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Medieval Total War Italia

Basiléus Basiléon, Basiléuon Basileuònton - Storie Bizantine

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    BasilioIIBulgarotocne
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    00 16/01/2013 20:45
    Bellum Crucis 6.3 h/h - Campagna Libera -
    Con Manuele Comneno, gli storici tendono sempre ad identificare l'ultima fiammata di vita dell'Impero Romeo. Dopo di lui, il declino portò nel giro di un quarto di secolo alla conquista della Capitale e alla nascita dell'Impero Latino d'Oriente. La colpa di ciò viene spesso identificata con la politica di ampio respiro, superiore alle energie bizantine e alla sconfitta nella battaglia di Miriocefalo.


    Impero di Manuele I Comneno e Andronico I Comneno (1155 - 1178/81)

    L'inizio: la grande riforma militare. (1155 – 1158)

    Anno del 1155 o, utilizzando il calendario romeo, anno 6664 dalla Creazione. La situazione del grande impero romano orientale è una situazione di assoluta contraddizione: domina su terre fiorenti, ricche, ma l'esercito è l'ombra di quello che ha dato ai precedenti imperatori la gloria militare. Le truppe non sono le migliori, per lo più contandini/soldati arruolati periodicamente per tempi brevi. Manca una cavalleria seria, sia da tiro che leggera e anche quella pesante latita. L'impero è in una posizione strategica invitante, ma allo stesso tempo, alcune terre sono scollegate dall'insieme dello stato. Le isole sono isolate. Le casse non sono tanto piene: la rivalutazione della moneta, che Manuele ha voluto, ha portato meno entrate. L'impero è insomma un diamante molto grezzo. Da sbozzare, lavorare con cura e attenzione. E' una creatura preziosa, che può essere fragile.
    Ma la situazione è anche nella cerchia di nobili: i doux, i komes e i vari funzionari che reggono le province sono ancora un po’ frastornati. E Manuele, che regna da ormai 12 anni sul trono di Bisanzio, le ha provate tutte, ma si trova davanti ad una montagna difficile da scalare. Ma è nella sua indole non mollare. La sua energia lo porta ad un primo passo: rimettere mano ai nobili.
    Niente epurazioni, ma spostamenti chiave.
    Un rischio calcolato ma una possibile e fondamentale intuizione: la Basileia, a cavallo su due continenti è naturalmente divisa in due; da una parte la Rumelia, la parte europea; dall'altra l'Anatolia, la controparte asiatica. Riunire le due principali famiglie nei due continenti, separandole per evitare l'accendersi di una rivalità. E nelle zone chiave, piazzare i membri della sua di famiglia. E per zona chiave si intende la Tracia. Manuele quindi, alle due grandi casate dei Ducas e dei Paleologo assegna rispettivamente Rumelia e Anatolia. I Ducas controllano Macedonia, Epiro e Tessaglia. I Paleologo Optimatia, Tracia, Paflagonia. Ai suoi parenti invece, il basileus assegna le terre di Samo e Trebisonda, con le due fortezze chiave di Smirne e Trebisonda appunto.
    imageshack.us/photo/my-images/210/kingdoms201301101246... (alleanza con il regno di Georgia)
    Ma la riforma non si ferma solo a questo: a partire dall'inverno tra '55/'56, Manuele prepara con cura le forze militari in Anatolia: punto di incontro è Dorileo. Giovanni, suo parente, da Trebisonda si appresta a fare lo stesso. Le risorse sono tutte concentrate per questi preparativi. Le truppe degli stratioti vengono in larga parte congedate: le zone più interne hanno il minimo sindacale in fatto di guarnigione. Città come Atene, Smirne o Amastris vedono ridursi all'osso gli effettivi di stanza. La guarnigione di Costantinopoli è in larga parte spostata ad Adrianopoli. I reparti di cavalleria leggera, quei pochi presenti in europa, vengono tutti spostati a Serdika: la capitale della Burgaria è il perno della difesa Romea in Europa. E futura base per l'attacco verso occidente. Ma l'Europa non conta: la ricchezza dell'impero, come la sua forza militare è sempre venuta dall'oriente, sin dai tempi degli Isaurici. Sin dai tempi della dinastia Macedone. Le truppe vengono rimesse a nuovo: Pronoiari, arcieri montati... Manuele I rimette mano alla sua armata. E alle guarnigioni: Monemvassia, Serdika, Nepanto e Trebisonda devono avere guarnigioni degne del loro ruolo: capisaldi della potenza Romea. Bastioni imperiali. Punti di partenza per una ripresa dell'avanzata.

    La Guerra Turco-Bizantina (1158-1167)

    E dopo tre anni, nel 1158, Manuele I attacca: il bersaglio è Iconio. Punta subito al colpo grosso: l'esercito imperiale marcia verso la città e attacca le truppe che sono raccolte fuori. La battaglia infuria nei sobborghi della città e Manuele sfida il Sultano. La battaglia arriva al punto di svolta poco dopo: nonostante le perdite, il sultano turco viene fatto fuori dai Kontophoroi che lo accerchiano e sterminano il suo seguito. Il resto dell'esercito turco si scioglie come neve al sole. imageshack.us/photo/my-images/12/kingdoms201301101349233.png/
    La città è presa: Manuele I entra ad Iconio. Ma non è solo Ar Rum teatro di guerra: Giovanni, parente di Manuele, assieda e conquista la città di Amaseia sei mesi più tardi, ricongiungendo l'isolata regione di Trebisonda con il resto dell'impero. La battaglia di Iconio ha svelato a Manuele che le sue armate devono ancora migliorare ed acquisire una struttura in grado di poterle rendere invicibili, flessibili e soprattutto, veloci nelle marce. Attende due anni e ricostruisce l'armata imperiale con un nuovo criterio: mobilità della cavalleria aumentata di numero e qualità, con l'aggiunta dei Kavallaroy. E dopo questo lasso di tempo, si ripresenta nella terra dei turchi: ancora una volta, sorprende un armata fuori dal castello e ancora una volta, affronta il nuovo sultano.
    imageshack.us/photo/my-images/217/kingdoms201301101434...
    La battaglia di Ankara è un'altra vittoria delle insegne imperiali, che toglie uno dei principali punti di reclutamento dello stato selgiuchide. Il castello è conquistato, il sultano è sconfitto, pesantemente e cade in battaglia, assieme alla sua scorta. Il fronte di guerra avanza e il castello di Ankara diventa uno dei punti chiave della strategia romea, la base per le future spedizioni imperiali: assieme a Dorileo, queste due fortezze diventano i centri di reclutamento dell’armata imperiale.
    Ma notizie nefaste giungono da Oriente: il Califfo Abbasside ha indetto una Jihad su Costantinopoli.


    (mi vogliono bene devo dire)

    Questa è una complicazione non da poco: se tutte le fazioni islamiche del medio oriente si coalizzassero, la guerra diventerebbe estremamente complicata. E Manuele sa che al momento ha due opportunità: o continuare la guerra ad oltranza, annientando i Turchi, oppure decidere in una pace e rimandare i progetti di conquista. Prova la via diplomatica, ma i nemici sdegnosamente non accettano. E le ostilità continuano: nel 1162 il nuovo doux di Amaseia, Demetrio di Lampsaco sconfigge un’armata turca vicino alla frontiera. Grazie alle forze ereditate dal contingente di Giovanni Paleologo, un anno dopo si ripete in una seconda battaglia sempre nei pressi di Amaseia: le forze della Jihad, comandante da un nobile Abbasside, vengono battute e sconfitte; Giovanni Comneno, assieme ad un reggimento georgiano, respinge ancora più a est le truppe del Califfato. Ma per sicurezza, decide di lasciare un corpo di cavalleria leggera che controlli la frontiera georgiana; una scelta che si rivelerà intelligente. Un anno dopo i fatti di Amaseia (1164), Manuele I riprende la sua forte offensiva: il nuovo obbiettivo è Cesarea, la fortezza che un tempo apparteneva alla potente famiglia dei Foca.




    imageshack.us/photo/my-images/715/kingdoms201301111532...
    Manuele esegue un capolavoro di tattica, isolando la guarnigione con un contingente secondario che assedia la fortezza di Cesarea, isolandone la forte guarnigione e approfitta di questo per attaccare le due armate presenti nei pressi del castello: i turchi hanno abboccato l’esca, indebolendosi proprio in quella regione. Manuele attacca: lo scontro, per quanto contro due armate, vede leggermente inferiore numericamente l’imperatore Comneno, ma dalla sua ha le truppe migliori. imageshack.us/photo/my-images/19/kingdoms201301101548460.png/
    Lo scontro che ne segue vede la completa sconfitta delle due armate, mentre il piccolo contingente posto a guardia dell’ex covo dei Foca è costretto a ritirarsi. Ma Manuele è previdente e nell’inverno di quell’anno approfitta della debolezza della guarnigione, ulteriormente indebolita per assediare e prendere d’assalto il castello e conquistarlo. Ma dicevo che i turchi hanno mangiato l’esca: Niceforo Paleologo ha sguarnito volontariamente Ankara e attirato una considerevole forza turca nel territorio del tema di Anatolia; prende l’armata d’infilata, tagliandole la via di fuga e mettendola alle strette, riuscendo a sconfiggerla sul campo.
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    I resti degli eserciti affrontati in quell’anno dai romei si rifugia a Sivas.



