Nell’estate del 1204,
i Mori invasori, diedero inizio all’attacco per debellare i franchi dall’occidente.
Venne comandato l’attacco al forte occidentale dal Generale Nourreddine Amzine.
La superiorità numerica del nemico non era impressionante, ma la potenzialità delle loro truppe scelte, era devastante.
Le nostre solide mura e il nostro coraggio erano le nostre uniche difese.
Avanzava il nemico verso le nostre mura.
Ariete d’assedio e scale, erano le armi con cui gli assedianti ci affrontavano.
Il nostro capitano con i suoi quattro coraggiosi compagni fecero una sortita,( la cavalleria nemica si teneva distante dai dardi scoccati dai nostri balestrieri, ) e sorpresero, caricandoli a più riprese, gli arceri nemici che avevano fatto il giro sul lato occidentale del forte.
Sotto le mura, intanto, le speranze more, di sfondare le porte, svanivano in fumo, I dardi crociati, avevano salvato la porta principale… si infondeva in noi una speranza …appena sussurrata di vittoria.
Il generale Nourreddine ,rabbiosamente, si lanciò al galoppo contro il nostro capitano che, con il suo contingente di eroi, aveva quasi annientato gli arceri mori.
Ma le cavalcature franche, meno pesantemente bardate, si rivelarono inarrivabili per la guardia del generale saraceno, che si disperse lungo il campo attorno al forte.
Il nostro glorioso capitano si avventò come un uragano improvviso sui sopravvissuti arceri mori, annientandoli completamente .
La situazione era ora a nostro vantaggio, la poca fanteria mora era decimata sotto le frecce delle nostre balestre, i cavalieri mori si tenevano lontani dai dardi, solo le scale potevano essere utilizzate.
Noi dal nostro canto avevamo il capitano costretto a rimanere esposto ai nemici e le armi da lancio andavano via via esaurendosi.
Quand’ecco la veloce cavalleria saracena sorprese il nostro amato capitano, che stava continuando l’opera di erosione sui lanceri nemici.
Dopo una breve fuga, caricò improvvisamente, e si batterono.. ooh se si batterono.
Ma il capitano rimase solo e si diede alla fuga, tra lo sgomento e il terrore dei suoi..
Si portò sotto le mura all’ingresso.
Era fermo alle porte, gli occhi sognanti, fissi all’orizzonte, le spalle vigorose ,esposte al nemico.
Non diede il commando per farsi aprire e accettò il suo destino che cavalcava verso di lui ,con il suono cupo, pesante, inevitabile dei cavalieri saraceni, con le grida feroci dei diavoli assalitori che ce lo stavano portando via.
Morì gloriosamente, sotto le mura del forte davanti ai nostri occhi commossi, diede la sua vita per la nostra, per la cristianità, non aprì le porte e si immolò per salvare la guarnigione, il forte e la presenza franca in occidente… e volle in questo essere visto per darci l’esempio.
Che cosa potevano fare i nemici di fronte ad un gesto simile, se non ripiegare.
L’assedio moro falliva, l’eroismo del capitano Dimenche a dispetto del nome, rimase vivo nel ricordo di quei barbari invasori.
Noi dal nostro canto, felici di vederci ancora vivi e ancor più lieti nel vedere il nemico ritirarsi, ci sentimmo provocati feriti e fieri di esser stati guidati da un capitano così indomito, che da solo aveva sconfitto i Mori.
Granada inverno 1204
Dopo un anno di assedio le truppe more diedero l’assalto al castello di Granada.
Una stupenda roccaforte tra i monti ,capitale dell’Andalusia, armata di tutto punto, con caserme ,scuderie e campi da lancio all’avanguardia per il tempo. Frutto degli investimenti e degli sforzi che i Mori avevano impiegato, con lo scopo della conquista della penisola iberica.
Da sei anni ormai passata in mani cristiane e divenuta il simbolo della disfatta mora in Europa, ora poteva essere riconquistata.
Il generale Yusuf, non fece l’errore che costò la sconfitta al forte occidentale l’estate precedente e fece costruire arieti, torri d’assedio e scale in gran quantità, per essere certo della caduta di Granada
Bertran Tanlay, anziano condottire dispose la sua pur forte armata ,sulle mura e sulla porta principale, la fanteria degli ordini sacri, venne tenuta nella citadel, insieme alle guardie del generale e ad una unità di balestrieri andalusi, allo scopo di contrastare nell’ultimo assalto e proteggere l’eventuale ritirata dei nostri.
La coraggiosa cavalleria franca uscì incontro agli assedianti che avanzavano con l’ariete, per temporeggiare e dare il tempo agli arceri di far fuori il principale mezzo d’assedio, ritirandosi poi per la porta orientale.
Intanto sulle mura avveniva il primo scontro.
L’ariete nemico, non era stato distrutto e riuscirono ad entrare , le torri d’assedio vennero portate fin sotto le mura e vomitarono nemici sui nostri valoroosi fanti.
Come previsto, le nostre forze ad una ad una vennero richiamate all’interno della cittadella.
Alcuni ruppero le fila e vennero trucidati dai saraceni
Parte dei contingenti mori, si affrettarono e si avvicinarono troppo, Garnot de Balliol, ucscì loro incontro, caricandoli e travolgendoli.
Gli arceri e I balestrieri corsero sulle mura della cittadella e iniziarono l’opera di erosione dell’esercito moro.
La spina dorsale e il grosso dell’esercito nemico, avanzava con una calma snervante che faceva trasparire la certezza della vittoria… pareva una parata di nuove splendenti unità, mai incontrate.
Di nuovo, le scale, di nuovo sulle mura .. era l’ora della nostra sacra fanteria pesante
Anche l’ariete sfondò. e I Mori si gettarono all’interno della cittadella seguendo il loro impavido generale…
Una selva di lance però li attendeva e il generale moro rimase stritolato ,trafitto dalle lance, spinto dai suoi.
Alla notizia della morte del loro generale il panico s’impadronì degli assedianti, che si diedero ad una fuga precipitosa…
Chi aveva un cavallo si salvo, I loro compagni furono raggiunti e uccisi tutti.
Granada era in ginocchio, ma salva, la ricostruzione e il ripopolamento della guarnigione, doveva iniziare subito.
I valorosi del giorno di Granada, potevano riposarsi, non c’erano più nemici all’orizzonte…
Ma qaunto sarebbe durato?
"Qual vantaggio infatti avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima? O che cosa l'uomo potrà dare in cambio della propria anima?"
Mt 16, 26