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L'impero del Mediterraneo

Ultimo Aggiornamento: 27/09/2015 01:12
25/08/2015 23:54
 
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Ti prego non ti fermare nel racconto [SM=x1140522]
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FORZA JULES! SONO CON TE!

"What is it that makes a great soldier? Is it his brain or his heart?" SSG Matt Baker

26/08/2015 09:03
 
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Purtroppo sto facendo le cose in fretta per stare dietro alla campagna, sono già parecchi turni avanti. Se avessi più tempo e meno fretta di giocare amplierei dialoghi e descrizioni...
Comunque immagino si capisca chi cadrà sotto le lame degli almohadi...



La morte verrà all'improvviso
avrà le tue labbra ed i tuoi occhi
ti coprirà di un velo bianco
addormentandosi al tuo fianco
nell'ozio nel sonno in battaglia
verrà senza darti avvisaglia
la morte va a colpo sicuro
non suona il corno nè il tamburo
[...]
Guerriero che in punta di lancia
dal suolo d'oriente alla francia
di stragi menasti gran vanto
e tra i nemici il lutto e il pianto
di fronte all'estrema nemica
non vale coraggio o fatica
non serve colpirla nel cuore
perché la morte mai non muore
non serve colpirla nel cuore
perché la morte mai non muore
"la morte" Faber


cavalieri che in battaglia ignorate la paura
stretta sia la vostra maglia
ben temprata l'armatura
al nemico che vi assalta
siate presti a dar risposta
perché dietro quelle mura vi si attende senza sosta
"fila la lana" Faber
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Qualcosa si muove
1169 Batajoz
Yussuf strinse forte il fratello, il quale rispose con un abbraccio da spezzare le ossa. Abu Has Umar Al-Hargai non era un uomo imponente, era alto e secco, eppure aveva la fama di miglior guerriero e generale del regno. Compensava la minor forza con una velocità elevatissima, era impossibile penetrare la sua guardia e appena l'avversario commetteva un errore la sua spada trovava subito il modo di punirlo. Tuttavia il vero punto di forza era la mente acuta, in grado di leggere il terreno dello scontro e l'esercito nemico in pochi secondi. Yussuf l'aveva nominato amir al jujush: comandante in capo delle forze del regno.
Terminato l'abbraccio aveva guardato il fratello: "Come va? Sempre in forma spero?". L'altro aveva risposto: "Sì sì, mi tengo in forma con i guerrieri castigliani. Non imparano mai che non devono oltrepassare la frontiera. Per fortuna. Perchè mi hai chiamato qui?"
Yussuf chiamò dentro i suoi tre consiglieri e rispose: "Iniziamo ad unire la penisola sotto la nostra bandiera." Si sedettero tutti attorno al tavolo. Khaled prese la parola per primo: "Il momento è propizio, dobbiamo solo scegliere chi colpire per primo: Aragona è nostra alleata, quindi va esclusa. Castiglia è il regno più forte, si sono impadroniti anche della Navarra, contano sulla fortezza di Toledo e su un esercito complessivo di circa venticinque trentamila soldati. Il Portogallo è più debole. L'esercito si attesta sulle quindicimila unità, attestate attorno a Al-Hisbunah. Questi numero sono però fuorvianti: la maggior parte di questi uomini sono soldati miliziani poco addestrati, armati di falci e lance o balestre e archi da caccia, pochi possiedono corazze di cuoio o scudi. Il Portogallo può contare però su alcune compagnie di lancieri e balestrieri andalusi, non hanno gradito il cambio di regime qui e sono corsi in Portogallo."
Yussuf prese la parola: "La logica vorrebbe che si attaccasse subito la fortezza di Toledo per poi colpire le città castigliane, rafforzando la frontiera portoghese. Ma c'è un ma, giusto Khaled?".
"Sì, Aragona e Castiglia si sono alleate. Attaccare la Castiglia farebbe cadere l'alleanza con gli aragonesi e aprirebbe un secondo fronte. C'è anche un'alleanza tra Castiglia e Portogallo ma non tra Portogallo e Aragona".
"Quindi, se attacchiamo il Portogallo, Castiglia non può attaccarci, rischierebbe di perdere l'alleanza coi catalani. Se ci fosse ancora al comando il vecchio rei Alfonso ci attaccherebbero comunque. Ma è salito al trono l'erede, rei Don Sancho III. Sta ancora cercando di avere fedeltà assoluta dai suoi vassalli, in questo momento non può muovere. Solomon, abbiamo la copertura per mantenere un esercito?"
Salomon si guardò attorno, prese una serie di documenti, si tirò la barba e: "No. Nonostante il successo delle campagne mercantili nel nord Italia, lo sforzo per potenziare le tratte commerciali marittime e terrestri ci sta svenando. Non potra permetterti più di sette ottomila soldati. Troppo pochi per avere successo ancho solo sul piccolo Portogallo."
Yussuf e Pedro De Guzman scoppiarono in una forte risata. Salomon offeso li squadrò e pronunciò in tono freddo: "Non vedo che c'è da ridere! Non sono un soldato ma non ci vuole un genio per capire che settemila contro quindicimila non sia uno scontro sostenibile. In più i settemila sono in attacco, sceglieranno loro il terreno."
Yussuf e Pedro risero ancora più forte, poi l'amir disse: "Scusami amico mio, tu hai fatto e fai sempre un ottimo lavoro. Ma lascia le questione di strategia e chi se ne intende. Pedro, aggiorna i presenti sugli eserciti che invaderanno il Portogallo."
Pedro estrasse da sotto il mantello una piccola tavoletta cerata e si mise a elencare: "Difese supplementari di Kurtuba: trecento musharif (cavalleria corazzata) e cinquecento muwalladun (lancieri). Guarnigione di Batajoz: settecentocinquanta ashir (fanti pesanti) e altrettanti halqa (lancieri), duecento mudejar (balestrieri), duecento mawali (cavalleria corazzata) della guardia dell'amir. Esercito di invasione: duecento mawali dell'amir al jujush, trecento fursan mustarib (cavalleria corazzata), quattrocento fursan mudejar (balestrieri montati), milleduecento ashir, milleottocento halqa, cinquecento mudejar. In più abbiamo reclutato una compagnia di trecento mercenari saethwir: arcieri gallesi. Vedi Salomon, non sono più di ottomila soldati."
Abu Has Umar al-Harghai prese la tavoletta dalle mani di Pedro de Guzman: "quindi avrei circa cinquemila soldati per affrontarne quindicimila?". Khaled intervenne: "Non proprio. Hanno molti miliziani. In più l'esercito è diviso in tre tronconi, da circa cinquemila uomini ciascuno. Il primo è sotto il comando di Salvador Henriques, dalle parti di Avis, gli altri due, sotto il controllo dell'erede al trono Enrico Henriques stazionano nei pressi del guado del castelo de Almourol e presso il ponte di Santarem, dove il Tago curva verso sud e fa un'ampia ansa."
Abu fissò perplesso la mappa: "Ma perchè Enrico non è il rei? Suo padre si è ritirato, giusto?". Khaled sorrise: "Giusto, però ora regge il governo Fernando Bermudez de Trava. Sembra che Enrico sia impazzito, probabilmente dopo aver ingerito della belladonna. Tutto merito della setta degli ashashim, che ci ha "noleggiato", seppur a caro prezzo, il loro uomo migliore: Abdu'llah ibn Quzman. Ora sta muovendosi per eliminare anche Salvador e decapitare l'esercito portoghese."
Abu Has Umar prese la parola: "Dobbiamo sbrigare alla svelta questa faccenda, giusto? Allora direi di muovere la mia armata ad annientare l'armata portoghese ad Avis e occupare il ponte di Santarem. Mi attesterò lì qualche tempo, sperando che siano così idioti da attacrmi sul ponte. Se non attaccano passerò io il Tago e sbaraglierò le due armate riunite. Yussuf, una volta libero il ponte potresti muovere verso Al Hisbunah con la guarnigione di Bataljoz, annientate queste truppe sarà poco difesa, mentre io mi potrei spingere a nord verso Porto. Che ne dici? Accorceremo la campagna di almeno un anno..."
Yussuf fissò per lunghi minuti la mappa e alla fine prese la parola: "Allora è deciso! Ci rivedremo quando il Portogallo sarà caduto!"
[Modificato da RatMat 26/08/2015 13:34]