    La resa dei conti è vicina. Le spie e i Georgiani fanno il resto: i vicini del Caucaso sembrano riuscire non solo a contenere la spinta Abbasside, ma anche ad attirare parte delle armate selgiuchidi, che non riescono a passare ad Ani. E Manuele I accarezza l’impresa. Liscia il pelo della sua armata, la rinforza, la blandisce e soprattutto, la rinforza. I soldati della Pronoia sono ormai una delle sue spine dorsali, assieme alla formidabile cavalleria leggera che lo accompagna da 8 anni. Idem gli arcieri a cavallo. Nell’estate del 1166 parte da Cesarea e si attesta davanti alla cittadina di Sivas: il sultano è arroccato li con il suo esercito. Manuele fiuta la preda.
    I suoi soldati sanno che li si gioca tutto.
    Se l’imperatore vince, la strada per la vittoria totale dei Romei è aperta. E si arriva allo scontro: la prima armata che va incontro all’imperatore romeo viene spazzata via dalle forze della Pronoia, con due reparti lasciati in riserva, pronti ad intervenire, assieme a stratioti e kontophoroy in caso di necessità. Essendo il grosso delle truppe, nonostante l’oscurità (il nemico, infido, ha voluto attaccare di notte), le forze imperiali reggono il confronto e le riescono a mettere in fuga, sparpagliandole e sconfiggendole, trasformando la battaglia in una caccia all’uomo. Ma non è ancora finita: arriva il Sultano Shahan con il suo corpo d’armata. La battaglia infuria proprio mentre l’esercito romeo si sta rischierando, ricompattando i ranghi: la carica del sultano prende sul fianco un reparto di pronoiari provato dallo scontro. Manuele interviene direttamente, attaccando con forza da tergo il sultano, assistito dagli stratioti che portano man forte al loro generale. La forza dei turchi viene infranta con la morte del loro signore: tagliata la testa del serpente, il suo corpo si contorce per poi rimanere immobile. Quella che segue è soltanto la conseguenza della carica avventata del sultano: è una spietata caccia all’uomo.



    I cavalieri romei setacciano il campo di battaglia e fanno prigionieri. La guarnigione di Sivas è ridotta ai minimi termini.
    Manuele batte il ferro finchè è caldo: assedia l’abitato e nell’inverno seguente lo prende, conquistandolo.
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    La vittoria è ormai romea: niente e nessuno potrebbe impedire al basileus di prendere l’esercito e marciare ad oriente, verso l’Eufrate, a Melitene. Ma la saggezza romea suggerisce di non annientare il nemico: il nemico di oggi, può essere l’alleato di domani; il basileus valuta: la sua influenza è ben oltre i suoi confini e valica anche il fiume Eufrate, se riesce ad assoggettare i turchi. È il 1167 quando i suoi emissari lo informano che il nuovo sultano ha accettato le condizioni di pace: Melitene e un altro castello dall’altra parte dell’Eufrate resteranno in mano turca, ma il sultanato dei Selgiuchidi si piega al volere imperiale, dichiarandosi suo vassallo.
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    L’imperatore ha raggiunto il suo obbiettivo e la guerra è finita.
    Ora può tornare a casa, da dove manca da oltre dieci anni.
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    Intanto vengono aggiustati i rapporti con i vicini Georgiani: ognuno dei due avrà il libero accesso militare nelle rispettive terre e c’è un pieno scambio di informazioni sui propri territori. E intanto che l’imperatore torna a casa, rimette mano alla difesa delle regioni dell’Anatolia: i temi di Anatolia, Cappadocia, Tracia e Samo rappresentano una linea di fortezze che funge da linea difensiva e spina dorsale della penisola. Di questi quattro castelli, Ankara e Dorileo rappresentano i punti chiave: il primo difende tutta la parte orientale della penisola anatolica (Iconio, Cesaresa, Sebasteia), mentre il secondo la parte occidentale. Trebisonda viene rafforzata nella guarnigione: la sua collocazione isolata obbliga ad un corpo di guardia leggermente più numeroso, quanto basta per scoraggiare eventuali rivalse turche. È il 1168 quando Manuele I fa ingresso trionfale nella capitale: la guerra è finita e la chiusura del conflitto è sancita definitivamente nel 1169, con la pace con gli Abbassidi.



    Gli ultimi anni (1171 – 1181)

    Seguono anni di tranquillità, dove anche il cugino, Andronico, viene associato come co-imperatore al trono con il nome di Andronico I. Sul fronte diplomatico, l’impero si muove con contatti con le potenze confinanti, soprattutto la Serenissima repubblica Veneta. La pace però, per l’impero dei Romei dura sempre poco. È il 1177 quando i Cumani provano ad avventurarsi in Bulgaria, sconfinando oltre il Danubio. Artabeno, generale del tema di Bulgaria, sconfigge in battaglia, una dura battaglia, l’esercito cumano; Niceta di Seleucia, ex duce di Creta, assedia la città di Tarnovon, in mano ad un esigua guarnigione di soldati cumani, che viene presa dopo sei mesi di assedio, nel 1179. A suggellare l’inizio delle ostilità, viene formalizzata l’alleanza tra Romei e Ungheresi: gli interessi comuni sul Danubio, il nemico comune portano all’unione d’intenti. A suggellare il trattato, anche l’accesso militare e un dono, da parte del basileus di 1000 bisanti.
    Ma come sempre, combattere su due fronti è un destino che l’impero deve e dovrà sempre affrontare. I Crociati attaccano via mare i porti di Cipro, venendo respinti dalla flotta bizantina. È il 1180 quando succedono questi fatti. Sei mesi dopo, nell’estate del 1181, anche il co-imperatore, succeduto a Manuele I morto nel 1178, viene a mancare nelle stanze del Gran Palazzo imperiale.
    L’impero, in 25 anni, ha ristabilito la sua influenza sulla penisola Anatolica e ha riportato parte della sua dominazione sul basso Danubio. Mancano le terre alla foce del fiume, ma queste saranno obbiettivo del nuovo imperatore, che avrà il dovere di concentrarsi sull’Occidente, senza trascurare l’Oriente. Manuele si era concentrato proprio su quest’ultimo, ma con la diplomazia e un accorta strategia di difesa, aveva mantenuto intatte e sicure le frontiere occidentali.

    imageshack.us/photo/my-images/580/kingdoms201301101248...
    imageshack.us/photo/my-images/203/kingdoms201301111537... ---> armata imperiale
    imageshack.us/photo/my-images/152/kingdoms201301111551... ---> esercito di Niceforo Paleologo
    [Modificato da BasilioIIBulgarotocne 08/02/2013 11:12]
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    LordFerro
    Post: 1.433
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    Principe
    00 17/01/2013 13:41
    è un onore per me leggere questo racconto.
    Sono impressionato anche dal fatto che le finanze hanno resistito a questa espansione ed all'accumulo di cavalleria, che di certo è il reparto più costoso.
    Se è possibile sarei curioso di vedere il tuo resoconto di fine turno, con le spese "invisibili" che appaiono ad inizio solo all'inizio del turno.
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    BasilioIIBulgarotocne
    Post: 102
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    Fante
    00 17/01/2013 14:02


    detto fatto :D si effettivamente, mi sono stupito anche io... ma ho anche tenuto ferma la politica edilizia. Praticamente davo il via a costruire qualcosa si e no una volta ogni 2/3 turni... in una sola regione.
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    LordFerro
    Post: 1.433
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    Città: ROMA
    Età: 31
    Principe
    00 17/01/2013 14:31
    Questo è il resoconto ad inizio turno:


    e quest'altro è lo stesso resoconto ma a fine turno:
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    BasilioIIBulgarotocne
    Post: 102
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    Fante
    00 17/01/2013 14:54
    Ah ok ><
    a parte che poi dipende, perchè alcune volte facevo accodare reclutamente e costruzioni... però appena mi rimetto a giocare ti faccio vedere.
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    Alessio(96)
    Post: 106
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    Età: 28
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    00 18/01/2013 14:29
    Secondo me prima di attaccare i turchi sarebbe stato meglio conquistare la Bulgaria ribelle a nord e la Serbia ad ovest; in questa maniera avevi confini europei più sicuri contro cumani e ungheresi, e comunque Tarnovo, Konstantia e Ras sono città filogreche. [SM=x1140522]
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    BasilioIIBulgarotocne
    Post: 102
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    Città: CASTELVERDE
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    Fante
    00 18/01/2013 19:05
    Alessio(96), 18/01/2013 14:29:

