipsa combatté a fianco dei Romani nella terza guerra punica. Quando morì lasciò il potere, in condivisione, ai suoi due figli Aderbale e Iempsale, ed al nipote e figlio adottivo Giugurta. Quest'ultimo, intenzionato a ristabilire l'unità del regno, fece assassinare Iempsale, mentre Aderbale si era rifugiato presso i Romani. Questi colsero il pretesto per scatenare le cosiddette guerre giugurtine nel 113 a.C., ricordate da Sallustio nel suo Bellum Iugurthinum): Giugurta venne sconfitto da Mario, portato prigioniero a Roma e messo a morte nel Carcere Mamertino nel 105 a.C. La Numidia occidentale venne incorporata nei possedimenti di Bocco, re di Mauretania, mentre il resto, ad esclusione di Cirene e delle regioni più orientali) continuò ad essere governato da re indigeni, sostanzialmente vassalli di Roma."

che ne dici house va bene?
davide283
00lunedì 20 luglio 2009 12:54
battria:

"Battria e' il nome in greco antico di un territorio situato tra l' Hindu Kush (Caucasus Indicus) e l'Oxus. La Battriana confina ad est con l'antica regione di Gandhara nel subcontinente indiano. La lingua battriana e' una lingua iranica della sotto-famiglia indo-iraniana delle lingue indoeuropee. Inoltre i Battriani sono una delle linee ancestrali dei Tagichi dell'Asia centrale così come forse dei Pashtun. È un paese montagnoso con clima moderato. L'acqua è abbondante e la terra è molto fertile.
La Battria era in origine una provincia dell'Impero Persiano nell'Asia centrale.

È in queste terre, dove il fertile terreno del paesaggio montagnoso è circondato dal deserto Turaniano, che il profeta Zoroastro predicò e guadagnò i primi adepti. Il linguaggio sacro in cui è scritto l' Avesta, il libro sacro degli Zoroastriani, era una volta denominato "vecchio Bactriano".

Non è noto se la Battria facesse parte dell'Impero dei Medi, ma la regione fu sottomessa da Ciro il grande e da allora formò una delle satrapie dell'Impero persiano. Dopo che Dario III di Persia fu sconfitto da Alessandro Magno ed ucciso nel caos susseguente, il suo uccisore Besso, satrapo di Bactria, cercò di organizzare una resistenza nazionale intorno alla sua satrapia.

Alessandro conquistò la Battria senza troppe difficoltà; solo in Sogdiana nel nord, oltre l'Oxus, incontrò una forte resistenza. La Battria divenne una provincia dell'Impero macedone e subito entrò sotto il governo di Seleuco I, re dell'Asia.

I macedoni (specialmente Seleuco I e suo figlio Antioco I) fondarono l'Impero Seleucide e molte grandi città greche nell'Iran orientale, cosicché la lingua greca divenne per un certo tempo quella dominante. Il paradosso che la presenza greca fosse maggiore in Bactria piuttosto che in aree più vicine alla Grecia potrebbe essere spiegato dalla politica dei nuovi re Persiani di spostare gli inaffidabili coloni greci in questa provincia più remota del loro enorme impero.

Le grandi difficoltà incontrate dall'Impero seleucide mentre combatteva gli attacchi di Tolomeo II d'Egitto, diedero a Diodoto, satrapo di Battria, l'opportunità di rendersi indipendente (verso il 255 a.C.) e di conquistare anche la Sogdiana. Egli fu il fondatore del regno greco-battriano. Diodoto e i suoi successori furono abili a difendersi dagli attacchi dei Seleucidi, in particolare di Antioco III il Grande, che fu definitivamente sconfitto dai Romani nel 190 a.C.

I Greco-battriani furono così potenti che furono in grado di espandere il loro territorio fino all'India, a formare il regno indo-greco."

sui saka non ci sono informazioni precise, su wiki si parla di una popolazione siberiana, qualche info in + su questo popolo?
The Housekeeper
00lunedì 20 luglio 2009 12:56
Per me va più che bene, però il mod inizia nel 240 a.c. quindi possiamo omettere la parte degli eventi successivi
davide283
00lunedì 20 luglio 2009 13:11
ok, io metto quello che puo' essere interessante, al massimo tagliate voi le parti successive, anche se puo' essere interessante sapere cosa successe dopo e cambiare la storia [SM=g27964]

celtiberi:

"I Celtiberi sono popolazioni celtiche stanziate nell'antichità, a seguito di varie ondate migratorie, nella Penisola iberica.

Il termine "Celtiberi" compare in Diodoro Siculo, Appiano e Marziale, secondo i quali indicava un misto di Celti e Iberi. Anche per Strabone il termine designava una mescolanza tra i due popoli, ma specificava che i Celti ne costituivano il gruppo dominante.

Il nucleo centrale dell'insediamento celtiberico corrisponde a un'area dell'odierna Spagna centrale, a cavallo tra le regioni di Castiglia, Aragona e La Rioja e compresa tra il medio bacino dell'Ebro e l'alto corso del Tago (la Meseta).
La penetrazione in quest'area risale all'VIII-VI secolo a.C., anche se è possibile che alcune infiltrazioni fossero avvenute anche in epoche precedenti, fin dal X secolo a.C.
È possibile che, quando si insediarono nella Penisola iberica, i popoli provenienti dalla culla originaria dei Celti (l'area della Cultura di La Tène), includessero anche alcuni gruppi minoritari di germanici; una volta superati i Pirenei, inoltre, si mescolarono talvolta con le popolazioni autoctone preesistenti.

La prima emigrazione di Celti, che ebbe luogo nel X secolo a.C., portò con se elementi della Cultura di La Tène ma adottò, nel contempo, alcuni usi e costumi delle popolazioni autoctone della regione. Questa cultura era basata sulla transumanza stagionale di bestiame, sotto la protezione di un'élite guerriera, come accadeva anche in altre regioni europee.

A differenza delle popolazioni iberiche, i Celtiberi preferivano vivere in piccoli insediamenti rurali, villaggi fortificati che controllavano le più importanti vie di comunicazione e i pascoli. Tali insediamenti erano frequentemente indicati in celtiberico con il suffisso "-briga", derivato dalla diffusa radice indoeuropea *bhrgh: si tratta dello stesso tipo di insediamento chiamato dai Galli δοῦνον, dūnum o -dun e dai latini oppidum.

In un secondo momento, i Celtiberi si espansero verso sud (nell'attuale Andalusia) e verso nord-ovest, fino a toccare le coste atlantiche della penisola (Galizia). A indicare i confini esatti della penetrazione celtica nella Penisola iberica sono la toponomastica (caratteristici sono i prefissi seg- e i suffissi -samo e, soprattutto, -briga e la diffusione del corpus delle iscrizioni in celtiberico, all'interno del quale spiccano i Bronzi di Botorrita.

I principali nuclei urbani dei Celtiberi, strutturati secondo il tipico schema indoeuropeo della "fortezza di collina", furono Numanzia, Kalakoricos (l'odierna Calahorra, chiamata dai Romani Calagurris) e l'attuale Calatayud (Bilbilis per i latini).

Nel II secolo a.C. i Celtiberi furono sottomessi da Roma attraverso una serie di campagne militari (le Guerre celtibere); la capitolazione fu segnata dalla caduta della loro ultima roccaforte, Numanzia, vinta nel 133 a.C. da Publio Cornelio Scipione Emiliano. A partire da quel momento i Celtiberi, come tutte le altre popolazioni della Penisola iberica, subirono un intenso processo di latinizzazione, dissolvendosi come popolo autonomo."
The Housekeeper
00lunedì 20 luglio 2009 13:17
ottimo ;)
JLoZeppeli
00lunedì 20 luglio 2009 14:06
Se volete vi faccio presentazioni storiche del periodo connesse ai testi classici. Fa più scena con citazioni varie. Posso anche farvele in latino, così se dovete fare la traduzione inglese non si lamentano che è in italiano [SM=g27964]
davide283
00lunedì 20 luglio 2009 14:14
cartagine:

"Cartagine e' una citta' del Nordafrica.
Secondo lo storico greco Timeo, la fondazione di Cartagine risalirebbe all'814 a.C., mentre per Giuseppe Flavio la data di fondazione sarebbe l'826 a.C. Cartagine venne fondata da coloni fenici provenienti dalla città di Tiro che portarono con loro il dio della città Melqart. Secondo la tradizione a capo dei coloni (o forse profughi politici) era Didone (conosciuta anche come Elissa). Numerosi sono i miti relativi alla fondazione che sono sopravvissuti attraverso le letterature greca e latina; uno di questi narra che il fratello di Elissa, Pigmalione di Tiro, capo dell'omonima città, fece uccidere il marito della sorella, per carpirne le ricchezze. Elissa, quindi, lasciò la città e dopo lunghe peregrinazioni, approdò sulle coste libiche dove fondò Cartagine.

I primi anni di Cartagine, posta nel Mar Mediterraneo, sono definiti da una lunga serie di rivalità fra le famiglie proprietarie terriere e le famiglie dei commercianti e marinai. In genere, a causa dell'importanza dei commerci per la città, la fazione "marittima" controllava il governo e, durante il VI secolo a.C., Cartagine cominciò ad acquisire il dominio dell'area del Mediterraneo Occidentale. Mercanti ed esploratori costruirono una vasta rete di commerci che portarono una grande prosperità e un largo potere alla città-stato. Si tramanda che già all'inizio del VI secolo a.C. Annone il navigatore si sia spinto lungo la costa dell'Africa fino alla Sierra Leone; contemporaneamente sotto la guida di Malco, la città iniziò la conquista sistematica delle regioni costiere dell'Africa e del suo interno.

All'inizio del V secolo a.C., Cartagine era il più importante centro commerciale della regione, una posizione che avrebbe mantenuto fino alla sua caduta per mano romana. La città-stato aveva conquistato i territori delle antiche colonie fenicie (Adrumeto, Utica, Kerkouane...) e le tribù libiche, allargando la sua dominazione su tutta la costa dell'Africa dall'odierno Marocco ai confini dell'Egitto. La sua influenza si allargava inoltre nel Mediterraneo con il controllo della Sardegna, Malta, le isole Baleari e la parte occidentale della Sicilia. Erano state stabilite colonie anche in Spagna. In tutto il Mediterraneo occidentale resistevano all'imperialismo commerciale cartaginese solo Marsiglia (colonia greca focese), le colonie greche della costa italiana e i commercianti etruschi che a malapena mantenevano il controllo delle coste italiane del Mar Tirreno e lottavano per la Corsica.

L'impero commerciale cartaginese, alle origini, dipendeva strettamente dalle relazioni economiche con Tartesso e altre città della Penisola Iberica. Da qui Cartagine otteneva grandi quantità di argento e, cosa molto più importante, di stagno, determinante per la fabbricazione di oggetti di bronzo in tutte le civiltà antiche. Cartagine seguiva le rotte commerciali della città-madre, Tiro. Alla caduta di Tartesso le navi cartaginesi risalirono direttamente alla sorgente primaria dello stagno nella regione nord occidentale della Penisola Iberica e in seguito fino alla Cornovaglia. Altre navi cartaginesi si inoltrarono nella costa atlantica dell'Africa tornando con l'oro fin dall'odierno Senegal.

Il governo di Cartagine e' un'oligarchia, non diversa da quella di Roma repubblicana. I Capi dello Stato sono chiamati "suffeti" che verosimilmente era il titolo del governatore della città-madre Tiro. "Suffeti" letteralmente si traduce con "giudici", carica che ricorda i "Giudici" citati nella Bibbia. Gli scrittori romani invece, utilizzano il termine "reges" (Re); ma non dimentichiamo il forte senso spregiativo che la parola "re" ha per i romani, accesi repubblicani.

Cartagine venera molti dei. La suprema coppia divina era formata da Tanit e Baal. Diversamente dalla maggioranza della popolazione i preti si radono il viso. Nei primi secoli i rituali della città includevano danze ritmiche tratte dalla tradizione fenicia e sembra che la dea Astarte fosse molto popolare.

Il successo di Cartagine portò alla creazione di una potente flotta atta a scoraggiare sia i pirati che le nazioni rivali. Questa potente flotta, insieme al successo e alla crescente egemonia portò Cartagine verso un sempre crescente conflitto con la Grecia, l'altro maggior concorrente per il controllo del Mediterraneo Centrale.

L'isola di Sicilia, posta alle porte di Cartagine, divenne il teatro dove sarebbe scoppiato questo conflitto. Fin dai primi giorni sia Greci che Fenici furono attratti dalla grande isola, lungo le coste della quale stabilirono un grande numero di colonie e stazioni di posta. Nel corso dei secoli furono combattute piccole battaglie fra questi insediamenti ma nel 480 a.C. la Sicilia divenne il terreno principale per la prima grande campagna militare cartaginese.

Gerone, tiranno di Siracusa, in parte aiutato e supportato dai Greci, tentava di unire l'isola sotto il suo governo. Questo imminente pericolo non poteva venire ignorato da Cartagine che, forse come parte di un'alleanza con la Persia al momento in guerra con la Grecia, mise in campo il più grande esercito che avesse mai formato, al comando del generale Amilcare. Anche se le cifre tradizionali indicano un numero di 300.000 uomini, quasi sicuramente esagerato, certo Cartagine mostrò una forza formidabile.

Nella navigazione verso la Sicilia, comunque, Amilcare subì delle perdite (probabilmente severe) a causa delle avverse condizioni atmosferiche. Perciò, sbarcato a Panormum, il generale fu pesantemente sconfitto nella battaglia di Imera dove trovò la morte o per le ferite o per suicidio suggerito dalla vergogna. Cartagine fu severamente indebolita dalla sconfitta e il vecchio governo, allora nelle mani della nobiltà, fu sostituito dalla Repubblica Cartaginese.

Nel 410 a.C., nondimeno, Cartagine aveva recuperato la sua potenza sotto una serie di governanti di successo. Nel 409 a.C. Annibale Magone guidò la nuova spedizione in Sicilia riuscendo a conquistare le piccole città di Selinunte (antica Selinus) e Imera prima di rientrare trionfalmente a Cartagine con le loro spoglie. Siracusa, la principale nemica, rimase però intoccata e nel 405 a.C. Annibale Magone guidò una seconda spedizione per conquistare l'intera isola. Questa spedizione incontrò una feroce resistenza armata e fu colpita dalla pestilenza. Durante l'assedio di Agrigento, Annibale Magone morì per la peste che decimò le forze cartaginesi.

Il successore di Annibale Magone, Imilcone riuscì a riportare la campagna su migliori binari rompendo l'assedio dei Greci, conquistando Gela e sconfiggendo ripetutamente le forze di Dionisio il nuovo Tiranno di Siracusa. Ciononostante, con l'esercito indebolito dalla peste, fu costretto a chiedere la pace prima di ritornare a Cartagine.

Nel 398 a.C. Dionisio, riacquistata la sua potenza, ruppe il trattato di pace colpendo la fortezza cartaginese di Motya. Imlico rispose con decisione guidando una spedizione che non solo riprese Motya ma conquistò Messina e, infine, pose l'assedio a Siracusa stessa. L'assedio terminò con successo nel 397 a.C. ma l'anno successivo la peste colpì ancora l'esercito di Imlico che collassò. D'altra parte, la conquista della Sicilia era diventata un'ossessione per Cartagine. Nel corso dei successivi 60 anni Greci e Cartaginesi si scontrarono in un'incessante serie di scaramucce.

Fra il 280 a.C. e il 275 a.C., Pirro dell'Epiro mosse due grandi campagne nel tentativo di proteggere ed estendere l'influenza greca nel Mediterraneo Occidentale. Una campagna venne scatenata contro Roma con il proposito di difendere le colonie greche del sud Italia. La seconda campagna venne mossa contro Cartagine nell'ennesimo tentativo di riportare la Sicilia interamente sotto controllo greco.

Pirro, pur vincendo alcune battaglie sia in Italia che in Sicilia (i cartaginesi si arroccarono a Lilibeo dove respinsero l'assedio), non riuscì a portare a termine gli obiettivi che si era prefisso. Dove per Cartagine questo significò il mero ritorno allo status quo, per Roma significò la conquista di Taranto e una robusta ipoteca sull'intera Italia meridionale. Il risultato finale mostrò quindi un nuovo bilanciamento del potere nel Mediterraneo Occidentale: i Greci videro ridotto il loro controllo sul sud Italia mentre Roma crebbe come potenza e le ambizioni territoriali la portarono per la prima volta direttamente allo scontro frontale con Cartagine.

Una nutrita compagnia di mercenari era stata assunta al servizio di Agatocle. Alla morte del Tiranno nel 288 a.C., questi si trovarono improvvisamente senza lavoro. Anziché lasciare la Sicilia si posero all'assedio di Messina, conquistandola. Con il nome di "Mamertini" (figli di Marte), si posero al comando della città terrorizzando i territori circostanti.

Dopo anni di scaramucce, nel 265 a.C. Gerone II, nuovo Tiranno di Siracusa, entrò in azione. Trovandosi di fronte a forze preponderanti i Mamertini si divisero in due fazioni. Una pensava di arrendersi ai cartaginesi, la seconda preferiva chiedere aiuto a Roma. Così due ambasciate furono inviate alle due città.

