Erlendr, 28/07/2013 15:29:
Al trentesimo turno, ho ceduto Ragusa ai Magiari e Ancona al papa per non trovarmi a confinare con Bisanzio e i Normanni di Sicilia
E' ovvio che questa cosa renda molto più semplice la campagna: chi usa questo trucchetto, che difatti è surreale e rovina l'atmosfera (è come se gli aragonesi concedessero ai portoghesi le citta confinanti con i mori per non dover più avere a che fare con questi per un po di tempo...ma voi la immaginate una cosa simile nella realtà?), crea dei momenti di calma "artificiale" che invece non hanno i giocatori che si rifiutano di adottare delle misure del genere e preferiscono una campagna più immersiva e REALISTICA...
è vero, ma spesso si usa la cessione dei territori anche per migliorare le relazioni. in molte occasioni senza questa possibilità per molti giocatori sarebbe davvero dura.
Il confine fra "trucchetto" e "strategia" è così labile che potrebbe essere spezzato dal semplice parlarci intorno. La questione del "realismo", invece, è più complessa e permette argomentazioni più robuste e varie.
Dunque, può essere ritenuta realistica una campagna in cui, allo scoccare del 30esimo turno, tutte le superpotenze con cui confini ti piombano addosso col solo intento di violentare te e le tue donne? Avveniva (e avviene) davvero questo nella realtà effettuale?
Certo è che, nel periodo storico da noi considerato - ma è stato così sia nei secoli precedenti che negli altri che ad esso sono seguiti - le linee di frontiera non avevano né la solidità né il grado di defeinizione cui siamo abituati oggi. A meno di alleanze e di trattati - ma nemmeno questi a volte bastavano - due nazioni confinanti erano perennemente in contrasto fra di loro per mezzo di continue scaramucce lungo la "frontiera". In un certo senso, era come se ci fosse sempre una guerra in corso, soltanto con la non trascurabile differenza del numero di uomini impiegati in tali circostanze, il quale, in una guerra di conquista vera e propria, era notevolmente superiore. Romani e Parti prima, Bizantini e Persiani poi, si sono ammazzati costantemente lungo i loro confini per secoli e secoli; eppure, quante guerre su larga scala hanno condotto?
Ora, è giusto dire che crearsi dei territori cuscinetto per non confinare col nemico è una pratica che non trova alcuna formulazione teorica in nessun trattato della guerra - mio dio, forse c'è davvero e non l'ho mai letto - ma è anche giusto dire che una nazione non soleva ritrovarsi in guerra con tutti i suoi vicini CONTEMPORANEAMENTE e MASSICCIAMENTE, che è proprio quanto accade in Bellum Crucis se non si sono stipulate solide alleanze. E come farle, queste alleanze? Certo coi matrimoni dinastici, certo coi bisanti o scoraggiando gli altri con la forza militare. Peccato che i primi siano pressoché impossibili nei primi turni (dipende anche dalla fazione, eh!) e che gli altri due siano PRATICAMENTE impossibili. Cosa resta allora la giocatore umano che ha scelto di giocare a estremo/estremo con i Turchi (autobiografico...
) e che al 34esimo turno è militarmente più debole del papa? Gli resta cedere Ani agli Abbasidi e poi riempirli di bisanti per quanto gli è possibile e cedere Antiochia al Norandino e poi aiutarlo a distanza contro i Franchi. Nel frattempo tiene a bada i Bizantini con un esercito di media qualità.
In Bellum Crucis non è possibile ricreare la "frontiera fluida" perché l'AI, quando decide di attaccarti, lo fa mandandoti contro tutte le sue armate, certo una per volta, ma nei primi turni una soltanto è più che sufficiente.
Credo che le possibilità diplomatiche - che per qualcuno potrebbero essere "scappatoie" - siano l'aspetto più intrigante del gioco. Non sono facilmente assimilabili ma, capito un po' come funziona, permettono al giocatore di sfruttare le varie possibilità che lo scenario sovranazionale concede, avendo inoltre la sensazione di combattere una guerra fatta anche di politica e di ambasciatori. Ritornando all'autobiografia: sono riuscito ad isolare diplomaticamente i Bizantini alleandomi, oltre ai già citati Atabeg e Califfato, con i Magiari per via dinastica e con i Cumani (anche in previsione di un conflitto contro i Georgiani) sfuttando i 4/10 di relazioni di inizio gioco (ripeto: ho scelto estremo/estremo). Siamo tutti in guerra contro Bisanzio - qualcuno ha indetto una jihad su Costantinopoli per la quale sono partiti solo gli Abbasidi: i Siriani sono rimasti bloccati mentre io ho declianto l'offerta. Insomma, mi è andata bene: ho sfruttato la situazione. E adesso, anche se militarmente sono il più debole al mondo, posso, seppur molto lentamente, volgermi alla conquista dei territori romei tenendo sempre d'occhio la situazione lungo i confini orientali e, soprattutto, la finestra delle relazioni diplomatiche.