La morte verrà all'improvviso
avrà le tue labbra ed i tuoi occhi
ti coprirà di un velo bianco
addormentandosi al tuo fianco
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verrà senza darti avvisaglia
la morte va a colpo sicuro
non suona il corno nè il tamburo
[...]
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Ho moltiplicato per 5 i reali numeri delle armate
[IMG]http://i58.tinypic.com/2h7jm7q.png[/IMG]
La prima armata di Abu Has Umar ha combattuto ad Avis e Santarem (due volte, una notturna) e poi ha preso Porto, mentre la guarnigione di Bataljoz ha conquistato, guidata dall'amir Yussuf Lisbona
[Modificato da RatMat 26/08/2015 13:35]



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Mi è sembrato di vedere due bambini litigare...
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"Basileus Basileon, Basileuon Basileuonton"
"Re dei Re, Regnante dei Regnanti"
"Βασιλεύς Βασιλέων, Βασιλεύων Βασιλευόντων"

"Non c'è un cristiano, qui, disposto a prendersi la mia testa?"
-Costantino XI Paleologo, poco prima di spirare

"Un Costantino la fondò, un Costantino la perse ed un Costantino la riprenderà."
-Detto della Prima Guerra Mondiale su Instanbul
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Lo so, dovevo però spiegare come mai Portogallo e Aragona non sono alleate. In più fai conto che sono re, sono abituati a farsi obbedire, adulati e mai contrariati. Sono dei bambini troppo cresciuti che reggono (reggevano) il mondo...



