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Medieval 2 Total War
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L'impero del Mediterraneo

Ultimo Aggiornamento: 27/09/2015 01:12
29/08/2015 14:57
 
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Il prigioniero
Il capitano Jardim si risvegliò su un rozzo tavolaccio di legno, in un'ambiente chiuso, la volta del soffitto a botte. Riconobbe le cantine della fattoria dove aveva aquartierato i jinete. Si alzò sui gomiti e subito cadde disteso, il braccio sinistro dal gomito in giù, dove era stato colpito dalla quadrella, era insensibile. Controllo la coscia e vide che era stata già medicata. Un gruppo di medici arabi stava sistemando le ferite di alcuni soldati, curavano indistintamente jinete e truppe dei mori. La cosa lo stupì, nell'esercito portoghese i prigionieri nemici venivano uccisi senza troppe storie. Vide i medici portare dietro una pesante tenda di cuoio un soldato in condizioni gravissime: un'ampia ferita attraversava tutto l'addome. I lamenti del ferito cessarono all'istante. I medici ne uscirono poco dopo e vennero verso di lui: "Senti niente? Muovi la mano sinistra. Niente? Le dita almeno?" dissero mentre maneggiavano il suo arto. Poi presero un piccolo pugnale e l'affondarono nella mano, ma Jardim non avvertì nulla. "Bisogna amputare, il nervo è morto. Bevi questo." Troppo stordito per reagire Jardim bevve, vomitò succhi gastrici misto a residui della cena della sera prima e crollò nelle tenebre.
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Si svegliò che era già mattino, in un piccolo recinto all'esterno della fattoria, guardato a vista da un gruppo di azzagajah, giavellottisti leggeri. Si voltò verso i suoi jinete, prigionieri come lui, ne erano sopravissuti circa la metà. Vide le espressioni attonite, tutti cercavano di evitare il suo sguardo, all'inizio pensò per la vergogna della sconfitta, poi capì. Erano sguardi di pena: il braccio sinistro al di sotto del gomito era scomparso. Tutti cercavano di capire cosa fosse successo, cosa ne sarebbe stato di loro. Parlando coi compagni aveva capito che fine avevano fatto i picchetti dell'altgra compagnia: tutti morti. Un gruppo di incursori mori avevano ucciso la pattuglia di controllo e ne avevano preso il posto, così erano riusciti ad avvicinare e ad uccidere tutti i picchetti senza farsi scoprire. All'improvviso tutta la fattoria si era animata di urla di giubilo e tutti avevano voltato le teste verso est. Dalla vallata era emersa l'armata moresca, in tutto il suo splendore: in testa il generale, seguito dai guerrieri cristiani, i mustarib, poi halqa e shira, per ultimi gli arcieri gallesi e i mudejar appiedati. Infine apparve un numeroso gruppo di feriti e i prigionieri, guardati a vista da due compagnie di mudejar a cavallo. Tutte le unità mostravano i segni del combattimento sulle corazze.
I feriti vennero convogliati verso la fattoria, per ricevere cure, i prigionieri stipati nei recinti all'esterno e l'esercito si accampò lì intorno. Nel recinto dei jinete vennero buttati dentro un grosso gruppo di soldati, comites, a seguito di un nobile, un figlio cadetto della casata Alameida. Questi raccontò come si era svolta la battaglia: le sentinelle avevano avvistato l'esercito nemico, avevano svegliato tutti. Lui era corso nella tenda del comandante, Salvador Henriques, ma l'aveva trovato morto. Qualcuno si era introdotto nell'accampamento e avava infilato un lungo e sottile pugnale nella nuca del comandante. Lui era stato il primo a riprendersi dalla sorpresa e aveva schierato l'esercito sulla collina: davanti i tiratori, venatores, palvesari, saggittarii e mudejar. Dietro la fanteria, con i gli homines domini sull'ala sinistra i lancieri, apellodos e miliziani, al centro alla destra, e infine la cavalleria: due compagnie di caballeros, la guardie dei comites domini, sull'ala destra una compagnia di jinete.
Solo che i mori avevano caricato in salita con la cavalleria pesante e avevano letteralmente sbriciolato la sua ala sinistra: tiratori e homines domini erano caduti come mosche. Per prevenire altre cariche aveva portato avanti i suoi cavalieri e aveva caricato la fanteria nemica, mentre il resto del''esercito sarebbe avanzato alle sue spalle. La cavalleria si era però trovata presa tra i lancieri e i cavalieri dei mori ed era andata in rotta. Poi la fanteria moresca aveva caricato quella portoghese e l'aveva messa rapidamente in rotta.
