Di fornte al tranello la risposta fu il martello e l'inganno
Il Doge ai messaggeri: '
Andate piu' veloce che potete, e portate i messaggi ai loro destinatari.
Ne va delle loro vite, e delle sorti della repubblica!'
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Il Doge al Capitano di fanteria:'
Come va il morale delle truppe?'
Capitano: 'Monsignore, non nascondo che le truppe avrebbero desiderato tornare a casa e non imbattersi immediatamente in un'altra battaglia. Tuttavia i soldati credono ciecamente in lei'
Il Doge: '
Mi duole non aver potuto dare ai soldati il giusto riposo. Fa sapere agli uomini che se vinceranno
questa battaglia non ne vedranno altre per molto tempo. Inoltre sai gia' che tattica adoetteremo nel caso attacchino
come e' quasi certo che accada. Hai preparato i soldati a tale evenienza?'
Capitano: '
Si monsignore'.
Il Doge: '
Bene , puoi congedarti allora.'
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Non dovettero aspettare poi molto gli uomini del Doge appostati in direzione delle colline. E per fortuna verrebbe da aggiungere, dato che il freddo stava
indebolendo il corpo e lo spirito della truppa. Senonche' in una fredda e piovosa mattina di febbraio, con la nebbia ancora
alta, d'improvviso le truppe comunali bolognesi escono dalle porte della citta', ferme nel loro intento di ricacciare le truppe
veneziane aldila' del Po'.
Il rapporto tra le forze in campo era quanto mai sfavorevole
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Seppur leggermente impauriti, i soldati del Doge seppero eseguire gli ordini impartitigli in modo disciplinato.
Risalirono cosi sui colli Bolognesi in cerca di una miglior posizione di difesa. La nebbia giocava alquanto a sfavore degli assedianti
in quanto era difficile valutare la distanza degli inseguitori. I veneziani riuscirono tuttavia la posizione prestabilita senza fiaccare
le truppe e con perdite minime, mentre gli assediati nello sforzo di raggiungere i nemici si erano alquanto fiaccati. Raggiunte le posizioni
il generale cerco' di sfruttare la nebbia a proprio favore, caricando i nemici all'improvviso per poi sparire nuovamente nella nebbia. Accadeva
cosi che le truppe Bolognesi andavano in panico alquanto rapidamente subendo questi attacchi quasi dal nulla, e senza che nulla potessero fare.
La cavalleria serviente mai come oggi fece un lavoro eccellente sfruttando la loro velocita' e agilita' nel colpire alle spalle le truppe nemiche.
Una tecnica che si potrebbe definire dello "yo-yo".
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Un'atra incredibile vittoria per il Doge Morosini. Forse anche per lui inaspettata stavolta..
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Felice per la vittoria, il Doge volle visitare la famosa Torre di Asinelli, la cui creazione e' avvolta nella seguente leggenda:
"Nel 1100 viveva a Bologna un giovane che trasportava ghiaia e sabbia, dal fiume Reno ai luoghi dove lavoravano i muratori.
Poiché adoperava alcuni somari tutti lo chiamavano Asinelli. Un giorno il giovanotto vide una bella fanciulla e subito se ne innamorò,
tanto che ebbe l'ardire di chiederla in sposa. Il padre della damigella era un nobile e ricco signore; al sentire la domanda di quel
miserello si mise a ridere; poi, come per prenderlo in giro, gli disse: "Quando avrai costruito la torre più alta della città , io ti concederò
mia figlia in moglie." Dopo una simile risposta, il povero Asinelli non aveva quasi più voglia vivere ed era sempre malinconico.
La fortuna però volle aiutarlo. Qualche tempo dopo, mentre caricava la ghiaia del Reno, vide qualcosa luccicare nel fondo del fiume.
Guardò meglio: erano monete d'oro! Cominciò a scavare e in breve riempì tutte le ceste dei somari col prezioso metallo. Corse subito a casa,
si chiuse nella sua misera stanza, contò ad una ad una le monete e si accorse di possedere un immenso tesoro. Allora, senza perdere tempo,
chiamò un capomastro e gli ordinò di costruire una torre altissima, nel centro di Bologna.
Dopo nove anni di lavoro, venne così terminato uno degli edifici più alti d'Italia, e il giovane Asinelli poté sposare la fanciulla amata."