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L'ho apprezzato, tranquillo
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Incursione notturna
1171 Santarem, riva del Tago
I due Jinete portoghesi passeggiavano lungo la riva del Tago, erano la pattuglia più lontana dal ponte di Santarem. L'esercito, guidato da Salvador Henriques era accampato a qulche chilometro di distanza, su una piccola collinetta. Aveva dislocato due compagnie di jinete, quattrocento soldati in tutto, vicino al ponte e lungo la riva per scongiurare attacchi notturni e per aver il tempo di richiamare l'altra metà dell'esercito, schierata a difendere il guado di Almourol. Avevano appena iniziato il turno, sostituendo due commilitoni. Alla luce delle torce l'acqua placida del Tago sembrava quasi inchiostro, nerissima, e immota. Un rumore vicino alla riva li fece voltare. Sistemarono il giavellotto in posizione di tiro e uno dei due avanzò per controllare, lasciando l'altro poco più indietro, pronto a correre al fuoco di segnalazione. Il primo jinete mosse l'erba della riva, controllò i cespugli, ma nulla indicava la presenza di una forza ostile. Si girò di scatto quando sentì un suono umido alle sue spalle, il compagno tossì due volte, rivoli di sangue che scorrevano ai lati della bocca, prima di crollare sulla polvere della stradina. Senza capire cosa fosse successo, corse verso il compagno, lo girò e trovò un pugnale da lancio conficcato nella gola del commilitone. Ancora troppo scioccato per gridare sentì un lieve fruscio alle sue spalle, si girò giusto il tempo per vedere la lama di un sottilissimo pugnale correre verso la sua gola. L'impatto lo fece barcollare, mentre il sangue che sgorgava copioso dalle carotidi recise gorgogliò in gola soffocandone l'urlo. L'ultima immagine che ebbe prima di spirare fu quella di un sorridente hashasin, stivali in cuoio, comode braghe larghe, camicia di seta, tutto in nero, che lo fissava mentre moriva: "la tua morte si chiama Abdu'llah".
L'assassino ripose lo stiletto nella cintura, estrasse l'altro pugnale dalla gola del primo jinete ucciso e, prima di spegnere le due torce, ne fece ondeggiare cinque volte una, poi si acquattò nell'oscurità ad aspettare. L'attesa durò poco, con uno sciacquio dieci mudejar uscirono dall'acqua, nudi, armati solo di coltello. L'ultimo reggeva una lunga fune che utilizzò per tirare un rudimentale canotto che conteneva armature e balestre. L'assassino disse al capo dei mudejar: "hanno appena cambiato la guardia, abbiamo alcune ore per liberare la riva, andiamo". Si mossero in perfetto silenzio, seguendo la guida dell'assassino. Giunsero così a una piccola tenda, dove erano accampati una decina di jinete: quattro fuori a fare la guardia e gli altri dentro a dormire. Altri due Jinete controllavano i cavalli impastoiati e un grosso mucchio di legna secca, il fuoco di segnalazione. Abdu'llah fece disporre i mudejar, con le balestre cariche davanti alla tenda, eppena fuori dal cerchio di luce del piccolo fuoco da campo, poi si incamminò verso le due sentinelle più esterne.
Il capitano dei mudejar, Adem, dovette aspettare meno di cinque minuti, poi, ai margini del cerchio di luce, vide apparire un figura in nero, avvolta da un manto di oscurità che sembrava gocciolare dalla sua silouette, come restia ad abbandonare l'assassino e cedere alla luce. Si riscosse dalla contemplazione solo quando questi fece un gesto con la mano, allora sussurrò un ordine e dieci balestre scattarono di schianto falciando gli uomini seduti attorno al fuoco. Poi buttò a terra l'arma scarica, estrasse la spada e si lanciò nella tenda. Qui i soldati portoghesi si erano appena svegliati quando le lame moresche li falcidiarono tutti.
Adem diede rapidamente l'ordine di spogliare e nascondere i cadaveri, mentre quattro dei suoi mudejar prendevano posto davnti alla tenda vestiti da jinete, cercò con lo sguardo l'assassino, ma questi era sparito. Prese con sè gli altri soldati e si appostò nel sottobosco. Dopo un quarto d'ora apparve una pattuglia formata da una decina di jinete, venuta a fare il giro di tutti i posti di guardia. "Venite sergente, prendete un goccio di vino, ne abbiamo in quantità, generoso dono del capitano per scaldarci durante la notte" disse il soldato più vicino offrendo un otre.  I mudejar erano tutti mercenari spagnoli, inoltre gli elmetti nascondevano parte del viso, quindi l'ufficiale dei jinete non sospettò nulla e smontò di sella assieme ai suoi uomini: "Va bene, un goccio, purchè non vi ubriacate, non potete sapere quanto è lontano il nemico..." Appena terminata la frase guardò meglio il soldato, notando le macchie di sangue sull'armatura. "Ma che diav...". Non riuscì a terminare la frase: lo scatto di quattro balestre da cavalleria troncò la frase a metà. Il sergente fece per estrarre la spada ma si trovò la lama di un lungo pugnale appoggiata alla gola, retta da uno sconosciuto vestito di nero fuoriuscito dalla tenda. Subito dopo udì altri sei schiocchi, poi un gruppo di soldati si abbattè sui jinete e li uccise tutti. Lo sconosciuto gettò a terra un pesante sacchettino e parlò in perfetto portoghese, con liave accento arabo: "Scegli: oro o acciaio. Sei pronto a tradire i tuoi compagni?"
                                                                     ----------------------------------------------------------------------------------
Il capitano Jardim guardava inquieto in direzione del ponte, facendo scorrere lo sguardo lungo le due rive del Tago. Aveva acquartierato una compagnia di jinete in quella fattoria, dotata di mura e di una alta torre sopra la struttura principale, mentre l'altra compagnia era dislocata in numerosi picchetti lungo le due rive. Sentiva una strana inquietudine corrergli lungo il corpo, senza riuscire a capire cosa potesse essere. Appena sveglio qualcosa aveva colpito il suo sguardo ma era subito sfuggito alla sua memoria, da mezz'ora stava cercando di capire cose fosse. Poi venne l'improvvisa folgorazione: i fuochi da campo dei picchetti arretrati erano accesi, ma le torce dei picchetti avanzati erano scomparse! Fa che non sia troppo tardi, pensò sconvolto. Poi corse verso la torre di segnalazione, ma, la presenza dell'ufficiale addetto all'accensione del falò, riverso sulle scale con la gola tagliata gli fece capire che erano le troppo tardi e un quarto. Con la coda dell'occhio vide sbucare dall'oscurità un nutrito drappello di cavalleria pesante, gli zoccoli dei cavalli fasciati, mentre attorno alle mura si levò un grido di guerra e decine di fanti nemici si lanciarono all'assalto. Jardim capì all'istante che il ponte era perduto e che l'esercito nemico aveva attraversato il fiume, volò alle stalle, urlando a tutti i soldati che incontrava di seguirlo, sellarono in fretta i cavalli e si fiondarono verso il tratto di muratura rivolto a est. Fece rimuovere i puntelli che trattenevano il tratto di muratura indebolito e questi crollò nella polvere. I trenta jinete che erano riusciti a sellare i cavalli uscirono al galoppo da quel buco e si trovarono contro solo un gruppo di halqa. Questi erano troppo lontano per tappare il buco, perciò formarono un muro di scudi verso i cavalieri e li guardarono sfilare nell'oscurità.
Jardim era certo di essere riuscito a scappare, nessun cavaliere pesante avrebbe mai raggiunto gli agili jinete, quando un raffica di dardi di balestra si abbattè sulle loro fila. Tra grida di dolore e i nitriti spaventati dei cavalli urlò ai suoi soldati di scappare, ma un pesante dardo lo colpì al braccio e un altro alla gamba, inchiodandola alla sella. Il cavallo crollò a terra colpito a morte da parecchi verrettoni e l'ufficiale, prima di svenire vide tutti i suoi soldati a terra, morti o morenti e un nutrito gruppo di mudejar avanzare al trotto verso di lui. 
[Modificato da RatMat 29/08/2015 14:57]



