Medieval 2 Total War
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Impero Ottomano vs Impero Mamelucco

Ultimo Aggiornamento: 11/07/2012 14:12
19/06/2009 15:22
 
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Principe
Esattamente, gli Azap fungevano da "esca" mentre i giannizzeri in seconda fila organizzavano la trappola.
Gli Ottomani proseguivano la tradizione Achemenide e Sassanide dell'addestramento "a 360°" dell'esercito, ossia tanto i fanti quanto i cavalieri dovevano essere bravi arcieri, bravi fanti e bravi cavalieri, in modo molto più specializzato, disciplinato e professionale di qualsivoglia esercito dell'epoca, conta che stiamo parlando di due battaglie nel 1516 e 1517,

Nei primi secoli i giannizzeri erano esperti arcieri, ma imbracciarono armi da fuoco appena queste divennero disponibili, verso il 1440. Nel combattimento ravvicinato usavano asce e sciabole.


Nel 1330 venne fondato il corpo dei Giannizzeri (Yeni çeri = nuove truppe), che era composto prevalentemente da arcieri appiedati. I Giannizzeri erano giovani dei popoli cristiani conquistati, che venivano addestrati alla disciplina militare e in particolare all’uso dell’arco; equipaggiati con scimitarra e arco, combattevano come fanteria in appoggio alla cavalleria. Da quel momento, probabilmente, la tattica turca cambiò definitivamente: non più arcieri montati, ma grandi masse di ben addestrate e disciplinate fanterie, la cui arma fondamentale restava l’arco. Tale cambiamento spiega, probabilmente la particolare predilezione da parte dei Turchi ottomani per il tiro a distanza. L’arco turco, nel periodo ottomano, infatti, era spesso usato con un semplice attrezzo (siper) che permetteva di scagliare frecce più corte e quindi più veloci. Esso era un’evoluzione di attrezzi similari usati da molti popoli orientali nonché dai Bizantini. Probabilmente lo sviluppo di tale pratica fu dovuto al bisogno di avere un’arma che, nelle mani dei Giannizzeri, fosse capace di dispiegare un grande “tiro di sbarramento”, che poteva colpire il nemico a lunghe distanze.
L'uso delle armi da fuoco da parte dei Giannizzeri ottomani cominciò sul finire del XV secolo, dopo la battaglia del Kossovo del 1448, quando i Turchi si trovarono di fronte i moschetti delle truppe di Giovanni Hunyadi. La conquista di Costantinopoli (1452) segna l'inizio del lento declino dell'arco come arma, rimpiazzato dai primi moschetti. Ma tale processo fu molto lento ed ancora per due secoli le due armi si trovarono fianco a fianco negli eserciti ottomani, e nelle miniature ottomane del XVI e XVII secolo, si può infatti spesso vedere rappresentati moschettieri e arcieri combattere fianco a fianco. Ancora durante il regno di Solimano I (1520-1566) i Giannizzeri continuavano a preferire l’arco ai lenti e pericolosi moschetti, e nel XIV secolo l’arco rimaneva l’arma fondamentale della fanteria turca. La cosa è dimostrata dalla storica sconfitta subita a Lepanto nel 1571.

l'esercito Ottomano di tipo "turco" (preminenza di tiratori leggeri a cavallo e fanteria leggera) era quello sconfitto da Tamerlano (con un esercito tra l'altro analogo) ad Ankara nel 1402. Certamente la nobiltà Selgiuchide componeva i ranghi della cavalleria pesante, ma non è paragonabile con l'adozione estensiva di questa sotto gli Ottomani.
I mamelucchi viceversa non avevano questa visione dell'esercito ma erano un'élite di cavalleria medio-leggera

I suoi cavalieri confidavano soprattutto nell'impeto e nella velocità dei loro cavalli, nella destrezza nell'uso delle armi, sia bianche sia da lancio, che portavano in gran numero sopra di sé e sulle selle dei loro cavalli. La loro arma più temibile rimaneva comunque la sciabola a lama ricurva che, con la sua lama affilata a scalpello, benché leggerissima, riusciva a produrre sul nemico effetti devastanti.