Mentre il Senato di Roma dibatteva sul comportamento da tenere, i cartaginesi decisero rapidamente di inviare una guarnigione a Messina. La guarnigione fu ammessa in città e una flotta cartaginese entrò nel porto di Messina. Poco dopo, però i cartaginesi cominciarono a negoziare con Gerone mettendo in allarme i Mamertini che inviarono un'altra ambasciata a Roma chiedendo l'espulsione dei cartaginesi da Messina.

L'arrivo dei cartaginesi aveva posto notevoli forze militari proprio attraverso lo Stretto di Messina. Per di più la flotta cartaginese deteneva l'effettivo controllo dello Stretto stesso. Era chiaro ed evidente il pericolo per i vicini di Roma e per i suoi interessi. Come risultato il Senato di Roma, anche se riluttante ad aiutare una banda di mercenari, inviò una spedizione per restituire il controllo di Messina ai Mamertini.

Le due maggiori potenze del Mediterraneo Occidentale si fronteggiavano. Era l'inizio delle Guerre Puniche.

Durati complessivamente circa un secolo, questi tre grandi conflitti fra Roma e Cartagine avrebbero determinato per secoli - e ancora oggi in parte determinano - il destino della civiltà occidentale.

* Prima guerra punica (dal 264 a.C. al 241 a.C.)

* Seconda guerra punica (dal 218 a.C. al 202 a.C.)

* Terza guerra punica (dal 149 a.C. al 146 a.C.)

Con le Guerre Puniche Roma annientò Cartagine. La fine della Seconda Guerra Punica segnò la fine della potenza cartaginese mentre con la Terza Guerra Punica ci fu la completa distruzione della città-stato da parte di Publio Cornelio Scipione Emiliano. I soldati romani andarono casa per casa uccidendo i cartaginesi e rendendo schiavi i sopravvissuti. Il porto di Cartagine fu bruciato e la città rasa al suolo. Lo stesso Scipione fu riluttante ad eseguire tali ordini.

Cartagine non sarebbe mai più stata rivale di Roma."



davide283
00lunedì 20 luglio 2009 14:40
tribu' galliche:

"Galli e' il nome con cui i Romani indicano i Celti che abitano la regione della Gallia, corrispondente grossomodo ai territori attuali di Francia, Belgio, Svizzera, Paesi Bassi, Germania lungo la riva orientale del Reno e Italia settentrionale a nord del fiume Rubicone.
Descritti dalla fonti classiche come di costituzione fisica alta e robusta, spesso con occhi, pelle e capelli chiari, i Galli indossavano tuniche dai colori sgargianti e maniche e brache.

Politicamente disomogenei, frazionati in varie tribù tra loro spesso in conflitto, come dice Cesare: "La Gallia è, nel suo complesso, divisa in tre parti: la prima la abitano i Belgi, l'altra gli Aquitani, la terza quelli che nella loro lingua prendono il nome di Celti, nella nostra, di Galli", i Galli trovarono momenti di unità solo sotto la pressione della minaccia romana, in particolare durante la Campagna di Gallia condotta appunto da Giulio Cesare, quando seppero trovare una guida riconosciuta nella figura di Vercingetorige.

Il termine latino Galli origina dal termine greco Γαλάται (Galatai), etnonimo attestato sin dal III secolo a.C. e che i Greci riferivano alle tribù celtiche che invasero la Tracia nel 281 a.C. spingendosi con incursioni fin nel cuore della Grecia. Per Gal è stata ipotizzata una derivazione dalla radice celtica *gal- ("potere", "forza") o dalla radice indoeuropea *kelH ("essere elevato"). In entrambi i casi, trattandosi di un attributo positivo, potrebbe essere stato un endoetnonimo, anche se proprio probabilmente più di un singolo gruppo cui appartenevano le tribù celtiche spintesi nella penisola Balcanica e nel centro della Turchia, piuttosto che dell'intero popolo dei Celti.

I Celti, probabilmente formatosi come popolo indoeuropeo a sé stante in un'area dell'Europa centrale compresa tra le attuali Germania meridionale e la Francia orientale, si espansero fino alle coste atlantiche dell'odierna Francia e lungo il corso del Reno tra i secoli VIII e V a.C., nel corso dell'Età del Ferro (culture di Hallstatt e di La Tène). Più tardi, a partire dal 400 a.C. circa, penetrarono nell'odierna Italia settentrionale.

A partire dall'inizio del IV secolo a.C., migrazioni di popolazioni celtiche attraversarono a più riprese le Alpi e si installarono nella Pianura Padana. Vennero così a contatto con i Liguri e i Veneti, popoli con i quali si scontrarono e in parte assorbirono, e gli Etruschi. Continuarono a premere verso Sud, tanto che nel 388 a.C. la tribù dei Senoni attaccò Chiusi e poco più tardi, guidati da Brenno, saccheggiarono Roma (nel 390 a.C. o, più probabilmente, nel 386 a.C.). Nel 385 a.C. i Senoni si installarono definitivamente nel Piceno, colonizzandolo interamente nel 322 a.C.. In seguito i Galli cisalpini presero parte a varie iniziative militari contro l'ascesa di Roma, dalle guerre sannitiche alle guerre puniche (un forte contingente gallico era presente alla battaglia di Canne), prima di essere assogettati definitivamente con una serie di operazioni militari condotte dai Romani nel III secolo a.C.

I Galli stanziati al di là delle Alpi erano frazionati in numerose tribù; Cesare attesta che al momento delle sue campagne si distinguevano due fazioni, capeggiate rispettivamente dagli Edui e dai Sequani, presto scalzati dai Remi.

La struttura sociale articolata in tre classi: i guerrieri, i liberi (allevatori e agricoltori) e i sacerdoti, o druidi. Al di sotto di questi membri veri e propri del popolo, pare esistessero anche schiavi. Come tutte gli antichi popoli indoeuropei (e, in particolare, quelli celtici dei quali rappresentavano un ramo), si ripartivano in gruppi famigliari; il padre aveva diritto di vita e di morte sulla moglie e sulla prole e i figli potevano presentarsi a lui solo nell'età di imbracciare le armi. I funerali, sfarzosi, prevedevano la cremazione mediante pire, nelle quali venivano gettati anche oggetti e animali cari dal defunto.

Le famiglie erano a loro volta raccolte in numerose tribù. A capo delle tribù l'assemblea del popolo in armi eleggeva un re (rix in gallico, usato come suffisso), mentre i rapporti tra le tribù erano tenuti principalmente dai druidi.

La base della piramide sociale era costituita da persone provviste di diritti, almeno formalmente e inizialmente, ma che a causa del frequente indebitamento si riducevano presto a una condizione servile, che Cesare definisce "plebea".
Il potere politico e - soprattutto - militare era appannaggio della classe dei guerrieri, che mobilitava in massa nelle frequenti scaramucce che opponevano tribù a tribù. Unica virtù riconosciuta da questo ceto è quella militare.
I sacerdoti, o drudi, erano incaricati delle funzioni religiose, dei sacrifici - sia pubblici sia privati - e dell'interpretazione delle norme religiose, secondo la dottrina elaborata in Britannia e appresa dai drudi attraverso appositi viaggi di istruzione. Ricoprivano inoltre il ruolo di insegnanti e di giudici ed erano fortemente legati tra loro, indipendentemente dall'appartenenza alle varie tribù. Tali rapporti erano cementati dagli annuali convegni druidici, ospitati dalla Foresta dei Carnuti, ritenuta il centro della Gallia.

I Galli, va ricordato, erano politeisti, e adoravano un vasto pantheon di divinità legate alla natura e alle virtù guerriere.

Accanto alla tradizionale attività venatoria, resa possibile dalle estese foreste delle regioni cha abitavano, i Galli praticavano sia l'allevamento che l'agricoltura. Le attestate presenze greche e fenicie sulle coste del Golfo del Leone e quelle etrusche, italiche e latine nella Pianura Padana confermano inoltre l'esistenza di una rete di scambi commerciali tra i Galli e altri popoli mediterranei. Tra le attività manifatturiere, sono pervenute testimonianze di una raffinata oreficeria.

L'occupazione romana della Gallia cisalpina avvenne in seguito a una serie di battaglie (Sentino, 295 a.C.; Talamone, 225 a.C.; Clastidium, 222 a.C.) condotte contro le varie tribù che appoggiavano volta per volta i nemici di Roma, dagli Italici ai Cartaginesi.

La conquista della Gallia meridionale iniziò attorno al 125 - 121 a.C. con l'occupazione di tutta la fascia mediterranea fra le Alpi Liguri e l'Hispania costituita successivamente in Provincia con capitale Narbona (fondata nel 118 a.C.).
Il dominio romano sulla regione poté dirsi compiuto solo nel 58-51 a.C. grazie alle campagne di Giulio Cesare, che sconfisse le tribù celtiche in Gallia e nelle Isole britanniche e descrisse le sue esperienze nel De bello Gallico. Da li' fino all'invasione franca del 486 d.C. i Galli rimasero sotto la dominazione romana."

ps: per la descrizione dei romani, mi rimetto a jlo [SM=g27960]
davide283
00lunedì 20 luglio 2009 15:13
britanni:

"I Britanni sono una popolazione celtica stanziata nell'antichità nelle Isole britanniche (Gran Bretagna e Irlanda). Giunti nella regione a partire dall'VIII secolo a.C., i Celti della Britannia rimasero frazionati in numerose tribù.

A partire dall'VIII-VI secolo a.C., gruppi di Celti invasero a più riprese le Isole britanniche, sovrapponendosi ai precedenti abitanti. Tali gruppi provenivano, attraverso La Manica, dalle coste continentali dell'Europa, che i Celti avevano appena raggiunto dopo aver avviato la loro espansione dalla culla del loro popolo (l'area della Cultura di La Tène) e disceso il corso Reno. A partire dall'odierna Inghilterra meridionale, si espansero rapidamente in tutta la Gran Bretagna e l'Irlanda, anche se nell'attuale Scozia il popolo pre-indoeuropeo dei Pitti conservò la propria individualità.

Come tutti i Celti, i Britanni non raggiunsero mai un'unità politica; in alcuni, rari momenti stipularono provvisorie leghe militari, per far fronte a un comune nemico. Gaio Giulio Cesare, che nel 55 a.C. giunse con la sua flotta in Gran Bretagna, distinse gli abitanti in autoctoni e costieri, che nel II secolo a.C. erano emigrati in Gallia belgica e avevano fondato potenti Stati. Tra le popolazioni più importanti ricorda i Cantiaci, che abitavano l'odierno Kent (che da essi prende il nome), i Dumnoni, nell'attuale Cornovaglia, e, più a nord, gli Iceni.

Cesare attesta gli stretti legami, non solo culturali ma anche economici e politici, tra i Britanni e i Galli: i domini di Diviziaco, per esempio, si estendevano su entrambe le sponde della Manica e sull'isola scampavano esuli dalla Gallia , che a sua volta otteneva, in caso di necessità, aiuto militare dalla Britannia.

I Britanni estraevano e commerciavano stagno, coltivavano grano e allevavano bestiame. In particolare, lo stagno dei Britanni era commericato, attraverso i Galli, in tutto il bacino mediterraneo.

Nell'ambito delle guerre per la conquista della Gallia, Gaio Giulio Cesare condusse due rapide incursioni in Britannia, nel 55 e nel 54 a.C.. Cesare stesso ne rende conto nel suo De bello Gallico. La prima spedizione (tarda estate del 55), che non raggiunse grandi risultati, fu più che altro una spedizione ricognitiva. Le truppe approdarono per mare sulla costa dell'odierno Kent. La seconda invasione, quella del 54, ebbe maggior successo: Cesare impose sul trono il re amico Mandubracio e costrinse alla sottomissione il suo rivale, Cassivellauno, anche se il suo territorio non fu sottomesso.

I Britanni rimasero indipendenti sino al 43 d.C., quando l'imperatore romano Claudio lanciò l'invasione dell'isola, affidandola ad Aulo Plauzio. Il generale sconfisse Carataco, re dei Catuvellauni e guida della resistenza anti-romana, e diede così inizio al dominio latino. In seguito, nuove spedizioni furono condotte da Publio Ostorio Scapula (47-51) e da Svetonio Paolino (60-61) (che affrontò e vinse l'indomita regina degli Iceni, Boudicca) e da Gneo Giulio Agricola, che conquistò le terre dei Briganti e sconfisse le tribù dell'odierna Scozia. I Romani occuparono l'area degli attuali Inghilterra e Galles, erigendo a nord un limes fortificato: il Vallo di Adriano (122), in seguito spostato ancora più a nord (Vallo di Antonino, 142). Al di là del limes (nell'attuale Scozia e in Irlanda) rimasero sia tribù britanniche, sia i Pitti.

Da quel momento in poi, la Britannia passo' da una dominazione all'altra, dai romani agli anglosassoni e infine ai normanni. Le tradizioni celtiche rimasero presenti solo nelle odierne Irlanda e Scozia."
davide283
00lunedì 20 luglio 2009 15:26
tracia:

"I Traci sono una popolazione indoeuropea storicamente stanziata nell'estremità sudorientale della Penisola Balcanica, nella regione che da loro ha preso il nome (Tracia, corrispondente grossomodo alle ordierne Bulgaria meridionale, Turchia europea e Grecia nordorientale) e in alcune aree adiacenti, espandendosi a nord fino al basso corso del Danubio.

I Traci vengono descritti da Erodoto come il popolo più numeroso, dopo gli indiani, e probabilmente il più potente, affermando che l'insieme delle terre che controllavano sarebbe stato un vasto impero, se fossero stati uniti. Ma i Traci erano divisi in molti gruppi e tribù; solo in alcuni casi qualche sovrano riuscì, per brevi periodi, a riunire tali popoli.

Giuseppe Flavio considera fondatore dei Traci il personaggio biblico Tiras, figlio di Jafet: "Tiras diede a coloro che governava il nome di Tirasiani; ma i Greci cambiarono il nome in Traci".

Nel 510 a.C. i Traci furono in gran parte sottomessi alla Persia di Dario I; poco più tardi figurano tra le componenti dell'esercito che Serse condusse contro la Grecia. Poco più tardi, un sovrano (Teres della tribù degli Odrisi) riuscì a riunire sotto il suo scettro le varie popolazioni traciche, lasciando poi il regno al figlio Sitalce. Questi, secondo quanto riportato da Tucidide, nel 490 a.C. guidò il suo popolo in una spedizione contro la Macedonia. Ben presto però le tendenze centrifughe delle varie tribù ripresero il sopravvento, portando i Traci sotto l'influenza - anche se non sotto un pieno dominio - dei vicini Macedoni.

Un nuovo momento di unità del popolo fu ottenuto dal re Cotys I nella prima metà del IV secolo a.C., che rafforzò la sua posizione imparentandosi con il generale ateniese Ificrate. Nel 375 a.C. soffocò la ribellione dei Triballi, una delle tribù che componevano il popolo tracico, e nel 359 a.C. sconfisse gli Ateniesi ottenendo il controllo della penisola del Chersoneso tracico.

Alla sua morte i Traci tornarono però a dividersi in più Stati, subendo l'influenza del vicino e in ascesa Regno di Macedonia di Filippo II.

I Traci furono coinvolti nel conflitto tra Roma e la Macedonia: l'Urbe inviò diverse spedizioni contro di loro, anche se in questa prima fase non mirò alla completa sottomissione.

Andrisco, al tempo del dominio romano della Macedonia, formò un esercito di Traci e Macedoni e diede una temporanea indipendenza alla Macedonia proclamandosi anche re di essa.

Sul finire del I secolo a.C. una nuova, effimera unità fu ricostituita sotto re Cotys IV della tribù dei Sapei, che riuscì a farsi riconoscere da Roma e a trasmettere il titolo al figlio Remetalce I.

Alla morte di Remetalce il regno tornò a dividersi; preoccupata dalla conflittualità, Roma iniziò a intervenire massicciamente a partire dal 19, fino a quando Claudio (imperatore romano) non occupò la regione e istituì la provincia di Tracia (44).

Di origine trace fu Spartaco, il gladiatore che guidò una grande rivolta in Italia dal 73 al 71 a.C. La sua armata di gladiatori e schiavi sconfisse diverse legioni romane in quella che è conosciuta come la Terza guerra servile. Il suo esercito fu poi annientato dai Romani nella battaglia del fiume Sele.

La lingua dei Traci, e quindi la loro identità come popolo, sorpavvisse a lungo alla romanizzazione, come testimoniano non solo Ovidio (esiliato proprio in Tracia, a Tomi, nel I secolo), ma anche autori molto più tardi, come Teodosio di Cappadocia e Giordane (VI secolo).

A determinare pero' la definitiva dissoluzione dei Traci come popolo autonomo sarebbe stato il processo di slavizzazione, che prese il via con l'invasione slava che sommerse la Tracia a partire dal VI secolo."

davide283
00lunedì 20 luglio 2009 15:36
illiria:

"L'Illiria e' la regione corrispondente all'attuale fascia costiera orientale del Mare Adriatico, abitata dagli Illiri, un'antica popolazione che parlava una lingua indoeuropea. Gli Illiri arrivarono nella parte occidentale della penisola Balcanica intorno al 1000 a.C., tra la fine dell'Età del Bronzo e l'inizio dell'Età del Ferro. Nei successivi mille anni, essi occuparono territori che si estendevano dai fiumi Danubio, Sava e Morava al Mare Adriatico ed ai monti Sar.