    Secondo me prima di attaccare i turchi sarebbe stato meglio conquistare la Bulgaria ribelle a nord e la Serbia ad ovest; in questa maniera avevi confini europei più sicuri contro cumani e ungheresi, e comunque Tarnovo, Konstantia e Ras sono città filogreche. [SM=x1140522]



    No, non c'è né stato bisogno, come hai visto: gli ungheresi sono miei alleati, assieme ai veneziani. I cumani sono un fastidio, ma se riesco, cercherò di creare uno schermo davanti al danubio, cedendo i territori oltre fiume ai miei alleati. anche perchè ora come ora, devo pensare bene a cosa/chi attaccare, in quanto ho ancora un bonus di due insediamenti prima di dover iniziare a spendere dai 6000 in su a turno solo per mantenere i miei territori D: [SM=x1140434]
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    BasilioIIBulgarotocne
    Post: 102
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    Città: CASTELVERDE
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    Fante
    00 24/01/2013 21:56
    Ho momentaneamente il portatile fuori uso (problemi allo schermo) per questo manca il proseguo della AAR. Sto studiando quindi faccio pochi turni... ma appena aggiusto il portatile, riprende :D promesso.
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    BasilioIIBulgarotocne
    Post: 102
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    00 28/02/2013 21:04
    Di Giovanni III Comneno 1181 - 1203
    Un nuovo regno è alle porte. Ma questo, ultimo rappresentante della dinastia legittima, può portare a termine il compito iniziato dall'avo, Alessio I Comneno.

    È l’anno 1181 e Andronico, l’imperatore che aveva preso il potere dopo la morte del cugino Manuele, viene a mancare nelle stanze del palazzo della Blacherne. Giovanni III, gli succede al trono e si trova ad affrontare diverse minacce alla frontiera: i Cumani a ovest, oltre il Danubio, nelle terre dell’antica Bulgaria. A ovest, i Crociati, che imperversano in Cilicia. Il nuovo imperatore ha quindi il suo bel daffare per tenere la pace e la guerra fuori dalle frontiere imperiali.

    La guerra Greco – Franca (1180 – 1185)

    Andronico III aveva lasciato la frontiera orientale come aveva fatto il cugino, armata e difesa in pieno assetto da guerra offensiva. L’invasione della Cappadocia, respinta senza particolari problemi, rende la frontiera imperiale in quel territorio rovente. La strategia crociata però ha un limite: l’attacco ad ondate che caratterizza la condotta franca, ha il difetto di lasciare sguarnita la retrovia. Agire dietro le linee è uno scherzo: Alessio Briennio, con un esiguo corpo di spedizione colpisce nel cuore della dominazione crociata, la città di Tripoli. La conquista e la saccheggia.

    L’impero si espande a oriente, anche grazie al “supporto” delle armate siriane, che si espandono ai danni dei crociati, attirando gran parte delle forze più a nord. La conquista di Tripoli (1181) segue a quattro anni di calma piatta: le azioni imperiali sono praticamente nulle e alla fine, si arriva al trattato di pace: 3000 bisanti versati in tributo all’impero per un anno.
    imageshack.us/photo/my-images/266/kingdoms201301162134...

    Guerra Greco – Cumana (1177 – 1197)

    Prima che Manuele, terrore dei Turchi, lasciasse il mondo terreno, i Cumani iniziarono le loro prime incursioni al di qua del Danubio. La situazione nei territori della Bulgaria occidentale fu sventata da Artabreno, che con l’armata d’Occidente passò all’attacco respingendo l’incursione bulgara e soffocando le altre sacche di infiltrazione. Per rispondere meglio alla minaccia e, soprattutto, proteggere la via per Costantinopoli, un piccolo corpo di spedizione si preoccupò di marciare negli antichi territori dei Bulgari e a conquistare l’antica Tarnovo o Tinograv, isolata dal resto delle linee di comunicazione con il territorio dei Cumani. In una guerra vige la legge “dividi e conquista” ma anche “il nemico del mio nemico è mio amico”: un alleanza con il regno d’Ungheria sancisce la sicurezza del settore del medio Danubio e la creazione di una grande area nei Balcani, dove gli interessi di Venezia, Budapest e Costantinopoli si uniscono e agiscono su una linea comune. L’alleanza porta all’obbiettivo comune: allontanare i Cumani dall’area del grande fiume. Quando Giovanni III diventa imperatore, l’avanzata imperiale è ancora ferma alla sola Tinograv: ci vogliono mesi, ma il basileus, dopo due possenti battaglie, riesce a piegare la resistenza Cumana e conquistare la città costiera di Konstantia, riportando la frontiera bizantina sulla foce del grande fiume.

    Quello che segue la prima battaglia, la possiamo definire come una rivisitazione della furia del Bulgarotocno, Basilio II, con lo sterminio dei soldati catturati. Il teatro di guerra ruota proprio attorno alla foce adesso: controllando quel punto, Costantinopoli controlla tutto il traffico fluviale e costiero del mar Nero occidentale e parte di quello settentrionale. Konstantia è il fulcro di tale teatro di guerra e due anni dopo, nel 1184, Giovanni III deve intervenire per liberare dall’assedio la città, sconfiggendo, ancora una volta, le truppe della steppa. Dopo questa battaglia, i Cumani anche per mare vengono battuti dalla flotta della capitale.
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    Segue un periodo di pausa e stasi: l’imperatore ne approfitta per rimettere mano alle questioni militari in oriente, con la pace con il regno crociato e un alleanza con gli Egiziani di Saladino. All’alba del 1188, Alessio Arbateno, appena 16 enne, varca con l’esercito d’occidente il Danubio e conduce una serie di battaglie e assedi nella regione di Arges, conquistando la città e saccheggiandola. Abbandonata la città, il centro viene ceduto agli alleati ungheresi. Le azioni sulla via di ritorno sono solo resti di armate precedentemente battute, respinte con facilità. Nell’estate del 1190 ritorna in Bulgaria, a Serdika. Intanto, proprio in quei mesi, Giovanni III colpisce ancora una volta alle reni del nemico: come Brienno in Oriente, l’imperatore in persona sbarca con un piccolo corpo di spedizione di mercenari latini e stratioti in Crimea, davanti a Cherson. L’assedio è breve e l’assalto, porta al massacro dell’esigua guarnigione. Le coste orientali del Mar Nero, proprio nello stesso periodo, cadono in mano ai Georgiani.

    La situazione all’alba del 1194 è ancora in una fase di stasi: ma non c’è nulla da lasciare al caso. Sottovalutare il nemico è un tratto tipico dei romani e Giovanni III non vuole commettere quell’errore. La guerra continua feroce nella steppa. I georgiani sono furenti contro i loro nemici e con il supporto finanziario dell'imperatore Giovanni III il Mistico, mettono fine al khanato Cumano, attaccato da Ungheresi, Russi e appunto Georgiani. In data inverno 1197, Giovanni III cede, dietro pagamento, la regione del Chersoseno Pontico. La porta della steppa passa all'alleato. E l'alleanza si rafforza ancora di più.

    La Guerra Siro – Greca (1192 – 1194) e (1196)

    La conquista di Cherson e la relativa tranquillità dell’Occidente riporta le attenzioni dei luogotenenti dell’imperatore a Oriente. I siriani appaiono davanti alle mura di Tripoli nel 1192 ma vengono respinti da Brienno. Dopo la difesa, dalla capitale giunge chi non ti aspetti: un Foca. Discendente della gloriosa famiglia di militari, Andronico Foca ha intenzione di riportare in auge il buon nome della grande famiglia armena che fece imprese militari durante il periodo di mezzo. Al comando dell’armata d’Oriente, varca la frontiera della Cilicia e sconfigge una grande armata siriana, liberando dall’assedio i Crociati, ormai stremati.

    La battaglia però, per quanto poco dispendiosa, viene seguita dall’assedio della stessa Adana. Il centro della guerra è la Cilicia e la costa palestinese all’altezza di Tripoli. Andronico Foca si ritira inizialmente e lascia ai siriani il compito di svenarsi contro i Crociati. L’anno seguente, nel 1194, si ripresenta e attacca l’armata principale sul campo: è un esca. Attirata la guarnigione fuori dalle mura la sconfigge e poi, impossibilitato a varcare il ponte e per evitare un sicuro massacro si ritira.
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    Lo sforzo e l’onta della sconfitta non è vano: Giorgio Paleologo, con un esiguo esercito conquista la sguarnita Adana, mettendo la parola fine sulla contesa, cedendo poi la regione ai Turchi, vassalli e alleati degli imperiali. Ma in Palestina le cose non vanno bene: Tripoli, assediata, viene conquistata: Brienno ha eseguito l’ordine di andarsene dalla città. Per lui ci sarà un incarico in occidente; la conquista della città pone anche la parola fine a questa guerra: i Siriani accettano le condizioni di pace e la guerra, al momento cessa. Al momento, perché hanno messo gli occhi sulla regione in mano ai turchi.
    E il conflitto non può che riaccendersi.

