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Legende lusitane

Ultimo Aggiornamento: 19/09/2011 15:47
01/09/2011 21:40
 
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Non so se funzionerà: immagine della difesa portoghese

01/09/2011 21:52
 
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I tiratori in questa posizione controllano una delle torri di guardia e le caditoie dell'olio bollente. Difesa quasi impenetrabile per tutti gli assalti da nord o da est, se si hanno le baliste. L'altra torre può essere controllata con una unità a cavallo, pronta a ritirarsi nel cuore della cittadella in caso di bisogno

02/09/2011 13:23
 
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Cominciano le immagini molto bene ......

02/09/2011 23:54
 
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Quanto a immagini ho ancora molto da imparare, e in questo nuovo capitolo ne farò a meno.

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Henrique de Trava era un lusitano palestinese a tutti gli effetti; suo nonno era stato l’artefice della liberazione della regione, suo padre vi era giunto fanciullo ma era nato in patria.
Da giovane scudiero aveva avuto la responsabilità della difesa di Acri durante un assedio Siriano, e si era impadronito del tesoro del generale nemico: nessuno ci aveva riprovato.
Poco prima di esser nominato erede aveva represso la tentazione di aciuffare al volo una dama in pellegrinaggio, come avea fatto suo padre, e in ciò si dimostrò molto saggio…
Divenuto principe aveva manifestato preoccupanti tendenze sediziose ma, non essendo pirla, accantonò ogni mattana dopo il matrimonio e la successiva incoronazione.
Essendo cresciuto nel culto della figura del suo illustre avo, voleva completarne il sogno: riportare la provincia crociata al suo antico splendore.

Unica città ancora irredenta era Antiochia, sfortunatamente in mano ai Bizantini. Non parendogli onorevole il piombargli addosso alla traditora, trovò modo di rompere l’alleanza attaccando i Siriani, che erano divenuti loro vassalli; all’epoca, persino i Mongoli si erano rassegnati a tanto.
La faccenda venne sbrigata da Enrico di Lemos che, dopo aver distrutto un esercito in avvicinamento usando i suoi consueti metodi, si degnò di impiegare bombarde e fanti per occupare Damasco.

Col senno di poi si può dire che questo approccio non sarebbe stato necessario; l‘insurrezione lealista di Maiorca, scoppiata in quegli stessi giorni, portò inevitabilmente alla dichiarazione di guerra. Non osando affrontare le torri della cittadella, la locale guarnigione bizantina si sarebbe dileguata.

Per la prima volta il conflitto coi bizantini, in passato limitato ad azioni navali, portò a cruenti scontri terrestri: cruenti solo per loro, che le presero sode dal Conte del Rossellò anche quando gli tesero imboscate presso Tripoli e Damasco, impiegando forze soverchianti. Se anche avevano la vittoria in tasca, non riuscirono a tirarla fuori dalla suddetta tasca.

Nell’anno del Signore 1303 Stephan da Costa, generale di fresca nomina che il re aveva fatto Visconte di Acri, investì Antiochia con forze persino sovrabbondanti alla bisogna: e ciò perché era già previsto l’assalto alla cittadella di Adana, tramite assalto via mare, con truppe ed artiglierie imabarcate nel porto cittadino. L’azione ebbe luogo circa un anno dopo e, visto che il nemico aveva commesso l’errore di sguarnire la piazza per marciare su Antiochia, non presentò alcuna difficoltà.

* * *
Con la presa di Adana il regno festeggiò la realizzazione dei suoi obiettivi storici. Visto che i territori europei erano perfettamente sicuri, era il caso di concentrarsi sul congiungimento fra Terrasanta e Nordafrica. In verità Pisani e Scozzesi non avevano perso l’abitudine di venire a morire sotto Ais e Letmoges ma, visto che la cosa non faceva più notizia, si parlò assai di più della fuga d’amore di un De Fife con una principessa cumana. Unico altro evento degno di menzione eran state le nozze fra il Principe Antonio Ribadouro e Giannetta; avevano fruttato una alleanza dinastica coi lombardi, che durò lo spazio di un mattino perché anche loro erano tributari dei bizantini.

Per ragioni tutte Sue, il Santo Padre decise di indire una crociata contro Damietta. Joba il Cavalleresco, conte di Urgell e Gran Maestro del Tau, partì dalla madrepatria e liquidò al volo la faccenda.
Era sembrata una coincidenza fortunata, e invece fu una disdetta. Subito dopo i mussulmani si mobilitarono per una nuova Jihad contro Gerusalemme. Augelli amari per il prossimo futuro.
L’unica notizia positiva in quell’anno 1306 fu che, per arginare la marea islamica, era disponibile una peculiar specie di diga: due milioni di bisanti.