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Il prigioniero
Il capitano Jardim si risvegliò su un rozzo tavolaccio di legno, in un'ambiente chiuso, la volta del soffitto a botte. Riconobbe le cantine della fattoria dove aveva aquartierato i jinete. Si alzò sui gomiti e subito cadde disteso, il braccio sinistro dal gomito in giù, dove era stato colpito dalla quadrella, era insensibile. Controllo la coscia e vide che era stata già medicata. Un gruppo di medici arabi stava sistemando le ferite di alcuni soldati, curavano indistintamente jinete e truppe dei mori. La cosa lo stupì, nell'esercito portoghese i prigionieri nemici venivano uccisi senza troppe storie. Vide i medici portare dietro una pesante tenda di cuoio un soldato in condizioni gravissime: un'ampia ferita attraversava tutto l'addome. I lamenti del ferito cessarono all'istante. I medici ne uscirono poco dopo e vennero verso di lui: "Senti niente? Muovi la mano sinistra. Niente? Le dita almeno?" dissero mentre maneggiavano il suo arto. Poi presero un piccolo pugnale e l'affondarono nella mano, ma Jardim non avvertì nulla. "Bisogna amputare, il nervo è morto. Bevi questo." Troppo stordito per reagire Jardim bevve, vomitò succhi gastrici misto a residui della cena della sera prima e crollò nelle tenebre.
                                                                                   -----------------------------------------------------------
Si svegliò che era già mattino, in un piccolo recinto all'esterno della fattoria, guardato a vista da un gruppo di azzagajah, giavellottisti leggeri. Si voltò verso i suoi jinete, prigionieri come lui, ne erano sopravissuti circa la metà. Vide le espressioni attonite, tutti cercavano di evitare il suo sguardo, all'inizio pensò per la vergogna della sconfitta, poi capì. Erano sguardi di pena: il braccio sinistro al di sotto del gomito era scomparso. Tutti cercavano di capire cosa fosse successo, cosa ne sarebbe stato di loro. Parlando coi compagni aveva capito che fine avevano fatto i picchetti dell'altgra compagnia: tutti morti. Un gruppo di incursori mori avevano ucciso la pattuglia di controllo e ne avevano preso il posto, così erano riusciti ad avvicinare e ad uccidere tutti i picchetti senza farsi scoprire. All'improvviso tutta la fattoria si era animata di urla di giubilo e tutti avevano voltato le teste verso est. Dalla vallata era emersa l'armata moresca, in tutto il suo splendore: in testa il generale, seguito dai guerrieri cristiani, i mustarib, poi halqa e shira, per ultimi gli arcieri gallesi e i mudejar appiedati. Infine apparve un numeroso gruppo di feriti e i prigionieri, guardati a vista da due compagnie di mudejar a cavallo. Tutte le unità mostravano i segni del combattimento sulle corazze.
I feriti vennero convogliati verso la fattoria, per ricevere cure, i prigionieri stipati nei recinti all'esterno e l'esercito si accampò lì intorno. Nel recinto dei jinete vennero buttati dentro un grosso gruppo di soldati, comites, a seguito di un nobile, un figlio cadetto della casata Alameida. Questi raccontò come si era svolta la battaglia: le sentinelle avevano avvistato l'esercito nemico, avevano svegliato tutti. Lui era corso nella tenda del comandante, Salvador Henriques, ma l'aveva trovato morto. Qualcuno si era introdotto nell'accampamento e avava infilato un lungo e sottile pugnale nella nuca del comandante. Lui era stato il primo a riprendersi dalla sorpresa e aveva schierato l'esercito sulla collina: davanti i tiratori, venatores, palvesari, saggittarii e mudejar. Dietro la fanteria, con i gli homines domini sull'ala sinistra i lancieri, apellodos e miliziani, al centro alla destra, e infine la cavalleria: due compagnie di caballeros, la guardie dei comites domini, sull'ala destra una compagnia di jinete.
Solo che i mori avevano caricato in salita con la cavalleria pesante e avevano letteralmente sbriciolato la sua ala sinistra: tiratori e homines domini erano caduti come mosche. Per prevenire altre cariche aveva portato avanti i suoi cavalieri e aveva caricato la fanteria nemica, mentre il resto del''esercito sarebbe avanzato alle sue spalle. La cavalleria si era però trovata presa tra i lancieri e i cavalieri dei mori ed era andata in rotta. Poi la fanteria moresca aveva caricato quella portoghese e l'aveva messa rapidamente in rotta.
In quel momento i prigionieri videro vanzare un gruppo di cavalieri pesanti, con armature e armi diverse, a tradire la composizione eterogenea delle guardie del generale. Un uomo riccamente vestito, con un'armatura lamellare di ottima fattura e un lunga scimitarra al fianco si avvicinò ai prigionieri. Jardem vide l'armatura danneggiata e schizzata di sangue e l'espressione stanca sul viso, in più aveva un'aria dispiaciuta, come se deprecasse il massacro che aveva appena compiuto. "Sono Abu Has Umar Al-Hargai amir al-jujush degli almohadi. Vorrei parlare col capitano dei jinetes che sorvegliavano il fiume." Jardim stupito si fece avanti: "Sono io, capitano Jardim." Il generale fece cenno ai suoi soldati di farlo uscire. "Complimenti, hai organizzato splendidamente i picchetti. E complimenti anche per lo stratagemma del muro indebolito, ti sei creato una via di fuga che nessuno di noi aveva presvisto." Jardim lo fissò incredulo. Non solo non era stato ucciso, era stato curato e gli venivano fatti i complimenti. Visto che il capitano non parlava, Abu Has Umar continuò: "Una mente brillante non va mai sprecata. E noi accogliamo tutti nelle nostre fila, purchè rispetti la disciplina e faccia il proprio mestiere. Sarai libero di adorare il Dio che preferisci, o nessuno, ti chiediamo solo lealtà." Jardim parlò lentamente: "Mi fate un grande onore, ma..." "Niente ma. Non conta se non puoi più combattere perchè hai perso un braccio, i nostri ufficiali devo avere la mente pronta, più del braccio. Dimanticavo, questi sono tuoi, per compensare la perdita" Jardim era ancora più stupefatto, il generale gli aveva porto un sacchetto pieno d'oro, la paga di un anno! "Non sono ancora pronto per questa decisione. Permettemi di accompgnarvi per sei mesi e poi darò la mia risposta."
"Brutto traditore figlio di una cagna schifosa! Non potete accettare, vigliacco. Se avessi una spada ti caverei le budella dall'ano!" Il nobile Almeida era infuriato per la situazione e continuò a sgolarsi in urla e insulti. Il generale estrasse la spada e fece cenno a una delle sue gurdie di tirare fuori il nobile. "Visto che Jardim non può combattere, mi offro come suo campione. Considerate il duello accettato."
Il mawali diede la spada al nobile, il quale la soppessò e si lanciò con un urlo verso il generale. Questi schivò agilmente il colpo e mosse la sua sottile scimitarra aprendo uno squarcio sulla tunica del'avversario, la lama fermata solo dalla spessa cotta di maglia. Il nobile Almeida si girò e iniziò a tirare ampi e brutali fendenti, tutti parati o evitati dall'amir al-jujush. Costui pareva combattere senza sforzo, evitando la pericolosa spada col minimo scarto, senza sprecare una stilla di energia più del necessario. Poi la spada si mosse più rapida di un serpente, con un rapido diagonale dall'alto colpì la coscia sinistra e sul ritorno l'acciaio morse crudelmente i muscoli del braccio armato, appena sotto l'asciella. Subito il braccio perse le forze, la spada crollò nella polvere e la smorfia del nobile, tra stupore e dolore, cambiò in urlo di agonia quando la scimitarra si aprì la strada tra gli anelli della cotta di maglia e sfondò l'addome per poi uscire dalla schiena, tra le scapole. Abu Has Umar impresse un quarto di giro alla spada e estrasse con un solo fluido movimento l'arma. Il nobile si inginocchiò, mentre il sangue usciva a fiotti sempre più deboli dallo squarcio dell'addome, e cadde nella polvere morto.
[Modificato da RatMat 29/08/2015 15:54]