Col termine Mamelucco si indicava uno schiavo reclutato da parte degli Arabi in giovane età soprattutto nelle zone del Caucaso da ove venivano condotti al Cairo. Qui i giovani schiavi venivano accolti in vere e proprie scuole militari dove, dapprima ricevevano un’istruzione basata sulla conoscenza della lingua araba e del Corano, poi venivano sottoposti ad un intenso addestramento militare che si articolava nell’apprendimento dell’uso delle principali armi nonché dell’equitazione. In questo addestramento l’arcieria aveva una parte predominante e molto probabilmente ad essa si dovette la nascita del singolare sistema schiavistico, unico nella storia universale, che portava i suoi componenti dalla condizione di schiavi a quella di regnanti. Infatti, grazie alle abilità acquisite, soprattutto al tiro con l’arco da cavallo, questo corpo di schiavi soldati finì in breve tempo per diventare il principale strumento di guerra dei sultani egiziani; via via acquistarono sempre più importanza all'interno degli stati arabi fino a divenirne i padroni. Le élites militari arabe rimasero sempre legate al proprio tradizionale metodo di combattere basato sul cavallo e sulla lancia, e probabilmente questa fu una delle cause che portò al predominio dei Mamelucchi sulle compagini statali arabe; le memorabili vittorie delle armate mamelucche contro le orde mongole nella seconda metà del XIII secolo, dimostrarono la formidabile potenza dei loro arcieri, che prevalsero proprio su coloro che avevano fatto dell'arciere a cavallo la propria fonte di vittoria in tutta l'Asia. Erano combattenti allevati ed addestrati sin dalla tenera età in maniera organizzata e programmata nelle apposite scuole militari dove, attraverso un duro ed intenso addestramento, apprendevano quell'arte del tiro da cavallo che per i mongoli era un fatto quasi naturale.
La tattica degli arcieri montati mamelucchi era in parte diversa da quella dei Mongoli o degli altri popoli delle steppe asiatiche, Turchi compresi, alla quale si è fatto cenno nella prima parte. Essi combattevano con grande ordine e disciplina dovuti all’intesa pratica di addestramento ricevuta. Si schieravano generalmente su tre linee, che caricavano separatamente proteggendosi a vicenda. Inoltre, usavano anche smontare da cavallo e, riparandosi dietro l’animale, scoccare le proprie frecce.
I sultani mamelucchi che si succedettero sul trono del Cairo svilupparono sempre più le attività legate all’addestramento al tiro con l’arco, che - oltre ad essere insegnato regolarmente nelle caserme mamelucche, attraverso rigidi protocolli di allenamento e sotto la guida di appositi istruttori – si diffuse anche in tutta la società, attraverso l’istituzione di scuole civili, dove semplici cittadini potevano praticare il tiro e cimentarsi anche con i soldati mamelucchi. Infatti, le competizioni che si tenevano in tali luoghi davano ulteriore slancio all’addestramento militare e, vice versa, i soldati erano stimolati a vincere le gare civili.
Un elemento molto importante all’interno delle vicende dell’arcieria mamelucca è costituito da una vasta produzione letteraria di trattati dedicati all’arcieria, facenti parte di una più vasta letteratura detta di furūsiyya (termine traducibile molto approssimativamente con il nostro “cavalleria”, riferito agli aspetti tecnici ed etici della materia militare del tempo). Questi testi avevano, attraverso l’uso dell’arabo, reso accessibile la vasta tradizione arcieristica medio-orientale (in particolare persiana) proprio agli arcieri mamelucchi, che come ricordato, erano soggetti alfabetizzati, in grado quindi di poter leggere e studiare i trattati. Non solo, quindi, i Mamelucchi praticavano intensamente il tiro con l’arco, ma cosa assolutamente impensabile per i loro omologhi occidentali del tempo, erano in grado di studiare ed apprendere grazie alla lettura di quei veri e propri manuali, ricchi di indicazioni sia sulla costruzione sia sull’uso dell’arco composito.
Il periodo di massimo splendore dell’arciera mamelucca fu raggiunto sotto il sultanato di Bayrbas (1260-1277), detto al-Bunduqari (il balestriere), l’eroe mamelucco che aveva guidato la vittoria di Ain Jalut e la riconquista dei regni crociati. Egli stesso praticava ogni giorno il tiro dal pomeriggio fino al tramonto, prendendo parte personalmente anche a competizioni e ordinava ai suoi soldati di costruirsi da soli le frecce in modo da approfondire meglio la conoscenza del funzionamento del sistema arco-freccia.
Al contrario, durante il regno del sultano al-Nasir Muhammad Qalawun (1293-1341), l’arcieria conobbe un periodo di declino. Egli, e suo figlio dopo di lui, perseguitarono l’élite mamelucca e conseguentemente tutto ciò che era legato al tiro con l’arco, temendo l’opposizione di questa al proprio regno. Egli promulgò misure atte a sopprimere la pratica e le competizioni di tiro sia tra i soldati sia tra i civili, arrivando ad ordinare la distruzione dei laboratori dove si costruivano le frecce per le gare. Le fortune dell’arcieria furono però ristabilite dalla dinastia circasso-mamelucca che regnò in Egitto dal 1328 fino agli inizi del XVI secolo. Gli arcieri montati mamelucchi rimasero il nerbo dell’esercito del sultanato fino allo scontro finale con gli Ottomani. Nel 1516, le forze mamelucche del sultano Kansahw al-Ghawri furono sconfitte dai Turchi ottomani, che usavano già le armi da fuoco, nella grande battaglia di Mardj Dabik.





