Ritornato a Roma a seguito dell'apparente pacificazione dei conflitti sorti con la famiglia dei Colonna, dopo un esilio durato quasi dieci anni, Papa Eugenio IV è ben consapevole della instabilità politica della città e sceglie per la nomina di due nuovi cardinali, entrambi romani ed entrambi molto vicini al Pontefice, Falcone Accorsi e Villano Alli.
Se però Papa Eugenio sceglie di cedere a certi giochi di potere è solo per perseguire lo scopo di ridare al proprio ruolo la centralità e l'importanza che giustamente aveva sempre avuto prima dell'infausto scisma d'occidente.
Con ritrovata autorevolezza e relativa indipendenza dal potere conciliare ottiene quindi una maggiore libertà d'azione che gli permetterà, nel 1442, d'assumere una ferma posizione contro lo schiavismo esercitato dagli spagnoli sulla popolazione nera e contro l'invasione delle terre angioine del sud Italia.
Tradito da Calabria e Puglia e assediato dagli eserciti aragonesi, Renato I d'Angiò troverà in Eugenio IV l'unico vero alleato. Ciò, prima ancora di portare ad un qualche vincolo diplomatico tra i due, sarà motivo di una profonda devozione del Re di Napoli per il Pontefice.
Lo Stato della Chiesa del 1440 è innanzitutto un territorio necessitante di riforme serie ed incisive.
La fortissima crisi che da decenni coinvolge il settore agricolo potrà essere superata solo con una modernizzazione delle culture.
La ristrutturazione e l'ammodernamento dei campi è uno dei provvedimenti più dispendiosi di questo frangente e da cui risultati concreti potranno essere ottenuti solo nel lungo periodo. In particolare, parte l'allargamento e in alcuni casi la costruzione ex novo di coltivazioni di cereali nelle fertilissime pianure della Marca Picena, nella Signoria de Perugia e quella Faentina.
Con le casse ormai semivuote Papa Eugenio IV, figlio di una ricca famiglia di mercanti e quindi conoscitore dell'importanza di una forte classe mercantile, da seguito ad una serie di riforme volte a rendere lo Stato della Chiesa economicamente competitivo al pari delle grandi potenze italiane.
Sono concesse in monopolio a società mercantili romane il commercio di legname e pelli del territorio e, con apposite leggi, sono tutelati i loro affari da influenze e possibili acquisizioni straniere.
Interessatissimo ai nuovi scenari e alle nuove prospettive che potrebbero aprirsi con l'appena nato Monte dei Paschi, il Pontefice conclude in fine un'alleanza economica con la città di Siena di cui egli stesso in gioventù, per breve tempo, fu nominato vescovo.
Dopo un'iniziale e apparentemente inarrestabile ascesa del loro potere, la famiglia dei Medici, una volta entrata prepotentemente nella vita politica della Signoria Fiorentina e dei territori da essa controllati, attraverso un'amministrazione mediocre dell'affare pubblico, piombano e fanno piombare l'intera Toscana in una profonda crisi sociale ed economica.
Il malcontento fino ad allora celato, nel 1441 diventa palese. In città come Volterra si tenta a più riprese un distacco anche violento dallo stato fiorentino.
L'alleanza economica con Siena induce lo Stato della Chiesa ad appoggiare apertamente la caduta della famiglia Medicea. Ciò porterà negli anni successivi ad una occupazione più o meno pacifica degli ex territori della signoria da parte della Repubblica di Siena e gli Estensi di Ferrara, questi ultimi già da anni in conflitto con Firenze a causa di condotte illecite di alcuni mercanti che Ferrara riteneva direttamente imputabili ai Medici.
Già nel 1442 solo la Comunità di Pisa, la Signoria di Arezzo e quella di Firenze fanno ancora parte dell'ormai ex stato fiorentino.
Nel 1442 i saraceni mettono a ferro e a fuoco le Marche. Stanziatisi nelle campagne presso Fermo, il Marchese Astorre II Manfredi riunisce un drappello di cavalieri e carica sui razziatori.
Per anni il Marchese ha combattuto come capitano di ventura e nulla gli è più congeniale di un destriero ed un campo di battaglia. La marmaglia disordinata di saraceni, per quanto numerosa, niente potè contro la carica della cavalleria.
A battaglia finita, l'artiglieria nemica è catturata e i frutti dei barbari saccheggi vengono portati presso la Cattedrale di Santa Maria Assunta.
Lo stesso Pontefice riconoscerà poi il valore dei cavalieri e dello stesso Marchese al quale verrà concesso il titolo di Don ed un cospicuo aiuto finanziario per l'ampliamento dello scalo mercantile di Porto San Giorgio.
Il Doge della Serenissima Repubblica di Venezia, Francesco Foscari, ha sempre dimostrato una grandissima ambizione, ma circa vent'anni dopo la sua nomina alla Suprema Magistratura della Repubblica, dà attuazione ad una serie di scelte assai ardite.
Conquista Mantova, sede di un marchesato guidato da Gianfrancesco Gonzaga di cui lo stesso Doge fu tutore negli anni della sua giovinezza.
Un atto di affronto per l'Imperatore Sigismondo che nel 1433, sceso in Italia, aveva personalmente consegnato le insegne marchionali al Gonzaga e, nell'occasione, proclamato il fidanzamento di sua nipote Barbara di Brandeburgo con il primogenito di Gianfrancesco.
Segue poi un ben più pesante atto di sfida quando truppe venete occupano militarmente l'imperiale Principato di Trento ed assediano alcuni importanti possedimenti austriaci.