La morte verrà all'improvviso
avrà le tue labbra ed i tuoi occhi
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Complimenti davvero.
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"Non c'è un cristiano, qui, disposto a prendersi la mia testa?"
-Costantino XI Paleologo, poco prima di spirare

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Non continui più? Era interessante :(
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1172 Riachos
Il capitano Jardim si sentiva a disagio con l'armatura pesante degli ufficiali dei mudejan. Sulla cresta c'era una cacofonia di nitriti, grida di morte, rumore metallico dei colpi parati e quello sordo di quelli andati a segno. Il generale portoghese aveva mosso la sua armata verso quella almohade ma non aveva previsto che questa si sarebbe mossa e l'avrebbe affrontato lì. La valle era abbastanza ampia da schierare l'esercito nella sua massima larghezza ma era dominata da due ripide creste su cui le truppe leggere dei due schieramenti stavano combattendo duramente. Su ogni cresta erano presenti jinete e lanceiros portoghesi e una compagnia di mudejar e mezza di jaridah per parte.
Jardim pensò che la situazione stava volgendo a favore degli almohadi: i jinete erano morti o scappati lontano dalla battaglia, i lanceiros erano stati relegati al pendio opposto a quello che dava sulla valle e dovevano combattere in salita. All'improvviso vide un grosso lampo marrone con la punta splendente saettare verso il suo viso e in quell'istante seppe che era morto: un gruppo di lanceiros si era nascosto dietro alcuni cespugli e aveva lanciato i giavellotti. Digrignò i denti e chiuse gli occhi, aspettando il colpo. Sentì un forte rumore sordo e un grido di dolore, ma non  proveniva da lui. Il capitano Adem aveva colpito col proprio scudo il pesante giavellotto che, però, aveva deviato e l'aveva colpito sotto la spalla, sfondando la cotta metallica e lacerando carne e muscoli. Jardim subito sostenne il capitano portandolo fuori dalla mischia: "Perchè?" Adem strinse i denti mentre fitte di dolore si irradiavano dal fianco colpito: "Ora sei uno di noi, non lasciamo nessuno indietro, se possiamo evitarlo. Sei l'unico ufficiale rimasto in vita, prendi tu il comando...".
Jardim non disse una parola, rimontò a cavallo, e guardò la battaglia che si concludeva ora sulla cresta. Le ultime sacche di portoghesi si stavano arrendendo e vide i jaridah smontare da cavallo per tenerli sotto controllo, vide i medici correre sul campo e iniziare a curare tutti indistintamente. Nella valle i due eserciti si fronteggiavano ancora, senza combattere, mentre sull'altra cresta l'ufficiale dei mudejar agitò lo stendardo nel segnale predefinito: la cresta a sud era sua. Chiuse gli occhi e pensò alla promessa fatta all'amir al jujush: avrebbe osservato i metodi dei mudejar, ma mai avrebbe combattuto contro il proprio popolo. Chiuse gli occhi e pensò al suo vecchio esercito, dove avrebbero ucciso i prigionieri e i nemici feriti, mentre ora più di sessanta soldati si ritiravano dalla battaglia per guardare i prigionieri. Pensò al capitano Adem, che aveva rischiato la vita per lui, pensò al suo capofazione, che aveva riscattato solo i ricchi nobili, mentre Abu Has Umar aveva riscattato persino degli azzagajah caduti prigionieri. Pensò a tutto e a niente, aveva la mente piena e vuota. Infine ruppe la promessa.
"Mudejar: in fila per due! Massima ampiezza del fronte. Cominciamo a colpire i portoghesi laggiù!" Urlò con voce stentorea, senza la minima incrinatura che tradisse il suo travagliato stato d'animo.
Intanto, nella valle, vide i fursan mustarib partire alla carica verso le due estremità dell'esercito portoghese, si prendevano l'onore che era stato sempre concesso loro: il primo sangue. Jardim vide un'unità di miliziani esplodere letteralmente davanti alle pesanti lance rinforzate dei mustarib e, subito dopo, sotto di lui vide collassare una grossa compagnia di homines domini, fanteria pesante. Un grido spostò la sua attenzione: un gruppo di lanceri miliziani aveva iniziato a risalire la cresta per intercettarli. Vide anche che i balestrieri mudejar portoghesi si erano spostati nelle retrovie. Lasciò quindi la cresta tagliando al galoppo il ripido pendio, tutti i mudejar lo seguirono, senza smettere di vomitare una tempesta di dardi sullo schieramento nemico. Il pendio era irregolare e cosparso di cespuglio, quindi fece deviare appena la fila dei cavalieri per dare loro modo di compattare le fila e impattarono in piena corsa contro i mudejar. La carica era stata parzialmente vanificata dal terreno irregolare e subito iniziò una mischia furibonda: entrambi avevano lasciato le balestre e combattevano con le spade. Col braccio sinistro mancante si tenne fuori dai combattimenti e osservò il resto dell'esercito nemico: un gruppo di saggittares e venatores avevano puntato gli archi