L'area fu inizialmente abitata da due gruppi, noti dai tempi dell'Impero Romano con il nome di Pannoni e Dalmati.

Gli Illiri intrapresero contatti commerciali e bellici con i loro vicini. Gli antichi macedoni probabilmente avevano radici illiriche, ma sotto Filippo il macedone la classe dominante assorbì la cultura Greca. Si mescolarono anche con i Traci nell'annessione dei territori orientali. A sud e lungo le coste del Mare Adriatico, gli illiri subirono molto l'influenza dei greci, che vi fondarono delle postazioni commerciali. L'odierna città di Durazzo si sviluppò per l'appunto da una colonia greca nota come Epidamno, fondata alla fine del VII secolo a.C. Un'altra famosa colonia greca, Apollonia sorse tra Durazzo e la città portuale di Valona.

Gli illiri producevano e scambiavano bestiame, cavalli, prodotti agricoli e beni di lusso forgiati nel rame locale e nel ferro. Furti e guerre erano all'ordine del giorno tra le popolazioni illiriche, e i loro pirati furono una lunga piaga per i marinai che solcavano l'Adriatico. I consigli degli anziani sceglievano un capo a guida di ognuna delle tribù illiriche. Di volta in volta, i capi locali estendevano il loro controllo sopra altre tribù e formavano regni dalla breve vita. Durante il V secolo a.C., un centro ben sviluppato si era esteso nell'estremo nord, sulla parte alta della valle del fiume Sava, oggi Slovenia.

Più volte i gruppi di illiri migrarono al di là delle loro terre diretti nella penisola italica.

Il regno illirico di re Bardhylus divenne un formidabile centro di potere nel IV secolo. Nel 359 a.C., il re di Macedonia, Perdicca III, fu ucciso durante un assalto agli Illiri. Nel 358 a.C., Filippo II il Macedone, padre di Alessandro Magno, li sconfisse e assunse il controllo del loro territorio fino al lago di Ocrida. Alessandro stesso condusse le truppe del loro capo Clito nel 355 a.C. e condottieri tribali illirici nonché molti soldati accompagnarono Alessandro alla conquista della Persia. Dopo la sua morte nel 323 a.C., regni Illirici indipendenti si ribellarono nuovamente. Nel 312 a.C. re Glauco espulse i greci da Durazzo. Verso la fine del III secolo a.C., un regno Illirico si stanziò nei pressi dell'odierna città albanese di Scutari e pose il suo controllo su parte dell'Albania settentrionale, Montenegro e Erzegovina. Sotto la regina Teuta, attaccarono imbarcazioni mercantili romane nel Mare Adriatico e diedero a Roma una valida scusa per invadere i Balcani.

Nelle guerre illiriche del 229 a.C. e del 219 a.C., Roma passò ben oltre i loro stanziamenti nelle valle del fiume Narenta e soppresse quella pirateria che aveva reso l'Adriatico un mare pericoloso. Nel 180 a.C. i Dalmati si dichiararono indipendenti da re Genti, che pose la sua capitale a Scutari. I romani riottennero la regione nel 168 a.C., e le truppe romane catturarono re Genti a Scutari (che chiamavano "Scodra") e lo condussero a Roma nel 165 a.C. Un secolo dopo, Giulio Cesare e il suo rivale Pompeo combatterono la loro battaglia decisiva vicino Durazzo (Dyrrhachium). Apollonia divenne un centro culturale, e lo stesso Giulio Cesare vi inviò suo nipote Ottaviano (che diventerà l'imperatore Augusto), per intraprendere gli studi.

È solo in seguito alla rivolta dalmato-pannonica del 6-9 d.C., domata da Tiberio, che la provincia illirica, ora ampliata e sottomessa, fu divisa in Pannonia e Dalmazia.

Per circa quattro secoli, il dominio di Roma apportò nelle terre illiriche un notevole sviluppo commerciale e culturale e pose fine ai dissensi nati tra le tribù locali. Nelle montagne del luogo, i capi dei vari clan mantennero l'autorità, ma strinsero un'alleanza con l'imperatore e riconobbero l'autorità dei suoi delegati. Durante la festa annuale in onore dei cesari, i montanari illiri giuravano lealtà all'imperatore e riconfermavano i loro diritti politici. Una simile forma di tal tradizione, nota come la kuvend, sopravvive tutt'oggi nel nord dell'Albania.

I romani stanziarono numerosi accampamenti legionari e colonie, ma la latinizzazione culturale si limitò alle città costiere. Inoltre supervisionarono la costruzione di acquedotti e strade, compresa la Via Egnatia, una famosa rotta militare e strada di commercio che conduceva da Durazzo attraversando la valle del fiume Shkumbini fino in Macedonia e a Bisanzio (poi chiamata Costantinopoli). Rame, argilla e argento venivano estratti dalle montagne. Le esportazioni principali erano vino, formaggio, olio e il pesce dal lago di Scutari e dal lago di Ocrida. Tra le importazioni erano inclusi vari attrezzi, manufatti in metallo, beni di lusso e altri articoli artigianali.

Gli illiri si distinsero con i loro guerrieri nelle legioni romane e composero in gran parte la Guardia Pretoriana. Vari imperatori romani ebbero le loro origini tra la popolazione dell'Illiria. Tra questi Diocleziano (284-305) che salvò l'impero dalla disintegrazione introducendo delle riforme istituzionali, Costantino I (324-337) che tollerò il cristianesimo e trasferì la capitale dell'impero da Roma a Bisanzio, che chiamò Costantinopoli e Giustiniano I (527-565) che organizzò il diritto romano, costruì la ben nota basilica di Bisanzio, l'Hagia Sophia e si adoperò per riprendere il controllo sui territori persi."
davide283
00lunedì 20 luglio 2009 15:39
regno di macedonia:

"Il regno di Macedonia occupa la parte più settentrionale dell'antica Grecia, tra l'Epiro (a ovest) e la Tracia (a est).

Il primo sovrano macedone conosciuto è Carano, che regnò all'inizio del VIII secolo a.C. sulle regioni vicine ad Argo nell'Orestide, da cui la dinastia Argeade prese il nome. Alessandro I, nel V secolo a.C., ampliò il regno e fu alleato dei Persiani nelle loro guerre contro i greci. Durante la guerra del Peloponneso, Perdicca II si schierò contro Atene, anche se non esitò a cambiare posizione seguendo i propri interessi.

Il re Archelao migliorò le infrastrutture dello stato, riformò l'esercito e spostò la capitale da Ege (Aigaì, oggi Vergina) a Pella. Aminta III unificò definitivamente la Macedonia servendosi anche di alleanze matrimoniali; due dei suoi figli, Alessandro II e Perdicca III, gli succedettero regnando brevemente.

Nel 359 a.C. Filippo II, reggente in qualità di tutore del nipote Aminta IV, figlio di Perdicca III, prese il potere e mobilitò l'esercito per fermare un'invasione di Illiri. Si diresse quindi verso est dove si impossessò della città di Anfipoli e delle sue miniere d'oro, sottomise i Peoni e convinse, in cambio di denaro, i Traci a trasferirsi altrove. Si fece incoronare re nel 356 a.C.

Mentre la popolazione rurale continuava ad essere estranea a ogni influenza greca, la classe dirigente e le città macedoni, sotto l'influenza delle colonie ateniesi della Calcidica, si erano completamente ellenizzate. Anche per questo la politica macedone si fece sempre più attenta alle questioni riguardanti le città greche.

Nel 338 a.C. Filippo II sconfisse Tebe, Atene e altre città alleate alla battaglia di Cheronea, e impose la sua egemonia ai greci. Il suo vero obiettivo era però la Persia, ma venne assassinato prima di poterne iniziare la conquista.

Fu suo figlio Alessandro Magno a compiere l'impresa, estendendo il dominio macedone dalla Grecia all'Egitto e alla Persia, fino all'Asia Centrale e ai confini dell'India. Sebbene il suo impero si disintegrasse subito dopo la sua morte, le numerose città da lui fondate e dai suoi successori irradiarono la cultura e il sapere dei greci per molti anni ancora.

Dopo la morte di Alessandro, il regno di Macedonia fu conteso dai diadochi e passò da Antigono I Monoftalmo a Cassandro, Demetrio Poliorcete, Lisimaco, Tolomeo Cerauno fino ad Antigono II Gonata, nipote di Antigono I, che stabilì la dinastia antigonide.

Filippo V si scontrò con la crescente potenza della Repubblica Romana, con la quale lui e i successori combatterono le guerre macedoniche. Nella terza di queste guerre Perseo fu sconfitto alla battaglia di Pidna (168 a.C.), e il regno di Macedonia divenne provincia romana. Tra il 65 a.C. e il 30 a.C. Roma conquistò i domini seleucidici e tolemaici, estinguendo le ultime discendenze della monarchia macedone."
The Housekeeper
00lunedì 20 luglio 2009 15:40
Re:
JLoZeppeli, 20/07/2009 14.06:

Se volete vi faccio presentazioni storiche del periodo connesse ai testi classici. Fa più scena con citazioni varie. Posso anche farvele in latino, così se dovete fare la traduzione inglese non si lamentano che è in italiano [SM=g27964]




non male! ...ma per ora va bene in italiano poi al limite usiamo i traduttori automatici per l'inglese [SM=g27960]

magari mettetevi d'accordo tu e davide così non rischiate di sovrapporvi (di fazioni c ne sono a bizzeffe!)

[SM=x1140440] [SM=x1140440]
davide283
00lunedì 20 luglio 2009 15:52
sulle poleis non ho trovato nulla di specifico, se magari mi date la lista delle citta' che rientrano nella fazione faccio un approfondimento e modifico:

"Con il termine polis (al plurale poleis) si indica una città stato della Grecia antica.

Le poleis erano piccole comunità autarchiche, rette da governi autonomi; una sorta di piccoli stati indipendenti l'uno dall'altro. Il carattere autonomo delle poleis deriverebbe dalla conformazione geografica del territorio greco, che impediva facili scambi tra le varie realtà urbane poiché prevalentemente montuoso. Spesso, le varie poleis erano in lotta tra loro per l'egemonia del territorio greco; ne è un esempio la celebre rivalità fra Sparta e Atene.

Apparsa intorno all'VIII secolo a.C., la polis fu il vero e proprio centro politico, economico e militare del mondo greco. Ogni polis era organizzata autonomamente, secondo le proprie leggi e le proprie tradizioni. Vi furono esempi di poleis dal regime politico democratico, come Atene, e oligarchico, come Sparta.

L'indipendenza e la mancata unità delle poleis furono le cause principali della loro caduta. Il re macedone Filippo II e suo figlio Alessandro Magno infatti sfruttarono a loro vantaggio le lotte interne fra le città stato per dominarle e sottometterle. Anche in Italia meridionale, nella Magna Grecia, le poleis caddero sotto il dominio di Roma tra il IV secolo a.C. e il III secolo a.C. proprio per le lotte interne e la loro disunione.


La polis comprendeva sia il centro urbano, cinto da mura e costituito dall'acropoli, dall'agorà (ἀγορὰ, "piazza") e dalle abitazioni, sia il territorio circostante: la cosiddetta chora , dal greco "regione".

La parte bassa della città era chiamata asty ed era di norma la parte delle abitazioni più povere, dove vivevano contadini ed artigiani che però a volte diventavano così ricchi e la zona così vasta da essere più prestigiosa della parte alta (definita a volte anche solo polis).

L'acropoli, la parte alta della città, era il fulcro della vita religiosa della polis, mentre l'agorà (la piazza), situata solitamente più in basso e rivolta verso l'esterno e i porti, era il cuore pulsante della città; il suo centro politico, economico e sociale. Nell'agorà, infatti, vi erano edifici con funzioni prettamente politiche (bouleuterion, ekklesiasterion, pritaneo, ma anche strutture destinate allo svolgimento delle attività commerciali e finanziarie (botteghe e cambiavalute), i tribunali, gli impianti ricreativi (dromos, orchestra), e alcuni edifici religiosi con una forte valenza civica (vedi gli heroon). La chora, la parte fuori dalle mura, era il luogo dove i contadini coltivavano i campi e si dedicavano all'agricoltura. Anche se era fuori dalle mura, la chora non era meno importante dell'acropoli: infatti i greci avevano uno stretto rapporto con la terra e non svilivano in nessun caso il lavoro dei contadini.

Le strade principali, che univano l'agorà, i santuari, le porte della città, avevano un aspetto monumentale ed erano lastricate con grande cura. Per il resto, la rete stradale era fatta di stradine piccole, che consentivano a malapena il transito dei pedoni e degli animali da soma. Questo perché le attività economiche (artigianato e commercio) e quelle residenziali erano concentrate in aree specifiche. Questo assetto urbanistico riduceva il traffico dei quartieri residenziali.

Oltre all'unità territoriale, però, le poleis erano caratterizzate da un'unità sociale ed una strettamente politica: si trattava, infatti, di un gruppo di cittadini che si dotava di leggi che si impegnava a rispettare. I cittadini, dunque, non erano più sudditi come nelle società antecedenti, ma esercitavano il proprio potere eleggendo i rappresentanti (magistrature) ed intervenendo durante le assemblee.

La polis fu un modello di struttura tipicamente e solamente greca che prevedeva l'attiva partecipazione degli abitanti liberi alla vita politica. In contrapposizione alle altre città-stato antiche, la peculiarità della polis non era tanto la forma di governo democratica od oligarchica, ma l'isonomia: il fatto che tutti i cittadini liberi soggiacessero alle stesse norme di diritto."
davide283
00lunedì 20 luglio 2009 15:55
Re: Re:
The Housekeeper, 20/07/2009 15.40:




non male! ...ma per ora va bene in italiano poi al limite usiamo i traduttori automatici per l'inglese [SM=g27960]

magari mettetevi d'accordo tu e davide così non rischiate di sovrapporvi (di fazioni c ne sono a bizzeffe!)

[SM=x1140440] [SM=x1140440]




per me va bene, jlo puo' prendere tranquillamente i romani visto che sicuramente ne sapra' + di wiki, sulle poleis greche come gia' detto ho trovato solo la definizione del nome, mi servirebbe l'elenco delle citta' per arricchire la descrizione. sulle tribu' arabe non ho trovato niente su wiki, cerchero' altrove

x il resto, io sono gia' al regno del norico, ma qualsiasi intervento aggiuntivo e' + che ben accetto! [SM=g27964]
davide283
00lunedì 20 luglio 2009 16:09
regno del norico:

"Norico (latino: Noricum) è una regione storica corrispondente all'attuale Austria centrale (ad ovest di Vienna), a parte della Baviera (Germania), alla Slovenia orientale e parte dell'arco alpino italiano nord-orientale. Esso confina a ovest con la Rezia lungo il fiume Inn, a sud con l'Italia lungo il crinale delle Alpi Carniche, ad est con la Pannonia, mentre a nord con le popolazioni barbariche di Marcomanni e Naristi. Il Norico era popolato alla fine della prima Età del ferro dalla cultura di Hallstatt. Attorno alla metà del IV secolo a.C. una prima ondata di popoli celti, invasero il Norico, portando con loro nuove tradizioni (Cultura di La Tène), che nei secoli successivi furono assorbite dalle popolazioni indigene.

Gli studi preistorici e linguistici della regione hanno evidenziato tre diverse componenti:

* i Veneti nella parte meridionale-occidentale del Norico, vale a dire nel Tirolo orientale e nella Carinzia, con le tribù dei Laianci, dei Saevates, e dei Carni settentrionali;
* gli Illiri nella parte meridonale-orientale, come propagazione delle popolazioni illiriche di Pannoni e Dalmati;
* i Celti, gli ultimi arrivati, nella parte settentrionale, identificabili con i Taurisci o Norici come suggerisce Plinio il Vecchio.

I Celti nel corso dei tre secoli successivi occuparono gradualmente l'intera area norica, a partire dalla valle dal Danubio, per poi percorrere le vallate Alpine fino alla Carinzia (nella seconda metà del III secolo a.C.), e poi ad est, espellendo le tribù illiriche che si trovavano in quest'area. Fondarono numerose città, che anocra all'epoca romana conservavano il suffisso celtico come Boiodurum, Stanacum, Joviacum, Lauriacum, Juvavum, Ovilava, ecc.

Il primo incontro tra gli abitanti di questa regione ed i Romani avvenne nel 183 a.C., quando alcune bande di Taurisci avevano deciso di migrare nell'Italia settentrionale, più precisamente in Friuli, nella zona dove un paio d'anni più tardi sarebbe sorta Aquileia. Erano intenzionati a fondarvi un loro nuovo oppidum. Roma però, che non voleva interferenze sul suolo italico da parte di altri popoli, decise di intervenire costruendovi nel 181 a.C. una nuova colonia a protezione dei suoi confini settentrionali (Aquileia appunto). Fu così che i Taurisci furono costretti a tornare nelle loro terre, pur mantenendo un rapporto di amicizia con i "nuovi vicini" Romani. Testimonianza ne è la richiesta di intervento armato romano, in seguito all'invasione di Cimbri e Teutoni, con il successivo scontro presso la città norica di Noreia del 113 a.C..

Divenne protettorato romano alla fine del II secolo a.C., sviluppando una cultura marcatamente romanizzata (come si evince dalle legende in latino sulle monete e da altre iscrizioni) che portò all'annessione nel 16 a.C. da parte di un certo Publio Silio Nerva, della sola parte meridionale dei territori, dove erano presenti numerose e prolifiche miniere d'oro scoperte un secolo e mezzo prima (Carinzia settentrionale).