In quel momento i prigionieri videro vanzare un gruppo di cavalieri pesanti, con armature e armi diverse, a tradire la composizione eterogenea delle guardie del generale. Un uomo riccamente vestito, con un'armatura lamellare di ottima fattura e un lunga scimitarra al fianco si avvicinò ai prigionieri. Jardem vide l'armatura danneggiata e schizzata di sangue e l'espressione stanca sul viso, in più aveva un'aria dispiaciuta, come se deprecasse il massacro che aveva appena compiuto. "Sono Abu Has Umar Al-Hargai amir al-jujush degli almohadi. Vorrei parlare col capitano dei jinetes che sorvegliavano il fiume." Jardim stupito si fece avanti: "Sono io, capitano Jardim." Il generale fece cenno ai suoi soldati di farlo uscire. "Complimenti, hai organizzato splendidamente i picchetti. E complimenti anche per lo stratagemma del muro indebolito, ti sei creato una via di fuga che nessuno di noi aveva presvisto." Jardim lo fissò incredulo. Non solo non era stato ucciso, era stato curato e gli venivano fatti i complimenti. Visto che il capitano non parlava, Abu Has Umar continuò: "Una mente brillante non va mai sprecata. E noi accogliamo tutti nelle nostre fila, purchè rispetti la disciplina e faccia il proprio mestiere. Sarai libero di adorare il Dio che preferisci, o nessuno, ti chiediamo solo lealtà." Jardim parlò lentamente: "Mi fate un grande onore, ma..." "Niente ma. Non conta se non puoi più combattere perchè hai perso un braccio, i nostri ufficiali devo avere la mente pronta, più del braccio. Dimanticavo, questi sono tuoi, per compensare la perdita" Jardim era ancora più stupefatto, il generale gli aveva porto un sacchetto pieno d'oro, la paga di un anno! "Non sono ancora pronto per questa decisione. Permettemi di accompgnarvi per sei mesi e poi darò la mia risposta."
"Brutto traditore figlio di una cagna schifosa! Non potete accettare, vigliacco. Se avessi una spada ti caverei le budella dall'ano!" Il nobile Almeida era infuriato per la situazione e continuò a sgolarsi in urla e insulti. Il generale estrasse la spada e fece cenno a una delle sue gurdie di tirare fuori il nobile. "Visto che Jardim non può combattere, mi offro come suo campione. Considerate il duello accettato."
Il mawali diede la spada al nobile, il quale la soppessò e si lanciò con un urlo verso il generale. Questi schivò agilmente il colpo e mosse la sua sottile scimitarra aprendo uno squarcio sulla tunica del'avversario, la lama fermata solo dalla spessa cotta di maglia. Il nobile Almeida si girò e iniziò a tirare ampi e brutali fendenti, tutti parati o evitati dall'amir al-jujush. Costui pareva combattere senza sforzo, evitando la pericolosa spada col minimo scarto, senza sprecare una stilla di energia più del necessario. Poi la spada si mosse più rapida di un serpente, con un rapido diagonale dall'alto colpì la coscia sinistra e sul ritorno l'acciaio morse crudelmente i muscoli del braccio armato, appena sotto l'asciella. Subito il braccio perse le forze, la spada crollò nella polvere e la smorfia del nobile, tra stupore e dolore, cambiò in urlo di agonia quando la scimitarra si aprì la strada tra gli anelli della cotta di maglia e sfondò l'addome per poi uscire dalla schiena, tra le scapole. Abu Has Umar impresse un quarto di giro alla spada e estrasse con un solo fluido movimento l'arma. Il nobile si inginocchiò, mentre il sangue usciva a fiotti sempre più deboli dallo squarcio dell'addome, e cadde nella polvere morto.
[Modificato da RatMat 29/08/2015 15:54]



La morte verrà all'improvviso
avrà le tue labbra ed i tuoi occhi
ti coprirà di un velo bianco
addormentandosi al tuo fianco
nell'ozio nel sonno in battaglia
verrà senza darti avvisaglia
la morte va a colpo sicuro
non suona il corno nè il tamburo
[...]
Guerriero che in punta di lancia
dal suolo d'oriente alla francia
di stragi menasti gran vanto
e tra i nemici il lutto e il pianto
di fronte all'estrema nemica
non vale coraggio o fatica
non serve colpirla nel cuore
perché la morte mai non muore
non serve colpirla nel cuore
perché la morte mai non muore
"la morte" Faber


cavalieri che in battaglia ignorate la paura
stretta sia la vostra maglia
ben temprata l'armatura
al nemico che vi assalta
siate presti a dar risposta
perché dietro quelle mura vi si attende senza sosta
"fila la lana" Faber
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