Ovviamente si poteva contare anche sul Conte di Rossellò, ormai conosciuto come L’Eroe, ma ormai stava facendosi anziano, e questo suscitava qualche comprensibile preoccupazione.
Per stare sul sicuro venne allestita la più imponente flotta di galeazze mai vista al mondo, onde portar velocemente in Terrasanta la più splendida armata mai messa in campo dal regno. Al suo comando venne posto Joda il Cavalleresco, Conte di Urgell e Gran Maestro dell’Ordine del Tau , il miglior condottiero disponibile nella penisola iberica.

Quando la flotta raggiunse il canale di Sicilia, i legni pisani presero a sciamarle addosso come mosche sul miele, o su cose di men gradevole odore; i primi furono affondati senza troppa pena, ma più ne colavano a picco e più ne arrivavano. Fu la più gran tragedia della storia portoghese.

Fortunatamente l’Eroe lusitano non aveva perso il suo smalto, e collezionava vittoria su vittoria, In genere subiva perdite modeste, agevolmente colmate dai rincalzi. L’unica volta che le sue truppe ne uscirono veramente malconce fu quando, a distanza di pochi giorni, distrussero due armate condotte dai rispettivi capofazione. In una occasione gli capitò di udire il rombo di qualche colpo di bombarda, che valsero solo a confermare una delle sue più ferme convinzioni: quella roba veniva comoda per sfondare portoni, ma in campo aperto valeva meno dello sterco di un cavallo.

Il Signore lo chiamò ad unirsi ai cori degli angeli nell’anno 1313, nella serenità del monastero di San Saba. L’anno precedente una modesta spedizione partita da Damietta aveva espugnato Alessandria, senza quasi trovare opposizione. La Jihad non era terminata, ma da qualche tempo pareva dormiente.

Fu suo figlio Nuno, Muhafez di Homs, ad intuire il motivo e a trovare la soluzione. La strage di nobili islamici era stata immensa, l’erede siriano avvistato alle porte di Aleppo poteva essere l’ultimo. Non aveva trovato alloggio all’interno perché la città era gremita di truppe. L’occasione ideale per attirare la guarnigione in campo aperto, se solo avesse avuto un esercito adeguato. Purtroppo non lo aveva, ma non per questo si rassgnò all’inazione. Inviò un contingente misto di Jinetes e Turcomanni a crivellare il poveretto, con l’ordine di ritirarsi non appena fosse crollato. Questa missione di assassinio compiuta da truppe regolari, e ufficialmente classificata come sconfitta, pose termine alla guerra santa.

Poco dopo, Nuno si distinse ditruggendo due armate bizantine nei paraggi di Damasco. La prima volta seguì pedissequamente l’esempio paterno, la seconda volle distinguersi assumendo il comando di un esercito più conforme alla tradizione nazionale. Gli andò bene ugualmente, ed ebbe anche l’onore di abbatttere personalmente il generale nemico, ma richiò di lasciarci le penne.

I fratelli minori si posero in luce per altre ragioni. Juan, Conte di Tripoli, recuperò una scheggia della Croce; non si capì mai come si fosse staccata dalla Vera Croce, apparentemente sana, già da tempo custodita nella cattedrale di Santiago. Jorge, Visconte di Gerusalemme, recuperò due antichi testi sapienziali; uno di questi lo consegnò al Re, con l’auspicio che potesse essergli d’ausilio nel mettere al mondo altri due principini di sangue bizantino. Forse fu piaggeria, o forse volle prendere per il culo una regina in età di menopausa; in fondo, lo chiamavano il Bastardo.



03/09/2011 14:51
 
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Bravo Bertavianus!