    Andronico Foca si ripresenta in Cilicia, ancora una volta: i Siriani vogliono Adana. Ma ancora una volta, il conflitto, vede i gli imperiali respingere l'invasore. E i Turchi prendono forza, riuscendo a contrastare e a muovere guerra contro gli Atabeg. Riprendono terreno e si espandono in oriente. Ma questo non riguarda gli imperiali: la guerra, diretta, si chiude nello stesso anno. Ma il finanziamento delle armate turche continua incessante. Giovanni III non vuole sporcarsi le mani di sangue selgiuchide.

    Guerra greco - tedesca (1196 - in corso)

    Le ambizioni imperiali sono contestate da generazioni dall'eredità dell'impero di Carlo Magno. Se da un parte i Romei rivendicano l'eredità dell'impero Romano, anche i Germanici non sono da meno. La guerra che ne esce, è più di tensione. Una sola battaglia, durissima, dove Alessio II Arbarteno riesce a sconfiggere le truppe tedesche. La forza della fanteria germanica è piegata dalla mobilità delle cavallerie greche. Al prezzo di tantissimi caduti. E poi... una lunga tensione, senza scontri armati.



    Gli ultimissimi anni (1197 - 1203)

    Giovanni III vive all'ombra di Haiga Sofia ormai e alla Blacherne, si pensa a chi deve succedere al trono in futuro. Tra preghiere, teologia, illuminazione e fede, Giovanni III non trascura l'impero, dandogli ancora sicurezza per mezzo della diplomazia. Nell'inverno del 1203 poi, dopo anni passati in meditazione e preghiera, il basileus si spegne. L'impero si è espanso ancora, riprendendo l'estuario del Danubio. A Oriente la situazione è ancora, per il momento in un punto di equilibrio. L'impero è rispettato ovunque o quasi. Al suo nuovo signore, il compito di portare a termine l'opera iniziata da Alessio I Comneno oltre un centinaio di anni prima: rinnovamento, per gradi, della potenza imperiale come hai tempi della dinastia Macedone. E poi al prossimo gradino: provare a ripristinare, come forza egemonica o territoriale, la Pars Orientalis dell'impero Romano.


    [Modificato da BasilioIIBulgarotocne 04/04/2013 13:00]
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    LordFerro
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    Principe
    00 28/02/2013 22:59
    finalmente una cosa positiva in questa giornata storta, non vedo l'ora di leggere il seguito.
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    UnequivocalMr.Crow
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    Principe


    00 28/02/2013 23:12
    Anche se, come sapete, non mi piacciono i bizantini, devo ammettere che questa aar è davvero fatta bene...lo stile conciso e lapidario con cui descrivi gli avvenimeti non annoia mai il lettore...bravo!

    L'unica cosa che mi piacerebbe vedere è qualche immagine in più, sopratutto immagini di battaglia...a me piacciono molto le immagini di battaglia...






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    BasilioIIBulgarotocne
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    00 01/03/2013 15:59
    Ringrazio per i complimenti sullo stile "letterario": si diciamo che deve essere ancora ben raffinato, dato che si sta provando a scrivere un libro.
    Per le immagini... eh proverò, ma mi è molto difficile... non ne cerco tante di battaglie, punto molto a combattere solo se necessario e quando sono sicuro al 1000% di vincere.
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    BasilioIIBulgarotocne
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    00 30/03/2013 15:33
    Di Andronico II Foca (1203 - 1227)
    È dal 969 che un Foca non siede sul trono di Costantinopoli. L’ultimo fu Niceforo II Foca, patrigno di Basilio II. Ora, a distanza di quasi 250 anni, un Foca veste di nuovo la porpora imperiale. Andronico II è il nuovo imperatore, scelto da Giovanni III Comneno per continuare il progetto di restaurazione dell’autorità romea iniziato da Alessio I Comneno nel 1081.

    imageshack.us/photo/my-images/823/kingdoms201303121116...

    I primi anni (1204 – 1214)

    La porpora pesa enormemente sulle spalle di un basileus che è succeduto a tre mostri sacri come Alessio I, Giovanni II e Manuele I, tutti e tre rappresentanti della dinastia dei Comneni. Dopo Andronico I, Giovanni III, sempre Comneni, la mancanza di un esponente della famiglia reale nella linea dinastica porta alla nomina di Andronico Foca, distintosi in Oriente più per meriti gestionali che militari. Quando il Foca sale al potere, l’impero che eredita è abbastanza forte, ma non è ancora in grado di poter gestire con più semplicità una guerra su due fronti. Le finanze sono solide e il tesoro imperiale consente all’imperatore di mettere mano ad una campagna di rafforzamento delle strutture economiche e produttive dell’intera ecumene romea. Non è un progetto ambizioso, ma un’attenta analisi della realtà delle province imperiali, che in alcuni punti presentano anche delle infrastrutture deficitarie. Il basileus quindi non si perde d’animo e da ordine di iniziare una campagna di edilizia di discreta portata, con l’obbiettivo di rendere l’economia imperiale ancora più competitiva e soprattutto, ridare quella grande forza e ricchezza economica che l’impero, sotto i membri della dinastia Macedone, aveva raggiunto. Non viene comunque tralasciato nulla in campo estero: la Cilicia, passa con la forza della persuasione romea, tra le fila imperiali (1206).
    imageshack.us/photo/my-images/33/kingdoms201303121226538.png/
    È un risultato di notevole importanza, perché viene si messo mano al fondo monetario, ma almeno si è evitato di spargere sangue imperiale con la netta possibilità di perdere le proprie truppe e aprire il via ad una possibile tragedia tipo Manzikert. Sul fronte occidentale, invece, ancora una volta i tedeschi provano una delle loro offensive massicce ma sporadiche: Alessio II Arbanteno respinge e sconfigge la forza d’invasione nella fredda campagna bulgara in un mattino nevoso di dicembre, riportando una splendida vittoria e guadagnandosi il titolo di Gran Domestikos d’Occidente (1210).
    imageshack.us/photo/my-images/838/kingdoms201303131202...

    La campagna d’Italia (1214 – 1217)

    Dopo dieci anni di relativa pace, Andronico II prova a cogliere l’occasione: i suoi agenti informano che Bari e la costa pugliese è sguarnita. Incoraggiato dallo stallo sul fronte Orientale, l’imperatore prova quindi a lasciare un impronta militare nel suo regno. È un progetto iniziato quattro anni prima, con l’arruolamento della druzina variago - russa come spina dorsale dell’invasione. Sotto la guida di Alessio Catancuzeno, nel 1214 un’armata di discreta forza sbarca in Puglia e mette sotto assedio Bari, conquistandola e aprendo di fatto, un fronte di guerra con i Normanni di Sicilia.



    Ma le notizie che giungono dalla Siria e anche le difficoltà logistiche, rendono la situazione abbastanza precaria: la forza d’invasione, per quanto intatta, non può contrastare l’armata dello Stupor Mundi, Federico di Svevia – Altavilla, superiore in uomini e mezzi. La sola Durazzo, non basta a rifornire di uomini e materiali le forze di Alessio Catancuzeno. La decisione è irrevocabile: l’ordine che giunge dalla Corte è di ritirarsi. L’avventura italiana cessa dopo solo tre anni, con una vittoria sul campo di battaglia. Non è umiliante, anzi, Andronico II decide di ristabilire uno status quo con i Normanni di Sicilia per scongiurare un invasione sul fianco occidentale. Mossa azzeccata: lusingati da tale comportamento, i baroni Normanni accettano. La pace giunge quanto mai in tempo.


    trattato di pace con i normanni: tornerò, promesso!!!

    Guerra Fatimide – Greca (1214 – 1219)

    Contemporaneamente all’attacco a Bari, l’imperatore stesso organizza un raid piratesco in Egitto. La preda? Alessandria. La città è sguarnita e sfruttando la provenienza dal mare, non atteso e con poche ma valide forze, l’imperatore attacca e conquista d’assalto la città di Alessandro Magno. La rade quasi del tutto a suolo, oltre a saccheggiarla. Il ritiro è praticamente immediato. La soluzione diplomatica, arriva a distanza di cinque anni: dopo una serie di abboccamenti e una Crociata di mezzo che ha spazzato via i Fatimidi da Gerusalemme, la pace tra le due potenze è sancita. Ma l’episodio ha un duplice effetto: da una parte, avvicina, disgraziatamente l’Egitto alla Siria. Ma dall’altra, mostra che in Oriente, la verve dei Romei sembra essere tornata di nuovo quella dei tempi d’oro. E presto, se ne sarebbero visti i frutti.