verso di loro, ma titubavano: non volevano colpire i compagni. Jardim vide cadere alcuni dei suoi mudejar, gli arcieri avevano tirato. Ordinò la ritirata sulla cresta, galoppando furiosamente per sfuggire ai tiri degli arcieri, ma i cespugli rallentavano i cavalieri che si salvarono solo grazie alle robuste cotte di maglia. Sulla cresta dove trovò ad aspettarlo un tappeto di lanciari militiani morti e una compagnia di fursan mustarib. Incontrò il comandante sulla cima e si girarono ad osservare il macello nella valle sottostante: l'intera linea portoghese era collassata, in due punti, in corrispondenza dei mustarib appiedati la linea aveva ceduto e si erano formate due grosse sacche di combattenti disposto a semicerchio per evitare l'aggiramento completo. Con un cenno di saluto il comandente dei fursan mustarib partì al galoppo, pronto a caricare il retro dell'esercito portoghese. Lui lo salutò e con un grido belluino lanciò i suoi mudejar a spazzare via le linee di tiratori più arretrate...
[Modificato da RatMat 14/09/2015 00:04]



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Ho avuto degli impegni, tra vacanza a scopo battesimale e lavoro, e non sono riuscito a scrivere. Ho modificato alcune parti del post precedente...



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Casus belli
1175 Toledo
Sagramor si tappò le orecchie e strinse forte i denti per non urlare. Chiuso nel suo alloggio sentiva le atroci grida di dolore della donna echeggiare per tutta la fortezza.
All'improvviso si alzò, terreo in volto, tutta la sua determinazione racchiusa nei suoi occhi e iniziò ad armarsi. Mise la pesante corazza dei comites duci e la sopratunica con le insegne di comandante della guardia personale del principe Ferdinando II di Leon De Borgogna, fratello del rei Sancho. Prese la sacca da viaggio e la riempì con tutti i suoi averi. Per ultimo agganciò alla cintura il suo temibile martello da guerra: la parte anteriore della testa dell'arma non era piatta, era sagomata a fiamma, in modo da sfondare anche le armature più resistenti. Dalla parte opposta si allungava una robusta penna da penetrazione, venti centimetri di solido acciaio, in grado di perforare qualsiasi materiale si fosse messo sulla sua strada.
Raggiunse le scuderie non visto dove prelevò due forti destrieri andalusi, focosi e vogliosi di lanciarsi al galoppo come fulmini.
"Altolà! Nessuno può uscire dalla fortezza!"
Due guardie, due sergentes dell'ordine di calatrava gli sbarrarono la strada. Sagramor si avvicinò reggendo un plico, ne estrasse un foglio di pergamena e lo passò al sergentes alla sua sinistra. Nel passare di mano il foglio cadde a terra e il sergentes si chinò a prenderlo. Nell'attimo in cui lo raccoglieva occhi e orecchie lanciarono grida di allarme squillanti come sirene: il foglio era bianco e udì un rumore di acciaio contro acciaio, seguito da un suono rivoltante, umido e da un gorgogliare . Alzò lo sguardo e vide il compagno crollare a terra vomitando sangue, elmo e cranio sfondati dal pesante martello di Sagramor. Fece appena in tempo ad alzare lo scudo, prima che la pesante arma sfondasse anche il suo cranio. Si salvò la vita ma l'impatto era stato così forte da rompergli il braccio, che perse forza e lasciò cadere lo scudo.
Sconvolto dal dolore riuscì solo a guardare l'arma calare a velocità vertiginosa verso il suo torace. La lunga penna scavò un solco di pura devastazione attraverso cotta di maglia, costole e polmoni del sergentes, fermandosi solo contro la spina dorsale. Il sergentes non riuscì a emettere neanche un grido, i polmoni in fiamme, allagati di sangue, e morì appena la penna venne estratta.
Sagramor si allontanò con calma lungo il sentiero della fortezza e nessuno degli arcieri di guardia sulle mura vide niente di anomalo
-------------------------------
1175 Bataljoz
Sagramor dovette ricorrere a tutto il suo autocontrollo per non spiaccicare col martello da guerra i due mawali che gli bloccavano la strada. Aveva cavalcato giorno e notte per giungere lì a Bataljoz e, nonostante le insegne nemiche addosso, era riuscito a convincere una pattuglia di fursan mudejar, guidata da un ufficiale portoghese senza un braccio, a scortarlo fino a lì. E ora i due non volevano farlo parlare con l'amir al-jujush. Aveva consegnato loro la pergamena di Khaled che lo identificava come agente degli almohadi, ma niente. Finalmente Abu Has Umar accettò di riceverlo.
Jardim guardò Sagramor entrare nelle stanze private del suo comandante, aveva preso in simpatia l'enorme guerriero. Stava per tornare ai suoi soldati quando un grido disumano, carico di dolore e di disperazione lo bloccò. Il grido si tramutò, da dolore prese a esprimere una fortissima collera, una furia sospinta dall'odio. Jardim intuì cosa potesse essere successo quando intese un nome, uno solo: Kulla.
[Modificato da RatMat 14/09/2015 01:10]



