In verità cambiò poco o niente. La parte orientale dell'Impero continuò a coniare in oro, argento e bronzo (c'erano zecche a Bisanzio, Tessalonica, Antiochia); l'Europa occidentale coniò solo monete in argento e, soprattutto, bronzo. I barbari, appena insediati, non comprendevano le leggende incise, ma capivano l'importanza della moneta, quindi iniziarono a coniare monete che erano copie, più o meno buone, delle monete bizantine che giravano nei loro paesi. I numismatici le chiamano "monete d'imitazione", oltre a coniare le monete, i barbari ne copiavano le leggende e le figure incise, quindi abbiamo monete in bronzo, vandale o gotiche o franche, ad esempio, che recano leggende incomprensibili, tutti i barbari mettevano quasi sempre lettere a caso, ed il volto dell'imperatore d'Oriente. La cosa era diffusa in tutti i regni romano-barbarici e l'Oriente lasciava fare considerando il fatto un riconoscimento formale dell'autorità imperiale, come se i regni barbari fossero vassalli di Bisanzio. Del resto i Goti s'erano insediati in Italia su invito imperiale.
Se i regni si sviluppavano, si assiste ad una seconda fase in cui le monete smettono di recare il volto dell'imperatore ed iniziano a recare l'effige del proprio sovrano. La cosa è chiara con i Longobardi. Al loro arrivo in Italia i Longobardi non hanno moneta, quindi copiano quelle di Giustino II e Maurizio, con ottimi risultati, anche le leggende sono comprensibili e sensate. Nel VII sec. le leggende peggiorano, venendo sostituite da lettere senza senso, poi con re Cuniperto abbiamo il cambio ed il salto di qualità. Le monete longobarde sostituiscono il volto dell'imperatore con quello del proprio re e vi incidono anche il suo nome. Questa nuova fase continuerà fino alla conquista franca. Una cosa simile avviene anche nel regno franco che raggiunge le sue fette numismatiche con Carlo Magno.
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"Odiare i mascalzoni è cosa nobile" (Quintiliano)
"Ingiuriare i mascalzoni con la satira è cosa nobile, a ben vedere significa onorare gli onesti" (Aristofane)