La nuova provincia, creata al tempo di Claudio e posta sotto l'autorità di un procurator Augusti, con sede a Virunum, era una provincia procuratoria, il cui esercito era costituito da sole truppe ausiliarie. La provincia del Norico aveva, inoltre, lo scopo di difendere i confini imperiali del limes danubiano. Vennero così avviati importanti processi di costruzione di forti, fortini e torri di avvistamento militari lungo l'intera forntiera: a Boiodurum, Stanacum, Lentia, Locus Felicis, Arelape, Faviana, Astura e Commagena.

A seguito dell'invasione dei Marcomanni nel 167/168 d.C., la provincia venne riformata da Marco Aurelio intorno al 175 d.C. e fu posta sotto un legatus Augusti pro praetore, al quale era affidato il comando della nuova legione, la II Italica, stanziata a Lauriacum (l'attuale Enns), divenuta ora nuova capitale della provincia.

A partire dal III secolo, il Norico, come del resto l'intera frontiera danubiana subì continue invasioni da parte di Alemanni (dal 213 d.C.), Iutungi, Marcomanni, Naristi, Vandali, Suebi, ecc.. Per questi motivi Diocleziano, alla fine del III secolo, provvedette a riformare l'intero ordinamento provinciale e militare dell'impero, compreso il Norico, che fu diviso in due nuove province: il Noricum Mediterraneum e il Noricum Repense.

Alla fine del V secolo, una volta disgregatosi l'Impero romano d'occidente, vi si insediarono i Rugi ed un secolo più tardi, i Longobardi, arrivando infine a far parte del regno ostrogoto d'Italia."
Il_Basileus_93
00lunedì 20 luglio 2009 16:24
Non mi perdonerei di non aver partecipato alla creazione di questo Mod che promette davvero molto bene.

Ecco, ho trovato qualcosa riguardo ai Parti, su Wikipedia. Ho inserito le parti che ritenevo più importanti, approfondendo soprattutto la parte della storia che coinvolge anche i Romani, una delle principali secondo me.

"L'impero parto, così chiamato dalla regione originaria della dinastia, la Partia, si estendeva su tutto l'Iran, l'Iraq, l'Armenia e su parte del Caucaso e dell'Asia Centrale. L'impero dei Parti costituì sempre una seria minaccia per l'Impero romano fino alla caduta degli Arsacidi per opera dei Sasanidi.
La Partia era originariamente una Satrapia dell'Impero persiano che venne conquistata da Alessandro Magno intorno al 330 a.C. Dopo la caduta della dinastia achemenide ad opera di Alessandro Magno, la Persia fu governata dai Seleucidi. Dopo la morte di Alessandro Magno, il governo della Partia fu affidato a Nicanor, alla Spartizione di Babilonia nel 323 a.C. Alla Spartizione di Triparadiso nel 320 a.C., il governo della Partia venne affidato a Filippo. A Filippo successe Peitone.
Dal 311 a.C. la Partia divenne parte dell'Impero seleucide, venendo governata da vari satrapi sotto un re seleucide. Lo scarso interesse di questi monarchi per i loro territori orientali, si concretizzò subito nello spostamento della capitale da Seleucia, in Mesopotamia, ad Antiochia, in Siria, accentuando quindi la divisione tra l'elemento greco e quello persiano dell'impero. Ne approfittarono alcuni satrapi delle province più orientali, Partia e Battriana, che si resero indipendenti.
Andragora (m. 238 a.C.) fu l'ultimo satrapo Seleucide della provincia di Partia, sotto i regni di Antioco I Soter e Antioco II Theos (Giustino, XII. 4). Andragora approfittò del fatto che i seleucidi erano impegnati in un conflitto con l'Egitto per ottenere l'indipendenza dall'Impero seleucide.
Una spedizione seleucide contro di loro si risolse in un disastro che consentì ai Parni di conseguire il controllo dell'Ircania. Il primo re dei Parti (come furono da allora chiamati i Parni) fu il già citato Arsace I, che stabilì la capitale a Hecatompylos.
Ciò che dell'impero seleucide non fu conquistato dai Parti, fu assorbito dai Romani, con i quali gli Arsacidi conclusero un trattato che stabiliva il fiume Eufrate quale confine tra i due imperi. Il conflitto tra le due potenze era però inevitabile, e nel 53 a.C. Marco Licinio Crasso, in cerca disperata di oro per finanziare le campagne militari romane, guidò contro i Parti una spedizione che si concluse con la disastrosa sconfitta di Carre (odierna Haran, nella Turchia sudorientale) ad opera del generale Surena. Fu l'inizio di un conflitto che durò almeno tre secoli.
I Parti utilizzavano in combattimento unità di cavalleria pesante corazzata, i catafratti, appoggiata da arcieri a cavallo. Ai Romani, che si affidavano alla fanteria pesante, ciò causò notevoli problemi. La mancanza di fanteria, d'altro canto, non permetteva ai parti di assediare i centri abitati, ben difesi dai Romani. Questo spiegherebbe la situazione d'equilibrio che si verificò almeno inizialmente.
Negli anni successivi alla battaglia di Carre, i Romani vennero divisi da una guerra civile in due fazioni: i seguaci di Gneo Pompeo Magno e quelli di Giulio Cesare; per questo in quegli anni non ci furono guerre tra Parti e Romani. Alla fine Cesare uscì vittorioso dalla guerra contro Pompeo e salì al potere. Cesare aveva intenzione di condurre guerra ai Parti ma questo non si realizzò a causa del suo assassinio, che tra l'altro condusse a un'altra guerra civile. Il generale romano Quinto Labieno, che aveva supportato gli assassini di Cesare, avendo paura di venire sconfitto e condannato a morte dagli eredi di Cesare, Marco Antonio e Ottaviano (poi Augusto), si alleò con i Parti. Nel 41 a.C. la Partia, guidata da Labieno, invase la Siria, la Cilicia e Caria e attaccò la Frigia in Asia Minore. Un secondo esercito intervenne in Giudea e catturò il suo re Ircano II. I saccheggi furono immensi, ma vennero usati bene: il Re Fraate IV li investì per costruire Ctesifonte.
Nel 39 a.C. Antonio mandò il generale Publio Ventidio Basso e alcune legioni a riconquistare i territori perduti. Pacoro I, figlio del re parto Orode II, venne ucciso insieme a Labieno, e l'Eufrate tornò di nuovo a essere il confine tra i due imperi. Per vendicare la morte di Crasso, Antonio invase la Mesopotamia nel 36 a.C. con la Legione VI Ferrata e altre unità. Con l'aiuto della cavalleria, Antonio raggiunse l'Armenia, ma la campagna si concluse con un nulla di fatto.
La campagna militare di Antonio fu seguita da una pausa delle lotte tra i due imperi poiché a Roma scoppiò un'altra guerra civile. Quando Ottaviano sconfisse Marco Antonio e salì al potere, ignorò i Parti, essendo più interessato all'occidente. Il suo genero e futuro successore Tiberio Claudio Nerone negoziò un trattato di pace con Fraate IV nel 20 a.C.
Nel frattempo, intorno all'anno 1, i Parti rivolsero la loro attenzioni alla valle dell'Indo, dove iniziarono la conquista dei regni di Gandhara. Uno dei comandanti parti fu Gondofare, re di Taxila; secondo un'antica e diffusa leggenda cristiana, fu battezzato dall'apostolo Tommaso.
Quando il regno d'Armenia divenne vassallo di Roma (seconda metà del I secolo), il re parto Vologase I vi mise sul trono un principe da lui nominato, provocando l'immediata reazione di Nerone, che invase l'Armenia. Si giunse a un accordo, che però durò fino al 110: il re di Armenia sarebbe stato un principe parto ma la sua nomina a re doveva essere approvata dai Romani."

Spero vada bene, se serve altro chiedete pure!
davide283
00lunedì 20 luglio 2009 16:25
regno del ponto:

"Il termine Ponto sta ad indicare una regione storica che si estendeva nella zona nordorientale dell'Asia Minore, comprendendo all'incirca le province di Sinop, Samsun, Amasya, Tokat, Ordu, Giresun, Gümüşhane, Trabzon, Rize ed Artvin, nell'attuale Turchia.

Fin dall'epoca greca arcaica, il Ponto è sempre stato di grande interesse politico-strategico a causa della sua posizione, che, tra il Mar Nero, rotta principale per i carichi di frumento provenienti dalle steppe dell'Europa orientale destinati all'occidente, la ricca Mesopotamia e la Grecia, ha spesso fruttato proficui guadagni e un grande peso politico.

Il fondatore del regno fu Mitridate II Ctiste. Figlio di Ariobarzane I e nipote di Mitridate I di Cio, approfittò delle discordie tra i diadochi per rafforzare il suo dominio sulla Cappadocia e Paflagonia; dopo essere stato sconfitto da Seleuco I Nicatore a Curupedio nel 281 a.C., batté Diodoro, generale di Seleuco, e fondò il regno del Ponto, stabilendo la capitale ad Amasya.

I suoi successori acquisirono la Frigia nel 245 a.C. e in particolare Farnace I mise in atto una politica di espansione che lo portò ad occupare Amiso, Amastri, Sinope (che scelse come capitale) e le sue colonie sul Ponto Eusino. Nonostante la preoccupazione di Roma, che gli inviò senza successo alcune ambascerie, incorporò la Paflagonia e Tio. Si allearono contro di lui Prusia I, re di Bitinia, Eumene II, re di Pergamo, e Ariarate IV, re di Cappadocia che, dopo averlo sconfitto nel 179 a.C., lo costrinsero a pagare un'indennità e ad abbandonare le conquiste.
Dopo di lui il piu' grande re del ponto fu Mitridate VI, noto anche come Mitridate il Grande, conosciuto come uno dei piu' formidabili avversari della repubblica romana.

Mitridate VI era figlio di Mitridate V (150-120 a.C.), che morì quand'egli era ancora ragazzo, ucciso in una congiura. All'epoca, Mitridate era dodicenne e, per prudenza, riparò sui monti. Per i sei anni successivi, il potere supremo fu esercitato da sua madre, la regina Gespaepyris. Quando però egli tornò, fece imprigionare la madre nel 111 a.C. ed eliminare molti dei suoi fratelli, temendo che volessero usurpargli il trono. Sposò quindi sua sorella Laodice e associò al trono suo fratello Mitridate Cresto finché nello stesso anno non fece assassinare anche questo.

Mitridate nutriva serie ambizioni di rendere il suo regno la potenza egemone del Mar Nero e dell'Anatolia. Dopo aver conquistato la Colchide, il re del Ponto si scontrò contro Palaco, re scitico, per il predominio sulla steppa pontica. I regni della Crimea, ossia il Chersoneso Taurico e il regno dei Cimmeri, rinunciarono immediatamente alla propria indipendenza in cambio della promessa di Mitridate di difenderli contro gli Sciti, loro antichissimi nemici. Dopo vari tentativi falliti di invadere la Crimea, gli Sciti e i Roxolani dovettero subire numerose perdite ad opera del generale pontico Diofanto e accettarono Mitridate, seppure con qualche riserva, come loro signore.

Il giovane re volse allora il suo interesse verso l'Anatolia, dove la potenza romana era in crescita. Egli partecipò alla spartizione della Paflagonia e della Galazia col re di Bitinia Nicomede III. Divenne subito chiaro a Mitridate che Nicomede stava stabilendo un'alleanza anti-pontica con la crescente repubblica romana. Quando dunque Mitridate si scontrò con Nicomede per il controllo della Cappadocia e lo sconfisse in una serie di battaglie, il secondo fu costretto a richiedere apertamente l'aiuto di Roma. I Romani interferirono due volte nel conflitto in aiuto a Nicomede (92 a.C. e 95 a.C.), rendendo inevitabile la guerra tra Roma e il Ponto.

Il nuovo sovrano di Bitinia, Nicomede IV, era un fantoccio manovrato dai Romani. Mitridate ordì una congiura per rovesciarlo, ma i suoi tentativi fallirono e Nicomede, istigato dai suoi consiglieri romani, dichiarò guerra al Ponto. Mitridate invase e marciò sull'intera Bitinia, guidando le sue truppe verso la Propontide. Egli, da fine politico, si mostrò come il campione della causa greca, l'unico che potesse riuscire a sottrarre gli Elleni dal giogo romano. Non possiamo sapere se e quanto sentisse vera questa causa, e quanto invece non fosse mosso da semplice ambizione. Ad ogni modo, le città greche defezionarono in favore di Mitridate e lo accolsero come un liberatore sulla terraferma, mentre in mare la flotta pontica poneva sotto assedio i romani a Rodi.

Allora Tigrane II, re dell'Armenia, stabilì un'alleanza col Ponto, che fu rinsaldata dal matrimonio fra Tigrane stesso e la figlia di Mitridate, Cleopatra. I due sovrani si sarebbero supportati a vicenda nella incipiente guerra contro Roma.

Dopo aver conquistato l'Anatolia occidentale, Mitridate ordinò l'uccisione dei romani che si trovavano là. L'episodio, che è passato alla storia col nome di vespri asiatici, causò a Roma, secondo gli storici antichi (benché il dato sia certamente esagerato) ottantamila vittime. Durante la Prima guerra mitridatica, Lucio Cornelio Silla (tra l'88 a.C. e l'84 a.C.) riuscì a cacciare Mitridate dalla Grecia, ma dovette ritornare immediatamente a Roma. Dunque Mitridate era sconfitto ma non definitivamente battuto. Effettivamente se la cavò a buon mercato: nonostante le proteste dei suoi legionari, Silla impose solo il rientro nei confini del Ponto prima che scoppiasse la guerra (cosa contraria all'abitudine romana, che invece richiedeva al nemico di cedere ampi territori) e impose un forte indennizzo. Una pace fu firmata tra Roma e Ponto, ma si trattava solo di una momentanea tregua.

Mitridate recuperò le forze e quando Roma tentò di annettere la Bitinia (per disposizione testamentaria di Nicomede), egli invase il piccolo regno con un'armata più grande. Iniziò così la Seconda guerra mitridatica che durò dall'83 a.C. all'82 a.C. Lucio Licinio Lucullo fu mandato contro di lui e ottenne qualche successo, benché un ammutinamento lo costringesse a perdere il comando della spedizione. Finalmente, con la Terza guerra mitridatica (75 a.C.-65 a.C.), Gneo Pompeo Magno sconfisse il sovrano pontico.

Dopo la sconfitta, Mitridate si rifugiò in Crimea dove tentò di formare un altro esercito per avere la rivincita sui romani, ma fallì. Nel 63 a.C. si ritirò nella cittadella di Panticapeo. Più tardi marciò verso nord con una schiera esigua di uomini. In Colchide requisì una flotta e andò da Mancare, il suo figlio più grande. Quando giunse da lui, scoprì tuttavia che ne era stato tradito. Così Mancare si suicidò e Mitridate prese il comando del regno cimmerico. Mitridate ordinò di reclutare molti Sciti per riconquistare il suo regno, ma suo figlio Farnace II guidò una ribellione contro il padre. Questa sedizione fu fomentata dagli esuli romani che Mitridate aveva preso per farne il nucleo del suo esercito.
Mori' nel 63 a.C., forse vittima di un assasinio o forse si fece uccidere da un servo.

Dopo di lui sali' al trono Farnace II. Egli accettò da prima il dominio romano, venendo messo a capo di un regno satellite da Gneo Pompeo Magno. In seguito, approfittando della guerra civile tra Pompeo e Gaio Giulio Cesare (49 a.C.) tentò di allargare i propri domini a discapito dell'Armenia. Il re locale, Deiotaro, si rivolse al rappresentante di Cesare nell'area, Gneo Domizio Calvino, il quale attaccò Farnace, venendo pesantemente sconfitto.

Farnace si occupò allora di sedare le rivolte, ma all'arrivo di Cesare riconobbe il problema, cercando prima di eluderlo riconoscendo il dominio romano, e poi di risoverlo affrontando il generale romano in battaglia. Lo scontro, passato alla storia come battaglia di Zela, vide Cesare vincitore.

Farnace tornò in patria, dove poté controllare alcune città, ma fu sconfitto e ucciso da un suo governatore, e il suo regno entrò definitivamente sotto l'influenza romana."
davide283
00lunedì 20 luglio 2009 16:47
seleucidi:

"I Seleucidi sono una dinastia ellenistica che regna sulla parte orientale dei domini di Alessandro Magno, dopo la sua morte, cioè sulla Mesopotamia, sulla Siria, sulla Persia e sull'Asia Minore.

Dopo la morte di Alessandro Magno (323 a.C.), il potere effettivo passò nelle mani dei suoi generali, i diadochi, che si divisero le sue immense conquiste. La Persia fu suddivisa tra vari satrapi macedoni, tra i quali emerse presto la figura di Seleuco, satrapo di Babilonia.