04/09/2011 23:24
 
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Il maggior problema che ancora assillava la provincia palestinese era la continua pressione Bizantina su Damasco: ci arrivavano da oriente, perché al loro dominio in quell’area sfuggivano solo Aleppo e Mosul, siriane, ed Edessa, pisana. Nuno colse altre belle vittorie su grandi armate isolate, ma dovette asserragliarsi ad Homs quando, nel 1320, se ne presentarono quattro che badavano bene a mantenersi in stretto contatto.
Il problema secondario era suo fratello Juan che, dopo il ritrovamento della preziosa scheggia, si credeva un padreterno. Per risolvere discretamente la questione, il Re gli affidò l’alto onore di misurare la sua onnipotenza contro la flotta bizantina. Scomparve nelle acque di Rodi.
Più o meno negli stessi giorni, Joba il Cavalleresco espugnò Il Cairo, con assalto in parità numerica in cui risultarono decisive la qualità delle truppe e delle grandi bombarde. I suoi figli, giunti pargoletti al tempo della crociata, furono signori di Damietta e di Alessandria.
In europa gli scozzesi tenterono l’avventura passando i pirenei, ma non gli andò meglio del solito.
Anche i pisani fecero una cosa inaspettata, raggiungendo inosservati Sjdilmassa passando per le piste del deserto. La sabbia li seppellì.

In ogni caso la misura era colma. Si era capito cosa significasse avere i pisani alle porte, imparassero loro ad avere i morti in casa.
L’operazione partì in sordina, con i viaggi di un innocuo mercantile che sbarcò spie presso Ajaccio, effettivo centro del loro potere militare in terra e mare, ed in Sardegna.
Vennero formate due flotte e due armate, che si radunarono presso Ais. Il comando dell’operazione fu affidato a Duarte il Bello di Borgogna, Gran Maestro dell’ Ordine Teutonico e Conte di Portogallo, un giovane di talento che non meritava di annoiarsi a morte nella sonnacchiosa Oporto.
La breve traversta non presentò difficoltà impreviste, anche perché si ebbe cura di sgomberare le acque da ogni legno ostile prima di imbarcare le truppe. L’assalto alla cittadella di Ajaccio fu analogo a quello di Tolosa, ma con perdite decisamente inferiori. Sei mesi dopo fu possible distaccare un robusto contingente che espugnò facilmente Alghero. Il nemico provò a riprendersela con l’armata che, vedndosi precluso il passaggio alle bocche di Bonifacio, aveva desistito dalla marcia su Aiaccio. Non c’erano baliste per fermarlo perentoriamente al secondo cancello, ma i dardi dei Besteriros e l’olio bollente ne spacciorono a centinaia. Chi arrivò in vista della meta fu accolto dal tiro dei balestrieri pavesi e dei pistolieri. I picchieri oltre la grata si limitarono ad assistere allo spettacolo: una volta tanto furono ben felici di esser schieati in prima fila, perché chi stava dietro brontolava che non si vedeva niente. Circa un anno dopo cadde Cagliari, e la presenza pisana sulle due isole fu solo un ricordo.

Il trionfo di Duarte il Bello mise totalmente in ombra la bella impresa di Ruy de Coimbra che, con povertà di mezzi, negli stessi giorni assaltò e conquistò Bejaja in condizioni di inferiorrità numerica.
Questo successo in nordafrica non aveva la medesima importanza strategica della conquista delle due isole, ma non era questa la sola scriminante. Duarte era un rampollo di alto lignaggio, uno di quelli che le principesse si contendono, e comandava il fior fiore delle truppe portoghesi, Ruy un maturo generale venuto dalla gavetta, ed un condottiero dei vucumprà.

Tutto ciò ci porta alla vigilia del 1321, anno in cui il buon Papa Arrigo il Pacifico (smentendo tale suo appellativo) indisse la crociata contro i pisani di Tunisi. Forse volle favorire i compatrioti lusitani, le migliori pecorelle del suo gregge, benchè non si fossero neanche sognati di richiedergli tanto.

In quel momento l’impresa poteva essere compiuta all’istante, ma pria si volle togliere qualche sassolino dai calzari.

In Terrasanta si mobilitarono sia Jorge de Lemos che Stephan da Costa che, profittando del fatto che le armate bizantine avevan finto per disunirsi, ne fecero massacro; si presero anche Aleppo senza bisogno d’assedio, visto che i Siriani si ostinavano a reclutare più truppe di quante la città potesse ospitarne.
Jorge si guadagnò la nomea di sanguinario, il che fece prontamente dimenticare quanto in passato si insinuava sul suo conto.

Duarte sbarcò presso Palermo, la tolse ai Pisani, e se ne tornò a Cagliari. Infine Gonsaulus, Signore del deserto, portò a compimento l’impresa crociata secondo gli intendimenti del Santo Padre, ma non prima di aver cancellato ogni presenza nemica che ancor si frapponeva all’obiettivo. Poi si installò nella rocca poco più a meridione, per gustandosi le semifinali del torneo di Mahdia.