Ritornando alla questione del "realismo", ci sarebbe un'altra riflessione da fare: quanto può essere considerata realistica una campagna in cui, giunti a un certo punto, ci si può permettere di reclutare un numero di cavalleria pesante d'élite tanto vasto da poterne schierare addirittura una intera armata? E' accaduto davvero nella realtà effettuale? No, non è accaduto, in considerazione del fatto che su un esercito dell'Europa occidentale di 7-8mila unità il numero di "uomini d'arme" (i cavalieri pesanti veri e propri; le restanti erano cavalcature di minore qualità) raramente superava i 300 cavalli - dio, potrei anche sbaglarmi (ma non di molto) e, caso mai ce ne fosse bisogno, potrei andare a recuperare i miei testi di storia medievale -.
Bellum Crucis è un gioco, e quando si parla di un gioco l'aggettivo "realistico" deve necessariamente essere accompagnato da un avverbio che ne specifichi il grado di consistenza: molto, poco, abbastanza, o da una locuzione che ne indichi anche il livello di partecipazione emotiva: per nulla, per di più, incredibilmente.
Bellum Crucis è un gioco che mi appassiona da anni, ed ora che ho "scoperto" l'ultimo livello di difficoltà ho trovato nuovi stimoli per continuare a dedicargli tempo. Esso è frutto di un mastodontico lavoro da parte di coloro che l'hanno ideato e realizzato e che costantemente se ne prendono cura. Ma un gioco senza nessuno che lo giochi è puro nulla, ed ogni giocatore, per quanto poco strutturato, banale o ridondante possa essere il suo contributo, può - e talvolta deve - esprimere il suo pensiero nel tentativo di migliorare ulteriormente la creatura che pulsa sotto il monitor, giustificandolo anche - e soprattutto - se non possiede le nozioni tecniche per capire effettivamente se quanto va proponendo sia fattibile oppure assoluta fantascienza.
Spesso, durante i caricamenti, scorrono alcuni pensieri di Francesco Guicciardini. Ebbene, nella sua opera più studiata e controversa, i
Ricordi, egli afferma che il miglioramento è possibile soltanto per mezzo del confronto fra due opinioni strutturalmente definite ma contrastanti. Tenendo conto del contesto in cui esse sono formulate, della qualità delle persone che le formulano e dell'obiettivo al quale la loro formulazione tende, vince quella che offre l'argomentazione più resistente.
Spesso quello che creiamo raggiunge gli altri secondo modi che non ci saremmo minimamente aspettati, portandoli a formulare giudizi diamentralmente opposti a quelle che erano le nostre reali motivazioni. Ci sembra di non essere capiti, che nessuno si renda conto del perché abbiamo fatto quella cosa. La verità è che così funziona il mondo. Prima lo si accetta, prima si impara ad agire in conformità.
E' così che va con la scrittura e la cultura in genere.
Se chiedo ad un mio amico cosa ne pensa della mia ultima prosa breve, qualora lui mi rivolgesse un commento scarno, superficiale ed anche negativo, non potrei bacchettarlo rimproverandogli il suo mancato riconoscimento delle tecniche postmoderniste o della teoria della risonazna morfica, perché, se lo facessi, verrebbe meno quel principio fondamentale che sancisce la sacrosanta difformità di vedute e di giudizi. Ascoltatolo, se lui volesse, gli parlerei delle teorie sulla ciclicità del tempo nella mitologia arcaica o nei libri di McCarthy per mostrargli anche il mio punto di vista. Se continuasse nel suo giudizio poco lusinghiero, gli direi - seppur con l'autostima un po' incrinata - ok, dài, andiamo a prenderci un caffè, offro io.
La cultura, anche quando è cultura tecnica di un modder, deve essere condivisione, mai privilegio. E chi possiede conoscenze non deve mai usare quelle stesse come giustificazione per la sua condizione superiore in un determinato campo di sapere. Non posso chiedere ad un mio alunno un parere su Edgar Allan Poe e poi dirgli che non ha le giuste conoscenze se il suo giudizio mi sembra molto scarso. Verrebbe meno la mia funzione di docente.
Tutto questo per dire che il concetto di "Realismo", nato nella mente di un creatore, può assumere forme così lontane da quelle che per esso si erano immaginate da spingere a considerarlo altra cosa, a ritenerlo in un certo senso sbagliato. Ma ripeto: giusto e sbagliato non esistono di per sé, esiste l'argomentazione più convincente.
Vi chiedo immensamente scusa per l'eccessiva lunghezza del discorso e, ringraziandovi per l'attenzione, rinnovo la mia critica e pura ammirazione per lo staff di Bellum Crucis.
Sisto