Seleuco si fece incoronare re di Babilonia e nel 306 a.C. impose la sua autorità su tutte le province orientali. Nel 301 a.C. Antigono Monoftalmo, che governava l'Asia Minore e la Siria, fu sconfitto da una coalizione degli altri diadochi, e Seleuco si impossessò della Siria dove, sulle rive dell'Oronte, fondò Antiochia in onore di suo padre. L'impero di Seleuco raggiunse la sua massima estensione nel 281 a.C., quando Lisimaco, signore di Tracia e Asia Minore, fu sconfitto e ucciso alla battaglia di Corupedio; Seleuco inglobò nei suoi possedimenti l'Anatolia e si apprestava a invadere le terre europee di Lisimaco, quando fu assassinato, ormai ottantenne, da un sicario dell'egiziano Tolomeo Cerauno.

La corona passò al figlio Antioco I, e da questi al figlio Antioco II, che regnarono con il titolo persiano di Gran Re su un impero che si estendeva dall'Afghanistan al Mar Egeo. Durante quegli anni l'attenzione dei Seleucidi fu concentrata a occidente per le ripetute guerre con l'Egitto tolemaico e un'invasione di Galli in Asia Minore. Ne approfittarono i satrapi delle province più orientali per rendersi indipendenti: Diodoto fondò il regno della Battria, che sopravvisse fino al 125 a.C., e la dinastia arsacide fondò in Partia un piccolo ma agguerrito stato che presto avrebbe soppiantato quello seleucide. Sotto Seleuco II la crisi proseguì con la sconfitta nella guerra contro Tolomeo III e con la guerra civile contro il proprio fratello Antioco Ierace. Nel frattempo i Galli si erano stabiliti saldamente in Galazia e le province di Bitinia, Ponto, Cappadocia e Pergamo si erano rese quasi indipendenti.

Antioco III il Grande, salito al trono nel 223 a.C., riuscì però a restaurare l'autorità e la gloria dei seleucidi. Nonostante la sconfitta alla battaglia di Raphia contro Tolomeo IV, intraprese un'epica campagna decennale in oriente (anabasi), durante la quale sottomise le province ribelli di Partia e Battriana. Al suo ritorno, nel 205 a.C., approfittò della minorità di Tolomeo V e si alleò con Filippo V di Macedonia per scacciare i Tolomei dalla Celesiria, che finì sotto il suo controllo dopo la battaglia di Panion nel 200 a.C. A seguito della sconfitta del suo alleato macedone ad opera dei Romani, Antioco invase la Grecia per rivendicare la supremazia su tutti i domini di Alessandro Magno. Questo passo segnò l'inizio della sua disfatta. Sconfitto rovinosamente alla battaglia di Magnesia, fu costretto a cedere i territori in Asia Minore, a mandare ostaggi a Roma e a pagare un'esorbitante indennità di guerra. Antioco III morì nel 187 a.C.

Suo figlio e successore Seleuco IV trascorse gli anni di regno alla ricerca del denaro per pagare l'indennità a Roma, arrivando a saccheggiare i templi e facendo guadagnare alla dinastia l'odio dei sudditi; finì assassinato dal suo ministro Eliodoro. Antioco IV, noto per il tentativo di ellenizzazione e la conseguente guerra contro i Maccabei, cercò di restaurare i domini seleucidi ma morì durante il tentativo. Dopo la sua morte l'impero fu preda di rovinose guerre interne fomentate dai Romani e dai Tolomei, mentre i Parti conquistavano e sottomettevano la gran parte delle province orientali.

Nel 140 a.C. Demetrio II raccolse tutte le sue forze per fermare l'avanzata dei Parti, ma fu sconfitto e catturato. Babilonia divenne provincia partica. Antioco VII fece un ultimo tentativo di ristabilire i domini seleucidi, ma dopo alcuni successi iniziali fu sconfitto definitivamente da Fraate II nei pressi di Ecbatana. Finiva così il periodo ellenistico dell'Iran. Gli ultimi cinquanta anni della dinastia trascorsero nell'agonia delle guerre civili per il controllo di ciò che restava dei suoi domini, una porzione della Siria, fino all'annessione romana nel 64 a.C.

L'influenza culturale greca sopravvisse ancora per un poco, tanto che i re parti continuarono a coniare monete con leggende in greco e alcuni di loro si diedero l'epiteto di filoelleno, "amico dei greci"."
davide283
00lunedì 20 luglio 2009 17:00
armenia:

"Il regno di Armenia e' situato nel Caucaso meridionale. Ha un territorio montuoso, ricco di vulcani spenti, risultato di un sollevamento della crosta terrestre venticinque milioni di anni fa che ha creato l'altopiano armeno e la catena del Caucaso Minore.

Tra il 1500 e il 1200 a.C., è testimoniata l'esistenza di una confederazione tribale nota come Hayasa-Azzi residente nella metà occidentale dell'altopiano armeno, che entrava spesso in conflitto con l'Impero ittita. Tra il 1200 e l'800 a.C., gran parte dell'Armenia venne unificata sotto una confederazione di regni, che gli assiri chiamarono Nairi ovvero (Terra di fiumi in assiro). Nairi venne più tardi assorbito nel regno di Urartu. La civiltà di Urartu fiorì nel Caucaso e nell' Asia Minore orientale tra l'800 a.C. e il 600 a.C., e fu il primo impero armeno. Essa venne unificata sotto il regno del re Aramu che unificò tutti gli stati confederati. Esso si estendeva dal Mar Nero fino al Mar Caspio, compresa gran parte del territorio dell'attuale Turchia orientale. Esso visse il periodo di massimo splendore sotto il regno di Sarduri II, durante il quale Urartu controllava la Cilicia e la Siria settentrionale.

Dopo la caduta della civiltà di Urarti intorno al 600 a.C., il regno di Armenia venne governato dalla dinastia degli Orontidi, che regnò dal 600 a.C. al 200 a.C. Sotto gli Orontidi, l'Armenia vacilla tra l'indipendenza e la sottomissione all' Impero Persiano sotto forma di satrapia. Prima della dissoluzione dell'Impero Seleucide, uno stato ellenistico frutto della divisione dell'impero di Alessandro Magno, e di cui faceva parte il regno armeno, l'Armenia si divide in due, per volere del sovrano seleucide Antioco III nel 215 a.C.:

* la parte occidentale del regno, che diventa l'Armenia Minore, viene affidata al principe Zariadris.
* la parte orientale viene data al principe Artaxias con il nome di Armenia Maggiore (di cui faceva parte anche il Gordiene), Artaxias sarà il fondatore della dinastia degli Artassidi (190 a.C. - 1 d.C.).

All'apice del suo splendore, dal 95 al 66 a.C., l'Armenia maggiore si estese dal Caucaso all'attuale Turchia orientale, fino alla Siria e al Libano, dando vita al secondo impero Armeno sotto la guida di Tigrane II il Grande, che fondò anche una nuova capitale, Tigranocerta, di cui l'archeologia moderna non è stata ancora in grado di ritrovare la locazione. Nel 66 a.C., le legioni romane di Pompeo invadono l'Armenia maggiore e Tigrane è costretto ad arrendersi accettando di far diventare il suo regno un protettorato romano. In questo periodo l'Armenia subisce l'influenza della cultura e della religione romana al punto che lo storico Strabone scriverà che tutti in Armenia parlano lo stesso linguaggio. (Strabone, 11.14.4).

In questo periodo l'Armenia diventa oggetto di contesa tra Roma e l'Impero dei Parti. I Parti costrinsero alla sottomissione l'Armenia dal 37 al 47 quando i Romani ripresero il controllo del regno. Sotto l'impero di Nerone, i Romani conducono una campagna (55–63) contro i Parti che avevano invaso l'Armenia, alleata dei Romani. Dopo aver conquistato la regione nel 60 ed averla persa nuovamente nel 62, Roma invia la Legio XV Apollinaris proveniente dalla Pannonia al comando di Gneo Domizio Corbulone, legatus di Siria. Corbulone, con le legioni XV Apollinaris, III Gallica, V Macedonica, X Fretensis e la XXII Deiotariana, entrò nel 63 nel territorio di Vologase I di Partia. Con la sconfitta dei Parti nella battaglia di Rhandeia il re Vologase fu indotto a stipulare un trattato con il quale ottenne per suo fratello Tiridate il trono di Tiridate I d'Armenia, che venne incoronato dallo stesso Nerone, dando luogo alla dinastia degli Arsacidi d'Armenia.

Nel 117 l'imperatore Traiano sottomise l'Armenia che diventa definitivamente una provincia romana.

Una seconda campagna guidata dall'imperatore Lucio Vero nel 162, invase l'Armenia dopo l'occupazione della provincia da parte di Vologase IV di Partia il quale aveva posto sul trono il suo generale. Il risultato del conflitto porta conquista da parte dei Romani che ripresero la capitale armena e installarono come re fantoccio un cittadino romano di origini armene di nome Sohaemus. La dinastia persiana dei Sassanidi occupò l'Armenia nel 252 fino alla riconquista romana del 287 Nel 384 il regno venne diviso tra Romani ed i Persiani. L'Armenia occidentale divenne provincia dell'Impero Romano d'Oriente con il nome di Armenia Minore, mentre la parte orientale rimase un regno sotto i Persiani fino al 428, quando la nobiltà locale scacciò il sovrano ed i Sassanidi insediarono un loro governatore."
davide283
00lunedì 20 luglio 2009 17:30
do anche io una mia versione dei parti, sempre tratta da wiki:

"La Partia e' una regione del Medio Oriente che più o meno corrisponde all'attuale parte nord-orientale dell'Iran (a sud-est del Mar Caspio). Il clima caldo l'ambiente quasi totalmente montuoso e occupato da steppe non sono molto adatti all'agricoltura e per questa ragione l'economia della popolazione di questa regione e' basata essenzialmente sulla pastorizia e sui commerci con l'Oriente (era infatti una zona di transito per la Via della Seta).

La Partia era originariamente una Satrapia dell'Impero persiano che venne conquistata da Alessandro Magno intorno al 330 a.C. Dopo la caduta della dinastia achemenide ad opera di Alessandro Magno, la Persia fu governata dai Seleucidi. Dopo la morte di Alessandro Magno, il governo della Partia fu affidato a Nicanor, alla Spartizione di Babilonia nel 323 a.C. Alla Spartizione di Triparadiso nel 320 a.C., il governo della Partia venne affidato a Filippo. A Filippo successe Peitone.

Dal 311 a.C. la Partia divenne parte dell'Impero seleucide, venendo governata da vari satrapi sotto un re seleucide. Lo scarso interesse di questi monarchi per i loro territori orientali, si concretizzò subito nello spostamento della capitale da Seleucia, in Mesopotamia, ad Antiochia, in Siria, accentuando quindi la divisione tra l'elemento greco e quello persiano dell'impero. Ne approfittarono alcuni satrapi delle province più orientali, Partia e Battriana, che si resero indipendenti.

Andragora (m. 238 a.C.) fu l'ultimo satrapo Seleucide della provincia di Partia, sotto i regni di Antioco I Soter e Antioco II Theos (Giustino, XII. 4). Andragora approfittò del fatto che i seleucidi erano impegnati in un conflitto con l'Egitto per ottenere l'indipendenza dall'Impero seleucide.

Nel frattempo la tribù nomade scitico-iranica dei Parni, guidata dal loro re Arsace I, invase la Partia, rovesciò Andragora nel 238 a.C. e si impadronì della nazione.

Una spedizione seleucide contro di loro si risolse in un disastro che consentì ai Parni di conseguire il controllo dell'Ircania. Il primo re dei Parti (come furono da allora chiamati i Parni) fu il già citato Arsace I, che stabilì la capitale a Hecatompylos.

La società partica mescolava le tradizioni dell’antica civiltà di origine della Partia, elementi greci presi dal precedente governo dei Seleucidi, i discendenti dei generali di Alessandro Magno, ed infine antiche tradizioni achemenidi. Plinio il vecchio parlava del regno partico come un insieme di regni, e la sua analisi non si scosta di molto dalla realtà. Difatti le regioni assoggettate dal regno partico è vero sì che erano sottomesse al Gran Re sia sul piano fiscale e militare, in verità gli stati vassalli godevano di una grandissima autonomia, e a volte anche una politica a sé stante. Ciò favoriva il mantenimento delle tradizioni religiose e culturali delle singole regioni, che non deve essere visto come un segno di debolezza da parte dei Re, poiché se le province fossero state turbolente ci sarebbe stato bisogno di farle sentire più “partiche”, quindi di cambiarne le tradizioni. Questo non è accaduto, ed è sintomo della lungimiranza e della forza dei Re dei Parti, che riuscirono a mantenere delle regioni molto diverse culturalmente sotto un unico regno.



Nel 209 a.C. il re seleucide Antioco III il Grande invase la Partia in 209 a.C. e occupò la capitale Hecatompylos. Il re parto Arsace II firmò un trattato di pace in cui i parti, oltre a riconoscere la supremazia dei re seleucidi, si impegnavano anche a pagare un tributo come vassalli. Antioco III in seguito si mosse più a est in Battria, dove combatté il re dei Greco-battriani Eutidemo I per tre anni, e si diresse poi verso l'India.

Dopo la morte di Antioco III il Grande, i Parti avviarono una nuova fase di espansione. Mitridate I conquistò il regno di Battriana e si volse quindi a ovest conquistando la Mesopotamia (141 a.C.), la Media e l'Elam (138 a.C.). Nel 139 a.C. catturò addirittura il monarca Seleucide Demetrio II Nicatore, tenendolo in cattività per 10 anni.

A partire dal 130 a.C. circa, i Parti dovettero subire numerose incursioni da parte dei nomadi Sciti, nel corso delle quali i re Fraate II e Artabano I vennero successivamente uccisi. Gli Sciti invasero di nuovo la Partia intorno al 90 a.C., mettendo sul trono parto Sanatruce, un re nominato da loro.

Ciò che dell'impero seleucide non fu conquistato dai Parti, fu assorbito dai Romani, con i quali gli Arsacidi conclusero un trattato che stabiliva il fiume Eufrate quale confine tra i due imperi. Il conflitto tra le due potenze era però inevitabile, e nel 53 a.C. Marco Licinio Crasso, in cerca disperata di oro per finanziare le campagne militari romane, guidò contro i Parti una spedizione che si concluse con la disastrosa sconfitta di Carre (odierna Haran, nella Turchia sudorientale) ad opera del generale Surena. Fu l'inizio di un conflitto che durò almeno tre secoli.

I Parti utilizzavano in combattimento unità di cavalleria pesante corazzata, i catafratti, appoggiata da arcieri a cavallo. Ai Romani, che si affidavano alla fanteria pesante, ciò causò notevoli problemi. La mancanza di fanteria, d'altro canto, non permetteva ai parti di assediare i centri abitati, ben difesi dai Romani. Questo spiegherebbe la situazione d'equilibrio che si verificò almeno inizialmente.

Negli anni successivi alla battaglia di Carre, i Romani vennero divisi da una guerra civile in due fazioni: i seguaci di Gneo Pompeo Magno e quelli di Giulio Cesare; per questo in quegli anni non ci furono guerre tra Parti e Romani. Alla fine Cesare uscì vittorioso dalla guerra contro Pompeo e salì al potere. Cesare aveva intenzione di condurre guerra ai Parti ma questo non si realizzò a causa del suo assassinio, che tra l'altro condusse a un'altra guerra civile. Il generale romano Quinto Labieno, che aveva supportato gli assassini di Cesare, avendo paura di venire sconfitto e condannato a morte dagli eredi di Cesare, Marco Antonio e Ottaviano (poi Augusto), si alleò con i Parti. Nel 41 a.C. la Partia, guidata da Labieno, invase la Siria, la Cilicia e Caria e attaccò la Frigia in Asia Minore. Un secondo esercito intervenne in Giudea e catturò il suo re Ircano II. I saccheggi furono immensi, ma vennero usati bene: il Re Fraate IV li investì per costruire Ctesifonte.

Nel 39 a.C. Antonio mandò il generale Publio Ventidio Basso e alcune legioni a riconquistare i territori perduti. Pacoro I, figlio del re parto Orode II, venne ucciso insieme a Labieno, e l'Eufrate tornò di nuovo a essere il confine tra i due imperi. Per vendicare la morte di Crasso, Antonio invase la Mesopotamia nel 36 a.C. con la Legione VI Ferrata e altre unità. Con l'aiuto della cavalleria, Antonio raggiunse l'Armenia, ma la campagna si concluse con un nulla di fatto.

La campagna militare di Antonio fu seguita da una pausa delle lotte tra i due imperi poiché a Roma scoppiò un'altra guerra civile. Quando Ottaviano sconfisse Marco Antonio e salì al potere, ignorò i Parti, essendo più interessato all'occidente. Il suo genero e futuro successore Tiberio Claudio Nerone negoziò un trattato di pace con Fraate IV nel 20 a.C.

Nel frattempo, intorno all'anno 1, i Parti rivolsero la loro attenzioni alla valle dell'Indo, dove iniziarono la conquista dei regni di Gandhara. Uno dei comandanti parti fu Gondofare, re di Taxila; secondo un'antica e diffusa leggenda cristiana, fu battezzato dall'apostolo Tommaso.

Quando il regno d'Armenia divenne vassallo di Roma (seconda metà del I secolo), il re parto Vologase I vi mise sul trono un principe da lui nominato, provocando l'immediata reazione di Nerone, che invase l'Armenia. Si giunse a un accordo, che però durò fino al 110: il re di Armenia sarebbe stato un principe parto ma la sua nomina a re doveva essere approvata dai Romani.