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Κωνσταντίνος ΙΑ’ Δραγάσης Παλαιολόγος,
Xρoνoκράτoρ και Koσμoκράτoρ
Ελέω Θεού Βασιλευς και Αυτοκράτορ των Ρωμαίων.





"Ci sono quattro grandi cause per cui vale la pena di morire: la Fede, la Patria, la Famiglia ed il Basileus. Ora voi dovete essere pronti a sacrificare la propria vita per queste cose, come d'altronde anch'io sono pronto al sacrifico della mia stessa vita.
So che l'ora è giunta, che il nemico della nostra fede ci minaccia con ogni mezzo...Affido a voi, al vostro valore, questa splendida e celebre città, patria nostra, regina d'ogni altra.
Miei signori, miei fratelli, miei figli, l'ultimo onore dei Cristiani è nelle nostre mani."

"Ed allora questo principe, degno dell'immortalità, si tolse le insegne imperiali e le gettò via e, come se fosse un semplice privato, con la spada in pugno si gettò nella mischia. Mentre combatteva valorosamente per non morire invendicato, fu infine ucciso e confuse il proprio corpo regale con le rovine della città e la caduta del suo regno.
Il mio signore e imperatore, di felice memoria, il signore Costantino, cadde ucciso, mentre io mi trovavo in quel momento non vicino a lui, ma in altra parte della città, per ordine suo, per compiervi un'ispezione: ahimè ahimè!."

"La sede dell'Impero Romano è Costantinopoli e colui che è e rimane Imperatore dei Romani è anche l'Imperatore di tutta la Terra."

"Re, io mi desterò dal mio sonno marmoreo,
E dal mio sepolcro mistico io ritornerò
Per spalancare la murata porta d'Oro;
E, vittorioso sopra i Califfi e gli Zar,
Dopo averli ricacciati oltre l'Albero della Mela Rossa,
Cercherò riposo sui miei antichi confini."

"Un Costantino la fondò, un Costantino la perse ed un Costantino la riprenderà”


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