Il Doge Foscari inizia un audacissimo processo di "liberazione" dei territori italiani dal giogo imperiale, ma il resto dell'Italia rimane impietrita e nessuno sceglierà di porsi al fianco del Doge e di condividerne la sorte, temendo tutti la sicuramente impietosa reazione tedesca.
L'Imperatore non si fa attendere e cala in Italia alla testa di trentamila uomini che in pochi mesi arrivano ad assediare la città di Feltre.
Il nord Italia trema e lo stesso Marchese di Ferrara, Niccolò III, timoroso che Sigismondo non si fermi alla Repubblica Veneta, interpella il Sommo Pontefice.
Papa Eugenio IV è alleato della Serenissima e allo stesso tempo è stato lui ad incoronare l'Imperatore ed insignirlo della Rosa d'Oro nel 1435 perchè non fosse dimenticato il suo importante contributo alla risoluzione dello sventurato conflitto con i Padri Conciliari di Basilea.
La decisione è quindi quella di non intervenire direttamente nel conflitto, ma di auspicare la pace tra le parti. Impone però che la Signoria de Ravenna sia ceduta da Venezia al Marchesato di Ferrara il quale si impegna davanti il Papa di destinarla a dimora e pegno per l'esiliata famiglia dei Gonzaga.
L'azione veneziana non si limita al nord Italia e l'Austria, ma giunge fino in Dalmazia, fino a quella che era considerata la porta all'oriente, la Repubblica di Ragusa.
Venezia rivendica quelle terre che fino alla pace di Zara considerava a pieno diritto come proprio dominio. Lo fa soprattutto guardando con timore all'avanzata ottomana nei Balcani.
La caduta di Ragusa però destabilizza fortemente anche un'altra repubblica, quella di Ancona che dal 1200 viveva una strettissima alleanza con la città dalmata.
Iniziando a serpeggiare malcontento e preoccupazione tra la popolazione, parte della nobiltà anconetana si rivolge direttamente al Sommo Pontefice raccontando di un Governo dei Sei Anziani senza più alcun controllo effettivo della repubblica.
Papa Eugenio appurato lo stato rovinoso in cui ormai versa la città, decide di cogliere la supplica degli anconetani liberando l'urbe da un'oligarchia allo sbando.
Nel 1443, in una sera di febbraio, lo Stato Pontificio schiera le proprie armante avanti le mura di Ancona.
Gran parte della battaglia si svolge all'esterno, dove i cavalieri ancora fedeli agi Anziani tentano una sortita. Le lance papaline sul campo si raggruppano in formazioni a schiltron, chiudendosi a riccio in ranghi serrati ed evitando così tentativi di aggiramento della cavalleria.
Creatasi poi una breccia nelle mura della città, i milites domini a cavallo ne approfittano per caricarvi all'interno fino a raggiungere il centro cittadino.
A seguito della vittoria, al Duca d'Urbino Guidantonio da Montefeltro è assegnato il compito di governare la regione per cinque anni. Con tale espediente lo Stato della Chiesa vincola a se una città chiave nell'economia dei commerci marittimi. Nei mesi e negli anni successivi, infatti, renderà la sua presenza nella repubblica sempre meno "temporanea", portando di fatto ad una totale perdita dell'indipendenza di quest'ultima, tale da considerarla a pieno titolo parte dei domini pontifici.
Nella guerra con la Corona d'Aragona il tradimento di Calabria e Puglia rischia di essere uno scacco matto per Renato I d'Angiò, Re di Napoli. L'abilità diplomatica e politica del figlio del Re dei quattro regni però dà vita a forse una delle conseguenze più significative della guerra. Renato, militarmente in svantaggio, finanzia e promuove i moti rivoluzionari delle isole italiane soggette all'autorità aragonese.
In Sardegna il viceregno spagnolo viene sovvertito e ripristinato il governo dei Judikes. I vecchi Giudicati di Calari, Torres e Gallura vengono unificati in un unico stato con capitale Cagliari. L'unità dell'isola non sarà però totale perchè il giudicato di Arborea prende le distanze dalla nuova entità e sceglie l'indipendenza vedendo nel regno appena nato solo una pedina in mano agli Angioini.
In Sicilia invece, per una sadica ironia del destino, i d'Angiò alimentano un movimento rivoluzionario che tra origine dagli antichi Vespri che secoli prima avevano scacciato i suoi predecessori dall'isola. "Antudo" è ancora una volta la parola d'ordine che riecheggia tra i rivoltosi!
Il Re di Napoli garantisce piena sovranità ai regnanti dei nuovi due stati, ma li lega a sè con un trattato d'alleanza che darà vita alla cosiddetta Confederazione Mediterranea.
Ribaltata la situazione, la guerra inizia a volgere lentamente a favore del Regno di Napoli che conquista Capua prima e Salerno poi, aiutato più a sud dai Siciliani che sbarcati in Calabria liberano Reggio.
Di non marginale rilievo sarà poi l'appoggio di Papa Eugenio IV che nel marzo del 1444 legittima entrambi i nuovi regni e benedice la Confederazione. Riconosce al nuovo giudicato sardo il titolo di Regnum Sardiniae et Corsicae, così come nel 1297 fece Papa Bonifacio VIII e incorona il Generale ribelle siciliano Antonio Spadafora, Rex Siciliae.
Inizia così una nuova fase per il sud Italia e l'intera Europa mediterranea.