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L'impero del Mediterraneo

Ultimo Aggiornamento: 27/09/2015 01:12
29/08/2015 13:15
 
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Città: FORNOVO DI TARO
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Incursione notturna
1171 Santarem, riva del Tago
I due Jinete portoghesi passeggiavano lungo la riva del Tago, erano la pattuglia più lontana dal ponte di Santarem. L'esercito, guidato da Salvador Henriques era accampato a qulche chilometro di distanza, su una piccola collinetta. Aveva dislocato due compagnie di jinete, quattrocento soldati in tutto, vicino al ponte e lungo la riva per scongiurare attacchi notturni e per aver il tempo di richiamare l'altra metà dell'esercito, schierata a difendere il guado di Almourol. Avevano appena iniziato il turno, sostituendo due commilitoni. Alla luce delle torce l'acqua placida del Tago sembrava quasi inchiostro, nerissima, e immota. Un rumore vicino alla riva li fece voltare. Sistemarono il giavellotto in posizione di tiro e uno dei due avanzò per controllare, lasciando l'altro poco più indietro, pronto a correre al fuoco di segnalazione. Il primo jinete mosse l'erba della riva, controllò i cespugli, ma nulla indicava la presenza di una forza ostile. Si girò di scatto quando sentì un suono umido alle sue spalle, il compagno tossì due volte, rivoli di sangue che scorrevano ai lati della bocca, prima di crollare sulla polvere della stradina. Senza capire cosa fosse successo, corse verso il compagno, lo girò e trovò un pugnale da lancio conficcato nella gola del commilitone. Ancora troppo scioccato per gridare sentì un lieve fruscio alle sue spalle, si girò giusto il tempo per vedere la lama di un sottilissimo pugnale correre verso la sua gola. L'impatto lo fece barcollare, mentre il sangue che sgorgava copioso dalle carotidi recise gorgogliò in gola soffocandone l'urlo. L'ultima immagine che ebbe prima di spirare fu quella di un sorridente hashasin, stivali in cuoio, comode braghe larghe, camicia di seta, tutto in nero, che lo fissava mentre moriva: "la tua morte si chiama Abdu'llah".
L'assassino ripose lo stiletto nella cintura, estrasse l'altro pugnale dalla gola del primo jinete ucciso e, prima di spegnere le due torce, ne fece ondeggiare cinque volte una, poi si acquattò nell'oscurità ad aspettare. L'attesa durò poco, con uno sciacquio dieci mudejar uscirono dall'acqua, nudi, armati solo di coltello. L'ultimo reggeva una lunga fune che utilizzò per tirare un rudimentale canotto che conteneva armature e balestre. L'assassino disse al capo dei mudejar: "hanno appena cambiato la guardia, abbiamo alcune ore per liberare la riva, andiamo". Si mossero in perfetto silenzio, seguendo la guida dell'assassino. Giunsero così a una piccola tenda, dove erano accampati una decina di jinete: quattro fuori a fare la guardia e gli altri dentro a dormire. Altri due Jinete controllavano i cavalli impastoiati e un grosso mucchio di legna secca, il fuoco di segnalazione. Abdu'llah fece disporre i mudejar, con le balestre cariche davanti alla tenda, eppena fuori dal cerchio di luce del piccolo fuoco da campo, poi si incamminò verso le due sentinelle più esterne.
Il capitano dei mudejar, Adem, dovette aspettare meno di cinque minuti, poi, ai margini del cerchio di luce, vide apparire un figura in nero, avvolta da un manto di oscurità che sembrava gocciolare dalla sua silouette, come restia ad abbandonare l'assassino e cedere alla luce. Si riscosse dalla contemplazione solo quando questi fece un gesto con la mano, allora sussurrò un ordine e dieci balestre scattarono di schianto falciando gli uomini seduti attorno al fuoco. Poi buttò a terra l'arma scarica, estrasse la spada e si lanciò nella tenda. Qui i soldati portoghesi si erano appena svegliati quando le lame moresche li falcidiarono tutti.