    La seconda guerra Siro – Greca ( 1216 – 1224)

    Per vent’anni, la frontiera orientale è rimasta pacifica. E pacificamente, Andronico II Foca ha allargato i confini alle spese della Siria, riprendendo la Cilicia che oltre 150 anni mancava ai territori imperiali. Ma il passaggio della regione, non è passato inosservato e se la strana calma che ha seguito questo fatto poteva rendere la situazione più gestibile, ora invece i Siriani sono pronti a farla pagare. Una grande spedizione infatti si presenta in Cilicia. L’avanzata però si arresta sull’unico passaggio obbligatorio per Adana, dove Niceta Paleologo, con il suo esercito,ferma la forza d’invasione. La battaglia che ne segue è durissima. Molto dura. E si è rischiato di cadere, di perdere. Ma la forza, la determinazione del comandante ha spronato gli uomini a reggere. Le armate di Siria sono state disperse a caro prezzo.
    imageshack.us/photo/my-images/402/kingdoms201303151204...
    I Siriani non osano attaccare, nonostante il Paleologo sia a corto di uomini: una seconda carneficina la vogliono evitare.



    E il tempo perso dai nemici, gioca a favore degli imperiali: il ritiro delle truppe siriane dai confini, consente, dopo due anni, l’attacco in forze di Niceta Paleologo sulla Siria stessa, con la sua gemma più bella: Antiochia. La città cade dopo un assedio, grazie anche all’azione della spia che apre le porte e consente l’assalto delle ancora limitate forze imperiali. Andronico Foca è la dove è stato il suo antenato. I siriani sono stati colpiti nel profondo. “La pace non la chiedo, la impongo”, cosi Niceta invita l’emissario imperiale ad agire. E cosi, ottiene il trattato. Suona più come una tregua. Una tregua di soli tre anni. Il tempo che serve a lui e all’imperatore in persona per armare una forza d’invasione. L’attacco infatti arriva nell’estate del 1221: Andronico II è sull’Eufrate a nord, verso le sorgenti e conquista Melitene. Niceta Paleologo è a Sud e varcato il fiume Oronte, conquista Aleppo. I due insediamenti, isolati dal resto delle forze siriane, cadono nel giro di sei mesi.



    Prontamente, l’emissario impone di nuovo una pace generosa ai Siriani, senza chiedere nulla in cambio: l’ennesima tregua. L’impero ha di nuovo ristabilito la sua antica frontiera orientale. E la strada per la Terra Santa è aperta: basterebbe un'altra campagna. Una sola, fatta bene, con grandi forze e anche Gerusalemme cadrebbe. Ma Andronico non si fida: il Foca sa che la conquista di Gerusalemme potrebbe mettere a rischio la situazione della frontiera orientale, ancora non del tutto rafforzata e sistemata. Ma intanto, meglio gettare le basi e minacciare Gerusalemme e Damasco. Come? Con un'altra campagna, sulla falsa riga della distruzione di Alessadria d’Egitto dieci anni prima.
    Con un altro generale, Micheal, due discrete forze imperiali, con catapulte al seguito, sbarcano davanti a Tripoli e Acri, non difese adeguatamente. L’assalto è un successo: la costa libanese passa sotto il controllo imperiale dopo i successi di qualche decennio prima contro i Crociati e Tripoli, città persa precedentemente è riconquistata.
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    E ora, anche Acri, baluardo formidabile, è nelle mani degli imperiali: con quella fortezza, si minaccia direttamente Gerusalemme. La Santa. La sua conquista, al momento, deve essere rimandata: niente gloria effimera. Fatti come quelli di Bari, non devono più ripetersi. L’emissario impone un'altra generosa tregua. imageshack.us/photo/my-images/171/kingdoms201303301110...
    Questa volta però, sembra che finalmente, la pace, per quanto fragile, possa regnare tra i due contendenti. imageshack.us/photo/my-images/812/kingdoms201303301217...



    Piccoli passi dunque: anche perché la Georgia, storica alleate dei Romei, è vicina ai siriani. E ciò rende le cose difficili.

    Guerra greco - tedesca (1196 - in corso)

    La guerra di tensione tra le due potenze continua ancora. Alessio II Arbanteno, dopo la nomina a Gran Domestikos d’Occidente, sconfigge ancora, nel 1216 e nel 1218, due armate imperiali che hanno varcato la frontiera Danubiana. Questi due successi gli consentono, nel 1219 di ricevere dall’imperatore, tramite il Patriarca, la porpora e la corona, diventando di fatto il co – imperatore. La nomina a co-imperatore non allontana Alessio II dai suoi doveri in Bulgaria, anche se diventa il punto di riferimento dei territori della Rumelia, la grande circoscrizione occidentale dei territori continentali europei. Ancora nel 1225 respinge una nuova invasione dei tedeschi, mentre il co-imperatore continua la sua politica di governo in occidente, allineandosi alle direttive del suo collega, Andronico II Foca, senza mostrare segni d’impazienza per la presa del potere.











    Riforme e ultimi anni (1224 – 1227)

    Andronico II, cosciente del continuo divenire della frontiera (specie quella orientale), ha fatto annotare sui registri la composizione del proprio impero, con una divisione che veniva già utilizzata dai suoi predecessori ma migliorandola. Vengono confermate le due grandi aree territoriali che compongono l’ecumene romea, cioè la Rumelia (Balcani) e l’Anatolia (penisola anatolica), aggiungendovi le Isole (Cipro e Creta), che sono a “statuto speciale” con un certo grado di autonomia ma sempre sotto il controllo dell’autorità dell’imperatore. Poi vi è la nuova area di Siria, che comprende le recenti conquiste oltre la Cilicia. Infine, la piccola area dell’Eufrate, primo passo, nei progetti imperiali, di un acquisizione delle terre che costeggiano l’alto corso del fiume mesopotamico. Ultima riforma, accompagnata ad una continua campagna edilizia, è la standardizzazione delle guarnigioni militari in Asia, con le varie province ancora rette secondo la divisione di Manuele Comneno: ai Paleologi gran parte dei territori dell’Anatolia, ma con i Catancuzeno che iniziano a ritagliarsi una fetta nel controllo delle province asiatiche. Trebisonda, il Baluardo Isolato, è sempre concessa ad un esponente leale alla famiglia imperiale, in modo da evitare probabili distacchi dalla frontiera. E, sotto il suo regno, Foca assiste alla scomparsa della dinastia degli Angelo – Ducas, con la morte dell’ultimo esponente, Andronico, governatore di Tessalonica. In occidente, occorrerà mettere mano, ma questo spetterà ad Alessio II: il Foca lascia questo mondo ad Antiochia nel 1227.

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    imageshack.us/photo/my-images/802/kingdoms201303301254...

    Ecco qua :D
    Spero che per le immagini da battaglia vadano bene quelle messe XD
    [Modificato da BasilioIIBulgarotocne 15/07/2013 16:14]
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    lucafranz14
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    00 30/03/2013 23:40
    belll'aggiornamento

    p.s. la battaglia credo si chiami Manzikert :)
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    BasilioIIBulgarotocne
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    00 31/03/2013 11:21
    Re:
    lucafranz14, 30/03/2013 23:40:

    belll'aggiornamento

    p.s. la battaglia credo si chiami Manzikert :)



    Hai ragione D: errore mio D: mi vergogno assai [SM=g27966] [SM=g27969] [SM=g27970]
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    BasilioIIBulgarotocne
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    00 01/04/2013 15:47
    Di Alessio II il Lebbroso (1227 - 1233)
    Il regno di Alessio II il Lebbroso è un semplice intermezzo. Ormai ultra cinquantenne, il regno di questo basileus è, nelle sue intenzioni, altro che un regno di transizione. Con la morte di Foca, molti alti dignitari e strateghi del regno stanno lasciando questo mondo. Quello che però più sorprende nella dinamica delle grandi famiglie del regno, è la grande resistenza dei Comneni, nei due fratelli Alessio (nominato erede) e Giovanni. Della dinastia che ha rimesso in piedi l’impero, sono gli ultimi esponenti, mentre anche i Paleologo, dopo generazioni di dominio delle regioni anatoliche, sono costretti a retrocedere e a trovare, nei Catancuzeno dei potenziali rivali, con i Chalchita che iniziano a ritagliarsi un considerevole spazio, senza dimenticare i rami cadetti delle due grandi famiglie precedentemente elencate. Il regno di Alessio II è molto pacifico, dove più che venti di guerra, spirano venti di pace; ma proprio per lasciare un impero saldo, il basileus lavora affinché il suo successore trovi le condizioni adatte. Un idea, specie per la frontiera orientale, sarebbe ridurre lo spazio di contatto con i siriani: la frontiera, sotto Andronico Foca, è arrivata a disegnare una mezzaluna che dalle regioni a nord dell’Eufrate, scende lungo tutta la costa mediorientale, arrivando fino ad Acri, a poca distanza da Gerusalemme. Le forze imperiali, sono forti abbastanza da poter reggere l’urto di un attacco su un settore della frontiera, ma le forze siriane sono preponderanti. Una possibilità, sarebbe un attacco oltre le linee del nemico, con una marcia attraverso il Caucaso e le sorgenti della Mesopotamia. Oppure, soluzione che potrebbe essere migliore, è sfruttare i rapporti d’alleanza con il regno di Georgia, che ha fruttato la fine del Khanato dei Cumani: cedere Melitene e ammassare le forze in Siria, per scatenare poi una grande offensiva.