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07/09/2011 23:27
 
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La vittoria della crociata su Tunisi ebbe, per varie ragioni, festeggiamenti in tono minore.
In quei giorni vennero a mancare sia il Re che il Conte di Urgell, cui si doveva il completo dominio sul delta del Nilo.
Antonio il Navigatore volle essere incoronato in tutta semplicità per dimostrare di non esssere propenso allo scialo quando le riserve auree del regno si erano ridotte di un buon quarto. Per suo figlio Gonçallo scelse una sposa magiara, unica principessa senza pretese; Gonçallo ne fu decisamente contento, perché per lui una bella diciassettenne valeva assai più di una possibile eredità passante per una tardona.

Come primo gesto di governo Re Antonio ordinò l’evacuazione di Kerak, onde portare allo scoperto i sediziosi che avevano sempre imposto la presenza di guarnigioni sovrabbondanti; quelli abboccarono all’esca, e sul luogo scese quella tranquillità che solo uno sterminio può dare.

Il settentrione della provincia di Terrasanta conobbe le solite penetrazioni bizantine, generalmente respinte senza grandi difficoltà dall’armata a cavallo che stazionava nella rocca di Masyaf. In un caso i bizantini fecero l’errore di assediare in forze Homs, finendo per perdervi tre eserciti sotto il tiro dei suoi cannoni. Unico risultato che ottennero in una delle tante battaglie in cui furono annientati fu l’uccisione del Visconte di Acri; il regno pianse il conquistatore di Antiochia ed Adana ma, sotto sotto, a corte non ci si lamentò troppo per la perdita di un generale privo di qualità di spicco.

Le nuove frontiere consentirono l’avvio, quasi simultaneo, di diverse operazioni.

Il Signore del Deserto, vincitore dell’ultima crociata, iniziò la marcia che lo avrebbe portato a spazzare ogni presenza nemica sino al confine con Barqah.
Duarte si coccupò, nell’ordine, della presa di Genova, Asti e Pisa; da qui investì Lucca, la rocca ove si era rifugiata l’armata pisana d’Italia. Presa Lucca il suo cammino fu tutto in discesa; Firenze, Spoleto e, infine, Bologna. Ora i Pisani erano al lumicino, gli restava solo Edessa ed un’armata presso lo stretto di Messina, non si sa se sfrattata dall’insurrezione di Reggio o da quella di Siracusa.
Christovan de Trava fu l’assoluto protagonista della conquista dell’Alto Nilo, anche se l’intervento di uno dei suoi fratelli lo agevolò eliminando un’armata Fatimide che ne seguiva le piste.

img402.imageshack.us/slideshow/webplayer.php?id=0018thumb.jpg

A questo punto intervenne nuovamente il Santo Padre, proclamando una crociata contro Edessa.
Questa iniziativa fece contenti gli avvoltoi della regione, da qualche tempo tracurati, ma lasciò assai interdetto il Re, che avrebbe preferito imporre il vassallaggio al vecchio nemico e lasciarlo campare nel suo estremo rifugio. Per quanto i Pisani fossero odiosi, gli andava riconosciuto il merito di esser stati gli unici capaci di contrastare le costanti rivendicazioni islamiche ed ortodosse.

Facendo buon viso a giuoco che buono non era, Christovan vestì la croce ed abbandonò il teatro dell’Alto Nilo per prendere Barqah, con l’intenzione di congiungersi ai crociati in arrivo dalle province africane occidentali. La battaglia per il possesso della cittadella fu quasi superiore alle capacità delle truppe a sua disposizione; ciò nonostante, vi colse il suo quarto successo contro Imam e Wali Egizi
.
img13.imageshack.us/slideshow/webplayer.php?id=0019thumbq.jpg
[Modificato da Bertavianus 08/09/2011 00:04]

07/09/2011 23:39
 
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Re:
bert modifica il post e metti questo [IMG]formato
[/IMG] sui link cliccando dopo averli selezionati su IMG.. sopra gli smiles [SM=x1140522]




08/09/2011 00:06
 
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Boh, non funziona come l'altra volta. Non riesco più ad inserire l'immagine nel testo, ma almeno si vede decentemente col link.