Durante il I secolo a.C. i Parti iniziarono a fare incursioni nei territori orientali che erano stati occupati dagli Indosciti e dagli Yuezhi. I Parti annessero parte della Battria e il Pakistan, dopo aver sconfitto monarchi locali come Kujula Kadphises, imperatore dell'impero kushano, nella regione di Gandhara.

Intorno al 20 la Partia perse però questi territori per iniziativa di Gondofare (uno dei conquistatori parti) che dicharò la sua indipendenza dall'Impero Partico e fondò in questi territori il Regno indo-parto.

Nel 110 Vologase III cercò di conquistare il regno caucasico. L'imperatore romano Traiano invase la Partia e sconfisse sonoramente gli asiatici, catturando la nuova capitale Ctesifonte e conquistando, oltre all'Armenia, l'Assiria e Babilonia, che divennero province romane, anche se per breve tempo.

Fu l'inizio della decadenza, accelerata dal fatto che ormai l'impero dei Parti aveva assunto una struttura di tipo feudale, con la nobiltà divenuta sempre più potente e recalcitrante mentre il potere degli Arsacidi si indeboliva. Il conflitto con Roma si riaccese quando l'imperatore Marco Aurelio mandò in oriente il fratellastro Lucio Vero e il generale Avidio Cassio. La causa della guerra fu ancora il controllo dell'Armenia, almeno sulla carta, poiché Roma aspettava da tempo un pretesto per condurre una nuova guerra contro il regno orientale. Il conflitto si concluse con la dura sconfitta dei Parti, i quali furono annientati da Avidio Cassio nella battaglia di Doura-Europos (Zaugma) nel 164, e persero nuovamente Ctesifonte nel 165, oltre all'Assiria e alla Media, che tornarono così in mano romana. Vologese III dovette firmare una pace umiliante. Ancora nel 198 Settimio Severo espugnò per la terza volta Ctesifonte, abbandonata dalle forze romane pochi anni prima, e portando così a Roma un favoloso bottino di guerra, celebrato poi nell'arco trionfale dell'imperatore.

Nel 224 un vassallo persiano, Ardashir, si ribellò e due anni dopo catturò la capitale partica, mettendo fine alla storia dei Parti e instaurando il regno dei Sasanidi."

davide283
00lunedì 20 luglio 2009 17:43
impero maurya:

"L'impero Maurya governato dalla dinastia Maurya e' il più grande e potente impero politico e militare dell'antica India.

La dinastia fu fondata da Chandragupta usurpando il regno del Magadha all'ultimo sovrano Nanda. Con il regno di Asoka la dinastia raggiunse il suo apice dominando su un vasto impero che riuscì ad unificare tutto il subcontinente indiano e l'altopiano iranico.

Il regno era diviso in quattro vicereami suddivisi a loro volta in provinge rette da funzionari (pradeshika), che svolgevano che amministravano le province, raccoglievano i dazi ed amministravano la giustizia locale attraverso un proprio apparato burocratico. La figura più importante dello Stato era pur sempre il re, che controllava direttamente il centro del Magadha attraverso funzionari di fiducia. Il regno Maurya si avvaleva di forze militari molto numerose ed anche ben organizzate ed addestrate.

La forza motrice dell'economia maurya erano i commerci e la monetazione. Anche l'agricoltura era ben sviluppata, favorita dal suolo e dal clima tropicale dell'India.

Dal punto di vista culturale l'Impero Maurya portò a una grande produzione artistica, specialmente durante il regno di Asoka. Tra i maggiori esempi dell'architettura di questo periodo abbiamo senza dubbio il nucleo in mattoni del primo stupa di Sanchi. Importanti opere rupestri sono i santuari scavati nelle colline di Barabar la cosiddetta grotta di Lomas-Rsi. Infine sono ancora abbastanza diffuse in varie località dell'India settentrionale le colonne fatte erigere da Asoka dopo la sua conversione al buddhismo che recano epigrafi religioso-propagandistico e sono sormontate da capitelli zoomorfi dal complesso significato simbolico.

I sovrani Maurya, di bassa estrazione sociale, per sottrarsi all'influenza brahmana si convertirono alle nuove fedi:Chandragupta,fondatore della dinastia, si convertì al giainismi;suo nipote, Ashoka, fu il Chakravartin, favorevole al buddhismo. Sotto i sovrani Maurya si assistette al momento più alto di diffusione del buddhismo indiano che, restando però per lo più una religione della nobiltà e di asceti ma estranea alle grandi masse del popolo, finì per decadere (II secolo a.C.) con la fine della dinastia."
davide283
00lunedì 20 luglio 2009 17:48
tolomei:

"La dinastia tolemaica (o lagide) governò l'Egitto dal 305 a.C..
Tra il 332 e il 331 a.C. Alessandro Magno, re di Macedonia, dopo una sterile resistenza da parte dei Persiani, conquistò l'Egitto, dove fu accolto come un liberatore. Infatti, era in quel paese africano che il giogo persiano era maggiormente avvertito e meno accettato. Alessandro ricompensò gli Egiziani riordinando l'amministrazione: abbandonando il modello delle satrapie persiane, fino ad allora da lui adottato per i territori conquistati, vennero nominati due governatori indigeni, Petisi e Doloaspi. L'amministrazione delle finanze fu invece affidata a un greco residente in Egitto, Cleomene di Naucrati. Ai macedoni e ai greci al seguito di Alessandro e ai membri della sua corte furono assegnate solo cariche militari, ma non civili.

Alessandro dimostrò inoltre grande rispetto per gli dei del paese, visitò Menfi e si recò fino all'oasi di Siwa nel deserto libico, dove esisteva un celebre santuario oracolare del dio Amon (assimilato dai Greci a Zeus). Il responso oracolare lo dichiarò qui figlio del dio, offrendogli un punto di partenza per l'istituzione di un culto divino per il monarca.

Nella regione del Delta del Nilo, decise la fondazione della nuova capitale Alessandria d'Egitto, la prima delle molte città a cui diede il suo nome. Nel 331 partì per la spedizione contro i Persiani.

In seguito alla morte di Alessandro nel 323 a.C., il suo impero fu diviso tra i suoi generali. Tolomeo, figlio di Lago, uno dei più stretti collaboratori di Alessandro, fu nominato satrapo dell'Egitto, e presto si autoproclamò sovrano, anche se non prese il titolo di re fino al 305 a.C. Come Tolomeo I Sotere ("Salvatore") fondò la Dinastia tolemaica, la quale regnerà sull'Egitto per 300 anni. Tutti i sovrani di sesso maschile della dinastia ebbero il nome "Tolomeo". Poiché i re tolemaici adottarono l'usanza egizia di sposare le loro sorelle, molti sovrani regnarono congiuntamente alle loro spose, che erano di stirpe reale. La famosa Cleopatra fu la sola regina tolemaica a regnare da sola, dopo la morte del fratello-marito Tolomeo XIII.

I primi Tolomei costituirono una monarchia assoluta in continuità con la tradizione faraonica e rispettarono le credenze religiose e le usanze degli Egiziani, costruendo nuovi templi per le divinità egizie. Tolomeo I riformò l'amministrazione del paese, senza alterarne le antiche abitudini e conservando la tradizionale distinzione tra Alto e Basso Egitto. Il paese era diviso amministrativamente in nomoi, a capo dei quali c’era il nomarca, a cui Tolomeo affiancò lo stratego greco. Dall'inizio del III secolo a.C. migliaia di veterani macedoni e greci furono ricompensati con assegnazioni di terre in Egitto e coloni greci si stabilirono nei villaggi di tutta la regione. L'Alto Egitto, più lontano dal centro del governo, fu meno interessato dall'immigrazione greca, finché Tolomeo I non fondò la colonia greca di Tolemaide per farla diventare la capitale della regione. I Greci, comunque, rimasero sempre una minoranza privilegiata nell'Egitto tolemaico. Costoro ricevevano un'educazione greca ed erano cittadini delle città come se fossero stati in Grecia. Gli Egiziani furono di rado ammessi ai più alti livelli della cultura greca.

Il primo periodo del regno di Tolomeo I fu dominato dalle guerre tra i vari stati sorti dalla divisione dell'impero di Alessandro. L'obiettivo primario di Tolomeo fu di tenere salda la posizione dell'Egitto, e secondariamente di incrementare i domini egiziani. In pochi anni assunse il controllo di Libia, Palestina e Cipro. Quando Antigono I, re della Siria, tentò di riunire l'impero di Alessandro, Tolomeo prese parte alla coalizione contro di lui. Nel 312 a.C. alleato con Seleuco I, il sovrano di Babilonia, sconfisse Demetrio I, figlio di Antigono, nella battaglia di Gaza.

Nel 311 a.C. fu conclusa una pace tra i contendenti, ma nel 309 a.C. la guerra scoppiò di nuovo. Tolomeo occupò Corinto ed altre parti della Grecia, anche se perse Cipro dopo una battaglia navale nel 306 a.C. Antigono tentò poi di invadere l'Egitto, ma non vi riuscì. Nel 302 a.C. vi fu un'altra coalizione contro Antigono, alla quale partecipò Tolomeo. Quando Antigono fu sconfitto ed ucciso nella Battaglia di Ipso nel 301 a.C. Tolomeo ottenne la Palestina. In seguito Tolomeo non prese parte ad altre guerre, anche se riconquistò Cipro nel 295 a.C. Nel 290 a.C. circa intraprese i lavori di costruzione del Museo e della Biblioteca di Alessandria. Avendo dato sicurezza la regno, Tolomeo nel 285 a.C. associò al regno e designò come successore il figlio avuto dalla terza moglie Berenice, escludendo il primogenito Tolomeo Cerauno. Morì nel 283 a.C. all'età di 84 anni, lasciando al figlio un regno stabile e ben governato.

Tolomeo II Filadelfo successe al padre come re d'Egitto nel 283 a.C. Fu impegnato nella prima Guerra siriaca contro i Seleucidi in Celesiria (c. 276-271 a.C.) e nella cosiddetta Guerra cremonidea contro Antigono II Gonata in Grecia.
Tolomeo III Evergete ("il benefattore") successe al padre nel 246 a.C. e sposò Berenice II di Cirenaica, che gli portò in dote la regione. Dal 246 al 241 a.C. condusse con successo una guerra contro Antioco II (la terza Guerra siriaca), in quanto questi aveva ripudiato la moglie Berenice, sua sorella. La vittoria segnò l'apice del potere dell'Egitto tolemaico, che controllava gran parte delle coste dell'Asia Minore e della Grecia.

Nel 221 a.C. Tolomeo III morì e gli successe suo figlio Tolomeo IV Filopatore. Antioco III il Grande mosse una serie di attacchi in Palestina, nel 221 e durante la quarta Guerra siriaca, che iniziata nel 219 ebbe termine nel 217 con la vittoria egiziana nella Battaglia di Rafia. Ciononostante l'Egitto conobbe un periodo di rivolte interne, che portarono alla costituzione, verso il 208, del regno indipendente della Tebaide.

Tolomeo V Epifane, figlio di Tolomeo IV ed Arsinoe III, fu collega del padre probabilmente a partire dal 210, anno della sua nascita. Essendo ancora piccolo, alla morte del padre, il governo fu retto dai suoi tutori. All'interno scoppiarono rivolte che durarono due decenni, mentre sul fronte esterno Antioco III invase nuovamente la Palestina fino alla sua definitiva conquista nella battaglia di Panion nel 200 circa (quinta Guerra siriaca). Contemporaneamente Filippo V di Macedonia si impossessò delle isole dell'Egeo e delle città della Tracia, fatto che provocò l'intervento di Roma e la seconda Guerra macedonica. Nel 197 a.C. Tolomeo fu dichiarato maggiorenne ed intorno al 194 a.C. sposò la principessa seleucide Cleopatra I. Sul fronte interno, continuarono le rivolte in Tebaide, riconquistata nel 186 a.C., e nel Delta. In politica estera Tolomeo strinse rapporti di amicizia con i Romani.

Nel 180 a.C. gli successe il figlio Tolomeo VI Filometore. Essendo un bambino, regnarono al suo posto prima la madre Cleopatra I, e alla sua morte, avvenuta nel 176, due tutori. Nel 170 a.C. Antioco IV Epifane invase l'Egitto, depose il Filometore e si fece incoronare re d'Egitto (169 a.C.). La cosa provocò una rivolta ad Alessandria, dove fu proclamato re il fratello di Tolomeo, con il nome di Tolomeo Evergete II, detto il Fiscone. Quando Antioco si ritirò, i due fratelli governarono insieme alla sorella Cleopatra II per alcuni anni sotto il controllo di Roma. Nel 164 il Filometore fu cacciato, ma tornò l'anno dopo, cedendo al fratello Cirene e la Libia. Nel 155 Tolomeo VI sconfisse definitivamente il fratello. Dopo una fortunata campagna iniziata nel 150, venne nominato re seleucide insieme con Demetrio II. Morì in battaglia nel 145 a.C.

Dopo il breve regno del figlio di Tolomeo VI, Tolomeo VII Neos Filopatore, nel 144 a.C. divenne re Tolomeo VIII. Sposata la sorella Cleopatra II, dopo due anni la ripudiò per sposare la figlia di lei Cleopatra III. Intorno al 130 a.C. Cleopatra II costrinse il fratello a lasciare l'Egitto e a rifugiarsi a Cipro. Da qui l'Evergete tornò nel 127. Alla sua morte, avvenuta nel 116, presero il potere Cleopatra III e suo figlio Tolomeo IX Sotere II (Latiro). Questi, dopo aver accettato come correggente il fratello Tolomeo X Alessandro I, dovette fuggire dall'Egitto nel 107. In seguito alle morti della madre e del fratello, riconquistò il regno nell'88 e lo tenne assieme alla figlia Cleopatra Berenice, fino alla morte avvenuta nell'80. Il suo successore Tolomeo XI Alessandro II, figlio di Tolomeo X, non regnò a lungo. Dopo che ebbe ucciso la matrigna e moglie Cleopatra Berenice, fu assassinato dagli Alessandrini nello stesso anno in cui era salito al trono. Il suo testamento, probabilmente falso, lasciava l'Egitto a Roma.

Sempre nell'80 a.C. divenne sovrano un figlio di Tolomeo IX, Tolomeo XII Neo Dioniso (Aulete). L'Egitto era di fatto un protettorato di Roma, che si impadronì della Libia e di Cipro. Nel 58 a.C. Tolomeo XII fuggì a Roma, in seguito ad una rivolta della popolazione di Alessandria, ma tre anni più tardi i Romani lo restaurarono al potere. Morì nel 51 a.C., lasciando il potere al piccolo figlio Tolomeo XIII, che regnò insieme alla sorella e moglie Cleopatra VII.

Durante il regno di Cleopatra la storia egiziana si fuse con la storia generale del mondo romano, anche per l'assassinio di Pompeo in Egitto nel 48 a.C. Dopo la morte del giovane Tolomeo XIII, sconfitto in battaglia da Gaio Giulio Cesare nel 47 a.C., fu nominato collega e marito di Cleopatra suo fratello Tolomeo XIV. Nel 44 a.C. Cleopatra lo fece uccidere e regnò insieme al presunto figlio di Giulio Cesare e suo Tolomeo XV Cesarione. In seguito Cleopatra si alleò con Marco Antonio, e subì la sconfitta ad opera di Ottaviano nella battaglia di Azio del 31 a.C. Scappata in Egitto, qui si uccise, dopo che Ottaviano aveva vinto le ultime resistenze e conquistato il paese. Poco prima si era suicidato Marco Antonio.Con la caduta di Alessandria, avvenuta il 1 agosto del 30 a.C., l'Egitto divenne una provincia di Roma, retta da un praefectus Alexandreae et Aegypti, scelto nell'ordine equestre."
davide283
00lunedì 20 luglio 2009 17:57
aksum:

"Il Regno di Axum o Aksum fu un importante regno commerciale situato nell'Africa centro-orientale, che crebbe a partire dal Periodo proto-axumita nel IV secolo a.C. ca., e raggiunse l'apice della sua potenza e ricchezza verso il I secolo d.C.. Grazie alla sua favorevolissima posizione, fu profondamente coinvolto nei commerci tra l'India e il Mediterraneo orientale.

Al culmine della sua potenza, il regno di Axum si estendeva attraverso zone dell'odierna Eritrea, dell'Etiopia, dello Yemen, dell'Arabia Saudita meridionale, della Somalia occidentale, del Gibuti e del Sudan settentrionale. La capitale era Axum, oggi situata nella zona settentrionale dell'Etiopia. Altre città importanti erano Yeha, Hawulti, Matara, Adulis e Qohaito, le ultime tre delle quali si trovano oggi in Eritrea.

La popolazione axumita rappresentò una mescolanza di genti parlanti lingue assai differenti, come quella cuscitica e quella semitica.

I re axumiti avevano il titolo ufficiale di re dei re (una vocalizzazione più tarda ci viene dal Ge'ez nigūśa nagaśt, mentre la pronuncia nella moderna lingua etiope è negūs neghesti). I sovrani axumiti fecero inoltre risalire il proprio lignaggio a Davide, Salomone e alla regina di Saba. Questa discendenza reale e il titolo furono successivamente rivendicati ed usati da tutti gli imperatori d'Etiopia.