Adem diede rapidamente l'ordine di spogliare e nascondere i cadaveri, mentre quattro dei suoi mudejar prendevano posto davnti alla tenda vestiti da jinete, cercò con lo sguardo l'assassino, ma questi era sparito. Prese con sè gli altri soldati e si appostò nel sottobosco. Dopo un quarto d'ora apparve una pattuglia formata da una decina di jinete, venuta a fare il giro di tutti i posti di guardia. "Venite sergente, prendete un goccio di vino, ne abbiamo in quantità, generoso dono del capitano per scaldarci durante la notte" disse il soldato più vicino offrendo un otre.  I mudejar erano tutti mercenari spagnoli, inoltre gli elmetti nascondevano parte del viso, quindi l'ufficiale dei jinete non sospettò nulla e smontò di sella assieme ai suoi uomini: "Va bene, un goccio, purchè non vi ubriacate, non potete sapere quanto è lontano il nemico..." Appena terminata la frase guardò meglio il soldato, notando le macchie di sangue sull'armatura. "Ma che diav...". Non riuscì a terminare la frase: lo scatto di quattro balestre da cavalleria troncò la frase a metà. Il sergente fece per estrarre la spada ma si trovò la lama di un lungo pugnale appoggiata alla gola, retta da uno sconosciuto vestito di nero fuoriuscito dalla tenda. Subito dopo udì altri sei schiocchi, poi un gruppo di soldati si abbattè sui jinete e li uccise tutti. Lo sconosciuto gettò a terra un pesante sacchettino e parlò in perfetto portoghese, con liave accento arabo: "Scegli: oro o acciaio. Sei pronto a tradire i tuoi compagni?"
                                                                     ----------------------------------------------------------------------------------
Il capitano Jardim guardava inquieto in direzione del ponte, facendo scorrere lo sguardo lungo le due rive del Tago. Aveva acquartierato una compagnia di jinete in quella fattoria, dotata di mura e di una alta torre sopra la struttura principale, mentre l'altra compagnia era dislocata in numerosi picchetti lungo le due rive. Sentiva una strana inquietudine corrergli lungo il corpo, senza riuscire a capire cosa potesse essere. Appena sveglio qualcosa aveva colpito il suo sguardo ma era subito sfuggito alla sua memoria, da mezz'ora stava cercando di capire cose fosse. Poi venne l'improvvisa folgorazione: i fuochi da campo dei picchetti arretrati erano accesi, ma le torce dei picchetti avanzati erano scomparse! Fa che non sia troppo tardi, pensò sconvolto. Poi corse verso la torre di segnalazione, ma, la presenza dell'ufficiale addetto all'accensione del falò, riverso sulle scale con la gola tagliata gli fece capire che erano le troppo tardi e un quarto. Con la coda dell'occhio vide sbucare dall'oscurità un nutrito drappello di cavalleria pesante, gli zoccoli dei cavalli fasciati, mentre attorno alle mura si levò un grido di guerra e decine di fanti nemici si lanciarono all'assalto. Jardim capì all'istante che il ponte era perduto e che l'esercito nemico aveva attraversato il fiume, volò alle stalle, urlando a tutti i soldati che incontrava di seguirlo, sellarono in fretta i cavalli e si fiondarono verso il tratto di muratura rivolto a est. Fece rimuovere i puntelli che trattenevano il tratto di muratura indebolito e questi crollò nella polvere. I trenta jinete che erano riusciti a sellare i cavalli uscirono al galoppo da quel buco e si trovarono contro solo un gruppo di halqa. Questi erano troppo lontano per tappare il buco, perciò formarono un muro di scudi verso i cavalieri e li guardarono sfilare nell'oscurità.
Jardim era certo di essere riuscito a scappare, nessun cavaliere pesante avrebbe mai raggiunto gli agili jinete, quando un raffica di dardi di balestra si abbattè sulle loro fila. Tra grida di dolore e i nitriti spaventati dei cavalli urlò ai suoi soldati di scappare, ma un pesante dardo lo colpì al braccio e un altro alla gamba, inchiodandola alla sella. Il cavallo crollò a terra colpito a morte da parecchi verrettoni e l'ufficiale, prima di svenire vide tutti i suoi soldati a terra, morti o morenti e un nutrito gruppo di mudejar avanzare al trotto verso di lui. 
[Modificato da RatMat 29/08/2015 14:57]



La morte verrà all'improvviso
avrà le tue labbra ed i tuoi occhi
ti coprirà di un velo bianco
addormentandosi al tuo fianco
nell'ozio nel sonno in battaglia
verrà senza darti avvisaglia
la morte va a colpo sicuro
non suona il corno nè il tamburo
[...]
Guerriero che in punta di lancia
dal suolo d'oriente alla francia
di stragi menasti gran vanto
e tra i nemici il lutto e il pianto
di fronte all'estrema nemica
non vale coraggio o fatica
non serve colpirla nel cuore
perché la morte mai non muore
non serve colpirla nel cuore
perché la morte mai non muore
"la morte" Faber


cavalieri che in battaglia ignorate la paura
stretta sia la vostra maglia
ben temprata l'armatura
al nemico che vi assalta
siate presti a dar risposta
perché dietro quelle mura vi si attende senza sosta
"fila la lana" Faber
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