    Sulla frontiera occidentale invece, la situazione è ben diversa: gli Ungheresi, divisi dal cuneo imperiale, possono minacciare le città vicino al Danubio. È una situazione ancora lontana, ma Serdica non può sobbarcarsi l’onere della difesa di tutto il corso fluviale. Il futuro imperatore deve quindi tenere sotto controllo quelle terre che sono separate dalle montagne dei Balcani e si affacciano sul grande Fiume che separa l’impero dagli stranieri. Questi sono i compiti maggiori che spetteranno al futuro imperatore, Alessio III Comneno. A lui, spetterà chiudere definitivamente il cerchio, iniziato circa centocinquanta anni prima.

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    BasilioIIBulgarotocne
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    00 11/05/2013 14:29
    Di Alessio III Comneno il Conquistatore (1233 – 1266)
    Con Alessio III si chiude il lungo processo di restaurazione e rinascita dell’impero romeo. Un Alessio l’ha rifondato e un Alessio ha donato la massima forza ad un impero, che dopo Manzikert era sull’orlo del collasso. Il futuro, non possiamo sapere come sarà..

    I primi anni (1233 – 1237)

    Guerra greco - tedesca (1196 - in corso)


    Alessio III diventa sovrano, restituendo il trono a Comneni. Il giovane sovrano, incoronato dal patriarca in Santa Sofia. E subito si pone all’opera: alla testa di un armata, il giovane comandante, dopo aver trascorso tempo a Costantinopoli, marcia verso nord. L’obiettivo è Orsova, sul lato settentrionale del Danubio. In mano all’impero tedesco, il castello, scarsamente difeso, viene assediato e assaltato dalle forze imperiali che fanno parte dell’armata d’occidente; la conquista del castello è il caposaldo di una difesa avanzata, che alleggerisce la pressione su Serdica, cuore della difesa in Bulgaria. imageshack.us/photo/my-images/838/kingdoms201304072211...
    Da li in poi, tra tedeschi e romei, non s’incrociano le armi. La distanza e le difficoltà dei tedeschi in occidente, consigliano di non perdersi in altre azioni di guerra.

    La II Campagna d’Italia (1239 – 1247)

    L’Italia; è una terra che manca dai domini imperiali dal lontano 1071, quando i Normanni conquistarono Bari con Roberto il Guiscardo. In molti hanno tentato di riconquistare la terra italiana. Circa 20 anni prima di Alessio III, Andronico II Foca aveva tentato un attacco in Italia, ma la situazione ora è molto diversa. Ci vuole un approccio differente: sfruttando l’alleanza con le repubbliche italiane di Pisa e Venezia, Romano Podromo, duce di Durazzo, sbarca con un’esigua armata sulla sguarnita Bari, piombando sulla città e conquistandola d’impeto. Il solo Federico di Svevia, senza un armata a disposizione, con il suo solo seguito, non riesce a difendere la città; Bari è presa e la Puglia è riconquistata.



    Ne segue una tregua di qualche anno, in cui l’imperatore mette insieme un armata e sbarca in Italia, pronto ad attaccare. Con l’armata della regione e tramite anche il gioco d’alleanze, nell’inverno 1245 scatta l’attacco generale: i Pisani tenendo impegnati i Siciliani a Nord, sulla dorsale tirrenica, cosi come i Veneziani su quella adriatica, attirano gran parte delle forze continentali dei Siciliani.
    L’imperatore e Romano Podromo con due attacchi coordinati attaccano rispettivamente Cosenza e Napoli, mentre una flotta blocca lo stretto di Messina, impendendo alle armate in Sicilia di soccorrere gli insediamenti sul continente. Dopo un anno, cadono i due centri e unite le forze, l’ultimo ostacolo sul continente e Chieri, che viene conquistata nel 1247. Con il continente in mano romea, l’imperatore volge l’attacco all’ultimo baluardo: Siracusa. Raccolte le forze, anche mercenarie, il sovrano sbarca in Sicilia, mentre un emissario va verso Palermo. Appena Siracusa viene assediata i Siciliani accettano le condizioni di pace: ad eccezione di Bari, Cosenza, Napoli e Chieri vengono restituiti al regno di Napoli e Sicilia, in cambio del vassallaggio. La guerra è conclusa. E Alessio III torna a Durazzo da conquistare: i nobili dell’impero e i suoi avversari più prossimi sono avvisati: il Comneno ha dato inizio al suo regno con la conquista e non intende fermarsi.

    La terza guerra greco – siriana (1244 – 1254)

    La convivenza greco – siriana è ormai precaria. La tensione tra le due potenze è sempre palpabile e gli sforzi bellici, per la maggior parte, sono impiegati proprio sul fronte orientale. L’alleanza tra georgiani e siriani è l’unica cosa che, al momento, rende il fronte pacifico. Ma anche questo, ora non basta più. È l’estate del 1244 quando i Siriani rompono la tregua e assediano Antiochia. Costantino Paleologo, appena esordiente, con l’armata di stanza ad Adana, costruita per difendere le retrovie, libera la città dall’assedio. Ma la reazione romea non si ferma qua: Alessio Argiro attacca la Santa, Gerusalemme, conquistandola e saccheggiandola. L’assedio e la conquista della città, bastano: la pace, con la restituzione di Gerusalemme, è di nuovo sovrana.



    Ma l’imperatore, nonostante la lontananza, è stufo di questo tira e molla. Ora è tempo di chiudere questa storia. Una volta per tutte possibilmente. Passano tre anni, quando Romano di Tessalonica, da Aleppo, attacca e conquista Edessa. L’attacco alla regione mesopotamica è supportato, a sud, dall’assedio e riconquista della città Santa da parte di Alessio Argiro. La nuova tregua, sancita a Damasco, prevede la restituzione di Gerusalemme. Un nuovo passo in avanti: eppure, il potere dei siriani è ancora integro. Mentre dall’occidente, giunge notizia che il regno di Sicilia si è piegato all’imperatore, viene ordinata una nuova e più poderosa offensiva. Nel 1250, con un attacco combinato nel sud della costa mediorientale, avviene la nuova offensiva: Stefano Argiro attacca Gerusalemme, Alessio Argiro attacca Kerak e Angelo Paleologo arriva ad Ar Rakkah. L’attacco generale, contemporaneo, toglie i due importanti castelli ai Siriani, mentre Gerusalemme, viene restituita immediatamente, firmando l’ennesima tregua tra i due imperi. Ora, le terre siriane sono divise.



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    E la maggior parte delle truppe è concentrata a nord, verso la Georgia, che è entrata in guerra contro i Siriani. L’imperatore, intanto, è giunto finalmente in Oriente e radunato l’ennesimo esercito, varca il confine orientale della Cappadocia: è 1251, quando l’armata comandata dal basileus, assedia e conquista Melitene. Ma anche a sud, l’attacco è ancora più potente: in Siria, Giorgio Chalchita, da Emesa, riesce ad attaccare la città di Damasco, scarsamente difesa. Rimane solo Gerusalemme, che per l’ennesima volta, subisce un assedio: conquistata la città santa, viene presa da Stefano Argiro e poi, prontamente restituita ai siriani. Ancora una volta, tregua: fasulla, si sa, ma quel che basta per preparare quella che a tutti gli effetti, l’offensiva finale. È 1252 quando infatti, parte l’attacco generale: Giorgio Chalchita attacca ancora Damasco, questa volta assediandola senza mollare la presa, mentre Alessio III assedia e conquista il castello di Mardin. Intanto, Damasco viene conquista da Giorgio Chalchita, che molla l’assedio e attacca un armata di soccorso nei pressi della città siriana, riuscendo a conquistare l’insediamento e a cancellare la presenza siriana dall’area mediorientale, eccetto Gerusalemme, discretamente difesa (1253).



    La presa sui siriani non viene mollata: L’armata imperiale guidata da Alessio III è condotta oltre Mosul, nuova capitale, verso il bersaglio grosso: Bagdhad. L’assedio della grande città da parte di Alessio III dura sei mesi. L’assalto effettuato viene condotto con ferocia e la città è presa. Alessio Argiro,da Acri, attacca con tutta l’armata del settore, Gerusalemme, conquistandola. Da Kerak, una piccola armata, trasporta sul mar rosso, viene fatta sbarcare vicina a Medina. La città santa degli arabi, sacra per aver ospitato il Profeta durante l’Egira, viene conquistata e saccheggiata brutalmente. Questa volta però non c’è nessuna restituzione. Il capo siriano è infatti morto e nessuno può prenderne il posto. La guerra è finita. E Alessio III è incoronato conquistatore della città dei Califfi.




