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Capitolo 1
Tutte le strade portano a Costantinopoli

Estate, 5 luglio 1155

Manuele stava vicino alla finestra a contemplare le vie della città.
Era ormai sera e del Sole non rimanevano che fiochi bagliori in lontananza. A Manuele piaceva molto la sera estiva, che arrivava a dare sollievo alla calura del giorno.
Di solito amava stare per i fatti suoi ad osservare l'accendersi dei fuochi e delle torce nei dintorni del palazzo, ma quella sera non avrebbe potuto.
Difatti egli aveva chiamato a raccolta i principali nobili delle varie casate romee, per discutere dei piani per il futuro di un impero ormai indebolito. Erano ormai passati 84 anni da quando Romano IV Diogene è stato sconfitto a Manzicerta, e da quando Manuele seppe che sarebbe diventato basileus, aveva coltivato il sogno di riportare agli antichi fasti l'Impero Romeo. Ma aveva anche riflettuto su quanto poteva essere rischioso questo passo. L'ormai Sultanato di Rum aveva in pugno parte della penisola Anatolica, sulle coste della Siria si erano insediati i Crociati mandati dal papa, Il califfato Abbaside controllava i suoi ormai storici possedimenti di sempre; e in mezzo a questi ultimi stava l'Atabeg Siriano.
Sarebbe stata una bella gatta da pelare, ma con un po' di coraggio, fede e fortuna, tutto sarebbe andato per il meglio.
Finalmente, i nobili arrivarono. Gli Angelo-Ducas, i Paleologi, i Briennio, Andronico Contostefano e Giovanni Arbanteno, dopo aver fatto le dovute riverenze a Manuele, si sedettero al grande tavolo rotondo al centro della stanza. Poco dopo, Manuele chiamò un servitore per avvisare i membri della sua famiglia, già pervenuti al palazzo(i Comneno) dell'arrivo degli ospiti.
-Signori nobili- iniziò a parlare Manuele, - siamo oggi qui riuniti per discutere del futuro di questo regno. Non possiamo più fingere un una realtà utopistica. Siamo confinanti con Califfati e Sultanati vari in Anatolia, la cosiddetta "Terrasanta", è caduta in mano a quegli sciocchi paesani che gli europei chiamano "Crociati". Sappiamo benissimo cosa quei rozzi porci hanno fatto alla nostra amata capitale. Tuttavia, tra quei maiali ci sono comunque dei guerrieri giusti e forti, devo dargliene atto. Ma sto divagando. Tornando al discorso principale, dicevo che siamo circondati da regni che ci odiano, le nostre città sono povere e alcune non hanno nemmeno dei mulini nelle campagne, molti non hanno porti o moli, e il nostro esercito è formato da sciocchi contadinotti che non possono tenere una linea per più di 10 secondi prima di scappare in preda al panico. Signori, vi ho convocato qui per cambiare la situazione. Ho deciso che dobbiamo riprenderci ciò che è nostro di diritto. Debelleremo i Selgiuchidi ri Rum.-
Un mormorio confuso di levò dai nobili, increduli per l'affermazione appena pronunciata dalle corde vocali dell'autocrate.
Una voce si levò dal coro. Tale voce fu quella di Costantino Paleologo.
-Ma, mio signore, hai appena detto che il nostro esercito non è adatto a...-
-Esatto, l'ho detto, ma non ho detto che andremo a combattere i musulmani con dei cafoni. Lungi da me. Utilizzeremo i soldati della Pronoia. Abbiamo dei kontophoroi, skoutatoi, kavallaroi, e perfino la nostra più temibile arma, la Guardia. Quei vermi vestiti di stracci non potranno niente contro le letali asce dei guerrieri nordici.-
-Ma come faremo a finanziare un esercito di invasione, quando di campi coltivati non se ne vede l'ombra? Non abbiamo accordi commerciali con nessuno, la Repubblica di Venezia (siano dannati) ci ha soppiantati nel controllo dei mari! Questo piano è da pazzi visionari!-
-COSTANTINO! Come osi rivolgerti così al tuo imperatore?!!?? Non sono uno sprovveduto, ho pensato a tutto nei minimi dettagli, mi aspetto solo che voi li mettiate in pratica! Bada bene al tuo temperamento, oppure ti faccio rinchiudere nelle segrete.-
Un silenzio tombale calò nella stanza. Entrò una serva, che annunciò l'arrivo dell'ambasciatore di corte, tale Andronico Angelo.
-Mio signore, ho stipulato l'alleanza con il Regno di Georgia, come richiesto. Ho anche mandato emissari a parlare con le fazioni ortodosse delle steppe, sempre come da ordini.-
-Molto bene, puoi andare nei tuoi appartamenti ora, goditi del meritato riposo.-
-Si, mio signore.-
Detto questo, uscì dalla stanza e si avviò verso i propri alloggi.
Nelle ore seguenti, Manuele illustrò per filo e per segno i dettagli della riforma edilizia, militare e politica.
Assegnò alle varie casate diverse zone dell'Impero, nella seguente suddivisione:
-Anatolia Settentrionale-Paleologi
-Anatolia Meridionale-Angeli-Ducas
-Zone Confinanti Costantinopoli-Comneno
-Grecia-Suddivisa equamente fra le famiglie restanti.


-Direi che possiamo concludere. Potete andare.-
Udite queste parole, i nobili si congedarono, ma Costantino si appartò un attimo di più.
-Mio Imperatore, chiedo umilmente perdono per il mio comportamento grezzo e infantile. Ho, perso le staffe, ma sono solo preoccupato per i miei figli. Noi viviamo nel confine con quei pazzi sanguinari, e Dio solo sa cosa potrebbero fare a due bambini indifesi...-
-Considerati perdonato. Ah, ho una cosa proprio per i tuoi figli.-
Detto ciò, prese da un cassetto due acquile di cuoio e le porse al nobile.
-Erano... i miei giocattoli, o meglio, i nostri giocattoli, intendo quelli miei e dei miei fratelli. Ma credo che a me, come a loro, questi non servano più.-
Costantino lo guardò, quasi sul punto di piangere, lo ringraziò e si congedò.
Chiudendo la porta, Manuele aprì la finestra e prese una boccata d'aria fresca. Dopodichè, pensò ai fratelli e al padre. Con occhi gonfi di orgoglio e lacrime, sussurrò al vento: - Ti renderò fiero di me, Papà.-
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"Basileus Basileon, Basileuon Basileuonton"
"Re dei Re, Regnante dei Regnanti"
"Βασιλεύς Βασιλέων, Βασιλεύων Βασιλευόντων"

"Non c'è un cristiano, qui, disposto a prendersi la mia testa?"
-Costantino XI Paleologo, poco prima di spirare

"Un Costantino la fondò, un Costantino la perse ed un Costantino la riprenderà."
-Detto della Prima Guerra Mondiale su Instanbul