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Ma cio' che stava per accadere a meno di 2 giorni di cammino dalla citta' delle torri, aveva ancor piu' dell'incredibile.
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Se fu mancanza, tradimento o tranello non si sa per certo, ma quel che contava in quel moemnto e' che il Consigliere Vitale si trovava
ad affrontare davanti a se una compagine di quasi 30 volte superiore in numero. L'idea di conquista di Firenza svaniva come un miraggio, come un sogno al risveglio. Dov'erano i feudatari che
avrebbero dovuto tenere impegnate le forze miliziane cittadine? Solo uno folle avrebbe affrontato una simile battaglia
senza darsi alla fuga, solo un genio militare avrebbe potuto vincerla. Che il Consigliere fosse un folle o pensasse di esser
un genio o entrambi,fatto sta' che non se la senti' di darsi alla fuga come un codardo qualunque senza prima aver ingaggiato battaglia.
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Con il sangue che gli sprizzava dagli occhi
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sfruttando la boscaglia del contado, ne seppe fare buon uso per dileguarsi per poi scagliarsi all'improvviso
con veemenza contro i reparti che restavano isolati, alla stregua di un leone che nasconsto tra l'erba alta della savana individua l'elemento debole della
mandria. Un martello che con furia cieca incessantemente batteva il chiodo contro il muro sino ad abbatterlo.
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Descrivere l'impresa, e' quasi impossibile, se non altro perche' chiunque vi abbia assistito e' rimasto cosi sconvolto, che il racconto
risponderebbe piu' al fantastico che al veritiero. Fatto resta che quel giorno poche decine di cavalieri ingaggiarono le armi contro una armata intera...
e riuscirono a vincere! I fiorentini rimasero cosi colpiti che non provarono nemmeno a ribellarsi, al pensiero che se solo 'si pochi cavalieri
veneziani poterono distruggere una armata intera, quali danni avrebbe provocato un esercito intero di veneziani?
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Fu cosi che i tintori e sarti fiorentini accettarono la supremazia di un'altra citta' pensando che forse sarebbe stato piu' proficuo dedicarsi esclusivamente
a cio' che sapevan far meglio: 'satoria e tintoria'.
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Piu' a sud, in terre presso le quali il rigido Inverno non sembrava aver accesso, il Generale Polani, si trovava senza saperlo, nella stessa situazione
del Consigliere Vitale. Il nobile Polani teneva alla sua reputazione, ma non si sentiva in cuor suo tanto folle quanto il Consigliere da scaraventarsi contro un nemico tanto
superiore in numero. Sicche' laddove non basto' la follia o il coraggio, servi' l'astuzia. Il generale, si mise in bella mostra di fronte alle porte
della citta' con i suoi pochi uomini. I soldati ribelli vedendo il nemico in numero cosi esiguo, non sapeva se credere ai propri occhi.
Pensarono subito ad un tranello. Sicche' aspettarono per quasi un mese, cercando di scoprire se vi erano altri soldati nescosti. se cio' fosse un tranello.
Quando furono sicuri che il contingente nemico era si esiguo, euforici uscirono dalle mura tutti insieme, alla caccia di teste da appendere per la citta'.
La guardia del generale, non avendo nulla da temere essendo a cavallo mentre il nemico era appiedato, si diede tranquillamente al trotto in direzione del centro cittadino di Barletta,
presso la quale non molto distante stazionava una parte dell'esercito normanno nel castello.
Quando quasi erano in vista del castello, con una accelerezione improvvisa, aggirarono lo schieramento nemico e galopparono a tutta velocita' verso
Bari, lasciando i ribelli a pochi passi dal contingente normanno. Questi venuti a sapere della presenza del nemico, si apprestarono ad affrontarli, giacche'
seppur fossero in numero insufficiente per assediarli entro le mura del castello di Bari, erano in numero piu' che sufficiente per sconfiggerli in campo aperto.
Alla vista dei Normanni, molti ribelli fuggirono, altri perirono nella fuga, cosicche' laddove non si pote' ottenere con la forza bruta si ottenne con l'inganno.
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Nel frattempo il generale Polani raggiungeva Bari ormai indifesa, e proclamava ai cittadini di Bari la loro assogezione alla repubblica veneziana.
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