    Guerra greco – abbasside (1255)

    Sulla scia della vittoria contro i Siriani, Alessio III varca le terre del Califfo. La guerra che ne segue è breve: una stagione bellica brevissima, che porta alla conquista di un insediamento e alla cancellazione della forza militare abbasside. Ora, può disporre del nemico, ma Alessio III sa che l’impero, se troppo grande, diventa indifendibile, se controllato direttamente. In un colloquio privato con il Califfo, il Basileus pone delle condizioni: il Califfo viene sottoposto all’autorità imperiale, in cambio, governerà le vecchie terre siriane conquistate dai romei. I territori di Damasco, Emesa, Kerak, Ar Rakker, Mardin, Medina, Bagdhag sono cedute immediatamente in cambio del vassallaggio. Le forze militari orientali da parte dei romei sono smantellate. Rimane solo il nodo di Gerusalemme. Alessio III, conscio della possibilità di una Jihad contro la città Santa, a malincuore, deve concedere anche questa al Califfo. La guerra, breve, si conclude con un nuovo regno sottoposto all’autorità del Basileus. Alessio III è ormai un conquistatore. Il suo impero ha acquisito pochi territori, direttamente, ma la sua autorità e la sua ombra, è aumentata enormemente. Viene lasciato, come unico presidio, una grande armata ad Acri, per proteggere la punta più meridionale dell’impero da eventuali attacchi provenienti da sud. Provenienti dall’Egitto.

    Seconda guerra greco – egiziana (1251 – 1264)

    La guerra con la Siria infuriava. Quando Kerak fu conquistata da Alessio Argiro, gli egiziani, si sentirono minacciati. Una armata proveniente dal delta del Nilo, marciò attraverso il deserto e comparve nella regione di Kerak. Alessio Argiro, senza perdersi d’animo, approntò le difese. L’assedio è respinto. Ma si apre una fase di conflitto piatta al momento. Nessuno aggredisce l’altro. Ma la tensione rimane palpabile, però il compromesso è possibile: l'emissario spedito dall'Imperatore, trova il modo di accordarsi con il Fatimide. 6000 bisanti sonanti, una tregua e il ristabilimento dei diritti commerciali. Una pace comprata, non imposta. Ma si è ottenuto quello che si vuole: la chiusura di un fronte che ormai è quasi marginale.

    Prima guerra greco – polacca (1253 – 1264)

    Orsova, è stata conquistata per fare da parafulmine contro eventuali azioni che avrebbero interessato il sud del Danubio. I Polacchi, prima alleati, nel 1253 si presentano con un discreto esercito davanti alle mura di Orsova. L’assedio (e la guerra che ne segue) va a fiammate. L’armata polacca riesce a conquistare il castello dopo tre anni di assedio, ma a caro prezzo. Andrea Contostefano, Gran Domestikos d’occidente, varca il grande fiume nel 1258, battendo un armata fuori dalle mura di Orsova e riconquistando l’insediamento, radendo al suolo qualsiasi cosa presente, per poi abbandonare il castello. Due anni più tardi, passando oltre Orsova, un armata polacca varca il Danubio.

    Ancora una volta, il Gran Domestikos interviene e sconfigge l’armata polacca che, incautamente, ha tentato l’invasione. Nel 1264, a seguito del tracollo dell’Ungheria, viene proposta una pace tra Polacchi e Romei, con la cessione di Orsova ai primi, come pegno. La tregua viene sancita, ma un nuovo nemico, in quell’anno, mostra la sua vera natura.

    Guerra greco – ungherese (1259 – 1264)

    La guerra in oriente è finita. E Alessio III, non si sente ancora appagato. La guerra l’ha forgiato. La guerra ora l’ha reso un guerriero. La nuova guerra condotta dal basileus, ormai cinquantenne, è provocata dai vicini Ungheresi. Nel 1260, alla testa di un nuovo esercito, l’imperatore varca il Danubio e in Valacchia, si avventa contro la città di Arges. Viene concessa la possibilità di un uscita senza combattere alla guarnigione. Il comandante accetta, ma Alessio III non si lascia sfuggire l’occasione e piomba sull’esercito uscito dalle mura cittadine, distruggendolo.





    La guerra continua, ma senza ulteriori spargimenti di sangue: infatti, il territorio ungherese viene scosso dall’estinzione della casa regnante (1264) che fa piombare le terre ungheresi nel caos dell’assenza di un potere centrale.

    Guerra greco – veneziana (1264 – in corso)

    La guerra tra impero romeo e Ungheria, aveva posto la Repubblica di Venezia nell’atroce dubbio di dover scegliere il suo alleato. La scelta andò sui Romei. Ma con l’estinzione della casata ungherese, la repubblica veneta vede che ogni accordo non ha ancora più valore. Le tensioni erano già presenti: il vassallaggio del regno di Sicilia, infatti, aveva messo fine alle ambizioni veneziane sulla marca di Ancona e sull’eventualità di riconquistare poi, l’Emilia con Bologna. Il tradimento però, può anche aprire strada ad un consolidamento delle posizioni imperiali nella penisola Balcanica: con gli ungheresi fuori gioco, ora solo i Veneziani sono l’ostacolo per questo progetto. E Alessio III accarezza il momento: le frontiere orientali sono sicure. L’ombra lunga della sua potenza arriva ai confini dell’Egitto e fino al cuore stesso della Mesopotamia. In Italia, la sua aura e la sua autorità, dalla Puglia, si irradia in Sicilia, ai confini del Lazio e fino alla sponda meridionale del fiume Po, sulla sponda adriatica della Penisola. E l’impero mostra la sua forza, tramite i luogotenenti. Alessio Pelorgio, con la sua armata di saraceni che è di guarnigione nella regione italiana sotto il dominio romeo, colpisce la città di Ragusa, scarsamente difesa dai veneziani. Con a seguito delle macchine d’assedio, la città viene presa. E si punta al bersaglio grosso: Ras, il castello che governa e controlla la Serbia. L'attacco è portato con l'esercito di stanza in Bulgaria: la battaglia che segue è una grande vittoria di Andrea Contestefano, che riesce a distruggere l'armata veneziana e a conquistare l'intera regione, sfruttando l'inattività sul fronte danubiano.



    Alessio Pelorgio invece, continua a seminare terrore con i suoi saraceni sull'Adriatico: dopo Ragusa, anche Zara cade sotto il dominio Romeo e ora, l'Istria con la fortezza di Pola è a portata di mano. Ma l'imperatore, Alessio III Axouch il Conquistatore, non vedrà e non saprà come finirà la guerra. E' il 1266 quando muore nel suo letto. L'eredità morale, è quella di consolidare le posizioni acquisite negli ultimi anni: la Valacchia e la Serbia. In quanto lui, nella sua vita ha combattuto nel Banato, ha combattuto in Sicilia, ha combattuto in Mesopotamia e ha combattuto in Valacchia, oltre il Grande Fiume, sul Confine. Ovunque ci sia stata una guerra, lui c'era. Ora, al nuovo Basileus, il compito di raccogliere quella che è la pesante eredità di un uomo, che per 33 anni ha retto le sorti dell'impero. Un Comneno, Alessio I, ha dato il via alla ripresa dell'impero bizantino. Giovanni II Comneno ha portato avanti la politica paterna, conquistando e ristabilendo il dominio sulla parte meridionale dell'Anatolia. Manuele I e suo cugino Andronico I hanno sconfitto i turchi selgiuchidi, vendicando Manzikert e Romano IV Diogene, riconquistando l'intera penisola Anatolica. Giovanni III ha sconfitto i Cumani, rimettendo mano alla frontiera danubiana. E Alessio III Comneno il Conquistatore ha fatto ciò che i suoi predecessori, Andronico II Foca e Alessio II Arbanteno non son riusciti a fare: conquistare l'Italia ed eliminare i Siriani. Foca ha mantenuto fede al suo nome, rimettendo le armate romee in Cilicia e Siria. Alessio II ha solo preparato il terreno per quello che ha riportato la potenza imperiale ai livelli della dinastia macedone e del X secolo. Al nuovo Basileus, spetterà il compito pesante di mantenere l'impero forte e se possibile, chiudere i teatri di guerra che stanno ancora pesando sulle frontiere imperiali. Perchè ora, l'obiettivo principale è solo uno: pace.
    [Modificato da BasilioIIBulgarotocne 08/06/2013 15:15]
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    belisario74
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    Conte
    00 12/05/2013 09:38
    ormai quando mi connetto butto sempre un occhio al tuo post per vedere se ci sono news..... grande cronaca, asciutta avvincente e condotta con ludica maestria...l'unica cosa che non condivido ( perchè non ci riusciei mai ) è la cessione di così tanti territori a nemici sconfitti, forse ne sarebbero bastati 2 , max 3, come mai tanta indulgenza oltre a ovvi motivi logistici forse il costo delle regioni imposto dallo script?
    continua così !!!
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    BasilioIIBulgarotocne
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    00 12/05/2013 12:52
    Grazie troppo gentile :D
    Si ovviamente sono questioni di Script, ma poi anche questioni pratiche: non sono bravo a gestire un impero enorme (per intenderci: se conquistassi l'Egitto e la costa Africana, sorgerebbero dei problemi) e poi anche perchè posso aumentare la mia forza senza dover per forza avere direttamente sotto il mio dominio dei territori.

    1. non spendo soldi in più per il mantenimento di armate nei territori conquistati.

