+ Nel nome della Santa ed Indivisibile Trinità, Alfonso per grazia divina Re d'Aragona e Signore di Provenza.
Se, ubbidendo alle esortazioni del Salvatore, bisogna essere prudenti come Serpenti e cauti come Colombe, perché solo a coloro che si preparano degnamente in questa vita nella conduzione di ogni loro affare saranno spalancate le porte del Regno dei Cieli, mentre per coloro i quali, per sicumeria, vanagloria o oziosità, non metteranno olio nelle loro lampade, allo stesso modo di quelle vergini, ad essi sarà interdetto l'accesso al Regno del Padre perché hanno mancato in questa vita di Prudenza, che è virtù cardinale per ogni uomo;
così, affinché a Noi, Sovrani piissimi per grazia divina, non venga imputata la medesima colpa, conducendo Noi ed il Nostro Regno verso la Rovina decretata dalla Provvidenza agli Empi ed ai Blasfemi, giudichiamo necessario nominare quale capo della Nostra Cancelleria Regia Iacobus da Vinegia, con pieni poteri e sigilli, tal che possa controllare, ordinare e confermare quanto fatto dai suoi predecessori e abrogare quanto non rientra né nella nostra Volontà né nell'ordine imprescendibile delle cose voluto da Cristo.
Pertanto viene altresì stabilito che tutti i Fratelli in Cristo e a coloro che si ostinano pervicacemente a rinnegare la sua divinità che abbiano un accordo o un trattato vigente con Noi debbano riconfermarcelo il più celeremente possibile perché questo possa rimanere in vigore, perché solo l'Ordine e la Prudenza sono grati a Cristo nella conduzione delle cose terrene.
Segnato da Alfonso piissimo Re d'Aragona e Signore di Provenza.
Io, Iacobus da Vinegia, cancelleriere del Regno sottoscrivo e confermo.
Anno di Grazia MCLVIII, indizione I, regnante Alfonso quarto del suo nome, piissimo Re d'Aragona, anno di regno IV
Ad accrescere le mie sventure, il giorno dell'Assunzione della santa madre di Dio e vergine Maria, giunsero, con male augurio per me, gli ambasciatori di Giovanni XIII signore apostolico e Papa universale con lettere con cui pregavano Niceforo Imperatore dei Greci di far parentela e salda amicizia con suo diletto figlio spirituale Ottone, Imperatore augusto dei Romani.
"Ma il Papa, sciocco ed insulso, ignora forse che Costantino il grande trasferì qui lo scettro imperiale, tutto il Senato, tutto l'esercito romano e che a Roma lasciò soltanto vili schiavi, cioè pescatori, mercanti di ghiottonerie, uccellatori, bastardi, plebei e servi?"
"Ma il Papa, dissi, famoso per la sua lealtà, pensò di scrivere questo a lode e non ad offesa dell'Imperatore. Sappiamo certamente che Costantino Imperatore romano venne qui con l'esercito romano e fondò questa città col suo nome; ma poiché Voi avete mutato lingua, costumi e vesti, il Santo Padre ha pensato che vi dispiacesse il nome di romani, come pure non vi piace la loro veste"