08/09/2011 00:09
 
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Bertavianus, 08/09/2011 00.06:

Boh, non funziona come l'altra volta. Non riesco più ad inserire l'immagine nel testo, ma almeno si vede decentemente col link.




hai ragione.. boh strano il link nn funzionano col codice del forum




09/09/2011 08:13
 
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Tra le varie opzioni trovi diversi link copia quello per i forum ....

Complimenti !!!!

[SM=x1140522]

09/09/2011 18:51
 
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ancora complimenti! si aspetta il sequel xD
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Bernhard Rothmann (Munster, 13 Gennaio 1534) :i vecchi credenti non vogliono permettere a nessuno di scegliere quale vita condurre, vogliono che voi lavoriate per loro e siate contenti della fede che vi consegnano i dottori. la loro è una fede di condanna, è la fede spacciataci dall'antiscristo! ma noi, fratelli, noi vogliamo redenzione! noi vogliamo libertà e giustizia per tutti! noi vogliamo leggere liberamente la parola del signore e liberamente scegliere chi deve parlarci dal pulpito e chi rappresentarci in consiglio! chi infatti decideva i destini della città prima che lo scacciassimo a pedate? il vescovo. e chi decide ora? i ricchi, i notabili borghigiani, illustri ammiratori di lutero solo perchè la sua dottrina consente loro di resistere al vescovo! e voi, fratelli e sorelle, voi che fate vivere questa città, non potete mettere parola nelle loro sentenze. voi dovete soltanto ubbidire, come sbraita lo stesso lutero dalla sua tana principesca.i vecchi credenti vengono a dirci che i buoni cristiani non possono occuparsi del mondo, che devono coltivare la loro fede in privato, seguitando a subire in silenzio i soprusi, perchè tutti siamo peccatori condannati a espiare. ma il tempo è giunto! i potenti della terra saranno spodestati, i loro scrani cadranno, per mano del signore. cristo non viene a portarci la pace, ma la spada. le porte sono ora aperte per coloro che sapranno osare. se penseranno di schiacciarci con un colpo di spada, con la spada pareremo quel colpo per restituirne cento!!!
09/09/2011 20:27
 
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Ecco il sequel. La volta scorsa Imageshack non funzionava al meglio.
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Le due armate radunatesi presso Barqah espugnarono senza difficoltà Siwa. Un terzo esercito sbarcò ad Alessandria ed occupò Medina, riducendo gli ultimi egiziani alla condizione di predoni del deserto.
L’intera massa crociata si riunì poi nei pressi di Damasco sotto il comando supremo di Gonsaulus, che grazie alla crociata precedente ed alle gesta successive si era fatto fama di Conquistatore.

La sua idea iniziale era di marciare su Ar Rakkah, per togliere ai bizantini il loro avamposto più pericoloso, ma si rese conto che quella sarebbe stata la via del suicidio. In alternativa gli prese le cittadelle di Dayr ar Zwan e Mardin, e inviò un piccolo distaccamento a saccheggiare Melitene.
Furono i lombardi a subentrare ai pisani nel possesso del Grande Ossario di Edessa.

Il nuovo assetto della regione allentò la morsa dei bizantini sulla Terrasanta, in quanto presero a morire come mosche tentando la riconquista delle cittadelle perdute. L’unico inconveniente fu che, ritrovatosi disoccupato, il prode Nuno iniziò ad ammazzare il tempo chiavandosi perfino le galline in brodo. Più che l’amor potè il digiuno, in quella provincia poco frequentata da donzelle.

Con l’anno 1335 venne attuato il trasferimento della capitale a Palermo, poco curandosi del fatto che la Sicilia orientale restasse tuttora indipendente. Siracusa, e un nobile pisano fattosi brigante, avrebbero dormito sonni tranquilli sinché le armi lusitane erano chiamate al nord.

La presenza di formidabili guarnigioni ad Asti e a Bologna aveva dissuaso chiunque dal giocare brutti scherzi, ma era tempo che Duarte si rimettesse in movimento.
Lo fece nell’inverno dell’anno successivo, assaltando Verona con artiglierie di produzione fiorentina.
Fu accolto dal cannoneggiamento delle torri, ma i Bizantini non seppero sfruttarne il potenziale; fecero la sciocchezza di tentare una sortita interna, per intercettare le bombarde più piccole che avevano varcato il cancello, e l’armata entrò nel mastio inseguendo le loro compagnie in rotta.
Dopo una breve pausa si occupò di Venezia: la città lombarda era neutrale ma tributaria dell’impero, e servì poi da trampolino per sottrarre ai romei pure Pola.