Axum commerciò con India e Roma (successivamente con l'impero bizantino), esportando avorio, carapaci di tartaruga, oro e smeraldi, e importando seta e spezie. La possibilità di poter accedere tanto al Mar Rosso quanto all'alto corso del fiume Nilo, rese possibile alla potente flotta commerciale del regno di trarre grossi profitti dal commercio con numerosi stati dell'Africa (come la Nubia), dell'Arabia (come lo Yemen), e dell'estremo Oriente.

Nel III secolo d.C., Axum sottomise svariati stati arabi tributari al di là del Mar Rosso, e conquistò l'Etiopia settentrionale. Dal 350, ebbe inizio la conquista del Regno di Kush.

Axum rimase un potente impero e una potenza commerciale fino alla nascita dell'Islam nel VII secolo. Comunque, poiché gli Axumiti diedero asilo e protezione ai primi seguaci di Maometto, i Musulmani non cercarono mai di rovesciare il regno, anche quando diffusero la loro religione in tutta l'Africa settentrionale. Tuttavia, all'incirca verso il 640, 'Omar ibn al-Khattāb inviò una spedizione navale contro Adulis, ma fu sconfitto. Anche la potenza navale axumita declinò parallelamente allo sfaldamento del regno, benché nel 702 i pirati axumiti fossero stati capaci di invadere la Hijaz e di occupare Jeddah. Nel parapiglia che ne seguì, comunque, Sulayman ibn Abd al-Malik riuscì a strappare ad Axum l'arcipelago di Dahlak, che da quel momento in poi si convertì all'Islam, sebbene nel IX secolo tornasse nella sfera d'influenza africana in qualità di stato vassallo dell'impero d'Etiopia.

Successivamente, il mondo arabo-islamico, avendo preso il pieno controllo di tutto il Mar Rosso e di gran parte del corso del Nilo, costrinse il sempre più debole regno axumita all'isolamento economico. Comunque, quest'ultimo continuò ad avere rapporti molto buoni con tutti i vicini musulmani. Due stati cristiani a Nordovest di Axum Maqurra e Alwa (nell'odierno Sudan), sopravvissero fino al XIII secolo, quando furono costretti a diventare islamici a seguito di una invasione musulmana. Axum rimase comunque inviolato dai movimenti arabi in Africa.

Il regno di Axum è degno di nota per un gran numero di innovazioni culturali, come lo sviluppo di un alfabeto proprio, il Ge'ez. Inoltre, attorno a 3700 anni fa, furono eretti numerosi obelischi giganti per segnare la posizione di tombe sotterranee appartenute a re e nobili. La più famosa di queste imponenti costruzioni è nota come Obelisco di Axum.

Sotto re Ezana, il regno adottò il Cristianesimo al posto della vecchia religione politeista e del diffusissimo Ebraismo (325). La Chiesa copta Etiope (o Abissina) è ancora attiva ai nostri giorni. Dallo scisma con Roma che seguì il Concilio di Calcedonia (451), è divenuta una delle più importanti Chiese monofisite, e sia i testi sacri sia la liturgia sono ancora in lingua Ge'ez. La Cristianità axumita potrebbe essere una delle maggiori cause della nascita della leggenda riguardante Prete Gianni, un mitico sovrano cristiano nel cuore dell'Africa arabo-islamica.

Axum fu uno stato cosmopolita e culturalmente importante. Fu luogo d'incontro per una grande varietà di di culture: Egiziana, Nubiana, Araba e Indiana. Le maggiori città axumite erano una commistione di Cristiani, Ebrei, Islamici e anche minoranze buddhiste.

Axum cominciò a declinare nel VII secolo, e la popolazione fu costretta a trasferirsi più all'interno nella regione montuosa, per essere definitivamente sconfitta verso il 950. Le cronache etiopi riportano che una regina ebrea di nome Gudit o Yodit (che significa Giuditta ma anche Demone) distrusse il regno e ne bruciò tutte le chiese e le Sacre Scritture; ma mentre sono storicamente attestati sia l'invasione straniera sia il rogo dei luoghi di culto copti, l'esistenza di questa terribile sovrana è stata recentemente messa in discussione da alcuni studiosi. Un'altra possibilità è che il potere axumita terminò a causa di una regina pagana chiamata Beni al-Hamwiyah, forse della tribù al-Damutah o Damoti. Dopo questo periodo, al regno axumita successe la dinastia Zagwe nell'XI o XII secolo, anche se il loro regno fu molto più limitato in grandezza ed influenza. Comunque, Yekuno Amlak, che uccise l'ultimo re Zagwe e fondò la moderna dinastia Salomonica, fece discendere la propria stirpe direttamente dall'ultimo monarca di Axum, Dil Na'od."
davide283
00lunedì 20 luglio 2009 18:10
sciti:

"Gli Sciti (o Scythi) sono una popolazione seminomade probabilmente di origine iranica, mitologicamente nata dall'unione tra un eroe greco (Eracle) e una donna serpente (Echidna) tra l'VIII ed il VII secolo a.C.

Gli Sciti, chiamati anche Saka, avevano caratteristiche antropologiche europoidi, mesocrani dalla faccia larga con nasali pronunciati e orbite basse, di ceppo nord-iranico.

Provenienti dalla Siberia meridionale erano presenti dal VII secolo a.C. nella vasta area compresa tra il Don e il Danubio da dove, vinti e assogettati i Cimmeri dilagarono, nel corso del VI secolo a.C., verso l'area balcanica e la Pannonia, nel bacino settentrionale del Ponto Eusino per poi toccare la Germania orientale e con i Traci l'Italia settentrionale.

Stanziamenti sciti sono presenti in Transilvania con la denomimazione di Agatirsi.

Pare che il nome Sciti debba intendersi come l'iranico *Skuδa, con il significato di arcieri dalla radice Proto-Indo-Europea *skeud- "gettare, lanciare", che è anche consistente con il fatto che gli Sciti erano utilizzati come arcieri nell'esercito persiano achemenide.

La società scita era di tipo verticale, fortemente strutturata: accanto agli Sciti Reali, l'apice della piramide gerarchica di cui costituiva il gruppo dominante, si trovavano gli Sciti Elleni, gli Sciti coltivatori, gli Sciti Erranti, e gli Sciti allevatori di vacche in una graduazione a cui corrispondeva un diverso peso politico.

Il loro territorio si collocava tra il Mar Nero settentrionale, le pendici meridionali dei Monti Urali e a oriente le steppe dell'attuale Kazakistan. Erodoto (V secolo a.C.) ne descrisse mirabilmente gli usi e le consuetudini e, ammirandoli, arrivò persino a raggiungerne i territori di passaggio per poterne testimoniare direttamente le attività.

Ebbero frequenti contatti da una parte con la Cina e dall'altra con la Grecia. Definiti da questi ultimi barbari, mostrarono al contrario un'apprezzatissima vitalità artistica e una notevole complessità organizzativa e logistica, oltre a un'indubbia valenza militare della quale i loro vicini (tra i quali i Medi) fecero spesso dolorosa esperienza.

Frammentati in vari ceppi vennero sterminati o assimilati in Europa orientale dai Goti orientali (ostrogoti) e successivamente dall'orda Unna tra il IV e il VI secolo d.C.

Gli scambi commerciali con l'Ellade, di cui il loro territorio costituiva il granaio, contribuirono all'aumento della ricchezza delle loro aristocrazie, già molto ingente per le razzie e i tributi che imponevano ai popoli assoggettati.

Gli Sciti svolsero anche la funzione di intermediazione tra il mondo ellenico e i popoli delle steppe, i Sauromati prima, i Sarmati e i Massegeti dopo.

Il permanere di questi rapporti internazionali ridimensiona l'idea di nomadismo come caratteristica tipica della società scita."



saka (o saci):

"I Saci (anche Seci, Saka, Saca o Indo-sciti) sono un antico gruppo di popolazioni per lo più nomadi della Siberia e della Asia Centrale e vengono generalmente considerati il ramo orientale degli Sciti e quindi iranici.

Ai Saci vengono generalmente associati i Sogdiani, i Geti, i Massageti, gli Issedoni, i Sacarauli, gli Ashguzai.

La Sogdiana (Uzbekistan meridionale e Tajikistan Occidentale), provincia o satrapia dell'Impero persiano Achemenide, prende il nome dalla popolazione originariamente di tipo Saca. Vi si parla un dialetto iranico almeno fino alla conquista mongola.

I Massageti: Saci dell'Asia Centrale. Il nome ha un chiaro significato in iranico : grande orda Saca (dall'Indo-iranico maha "grande" ). Questo confermerebbe l'appartenenza agli Iranici. Un anonimo sofista dell'antica Grecia nella sua opera "Ragionamenti doppi" scriveva: I Massageti squartano i genitori e se li mangiano, perché pensano che l'esser sepolti nei propri figli sia la più bella sepoltura; invece se qualcuno lo facesse in Grecia, cacciato in bando morirebbe con infamia, come autore di cose turpi e terribili.

Issedoni: Erodoto scrive: "Aristea di Proconneso, figlio di Castrobio, componendo un poema epico, disse di essere arrivato, invasato da Febo, presso gli Issedoni e che al di là degli Issedoni abitano gli Arimaspi, uomini monocoli, e al di là di questi i grifi custodi dell'oro, e oltre a questi gli Iperborei, che si estendono fino ad un mare. Tutti costoro, eccetto gli Iperborei, a cominciare dagli Arimaspi aggrediscono di continuo i loro vicini; e così dagli Arimaspi furono scacciati dal loro paese gli Issedoni, dagli Issedoni gli Sciti; e i Cimmeri, che abitano sul mare australe, premuti dagli Sciti, abbandonarono il paese" (IV, 13).

A parte il riassunto di Erodoto, del poema di Aristea ci sono giunte solamente alcune citazioni del bizantino Tzetzes ("Chiliades", VII 687-692): un verso ricorda gli Issedi come orgogliosi dei loro lunghi capelli (frammento 3 Bolton) e altri cinque versi ci presentano gli Arimaspi come confinanti settentrionali (presumibilmente degli Issedoni), guerrieri valorosi, allevatori (di cavalli, pecore e buoi) e dotati di un occhio solo, folta capigliatura ed eccezionale vigore (frammenti 4 e 5 Bolton).

Tolomeo parla di una città Issedon Serica, nel paese dei Seri (probabilmente odierna Khotan in Uigur, dove anticamente si parlava un dialetto iranico, il khotanese, una variante del Sogdiano).

Per quanto riguarda il nome Arimaspi questo può essere compreso tramite l'iranico ariama+aspa=coloro che amano i cavalli, che ben si adatta a popolazioni nomadi a cavallo dell'Asia centrale.

Sacarauli: Vengono nominati da Strabone nella Geografia (ma a volte si trova Sakarauke) tra le tribù che distruggono il regno greco della Battriana (Afghanistan), insieme ai Tocari, gli Assi, i Passiani (tutte tribù di identificazione incerta). Fondarono l'Impero Kushan.

Affini ai Sacarauli, sono i Sagaruce, ricordati da Tolomeo ad est del Mar Caspio ed i Sakaraukae che divennero la tribù dominante tra gli Sciti Amirgi.

Ashguzai: Vengono nominati nelle cronache tardo-assire (700 a.C.) a causa delle numerose devastazioni inflitte agli Assiri. Gli Ashguzai sono forse presenti addirittura nell'Antico Testamento, nella cosiddetta tavola delle nazioni, col nome di Askenaz."



sarmati:

"I Sarmati come gli Sciti fanno parte della famiglia etnica iranofona (di lingua indoeuropea e quindi aperta alla cultura e alla religione persiana). Si dividono probabilmente in 4 tribù: Roxolani (o Rossolani), Iazigi, Aorsi e Alani. Abitano le steppe lungo il Volga, le regioni pedemontane degli Urali meridionali e la steppa del Kazakistan occidentale. Nei loro territori d'origine essi si scontrarono con i Battriani, i Parti e i Sogdiani. In diversi periodi e a diverse ondate essi si sono spinti verso occidente.

* I Roxolani si insediarono nei territori occupati dagli Sciti a nord e a nord ovest del Mar Nero (tra il III secolo a.C. e il II d.C.) e con essi, in un primo momento, stabilirono un rapporto di alleanza. Quando questo rapporto venne meno i Sarmati conquistarono i territori degli Sciti assoggettando la popolazione al loro potere.
* Gli Iazigi si insediarono nei territori a ovest dei Daci, a sud dei Germani e sia a est sia a nord del Danubio tra il III secolo a.C. e il II d.C.
* Sugli Aorsi si sa poco: è probabile che si fossero stanziati nei pressi del regno del Bosforo a sud-est degli Alani.
* Gli Alani si insediarono ad est del Mar Nero a nord del Caucaso e degli Aorsi e qui ci vengono descritti dai Romani come allevatori di cavalli.

I Sarmati sono infatti infatti abili cavalieri e in battaglia si dividono in cavalieri pesanti (catafratti) e leggeri (arcieri a cavallo). Con i Romani non ebbero sempre rapporti pacifici e anzi spesso si fronteggiarono in lunghe guerre. Nel II secolo d.C. Roxolani e Iazigi (alleati per tutto il I secolo d.C. di Roma) si schierarono contro i Romani con i Daci per difendere questi ultimi da Traiano che intendeva conquistarne i territori, e fu proprio Traiano a sconfiggerli durante la campagna. Nel corso del III secolo d.C. i Sarmati per via della conquista dei Goti dei territori a nord del Mar Nero si divisero in 2 gruppi: uno occidentale e uno orientale. Nel 375, dall'Oriente giunsero gli Unni, che dopo aver fatto strage degli Alani accolsero i resti delle loro tribù nel loro esercito diretto verso Occidente. I vari gruppi di Sarmati furono a volte alleati dei Romani contro gli altri barbari ma altrettante volte furono nemici di Roma saccheggiandone i territori periferici e non solo: gli Alani infatti si unirono ai Vandali nella conquista dell'Africa al punto che il sovrano vandalo poté assumere il titolo di "re dei Vandali e degli Alani"."
davide283
00lunedì 20 luglio 2009 18:21
germani:

"I Germani sono una popolazione indoeuropea che, muovendo dalla loro patria originaria (Scandinavia meridionale, Jutland, odierna Germania settentrionale), nei primi secoli del I millennio si sono espansi fino a occupare un'ampia area dell'Europa centro-settentrionale, dalla Scandinavia all'alto corso del Danubio e dal Reno alla Vistola.

I Germani sono il risultato dell'indoeuropeizzazione, nella prima metà del III millennio a.C., della Scandinavia meridionale e dello Jutland da parte di genti provenienti dall'Europa centrale, già indoeuropeizzata nel corso del IV millennio a.C. Sebbene la cronologia esatta di questa penetrazione sia ancora oggetto di disputa, è riconosciuto che entro il 2500 a.C. gli elementi culturali propri di questi popoli - la Cultura del vaso campaniforme (detta anche della ceramica a cordicella) e la Cultura dell'ascia da combattimento - avevano raggiunto un'ampia area dell'Europa settentrionale, dal Mar Baltico orientale all'odierna Russia europea, dalla Penisola scandinava alle coste orientali del Mare del Nord.

Al momento del loro insediamento in quella che sarebbe divenuta la patria originaria dei Germani, gli elementi indoeuropei trovarono già sviluppata una civiltà agricola, autrice dei megaliti propri dell'Età della Pietra nordica. Non si conoscono i caratteri etnici propri di questi popoli, ma è possibile che fossero affini a quelli delle (relativamente) vicine genti finniche. La fusione, più o meno pacifica, di questi elementi pre-indoeuropei con i gruppi indoeuropei provenienti da sud determinò la cristallizzazione dei Germani, che conservarono la lingua indoeuropea dei nuovi venuti.

La cultura materiale che si sviluppò sulle rive del mar Baltico occidentale e nella Scandinavia meridionale durante la tarda età del bronzo europea (1700 a.C.-500 a.C.), nota come età del bronzo nordica, è già considerata la cultura comune ancestrale del popolo germanico. Esistevano a quel tempo insediamenti piccoli ed indipendenti, oltre ad un'economia fortemente incentrata sulla disponibilità di bestiame.

Fu questa l'epoca in cui la lingua proto-germanica assunse, all'interno della famiglia linguistica indoeuropea, le proprie caratteristiche peculiari. Il germanico comune - da intendersi più come un insieme di dialetti affini che come una lingua completamente unitaria - rimase sostanzialmente compatto fino alle grandi migrazioni di Germani verso sud, iniziate già nell'800 a.C.-750 a.C. A metà dell'VIII secolo a.C., infatti, i Germani risultano attestati lungo l'intera fascia litoranea che va dall'Olanda alla foce della Vistola. La pressione continuò nei secoli successivi, non come un movimento unitario e unidirezionale ma come un intricato processo di avanzamenti, retrocessioni e infiltrazioni in regioni abitate anche da altri popoli. Intorno al 550 a.C. raggiunsero l'area del Reno, imponendosi sulle preesistenti popolazioni celtiche e in parte mescolandosi a esse (è considerato misto il popolo di confine dei Belgi).

Durante questo periodo i Germani furono a lungo in contatto, linguisticamente e culturalmente, con i Celti e gli Italici (sia Osco-umbri, sia proto-Latini e proto-Veneti) a sud e con i Balti a est. I rapporti con gli Italici, certificati dalla linguistica storica, si interruppero alla fine del II millennio a.C., quando questi popoli avviarono la loro migrazione verso sud e sarebbero ripresi soltanto a partire dal I secolo a.C., quando con Gaio Giulio Cesare l'espansione di Roma sarebbe arrivata fino al Reno.