    2. avere un impero egemonico e non territoriale, è una buona cosa: per intenderci, posso concetrare le forze militari in settori che m'interessano per attaccare con forza, senza avere problemi su altre frontiere, in quanto i miei vassalli governano il territorio e mi proteggone le frontiere.

    3. teoricamente, io comunque non rinuncio a nulla: la mia presenza in Italia e Siria, fino a Tripoli, fa capire che quell'area territoriale a me interessa particolarmente. E sono poi delle basi per eventuali nuovi attacchi (vedi Bari: con la guerra contro i Veneziani, ho conquistato tutta la costa Dalmata)

    4. E poi sono per la politica dell'equilibrio: non voglio che i miei nemici vengano schiacciati e sterminati, mi ritroverei con vassalli troppo deboli, che non sanno difendersi. I Siciliani e gli Abbassidi sono abbastanza forti, è vero. Ma è anche vero che il loro potere è il riflesso del mio. Vassalli troppo deboli, che fanno da cuscinetto, verebbero spazzati via dai nemici in men che non si dica. E a me, servono vassalli forti, in grado di difendersi da soli dai nemici, ma non tanto forti da potermi impensierire... comprendi?
    [Modificato da BasilioIIBulgarotocne 31/05/2013 11:19]
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    BasilioIIBulgarotocne
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    00 08/06/2013 15:14
    Di Alessio IV Cantacuzeno (1266 – 1279)
    Con Alessio Cantacuzeno, si completa l’ascesa della famiglia Cantacuzena. Il nuovo basileus ha il compito di non far rimpiangere l’invitto Alessio III Comneno il Conquistatore.

    Alessio IV sale al trono ultracinquantenne. Il suo è un regno di transizione, che suo figlio, Giovanni Cantacuzeno, avrà il compito di portare avanti dopo di lui. Prendere il posto di un Comneno è stata l’ambizione di molti, ma anche una sfida: nessuno si è fatto rispettare come uno di loro e persino i refrattari Ducas hanno dovuto piegare la testa. La forza dei Comneni veniva dall’esercito. E Alessio IV sa che la sua forza deve arrivare da lì.

    Seconda guerra greco – polacca (1266 – in corso)

    Raccolta la corona nel 1266, il basileus si mette in marcia verso nord, dove i Polacchi hanno riaperto il fronte di guerra con la morte del ‘Conquistatore di Baghdad’. A capo di un esercito, supera i confini della Valacchia e marcia in piena Transilvania, puntando sull’importante castello di Regen. L’assedio che ne segue, duro, spietato, furente, porta alla conquista dell’insediamento. L’imperatore vuole agire con l’esempio per chi osa sfidare il suo potere, facendo massacrare gran parte della popolazione. Ne segue un periodo di stallo: l’imperatore si ritirò a Costantinopoli. E i polacchi non osano attraversare il Danubio o la frontiera, se non con scaramucce di bassa intensità, fermate dai reparti di cavalleria imperiale. Solo l’assedio di Arges del 1274 da nuova linfa alle forze militari bizantine nella guerra contro i Polacchi. Il conquistatore della Serbia, Andrea Contestefano, decide di rompere gli indugi. Il Gran Domestikos d’Occidente infatti, alla testa della sua armata di stanza a Serdica, prende armi e bagagli e varca il grande fiume, attaccando un armata fuori dal castello di Orsova, invadendo il Banato. L’attacco è portato con forza e le truppe polacche vengono cancellate dalla regione, con la conquista del castello, importante snodo sul grande fiume e baluardo sul Confine (1275).



    Ma Andrea non si accontenta. Cavalca l’onda del successo. Bisogna far capire ai polacchi con chi hanno a che fare. Raccolta la fanteria trasferita da Serdica a Orsova, Andrea l’anno successivo marcia verso nord e attraversato un affluente del Danubio, attacca Arad, dove si è spostata una spia, che apre le porte: la guarnigione viene fatta a pezzi.



    E la fortezza è conquistata. Ma il territorio viene lasciato ai georgiani. Un sottile equilibrio strategico/finanziario impone di ritirarsi verso sud. Si prova a imporre la pace, anche in virtù dei grandi successi Georgiani nella steppa, ma il regno Polacco non vuole ancora mollare l’osso sulla regione del Danubio. Si profilano ancora anni di sangue.

    Guerra greco – veneziana (1264 – 1272)

    La guerra contro la Repubblica di Venezia, alla morte di Alessio III il Conquistatore, era in pieno svolgimento. Le operazioni belliche stagnarono per qualche mese e anche anno. Solo nel 1268, dopo essere ritornato a Bari, Alessio Pelorgio, con i suoi saraceni, parte dal porto di Brindisi con l’obiettivo di conquistare Pola. L’arrivo e lo sbarco davanti alla fortezza che regge le sorti dell’Istria, viene coronato con un assalto fulmineo e la facile vittoria sull’esigua guarnigione della fortezza.



    La strada per il Veneto è aperta, anche in virtù della guerra tra la repubblica e gli Aragonesi che sta insanguinando la Pianura Padana. Le direttive sono chiare da Costantinopoli: imporre una pace. E possibilmente un vassallaggio, in modo da poter estendere ancora di più l’ombra lunga dell’impero Bizantino sul continente. La regione della Croazia, con Zagabria, passa dalla parte imperiale tramite la corruzione, con un pagamento di ben 36000 bisanti. Alessio V sconfigge ancora delle colonne separate dell’esercito veneto. Ma la guerra contro i Polacchi inizia ad avere la priorità, soprattutto in virtù del rafforzamento del settore Danubiano che sta continuando a ricevere attacchi. Alla fine, il Catepano d’Italia opta per la conclusione delle ostilità: viene ristabilita la pace e anche Zagabria viene riconsegnata ai Veneziani, in cambio della rinuncia definitiva (si spera) dell’Istria e di tutta la costa dalmata fino a Ragusa. È il 1272 e un nuovo fronte viene chiuso.

    La conquista della Bosnia (1269 – 1272)

    Pietro Comneno, parente del Grande Imperatore, regna sulla Serbia. Si è fatto incoronare re della regione, ma tale titolo vale poco senza la Bosnia. E tale titolo potrebbe urtare la suscettibilità della famiglia regnante. Ma il Comneno, non si fa problemi. Raccoglie l’esercito e marcia verso il cuore della Bosnia. La città di Solli, con la dissoluzione dell’impero germanico, si è dichiara indipendente. Bande di soldati senza bandiera, si sono date alla macchia. Pietro ha il suo bel daffare: sgomina le bande una ad una, tutte a ramengo per la regione e poi si concentra su Solli, assediandola. La fortuna vuole che una banda si avvicini alla città: il generale non si lascia sfuggire l’occasione e sconfigge le due armate, conquistando la città Bosniaca e saccheggiandola.



    Il basileus gli riconosce il titolo di Rex di Serbia, a patto che serva la corona. Pietro, per non intaccare la memoria del Grande Imperatore, acconsente.

    Guerra greco – aragonese (1276 – 1278)

    Lo scontro tra aragonesi e bizantini per ragioni di sicurezza. Rinsaldata l’alleanza con la repubblica di Venezia, il pericolo ora aveva il volto e il nome del Regno d’Aragona. Ad osservare la situazione, il regno aragonese controlla su buona parte dell’Europa Occidentale. Metà della Francia e della Spagna, parte delle regioni borgognone e l’Italia occidentale erano sotto il controllo aragonese. In quei quattro anni, fu preparata un armata, mentre a supporto dei veneziani intanto si provvedeva a passare dei fondi in denaro. Dall’Istria parte la colonna che libera dall’assedio Verona, assieme all’armata veneziana. La marcia verso occidente, anche con l’appoggio di Pisa, porta alla riconquista di Milano. Tanto basta ai bizantini. L’imperatore fa approvare la pace tra i due contendenti.

    Ultimi anni (1278 – 1279)

    L’impero affronta la guerra polacca da ormai dieci anni. Diversamente da Andronico I, il Cantacuzeno è considerato un sovrano a sé, non un co-imperatore. Nel conteggio ufficiale infatti, per essere un sovrano unico, per i bizantini, bisogna regnare almeno cinque anni. Alessio II Arbanteno il Lebbroso, è considerato tale, avendo regnato per sei anni sulla Basileia. Nel 1279, alla fine dell’anno, Alessio IV Cantacuzeno si addormenta e spira, passando a miglior vita. Il suo impero ha privilegiato l’occidente: come i suoi predecessori (escluso il Conquistatore, ormai entrato nella leggenda e protagonista di canzoni, ballate e favole) ha dato più importanza ad un settore che ad un altro, sfruttando la situazione di pace che alberga in Oriente. Ora, il figlio Giovanni IV Cantacuzeno ha il compito di farsi valere e, se possibile, tenere l’impero lontano dalle guerre e allo stesso tempo, mantenerlo forte e prospero come hanno fatto i suoi predecessori.


    [Modificato da BasilioIIBulgarotocne 18/06/2013 10:36]