Quello di Pola si rivelò un successo effimero, perché il nemico riuscì a riprendersela nel giro di un paio d’anni, complice la mancanza di validi bastioni e la scarsità di truppe a presidio. Forse si era fatto troppo affidamento sul classico schema di difesa che, per la prima volta, risultò inadeguato. A questo smacco si aggiunse quello di Medina dove, sia pur a costo di un generale, i romei ebbero facilmente ragione della modesta guarnigione templare laciata a simbolo della sua cristianizzazione.

Correva l’anno 1341 e saliva al trono Gonçallo il Bello che, non potendo designare erede il suo pargoletto, fece principe Lopo de Trava, Muhafez di Damietta: per forza di cose, alla verde età di quarant’anni era ancora il classico scapolone d’oro.
Il buon Antonio il Navigatore non avrebbe potuto scegliere momento migliore per tirare serenamente le cuoia: nel porto di Tripoli era già pronta una spedizione vendicativa contro l’isola di Cipro.
Neanche il tempo di far freddare le braci che già l’isola veniva regalata agli scozzesi per appianare gli eterni dissidi, e Lopo trovava fra di loro una consorte degna del suo rango.

La nuova alleanza consentì una massiccia smobilitazione sulle frontiere comuni, e uno scontro navale in acque palestinesi procurò nuovi nemici ai romei.
Subito dopo, il Santo Padre volle una crociata contro la scozzese Gand; chi ebbe modo di udire il commento privato del Re riferì che valeva una scomunica. L’unica risposta ufficiale la ricevette il suo zelante suocero magiaro, riccamente mandato a cagare quando raccolse l‘appello pontificio.

L’impresa che si stava preparando era tutt’altra, differita solo per il rispetto di una “tregua dei“.
Nella primavera del 1344 Duarte raggiunse Milano, marciando sulla sponda destra del Po, mentre un’armata di rinforzo lo raggiungeva da Asti. L’assalto fu una mera formalità, e l’esercito lombardo che vagava nella regione preferì svignarsela verso il delta. Nell’inverno prese Lugano e ne sterminò i residenti, a scanso di futuri problemi coi nostalgici Bizantini.
Ora che aveva i capelli bianchi non era più considerato il Bello, col tempo avevano preso a chiamarlo l’Ebreo. Anche gli ebrei lo consideravano un po’ il proprio protettore, visto che pareva tollerante verso i rabbini e le loro comunità erano le uniche che non avesse mai sfrattato.

Gli eventi di questo scorcio di secolo fecero venire l’itterizia al tesoriere. In termini generali non aveva certo torto, ma tutto è relativo…



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[Modificato da Bertavianus 09/09/2011 20:30]

09/09/2011 20:43
 
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Grazie Frederick, sommo maestro della narrazione epica illustrata.

Noto che nessuno ha azzardato una risposta per il concorso. Fatevi sotto, non è mica difficile. In fondo sono l'opposto di Dan Brown, che ha bisogno di centinaia di pagine per descrivere una sola giornata.


09/09/2011 22:04
 
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Re:
Bertavianus, 09/09/2011 21.55:

Grazie Frederick, sommo maestro della narrazione epica illustrata.

Noto che nessuno ha azzardato una risposta per il concorso. Fatevi sotto, non è mica difficile. In fondo sono l'opposto di Dan Brown, che ha bisogno di centinaia di pagine per descrivere una sola giornata.





Credo di essermi perso qualcosa... che concorso?




09/09/2011 22:17
 
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Re: Re:
Imperatore I, 09/09/2011 22.04:




Credo di essermi perso qualcosa... che concorso?




Lo trovi circa a metà della pagina precedente.



10/09/2011 10:20
 
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Ci provo ....
"Usare la spada per scacciare ogni nemico senza lasciare superstiti ho avere prigionieri !"


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10/09/2011 11:25
 
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Re: Ci provo ....
Jean de Avallon, 10/09/2011 10.20:

"Usare la spada per scacciare ogni nemico senza lasciare superstiti ho avere prigionieri !"


[SM=x1140525]



almeno x un concorso evitiamo sti obrobri grammaticali.. [SM=x1140476] bertavianus fovrebbe fare poi copia incolla che figura c fa cn i posteri
[SM=x1140476] [SM=x1140476]
[Modificato da Pico total war 10/09/2011 11:31]




10/09/2011 21:34
 
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Lode a Jean che almeno ci ha provato, e con molta fantasia.


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