Dal V al I secolo a.C., durante l'Età del ferro, i Germani premettero costantemente verso sud, venendo a contatto (e spesso in conflitto) con i Celti e, in seguito, con i Romani. Lo spostamento verso sud fu probabilmente influenzato da un peggioramento delle condizioni climatiche in Scandinavia tra il 600 a.C. e il 300 a.C. circa. Il clima mite e secco della Scandinavia meridionale (una temperatura di due-tre gradi più elevata di quella attuale) peggiorò considerevolmente, il che non solo modificò drammaticamente la vegetazione, ma spinse le popolazioni a cambiare modi di vivere e ad abbandonare gli insediamenti. Intorno a tale periodo questa cultura scoprì come estrarre il "ferro di palude" (limonite) dal minerale nelle paludi di torba. Il possesso della tecnologia adatta ad ottenere minerale di ferro dalle fonti locali può aver favorito l'espansione in nuovi territori.

Nell'area di contatto con i Celti, lungo il Reno, i due popoli entrarono in conflitto. Sebbene portatori di una civiltà più articolata, i Galli subirono l'insediamento di avamposti germanici nel loro territorio, che diedero origine a processi di sovrapposizione tra i due popoli: insediamenti appartenenti all'uno o all'altro ceppo si alternavano e penetravano, anche profondamente, nelle rispettive aree d'origine. Sul lungo periodo, a uscire vincitori dal confronto furono i Germani, che qualche secolo più tardi sarebbero dilagati a occidente del Reno. Identico processo si sarebbe verificato, a sud, lungo l'altro argine naturale alla loro espansione, il Danubio.

Sul finire del II secolo a.C. i Germani risultavano presenti, oltre che nella loro patria originaria baltico-scandinava, in un'ampia ma indefinita regione dell'Europa centrale, all'epoca ricoperta di fitte foreste e corrispondente agli attuali Paesi Bassi, Germania centro-settentrionale e Polonia centro-occidentale. I confini dell'area da loro raggiunta, sia pure fluidi e soggetti a mutamenti e a condivisioni con altri popoli, coincidevano a grandi linee con i bassi corsi del Reno a ovest e della Vistola a est; a sud la situazione era ancor più incerta, con penetrazioni germaniche anche profonde in regioni abitate prevalentemente da Celti, come Norico e Pannonia. Già nel secolo successivo, tuttavia, la presenza germanica si sarebbe meglio definita, da un punto di vista territoriale, quale quella predominante nelle aree poste immediatamente al di là del Limes romano, marcato in quelle regioni dal Reno e dall'alto Danubio.

I Germani vennero a contatto con Roma fin dall'ultimo scorcio del II secolo a.C., con le incursioni di Cimbri e Teutoni in territorio romano. I due popoli germanici mossero dal natio Jutland e penetrarono in Gallia, spingendosi fino alla provincia romana della Gallia Narbonense, di recente costituzione. Qui discesero il corso del Rodano favorendo una ribellione delle tribù celtiche appena assogettate a Roma e sconfiggendo in più occasioni le legioni romane che avevano tentato di arginarne l'invasione.

Negli anni successivi i Cimbri penetrarono in Iberia, mentre i Teutoni proseguirono le loro scorrerie in Gallia settentrionale. I due popoli tornarono poi a volgersi contro i domini di Roma, minacciando la Gallia cisalpina; a opporsi a loro fu inviato il console Gaio Mario, che in due battaglie annientò entrambi i popoli: i Teutoni ad Aquae Sextiae (l'odierna Aix-en-Provence) nel 102 a.C., i Cimbri ai Campi Raudii (presso Vercelli) nel 101 a.C.

Superato il pericolo dell'invasione di Cimbri e Teutoni, Roma passò a una politica marcatamente espansionistica verso nord, nei territori dell'Europa centro-occidentale. Il processo, articolato in varie fasi, portò alla conquista di tutte le aree collocate a ovest del Reno e a sud del Danubio, oltre a varie penetrazioni, più o meno stabili, al di là di tale linea. L'ininterrotta frontiera dell'Impero romano, estesa dal Mare del Nord al Mar Nero, fu il Limes, per secoli argine alla spinta espansionista dei Germani verso sud e verso ovest. Lungo il Limes, numerosi furono i conflitti che si accesero nel corso dei secoli tra i Romani e i Germani, che tentarono a più riprese di penetrare nel più ricco e organizzato territorio soggetto all'Urbe. Soltanto però quando l'Impero romano entrò - per cause interne - in grave crisi, ai Germani riuscì la penetrazione con ampie masse al di qua del Limes (III secolo).

Al tempo della conquista della Gallia condotta da Cesare, nuovi conflitti si accesero lungo il Reno, confine tra i Celti e i Germani. Fin dal 72 a.C. un gruppo di tribù germaniche, capeggiate dagli Svevi di Ariovisto, aveva passato il fiume e tormentava con le sue scorribande il territorio gallico, infliggendo anche una dura sconfitta ai Galli presso Admagetobriga (60 a.C.). I Galli invocarono allora l'aiuto di Cesare, che sconfisse definitivamente Ariovisto presso Mulhouse (58 a.C.).

La disfatta di Ariovisto non fu comunque sufficiente ad arrestare la pressione esercitata in quegli anni dai Germani sui Galli. Una massa di Usipeti e Tencteri minacciò i Menapi belgi presso la foce del Reno, fornendo a Cesare una nuova opportunità di intervento (55 a.C.). Sconfitte le due tribù in Gallia belgica, il proconsole sconfinò nelle terre dei Germani: valicato il Reno, compì razzie e saccheggi per terrorizzare il nemico e indurlo a rinunciare a nuove incursioni verso la Gallia. Fissò quindi stabilmente il confine dei territori soggetti a Roma sullo stesso Reno."
davide283
00lunedì 20 luglio 2009 18:29
daci:

"I Daci erano una popolazione indoeuropea storicamente stanziata nell'area a nord del basso corso del Danubio che da loro ha preso il nome.

Non è possibile datare con sicurezza il momento dell'insediamento dei Daci nella loro patria storica, né quello della formazione stessa del popolo, staccatosi dalla matrice indoeuropea. Indizi linguistici fanno comunque ritenere che gli elementi indoeuropei che poi si sarebbero evoluti nel popolo dei Daci avrebbero raggiunto l'area della Dacia nel IV millennio a.C..

I Daci sono stati a lungo ritenuti parte del ceppo tracico: Geti e Daci avrebbero formato il ramo settentrionale della grande famiglia dei Traci, anche se particolarmente esposti alle influenze dei loro vicini orientali, gli Sciti. Stando a studi più recenti, tuttavia, è invece possibile che i Daci siano da ascrivere - insieme ai Misi dell'Anatolia - a un ramo a sé stante, distinto da quello tracico: il gruppo delle lingue daco-misie.

Nelle fonti classiche erano indicati come Getes (al plurale, Getai) dai Greci, e come Dacus (al plurale, Daci) dai Romani, oltre che Dagae e Gaetae, secondo la Tabula Peutingeriana. Gli scrittori antichi sono unanimi nel considerare i Geti e i Daci appartenenti ad uno stesso popolo, opinione oggi giorno avvalorata dall'archeologia e dalla linguistica moderna; è possibile che i Geti fossero tanto parte del popolo dei Daci, quanto che da questi siano stati a un certo punto assorbiti, oppure come sostenevano gli autori antichi: i Geti vivevano nelle pianure della Valacchia, mentre i Daci nei territori montuosi e collinari della Transilvania.

Le prime menzioni delle fonti classiche sui Daci lasciano intendere che, a partire dal principio del II secolo a.C., erano stanziati all'interno dell'arco montuoso dei Carpazi: Pompeo Trogo narra, infatti, del conflitto che portò l'allora re dace, Oroles, a battere e respingere un'incursione di una popolazione germanica, i Bastarni, che avevano tentato di penetrare da oriente, nelle fertili pianure del medio corso del fiume Mureş. Un nuovo conflitto con i Bastarni si verificò nel 112-109 a.C., ma anche questa volta furono respinti, non riuscendo ad indebolire la potenza dei Daci, che al contrario aumentò, tanto da scorgere proprio in questo periodo lo spostamento del centro di potere dei daco-geti dalla pianura della Valacchia al cuore della Transilvania.

I Daci si dividevano in due classi: l'aristocrazia a cui era affidata l'amministrazione e l'economia (i tarabostes) oltre a costituire l'elite dei guerrieri (i pileati), a questa classe si aggiungeva la gente comune e libera (i comati). Entrambe le classi sociali, dei pileati e dei comati, partecipavano al grande consiglio reale, almeno ai tempi di Decebalo.

Soltanto gli aristocratici avevano il diritto di coprire le proprie teste, e indossavano un cappello di feltro, detto pileum (da cui viene pileati, il nome con cui erano designati in latino).

I Daci, come pure gli stessi Geti, erano generalmente descritti dal mondo classico come individui alti, dalla pelle chiara, dai capelli di colore probabilmente rossiccio e dagli occhi blu.

Come ci tramanda Erodoto, i Geti (alla fine del VI secolo a.C.) credevano nell'immortalità dell'anima e consideravano la morte un mero cambio di paese: "I Geti si ritengono immortali... sono convinti che lo scomparso non muoia veramente, ma raggiunga il dio Zalmoxis" (o Zalmolxis). "Altri Geti [si trattava dei Daci] questo stesso dio lo chiamano Gebeleizis. Ogni quattro anni mandavano uno di loro, tratto a sorte, a portare un messaggio a Zalmoxis, secondo le necessità del momento... tre Geti hanno l'incarico di tenere tre giavellotti, altri afferrano per le mani ed i piedi il "messaggero designato", lo fanno roteare e lo scagliano sulle lance. Se muore trafitto, ritengono che il dio sia propizio, se non muore, accusano il messaggero, sostenendo che è un uomo malvagio, e quindi ne inviano un altro...".

Le principali occupazioni dei Daci erano agricoltura, apicoltura, viticoltura, allevamento del bestiame, produzione di ceramica e metallurgia. La provincia romana di Dacia è rappresentata su un sesterzio come una donna seduta su una roccia con un bambino piccolo su un ginocchio, che tiene delle spighe di grano, e un altro bambino seduto davanti a lei che tiene dei grappoli d'uva.

I Daci lavoravano anche l'oro e l'argento proveniente dalle miniere in Transilvania. Portavano avanti un considerevole commercio con altri popoli, come dimostrano le molte monete straniere trovate nel Paese.

Dopo essersi scontrati prima con i Macedoni (IV secolo a.C.) e poi con i Traci (III secolo a.C.), nel I secolo a.C. i Daci riuscirono a dar vita, sotto re Burebista, a un stabile regno autonomo. Alla morte del grande sovrano, tuttavia, il suo regno si dissolse; ne seguì una situazione di fluidità, con numerosi scontri con l'Impero romano che nel frattempo era giunto ai confini meridionali della Dacia.

GLi scontri toccarono il culmine negli anni 85-88, quando l'imperatore Domiziano condusse una serie di operazioni contro il regno del nuovo sovrano, Decebalo. Questi che era stato in grado non solo di ristabilire un potere centrale sui Daci, ma anche di rinverdire la potenza militare ed economica dei tempi di Burebista, tanto da premere da nord sulla provincia romana di Mesia. Pur sconfitto, nell'89 Decebalo riscuì a ottenere condizioni di pace solo apparentemente favorevole ai Romani: gli fu infatti consentito di riarmarsi liberamente e di accrescere la potenza del suo popolo nel quindicennio successivo.

Nel 101 Traiano avviò la campagna di conquista dell'area, conclusa nel 106 con la morte di re Decebalo e l'isituzione di una nuova provincia romana. Il dominio romano ebbe però già termine nel III secolo, quando il Limes romano fu riportato al Danubio. Nonostante la relativa brevità del dominio diretto di Roma, la romanizzazione della Dacia fu profonda, anche grazie all'intensa opera di colonizzazione; i caratteri etnici e linguistici peculiari dei Daci si stemperarono in un nuovo complesso antropologico, nei secoli successivi ulteriormente modificato dalle nuove invasioni di Goti, Slavi, Magiari e altre popolazioni nomadi."
The Housekeeper
00lunedì 20 luglio 2009 18:32
Infaticabile Davide [SM=x1140440]

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davide283
00lunedì 20 luglio 2009 18:57
grazie house [SM=g27964]

proseguo con le ultime 2 fazioni:

garamanti:

"I Garamanti (in latino e greco Garamantes) sono una popolazione di lingua berbera che abita nel Sahara. Fondarono un regno nella regione del Fezzan (nell'attuale Libia) e costituiscono una potenza regionale nel Sahara.

I Garamanti sono coltivatori, artigiani e commercianti. La loro religione e' basata su modelli egizi, e alcuni dei loro morti sono sepolti in piccole piramidi. Per scrivere usano l'alfabeto libico-berbero. La scoperta, ad opera del professor Fabrizio Mori, di una mummia risalente al 3500 a.C. circa a Uan Muhuggiag, fa pensare che nella regione l'usanza di mummificare i corpi fosse una tradizione estremamente antica.

L'alimentazione dei Garamanti comprendeva uva, fichi, orzo e frumento. Commerciavano frumento, sale e schiavi, e in cambio importavano vino ed olio d'oliva, lampade a olio e stoviglie di fabbricazione romana. Secondo Strabone e Plinio il Vecchio, i Garamantes estraevano amazzonite nei monti del Tibesti.

I Garamanti costruirono una rete di gallerie e condotte sotterranee per portare in superficie le acque fossili che si trovano sotto lo strato di calcare nel sottosuolo del deserto. Essa venne costruita intorno al 200 a.C. e fin verso il 200. Questo sistema di gallerie sotterranee è oggi conosciuto col nome arabo di foggara. Questo sistema di irrigazione permetteva all'agricoltura di prosperare, ma esigeva, per la sua manutenzione, l'utilizzo di manodopera, per la quale si ricorreva agli schiavi.

Probabilmente i Garamanti esistevano già, come popolazione tribale del Fezzan, intorno al 1000 a.C.. Compaiono per la prima volta in fonti scritte nel V secolo a.C., nell'opera di Erodoto, secondo il quale essi erano un popolo numeroso che allevava bestiame e dava la caccia, stando su quadrighe, agli "Etiopi Trogloditi" ("abitanti delle grotte") che vivevano nel deserto. Raffigurazioni di epoca romana li rappresentano con segni di scarificazioni rituali e tatuaggi. Tacito riporta che essi prestarono aiuti al ribelle Tacfarinas e fecero razzie negli insediamenti romani sulla costa.

I Romani mantennero fitti contatti commerciali con i Garamanti,; gli archeologi hanno perfino trovato a Garama un bagno romano. Tolomeo riporta che nell'85 un commerciante di nome Iulius Maternus, partito da Leptis Magna, avrebbe raggiunto il paese di Garama dove si sarebbe unito ad una spedizione del re dei Garamanti che si recava a combattere gli "Etiopi" ed avrebbe raggiunto, dopo 4 mesi, "la regione di Agysimba popolata dai rinoceronti, e dove vivono gli Etiopi" (probabilmente i confini dell'odierna Nigeria). Comunque sia, nonostante i rapporti commerciali, i Romani non consideravano i Garamanti pienamente civilizzati.

I Garamanti rappresentarono una continua minaccia per i possedimenti romani, e non si sottomisero mai alla potenza di Roma, a differenza degli abitanti della fascia costiera della Libia. Curiosamente, però, di essi Erodoto afferma "non possiedono armi da guerra né sanno come difendersi".

Nel I secolo a.C., i Garamanti effettuavano scorrerie in Nordafrica e si scontravano con le forze di Roma. Secondo Plinio il Vecchio, a un certo punto i Romani ne ebbero abbastanza delle scorrerie dei Garamanti e nel 19 a.C. Lucio Cornelio Balbo li sconfisse e festeggiò la vittoria con un trionfo nel quale erano enumerate le città, le tribù e le località geografiche da lui sottomesse.

Dopo una spedizione punitiva dei Romani nel 70, i Garamanti vennero costretti ad avere rapporti ufficiali con Roma, ed è possibile che siano divenuti "clienti" di Roma.

Intorno al 150 il regno dei Garamanti (nell'attuale Fezzan, lungo il Wadi l-Ajal), si estendeva per circa 180,000 chilometri quadrati. La sua durata continuò grosso modo fino alla conquista islamica nel VII secolo.

Sembra che il declino della cultura dei Garamanti si riallacci ad un inasprimento delle condizioni climatiche. Quello che oggi è deserto 1500 anni fa era terra agricola di discreta qualità. Dal momento che le riserve di acque fossili non si rinnovano rapidamente, nei sei secoli di durata del regno garamante la falda andò progressivamente abbassandosi. Il regno decadde e si frammentò. Il suo posto venne assunto dal suo concorrente, l'impero del Ghana nel Sudan occidentale.

Documenti bizantini affermano che il re dei Garamanti firmò un trattato di pace con Bisanzio nel 569 ed accettò il cristianesimo. In seguito, dei documenti musulmani affermano che nel 668 il re dei Garamanti venne imprigionato e trascinato via in catene. Alla fine tutta la regione venne assorbita nell'area di influenza islamica."

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