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Tradimento od opportinità?
1177 Siviglia Real Alcazar
Khaled girava in tondo come un leone in gabbia, percorreva la circonferenza della torretta come se fosse prigioniero. Nonostante la fantastica vista dei giardini che si godeva dalla torretta il suo umore era nero come la pece. Guardava senza vedere le delicate sfumature arancio rosate che il torrido sole spagnolo disegnava sulle mura, gli alberi ondeggiare al fresco vento della sera, i giochi d'acqua, tutto il via vai di colorati artisti itineranti e di nobili, le evoluzioni in cielo dei pappagalli colorati che abitavano il parco.
Due o tre mesi prima si era reso conto che qualcosa non quadrava, non riusciva più a contattare le spie nella regione di Toledo. La parola tradimento gli rimbalzava da una parte all'altra della mente, batteva le pareti del suo cranio provocando forti emicranie.
Finalmente, tra i pappagalli colorati un movimento attirò il suo sguardo, vide calare un piccione viaggiatore, con una lenta planata e un frullio d'ali si sistemò sul trespolo. Quanto lesse lo lasciò confuso e perplesso. C'era stato tradimento, questo sì, ma per quanto la situazione lo umiliasse, tirò un profondo sospiro di sollievo. Ora avrebbe dovuto aspettare altri cinque giorni, ma almeno la sua testa non era in procinto di abbandonare il suo collo...
-----------------------------
Yussuf sedeva nelle sue stanze private, nell'alcazar, aspettando l'arrivo di Khaled Negli ultimi cinque giorni aveva cercato di parlare con il suo maestro delle spie, ma senza risultati. Tirava fuori le scuse più improbabili, spariva nei labirinti del quartiere tzigano. Ora aveva mandato una squadra di cinque mawali a prelevarlo, anche con la forza se necessario. Doveva assolutamente capire il senso del messaggio degli alleati aragonesi: "Traditori, l'alleanza è infranta." Nient'altro, solo questo. Yussuf sospettava che il motivo per cui lo evitava Khaled fosse legato a questo messaggio.
Finalmente lo vide comparire, scortato dai cinque imponenti guerrieri, vestito della solita ampia tunica sembrava un bambino tra giganti corazzati.
Prima che Yussuf potesse aprire bocca Khaled si inchinò profondamente: "Perdonami amir, ma prima di incontrarti dovevo assolutamente chiarire una questione di fondamentale importanza."
Yussuf lo squadrò severo, gli porse il messaggio degli aragonesi e disse: "Ha forse a che fare con mio fratello Abu Has Umar? Ha portato l'intero esercito al confine castigliano, vicino a Toledo. E non riesco a contattarlo."
Khaled tirò fuori un plico, chiuso dal sigillo dell'amir al-jujush: "Questo è di tuo fratello. Non l'ho aperto ma penso di sapere cosa contenga. Però prima che tu lo apra devo riferirti parecchie cose. Siediti."
Yussuf si sedette su un enorme cuscino imbottito, si fece portare un calice di vin de naranja, prese alcune boccate dal narghilè e attese di ascoltare la storia che avrebbe determinato se avrebbe dovuto scegliere un nuovo maestro delle spie o meno.
Khaled si prese alcuni minuti per riordinare le idee e decise che avrebbe buttato subito tutto in tavola: "Tua nipote Kulla Al-Harghai è morta, il mio miglior agente a Toledo mi ha tradito, quest'ultima ora si chiama nuovamente Tulaytulah perchè è in mano nostra e tuo fratello sta assediando Salamanca. Se non l'ha già presa. Dimenticavo, il rei di Leon, Ferdinando II di Borgogna, è morto."
Yussuf prese un robusto sorso di vino e si mise a fissare il vuoto, cercando di intuire tutte le implicazioni delle notizie portate da Khaled. L'intero scacchiere iberico era ruotato in maniera imprevedibile.
"Raccontami come mai io non ne ho saputo niente fino a ora. E cerca di essere convincente" disse gelido.
"Ricordi Sagramor? Il gigantesco mustarib nero della guardia di tuo padre? Quando il rei castigliano è venuto qui per il funerale l'ho mandato da lui. Per guadagnare la fiducia ha rivelato i piani d'invasione di tuo padre e portato i cadaveri di due miei informatori.
Lui ci ha passato la notizia che Aragona e Portogallo non si erano alleati, oltre a permetterci di sventare parecchie incursioni di banditi castigliani. Era diventato capo delle guardie di Ferdinando II.
Solo che un brutto giorno arriva alla fortezza Kulla, tua nipote, in visita diplomatica. Aveva lo scopo segreto di far tradire qualche nobile castigliano, così da fornirci un casus belli per invadere castiglia senza irritare troppo gli aragonesi. Credo che Sagramor l'abbia presa molto a cuore, non so quanto di preciso.
Fatto sta che di lei si invaghisce un nobile castigliano, gran maestro dell'ordine di Alcantara, forse ricambiata. Dirò il suo nome solo una volta: Gomez Fernandez Barrientos. Tuo fratello ha giurato di cancellare ogni traccia di quest'uomo e di uccidere chiunque dirà a voce alta questo nome.
Lui, però, rivela un sadico, gode nel creare dolore, e la tortura per giorni. Le urla eccheggiano per tutta la fortezza, Sagramor giunge oltre il punto di rottura: mi tradisce e corre a riferire tutto a tuo fratello, il padre di Kulla."
Khaled si interruppe un attimo per prendere un sorso d'acqua e scrutare il volto dell'amir. Questi era immobile come una statua.
Khaled continuò:"Abu Has Umar porta l'esercito al confine sud di Toledo mentre Sagramor devia tutta la rete di spie su di lui.
In pochi mesi il monco, quel capitano portoghese senza un braccio, e Sagramor devastano tutta la parte est della provincia alla guida di quattrocento fursan mudejar. Il rei di Leon non può stare a guardare e parte con quasi tutta la guarnigione per stanare i pericolosi banditi: duecento comites duci, cinquecento cinquanta comites domini e cinquecentocinquanta caballeros. Con un colpo di mano il monco e Sagramor rubano tutti i cavalli al rei.
Così tuo fratello si trova contro solo le guardie del verme a tenere Toledo. La battaglia non ha storia, il verme viene sconfitto e spero per lui sia morto.
Tuo fratello recluta rapidamente dei mercenari e li mette sotto il comando di alcuni muwalladun andalusi. Poi incontra l'esercito di Ferdinando II, che ha recuperato cavalli solo per i comites duci, e lo annienta.
Ora sta assediando Salamanca."
Yussuf si alzò e iniziò a camminare avanti e indietro. "La reazione aragonese? Ci sarà? Dobbiamo temerla?" Khaled alzò le spalle: "Sono impegnati in nord Italia, qui non hanno grandi eserciti. Ora come ora non credo dovremmo temere granchè".
"Dobbiamo approfittare del momento per colpire duro. Cerca Pedro De Guzman e Solomon, aggiornali sulla situazione, stasera riunione. Ora però devo leggere la lettera di mio fratello..."
[Modificato da RatMat 21/09/2015 15:58]



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I caballeros senza cavalli sono diventati espadachines, mentre i comites domini sono ora homines domini
[Modificato da RatMat 17/09/2015 01:28]



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perché la morte mai non muore
"la morte" Faber


cavalieri che in battaglia ignorate la paura
stretta sia la vostra maglia
ben temprata l'armatura
al nemico che vi assalta
siate presti a dar risposta
perché dietro quelle mura vi si attende senza sosta
"fila la lana" Faber
17/09/2015 13:47
 
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Rubare i cavalli? Non credevo si potesse fare :O
A livello di gameplay, il furto dei cavalli come è avvenuto?
--------------------------------------------------------------
"Basileus Basileon, Basileuon Basileuonton"
"Re dei Re, Regnante dei Regnanti"
"Βασιλεύς Βασιλέων, Βασιλεύων Βασιλευόντων"

"Non c'è un cristiano, qui, disposto a prendersi la mia testa?"
-Costantino XI Paleologo, poco prima di spirare

"Un Costantino la fondò, un Costantino la perse ed un Costantino la riprenderà."
-Detto della Prima Guerra Mondiale su Instanbul
17/09/2015 15:07
 
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Niente di che. Ho semplicemente trovato il tipo a spasso tra salamanca e toledo con quattro compagnie di homines domini e quattro di espadacines. Per giustificare il fatto che non stesse difendendo toledo (ricordi i commenti sulla stupidità nella tua aar?) ma fosse a "donnine di facili costumi che praticano forti sconti comitive" ho inventato. Così ho fatto fare bella figura a Jardim e ho spiegato come mai fosse con tutta fanteria. Magari si potessero rubare i cavalli o altre azioni di disturbo del genere...
[Modificato da RatMat 17/09/2015 15:08]



La morte verrà all'improvviso
avrà le tue labbra ed i tuoi occhi
ti coprirà di un velo bianco
addormentandosi al tuo fianco
nell'ozio nel sonno in battaglia
verrà senza darti avvisaglia
la morte va a colpo sicuro
non suona il corno nè il tamburo
[...]
Guerriero che in punta di lancia
dal suolo d'oriente alla francia
di stragi menasti gran vanto
e tra i nemici il lutto e il pianto
di fronte all'estrema nemica
non vale coraggio o fatica
non serve colpirla nel cuore
perché la morte mai non muore
non serve colpirla nel cuore
perché la morte mai non muore
"la morte" Faber


cavalieri che in battaglia ignorate la paura
stretta sia la vostra maglia
ben temprata l'armatura
al nemico che vi assalta
siate presti a dar risposta
perché dietro quelle mura vi si attende senza sosta
"fila la lana" Faber
17/09/2015 15:37
 
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Magari potessimo far smontare le truppe da cavallo...
Ma Med2 di queste cose non ne permette *sigh*
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